Il dottor Cymbalus
Da due anni Hermann Strauss lavorava assiduamente a un Nuovo sistema della natura; ma quel giorno la sua meditazione era stata troppo intensa. Perduto nella immensità d’un problema d’altissima metafisica, aveva finito coll’addormentarsi; e russava da più di un’ora quando fu bruscamente svegliato da un insistente picchiare all’uscio.
– Avanti! – borbottò, sbadigliando e stirandosi sulla poltrona.
Comparve una gran cuffia dov’era affogata una grinzosa testa di vecchia.
– C’è un giovane che desidera parlarle – biascicò la cuffia.
– Passi – rispose Hermann. – Chi diavolo può essere?
E aveva appena terminato di pensar questa domanda, che un bel giovane, alto di statura, biondo, pallido e in abito da viaggio, si presentava sulla soglia.
– William Usinger!
I due amici si abbracciarono affettuosamente.
– Sei arrivato oggi stesso?
– Si; e ripartirò domani. Ho bisogno di te.
– Son qua. Ma siedi; fumiamo una pipa.
– Grazie.
L’Usinger posò sul tavolino un grosso piego sigillato.
– Vo in America – egli disse; – lontanetto, è vero?
– Ci metterai un po’ di più ad arrivare. Infine si va in capo al mondo e si ritorna.
– Si può anche non tornare...
– Certamente, quando si trova da star bene... Ah! È il tuo viaggio di nozze! – esclamò Hermann picchiandosi con la mano su la fronte e spalancando gli occhi cerulei sotto le sue lenti da miope.
Il silenzio di William lo sorprese.
– Hai già sposato?
– No. Ma parliamo di cose serie. Sono qui per un affare di grave interesse.
– Non sei sposo?
– No – replicò William seccamente.
– O dunque?
– Parto per l’America.
– Ma che cosa è accaduto’?
– Una cosa semplicissima: Ida sposa un altro.
– Tu l’abbandoni? Tu che mi scrivevi di amarla tanto?
– È lei che preferisce di sposare un francese.
– Francese per giunta! – esclamò Hermann dando un fortissimo pugno sul tavolino.
– Oh, per me val lo stesso, quando l’amato non son più io!
– Povero William! Tu vuoi dimenticare, tu vuoi.....
– T’inganni. Due donne non mi usciranno mai dal cuore: mia madre e lei!
– A proposito, e tua madre?
– Non ha voluto ricevermi.
– Nemmeno per farsi vedere, per farsi adorare in silenzio?
William scosse il capo tristamente.
– Tua madre dev’essere un’altra!
– È lei! Ne ho in mano le irrefragabili prove.
– Povero William!
– Mi sento vecchio, decrepito a venticinque anni. Senza famiglia, senz’affetti, senza speranze, senz’illusioni, che più ci faccio fra voi?
– Hai ragione. Va’ in America: abbandona questa vecchia Europa che casca a pezzi da ogni parte. Va’ in America. Buon viaggio! Là potrai presto rifarti il cuore. Buon viaggio!.... Ma è triste doversi dire addio forse per sempre!
– Ed ecco il motivo della mia visita – disse William molto commosso. – Questo plico sigillato contiene alcune carte importanti e le mie ultime volontà .
– Le tue ultime volontà ?
– Riguardo a quel che lascio in Europa – soggiunse l’Usinger sorridendo. – Per l’esecuzione del mio testamento non bisogna aspettare la mia morte. Appena imbarcato, intendo non esser più vivo per nessuno di qui, cioè fra tre o quattro giorni. Non ammattirai; te lo avverto perchè tu non stia in pensiero. Ho venduto tutto. Questo plico contiene, in biglietti, in obbligazioni, in cambiali, quas’intiera la somma che ne ho ricavata.
– E pel tuo viaggio? Pel tuo avvenire?
– Non dubitare, ci ho pensato. Accetti?
– Ma di cuore!
Hermann avea le lacrime agli occhi. William, pallidissimo, faceva grandi sforzi per contenersi.
– Hermann – disse l’Usinger dopo alcuni momenti di silenzio; – promettimi di non aprire questo plico prima di quando ti ho detto!
– Anche più tardi, mio caro, se così ti fa piacere. Io già l’ho con me che non tento di distoglierti dalla tua trista risoluzione. Trattienti almeno un paio di giorni!
– Non posso, ho molte faccende da sbrigare. Volevo anzi, per far più presto, spedirti il plico con la posta; ma poi mutai pensiero. Ho voluto abbracciarti prima di lasciare l’Europa.
– Grazie, caro William! Mi hai fatto proprio piacere. Dove sei tu alloggiato?
– Alla Blaue Stern.
– Verrò a trovarti. Staremo insieme fino a stasera.
Quando Hermann Strauss rimase solo, accese la sua grande pipa, si calcò sulla fronte il berretto di pelle di volpe, incrociò le braccia e stette assorto, lungamente, cogli occhi fissi sul busto di Hegel collocato lì in faccia.
A un tratto si riscosse, si precipitò sul plico, ne ruppe i sigilli, prese il solo foglio scritto ch’esso conteneva, e, prima di averne letto mezza pagina, cacciò un urlo.
– Che io arrivi a tempo! Che io arrivi a tempo! – balbettava scappando fuori di casa.
II.
La Blaue Stern era situata al punto opposto della città .
Hermann attraversò una viuzza, svoltò una cantonata, sboccò in una piazzetta, infilò due altre straducole contorte ed oscure, uscì nella via principale, e poi tirò diritto, correndo affannosamente, senza curarsi che la gente si fermasse a guardarlo. Giunto al portone dell’albergo non avea più fiato.
– William Usinger? – domandò al portinaio mezzo appisolato nel suo stambugino.
Il portinaio si scosse, si strofinò gli occhi e, guardandolo in viso, chiamò:
– Resi!
Comparve una donna sui trent’anni una vera paesana, grassa, bionda, untuosa. Il portinaio accennò ad Hermann che parlasse con lei.
– William Usinger è in casa? – replicò Hermann che sembrava sui carboni accesi.
– Glielo dirò sùbito.
E sparì dietro l’uscio da cui era sbucata.
Quei minuti di aspettazione parvero un secolo ad Hermann. Finalmente la Resi venne a dire che l’Usinger era andato fuori di buona ora e non era più tornato.
– Le sue valigie sono ancora qui! – domandò Hermann agitatissimo.
– Non ha valigie.
– Dovrà pagare il suo conto.....
– L’ha saldato.
– Dove trovarlo? Come raggiungerlo a tempo?
Hermann pestava coi piedi, si strizzava le mani, bestemmiava, guardando indeciso di qua e di là ; quando eccoti l’Usinger.
– Ah! – urlò Hermann, correndogli addosso come se quello avesse tentanto di scappare.
– Hai aperto la busta! – disse William con piglio severo.
– Sì!
Hermann per precauzione lo teneva sempre pel vestito.
Montarono le scale, silenziosi. Entrati in camera, William buttò in un canto il suo berretto da viaggio e si lasciò cadere sopra una poltrona. Hermann rimase in piedi innanzi a lui.
– Hai perduto il cervello?
Lo rimproverava affettuosamente.
– Può darsi. Ma così che credi di fare?
– Il mio dovere d’amico.
– Un dovere inutile.
– William!
– Vorresti persuadermi di amare la vita dopo tutto quello che tu sai? C’è forse il mezzo di strapparsi il cuore dal petto e non morire? Hai tu il modo di rendermi freddo e insensibile come ...