Il cervello complice
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Il cervello complice

Come armonizzare le aree della nostra mente per ritrovare pace e benessere

  1. 276 pagine
  2. Italian
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Il cervello complice

Come armonizzare le aree della nostra mente per ritrovare pace e benessere

Informazioni su questo libro

Per oltre un secolo si è creduto che il cervello fosse diviso in due parti: l'emisfero destro corrispondente al cervello emotivo e l'emisfero sinistro a quello razionale. Oggi sappiamo che tale idea è fuorviante, poiché il tessuto limbico emotivo è equamente diviso tra i due emisferi; di conseguenza, ciascun emisfero ha sia un cervello emotivo sia un cervello razionale. È questo il fulcro scientifico attorno al quale si struttura il modello psicologico proposto dalla neuroanatomista Jill Bolte Taylor. La sua intuizione consiste nell'aver individuato quattro moduli distinti di cellule che compongono la nostra personalità e che l'autrice chiama i Quattro Caratteri: il Carattere 1, ovvero razionale sinistro; il Carattere 2, emotivo sinistro; il Carattere 3, emotivo destro; e il Carattere 4, razionale destro. Poiché ciascuno di essi mostra particolari abilità, prova emozioni specifiche ed elabora pensieri peculiari, osservare il modo in cui i Quattro Caratteri si manifestano e imparare a porli in relazione, tra loro e con gli altri, significa non solo comprendere chi siamo, ma anche decidere come vogliamo essere. Che si tratti di creare relazioni sane, di inserirsi nella società e nel lavoro o di superare una dipendenza, l'«integrazione cerebrale» è lo strumento per la conquista di un nuovo equilibrio, basato sulla capacità di controllare la propria reattività emotiva.

In queste pagine, Jill Bolte Taylor porta a maturazione il lungo viaggio al centro del cervello iniziato anni fa e che ha conosciuto uno snodo fondamentale il giorno in cui è stata colpita da un ictus cerebrale che ha annientato, nel giro di pochi istanti, ogni sua facoltà mentale. Il delicato e straordinario percorso che l'ha portata, passo dopo passo, alla ricostruzione delle sue connessioni cerebrali e, per loro tramite, al recupero delle abilità perdute è diventato il terreno di una ricerca sul campo capace di coniugare neuroanatomia e psicologia, e di giungere all'elaborazione di un modello a cui ciascuno di noi può aspirare per realizzare il proprio sé migliore.

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Informazioni

Parte seconda

I QUATTRO CARATTERI

IV

Il Carattere 1 (razionale sinistro)

L’emisfero cerebrale sinistro è il primo strumento di cui disponiamo per interagire con il mondo esterno. La mattina dell’ictus, le cellule che formavano la rete del mio Carattere 1, il centro razionale sinistro, nuotavano in un lago di sangue che le rendeva completamente inservibili. Oltre a un gruppo di attività che dipendevano da quelle cellule, come abbiamo visto, scomparve anche una parte specifica della mia personalità, un carattere che conoscevo da decenni identificandolo con il mio io.
Non riuscivo più a individuare i limiti fisici del corpo. E devo confessare che, pur essendo una neuroanatomista, non sapevo che esistesse un gruppo di cellule cerebrali con questa funzione. Ora che si erano spente, mi percepivo come una gigantesca sfera d’energia in perfetta armonia con l’universo. Mi sentivo così sconfinata che ero convinta di non riuscire più a contenere tanta enormità in questo minuscolo corpicino. Come si può immaginare, una parte di me trovava illuminante questo mutamento di coscienza, mentre il Carattere 1 (se fosse rimasto abbastanza attivo da poter riflettere) avrebbe considerato umiliante tale perdita dell’io.
Oltre a non essere più in grado di percepire i confini del corpo, l’emisfero sinistro non riconosceva più i limiti fra gli oggetti del mondo esterno; di conseguenza, mi sentivo un’entità fluida, connessa all’energia di tutto ciò che mi circondava. Lo scarto percettivo fu possibile perché l’emisfero sinistro è progettato per cogliere le differenze e la separazione al livello dei corpi, non a quello subatomico delle particelle che li compongono. Quest’ultimo è il dominio di ciò che chiamiamo «mente inconscia», territorio dell’emisfero destro.

La foresta e gli alberi

Il pomeriggio dopo l’ictus, scoprii che il flusso energetico universale si muove troppo lentamente per essere percepito dall’emisfero sinistro. Finché è concentrato sulle cose concrete e impegnato a identificare i dettagli che ci permettono di identificarle, l’emisfero sinistro non può mettere a fuoco i pixel che le compongono. In altre parole, l’emisfero sinistro si concentra sui dettagli che distinguono una cosa dall’altra (alberi), mentre il destro si concentra sui pixel che non hanno tratti distintivi e si muovono come un tutt’uno (foresta), parte del flusso cosmico.
Poiché i due emisferi elaborano le informazioni in modi opposti, la nostra percezione complessiva del mondo è un mix fra quadro generale (emisfero destro) e dettagli (emisfero sinistro): come un’aquila che, librandosi alta nel cielo, riesce ad abbracciare con lo sguardo il vasto paesaggio sottostante ma anche a concentrarsi su quel vulnerabile (e delizioso) cane delle praterie a mezzo chilometro di distanza.
Quando il mio emisfero sinistro si spense impedendomi di raccogliere informazioni sulle cose, persi la capacità di distinguere il cane delle praterie dal paesaggio. Percepivo solo gli atomi pixelati che formano lo spazio al livello del flusso cosmico. Di conseguenza, mentre facevo la doccia quella mattina, non distinguevo i pixel del mio braccio da quelli del muro. Avvertivo solo la mia energia, mescolata all’energia dello spazio intorno a me. La percezione di me stessa superava tutti i limiti, rendendomi letteralmente vasta quanto l’universo.
Una volta che i centri del linguaggio nel centro razionale sinistro (Carattere 1) si disattivarono, persi completamente la capacità di comunicare con gli altri e con me stessa. Non solo non potevo parlare con le persone né capirle, ma non riuscivo nemmeno a distinguere lettere e numeri come simboli dotati di un significato. Prima dell’ictus sapevo chi ero grazie al gruppo di cellule dell’emisfero sinistro che avevano costruito la mia identità di Jill Bolte Taylor. Quelle cellule, il centro del mio essere, sapevano chi ero, dove vivevo, e conoscevano una miriade di altri dettagli come il mio colore preferito. Giorno dopo giorno si erano impegnate a tenermi aggiornata su tutte le notizie, i particolari, i ricordi, le preferenze e le antipatie che costituivano la mia identità. Io, Jill Bolte Taylor, esistevo perché quelle cellule dell’emisfero sinistro mi dicevano che esistevo.
«Per quanto sia sconcertante sapere che la nostra identità
dipende interamente da un gruppetto di cellule
dell’emisfero sinistro, in effetti è così: il nostro io
è davvero molto fragile.»
Quando quelle cellule smisero di funzionare e mi trasferii nell’oblio dell’emisfero destro, non sapevo chi ero e non ricordavo nulla della mia vita precedente. Non era come se mi fosse svanito dalla mente un ricordo; era come se quel ricordo, e io stessa, non fossimo mai esistiti. Per quanto sia sconcertante sapere che la nostra identità dipende interamente da un gruppetto di cellule dell’emisfero sinistro, che potremmo perdere in qualsiasi momento, in effetti è così: il nostro io è davvero molto fragile.

Perdere e ritrovare il Carattere 1

Insieme a quelle abilità e funzioni essenziali, persi i caratteri dei centri razionali ed emotivi dell’emisfero sinistro. Come in una stufa con due piastre spente, gran parte di quelle cellule erano ancora al loro posto, ma avevano subito un trauma e non funzionavano più. Senza la linearità temporale che le cellule dell’emisfero sinistro mi avevano garantito fino a quel momento, non mi rimaneva altro che la vastità del presente. A differenza dell’eroe del monomito, che aveva scelto di posare la spada dell’io, mi ero lasciata sottrarre la mia senza volerlo; e, una volta entrata mio malgrado nel regno inconscio dell’emisfero destro, il malfunzionamento del sinistro mi trasformò in una neonata priva di qualsiasi capacità.
Il vantaggio di perdere il Carattere 2 (emotivo sinistro), su cui torneremo nel prossimo capitolo, fu la scomparsa assoluta della rabbia e della paura. Senza più ricordi del passato a gravare sull’esperienza del presente, entrai in uno stato di beata euforia. Naturalmente, per quanto fosse stimolante, la perdita del Carattere 1 mi trasformò in una persona demente e incapace di rapportarsi al mondo esterno. (E tuttavia, mentre mi trovavo in quella condizione, non ero affatto preoccupata.)
Negli otto anni successivi, mentre i circuiti dell’emisfero sinistro riacquistavano forza e funzionalità, anche i relativi caratteri guarivano e si riattivavano. L’1, come abbiamo visto, voleva ricominciare a spadroneggiare ma, per quanto fosse stato determinante nella mia vita pre-ictus, conducendomi al successo, non ero più motivata da fattori esterni per lui prioritari, come il denaro e il prestigio.
Pur sapendo che dovevo ancora guadagnarmi da vivere, i caratteri dell’emisfero destro volevano una vita più tranquilla e lenta, che mi permettesse di costruire relazioni profonde con la famiglia e gli amici. Dopo l’ictus, mia madre si era presa cura di me: aveva appena compiuto settant’anni, mentre mio padre ne aveva poco più di ottanta. Ritrasferirmi nell’Indiana, dove potevo trascorrere del tempo con loro finché erano ancora vivi, diventò la mia priorità. Avendo scoperto quanto fosse fragile la vita, feci dei rapporti sinceri e profondi il valore fondante della persona che volevo essere.
Prima dell’ictus avevo deliberatamente compromesso i miei rapporti umani, allontanandomi da casa e dai miei cari per inseguire il prestigio e i vantaggi economici di una carriera da neuroanatomista a Harvard. Pur essendo felice di aver recuperato le fondamentali abilità del Carattere 1, adesso non ero più disposta a vivere all’insegna del lavoro totalizzante. Se prima il Carattere 1 dell’emisfero sinistro aveva identificato il successo con le gratificazioni esteriori, dopo i caratteri dell’emisfero destro compresero l’importanza dei valori interiori dell’amare, essere amati e mettersi al servizio degli altri.
Ho deciso di chiamare «Helen» il mio Carattere 1, che vedo come una donna tosta e pragmatica. Se voglio essere una persona capace di rapportarsi al mondo esterno, ho scoperto che non posso fare a meno di lei. Ma per quanto Helen desideri riappropriarsi della corona e riprendere il ruolo di carattere dominante, io glielo impedirò.
Helen è un carattere meraviglioso, sotto molti aspetti, e sono davvero felice che si sia riattivata e mi abbia restituito le mie capacità. Ma non è il mio carattere più amabile né il migliore, al punto che quando gli amici al telefono si rendono conto che è tornata al comando dicono «Ciao, Helen» e mi chiedono affettuosamente di richiamarli più tardi.

La coscienza dell’emisfero sinistro

L’emisfero sinistro è progettato per creare ordine nella casualità del flusso cosmico e, proprio come l’aquila che zooma sul cane delle praterie, riesce a distinguere due oggetti esaminandone le differenze; dopo averli distinti, può organizzarli e catalogarli in base ai particolari.
Per esempio, io so distinguere un asino da una barca perché sono due cose molto diverse, con poche caratteristiche in comune. Con una procedura un po’ più raffinata, l’emisfero sinistro può distinguere un asino da una scimmia perché, sebbene condividano alcune caratteristiche come gli arti e la testa, presentano comunque parecchie differenze. A un livello di raffinatezza ancora superiore quanto a capacità di elaborare i dettagli con precisione assoluta, l’emisfero sinistro può distinguere un asino da un cavallo: benché siano strutturalmente molto simili, riesco a individuarne le piccole differenze e a catalogarli di conseguenza.
Oltre a saper distinguere le cose, l’emisfero sinistro manifesta un’identità e una coscienza. Senza dilungarci troppo, qui basterà definire la coscienza dell’emisfero sinistro come una consapevolezza di se stesso e del suo rapporto con il mondo esterno.
I mattoni di cui è fatto il mondo fisico sono le cose e, come abbiamo visto, l’emisfero sinistro è lo strumento principale che utilizziamo per percepirle come entità separate dal flusso cosmico di fondo. A tal fine, questo emisfero sfrutta le sue doti percettive per confrontare, analizzare criticamente e distinguere le minime differenze nella struttura e nella composizione delle particelle del flusso. Concentrandosi completamente sulle cose, l’emisfero sinistro crea un nuovo livello di coscienza.
Ricordate l’«Occhio magico», le illusioni ottiche in 3D che andavano tanto di moda negli anni Novanta? Due immagini venivano fuse in una e, a seconda della messa a fuoco, si poteva vedere quella a due dimensioni, più evidente, o quella tridimensionale, nascosta. Lo scarto nel piano focale che caratterizza la percezione dell’emisfero sinistro non è identico, ma il principio è simile.
Oltre a visualizzare il mondo esterno al livello delle cose, grazie a procedimenti di differenziazione ancora più raffinati l’emisfero sinistro identifica i nostri confini in quanto individui. Per riuscirci, produce un’immagine olografica di noi stessi che ci permette di distinguere ciò che è dentro di noi da ciò che è fuori. In questo modo, percependo il mondo come qualcosa di distinto, l’emisfero sinistro ne deduce che esistono una realtà esterna e una interna.
Se mettiamo a fuoco il mondo esterno e il nostro rapporto con esso è perché ci siamo staccati dall’intero. In altre parole, non siamo più al sicuro, perché con la vita e la separazione dal flusso cosmico arriva il rischio di perdere qualcosa: l’«io-sé» come centro dell’universo, oltre alla vita stessa. E dal momento che siamo diventati il centro del nostro universo, le ego-cellule dell’emisfero sinistro si attivano per organizzare il mondo esterno attorno alla nostra individualità.
Con questo slittamento focale verso il rapporto con il mondo esterno in quanto distinto da noi, la coscienza del flusso eterno non scompare, ma viene relegata sullo sfondo. Concentrato sul cane delle praterie, l’emisfero sinistro – ora cosciente – ignora il paesaggio, e il regno percettivo olistico dell’emisfero destro viene messo da parte.
Non appena l’emisfero sinistro ha prodotto una nuova coscienza che ci permette di percepire le cose e il nostro rapporto con esse in quanto esterne a noi, generiamo un ordine superiore che finisce per raggiungere un livello di raffinatezza ancora più avanzato. Le cellule del Carattere 1 organizzano, classificano, contano, elencano e infine – quando dispongono di un linguaggio strutturato per comunicare – nominano ogni cosa.
Come abbiamo visto nella prima parte, l’aggiunta del tessuto razionale corticale superiore offre a noi umani non solo cellule e circuiti nuovi, ma anche una coscienza funzionale che ci colloca al vertice della catena alimentare. L’abilità di pensare razionalmente ci ha permesso di creare routine prevedibili e raggruppare automaticamente le cose sulla base della loro struttura. Queste cellule ordinatrici dell’emisfero sinistro spiegano sia la nostra coscienza fondata sulla realtà sia il nostro status elevato.
«La vita è un evento ininterrotto: più impariamo,
più l’emisfero sinistro vuole imparare.»
Ora che le abilità dell’emisfero sinistro sono ben sviluppate, ecco che il Carattere 1 irrompe sulla scena e pretende di assumere il controllo. È la nostra forza nel mondo, ma anche il volto che mostriamo: come abbiamo visto nel Capitolo 2, corrisponde all’archetipo della Persona, che Jung definisce «una specie di maschera, che serve [...] a fare una determinata impressione sugli altri».a In quanto nostro «sé alfa», quando viene sfidato si batte per le sue convinzioni; sfruttando la sua capacità di distinzione, identifica ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ciò che è buono e ciò che è cattivo. In questo modo, il tessuto razionale dell’emisfero sinistro costruisce una visione del mondo e un sistema di credenze che ci consentono di prendere decisioni ed evolvere.
Nello stesso momento in cui sottopone i dati a una manipolazione lineare e metodica, il centro razionale dell’emisfero sinistro costruisce nuove connessioni neurali in reazione agli stimoli. La vita è un evento ininterrotto: più impariamo, più l’emisfero sinistro vuole imparare. È la neuroplasticità, ovvero la facoltà con cui le cellule cerebrali entrano in contatto con neuroni sempre diversi, ed è il fondamento della nostra capacità di imparare cose nuove.
Poiché il cervello è al contempo un prodotto della sua natura e del modo in cui lo educhiamo, abbiamo il potere di modificare volontariamente la struttura cellulare alla base dei nostri pensieri e sentimenti. Il che significa che per la prima volta nella storia della vita su questo pianeta (per quanto ci è dato sapere) noi umani abbiamo il potere di indirizzare la nostra evoluzione verso un livello di intercomunicazione superiore.
E allora perché non farlo dopo aver conosciuto nel dettaglio le parti del cervello e il nostro potere di sfruttare i pensieri per modificare la struttura anatomi...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Il cervello complice
  4. Prefazione. La serenità a portata di mente
  5. Parte prima. UN BREVE SGUARDO DENTRO IL CERVELLO
  6. Parte seconda. I QUATTRO CARATTERI
  7. Parte terza. I QUATTRO CARATTERI NEL LORO AMBIENTE NATURALE
  8. Ringraziamenti
  9. Copyright