Il momento cruciale della crisi nell’ex-Ucraina fu il massacro alla Casa dei Sindacati di Odessa del 2 maggio 2014. Dopo ciò, fu chiaro a chiunque che non ci poteva essere nessun margine di confronto democratico con chi era andato al potere a Kiev, il nuovo Governo aveva dichiarato guerra al popolo, allora il popolo decise di accettare la sfida e di combattere. Il motivo scatenante è stato politico: una guerra tra fascisti e antifascisti. Giova sempre ricordare, che prima del Golpe di Euromaidan in Donbass non c’era quasi alcuna spinta autonomista. Quindi, a dispetto di quanto narrino molti media, il fattore etnico è subordinato a quello politico.
Dopo aver assistito al massacro di Odessa e alla feroce repressione delle rivolte di Karkiv e Mariupol, schiacciate sotto i cingoli dei carri armati inviati dal Governo, la popolazione di Alchevsk e dintorni maturò la determinazione di non farsi ammazzare in quella maniera, quindi iniziò a mobilitarsi e organizzarsi. Un contesto in cui si distinse la figura di Aleksey Borisovich Mozgovoy, che fino a quel momento era stato un normalissimo cittadino, un uomo senza particolari ambizioni politiche e che non aspirava a una carriera militare. Mozgovoy emerse per il suo carisma, le capacità organizzative e l’intrigante proposta politica: lottare contro il fascismo e il liberismo. Su queste basi, il 14 maggio 2014 venne fondata la Brigata Prizrak. Mozgovoy ne fu il comandante dal momento della fondazione fino al 23 maggio 2015, giorno in cui fu ucciso. In russo prizrak significa “fantasma”, questo nome fu scelto perché nel 2014 i media ucraini annunciarono diverse volte la falsa notizia della completa distruzione del gruppo di Mozgovoy e l’uccisione di tutti i suoi componenti; seppur dati per morti, i soldati continuavano a combattere, proprio come dei fantasmi riapparivano all’improvviso per colpire il nemico.
Il numero dei componenti nella prima fase di vita della Brigata non è noto, perché da un lato vi aderirono molte persone che parteciparono solo alla sollevazione e non alla successiva attività militare, dall’altro tra gli effettivi non venivano contati quelli che, pur conducendo una vita normale, ne avevano una parallela come combattenti clandestini. A ogni modo, la Prizrak guidò l’insurrezione nel territorio di Alchevsk e prese il potere impossessandosi dei palazzi dell’amministrazione pubblica. Di fatto le caserme non furono assaltate, in quanto i soldati si unirono spontaneamente alla rivolta, fornendo le armi e i veicoli con cui poter armare il popolo. Ovviamente una cosa del genere è possibile solo nei paesi in cui esiste ancora il servizio militare obbligatorio e quindi l’esercito è di popolo e non professionista: una lampante dimostrazione del motivo per cui in quasi tutti i paesi occidentali sia stato abbandonato il modello di difesa basato sulla leva obbligatoria.
Le armi che costituivano il primo arsenale della Prizrak non provenivano solo dall’esercito, ma anche dalle forze di polizia, dai musei, dai monumenti e dalle miniere. Molti posti di polizia vennero assaltati in quanto le adesioni spontanee alla rivolta da parte di poliziotti furono poche, questo perché nell’ex-Ucraina quello in polizia era l’impiego classico dei soggetti più corrotti, che quindi pensavano solo a se stessi e non al bene del popolo; in tutta l’Ucraina agli assalti ai posti di polizia si unirono anche tante persone che non erano interessate ad alcuna forma di protesta, ma semplicemente erano spinte da una rabbia spontanea. Ogni piccola cittadina del Donbass ha uno o più musei della Seconda guerra mondiale dove sono esposte (spesso in buono stato di conservazione e perfettamente funzionanti) molte armi: fucili di precisione Mosin-Nagant, fucili anti-materiale calibro 14, mitragliette PPSh-41, pistole, ecc. Vi erano anche molte armi tedesche, ma per quelle c’era il problema del reperimento delle munizioni, in quanto adoperano dei calibri difficili da reperire in Donbass. Alcuni di questi fucili provenienti dai musei avevano inciso sul calcio delle piccole tacche, una per ogni fascista ucciso durante la Seconda guerra mondiale; accanto a queste tacche, separate da una lunga linea di demarcazione, poi ne comparvero altre, quelle per i fascisti uccisi in questa guerra. Molti parchi pubblici avevano monumenti alla Seconda guerra mondiale, realizzati installando pezzi d’artiglieria utilizzati nelle più importanti battaglie (la pratica è abbastanza diffusa anche in Europa); ebbene, questi erano tutti perfettamente funzionanti, necessitavano solo di piccoli interventi come la riapertura della canna (che al momento dell’installazione nel parco veniva tappata con catrame e cemento, che ne impedivano l’uso e la preservavano dall’ossidazione) o talvolta il ripristino del meccanismo di sparo, da cui era stato rimosso un qualche componente di modo da renderlo inutilizzabile. Di norma veniva rimosso un meccanismo che un buon tornitore è in grado di ricreare in un paio d’ore di lavoro. Così l’artiglieria della Seconda guerra mondiale è tornata nuovamente a tuonare.
La principale attività economica del Donbass è quella mineraria, tantissimi volontari della Prizrak erano minatori; nelle miniere si usa l’esplosivo, è un normale strumento di lavoro, per questo la Prizrak ne ha sempre avuto a disposizione scorte smisurate. Infine, nella prima fase dell’insurrezione, venivano usate molte armi non militari, per lo più di proprietà di singoli cittadini che scendevano in piazza con il proprio fucile da caccia o con la pistola che detenevano per difesa personale.
A oggi, la maggior parte delle armi e delle munizioni in uso nella Prizrak sono state conquistate sul campo. Il più grande quantitativo (che comprende anche carri armati, artiglieria, veicoli blindati, strumentazioni elettroniche, ecc.) fu conquistato nella Battaglia di Debalstevo, in cui gli ucraini accerchiati si arresero, consegnando le armi.
Sotto la guida di Mozgovoy, venne fatto un buon uso di quelle armi, la Prizrak divenne una delle formazioni più temute dagli ucraini e gran parte del popolo iniziò ad amarla sempre più. Questo amore era dato da un lato dal coraggio e determinazione dimostrato in battaglia, dall’altro dall’interessante proposta politica di Mozgovoy: non combattere per ripristinare il corrotto sistema ucraino, ma per costruire un futuro differente.
Il progetto politico della Prizrak non era comunista, ma a suo modo socialista, verosimilmente nostalgico del periodo sovietico. Oltretutto Mozgovoy era orgoglioso delle proprie radici russe e ortodosse. I suoi principali nemici erano il fascismo, gli oligarchi e la corruzione; a lottare contro di loro dedicava ogni sua energia. Proponeva la nazionalizzazione delle risorse naturali, l’esproprio dei beni degli oligarchi, un forte Stato sociale (sanità, pensioni), la democrazia popolare, scuola di qualità e gratuita, salari dignitosi e tanto altro che non può essere compatibile con l’attuale stato di cose ucraino. Il pensiero di Mozgovoy è sintetizzato nel suo programma, un breve “Manifesto” che è anche una chiamata alle armi.
Punto cardine della politica economica di Mozgovoy era l’autarchia energetica e alimentare. Per questo prevedeva la nazionalizzazione delle miniere e la costruzione di una serie di fattorie collettive di proprietà pubblica, che provvedessero a soddisfare i bisogni alimentari della popolazione (la prima era già entrata in funzione prima della sua uccisione e riforniva la mensa per i poveri di Alchevsk).
Il sogno di Mozgovoy era di non limitare queste conquiste al solo territorio del Donbass, ma di estenderle a tutta l’Ucraina, voleva liberare l’intero Paese e costantemente ribadiva che la guerra era contro il Governo ucraino e non contro il suo popolo.
Al di là di tutti gli aspetti puramente politici, Mozgovoy diede un forte impulso nello sviluppare una sensibilità collettiva nei confronti degli animali: lui li amava profondamente e pretendeva che tutti nella Prizrak li rispettassero. Forse per gli italiani, vedere un condottiero che ama gli animali non è così strano, anche Garibaldi nutriva gli stessi sentimenti (fondò la prima associazione animalista d’Italia), ma nel mondo russo è una cosa non totalmente scontata. Nella Prizrak e nel territorio sotto il suo controllo è assolutamente vietata, e duramente punita, ogni violenza sugli animali (anche se poi qualche balordo si trova ovunque, anche tra i soldati). Cani e gatti hanno sempre avuto libero accesso a ogni luogo e, quando possibile, sono sempre stati sfamati. In molti casi la Prizrak si è fatta carico delle spese veterinarie di animali feriti o malati, pure di quelli randagi. In quasi tutte le foto della Prizrak compare sempre qualche cane o gatto, ma non perché siano messi in mostra, bensì perché vivono con i soldati e sono parte integrante della Brigata, quindi è inevitabile immortalarli. Mozgovoy aveva un pingue gatto Scottish Fold che, dopo la sua morte, è rimasto come una sorta di mascotte della Prizrak.
I servizi di sicurezza ucraini, in combutta con elementi della Sinistra Imperiale europea, provarono a infangare l’immagine di Mozgovoy, descrivendolo come un feroce e reazionario caudillo che violava i più elementari diritti umani. Per fare questo vennero confezionati ad arte due famosi video, in cui lo si faceva apparire rispettivamente: come uno che reprime le donne e come uno che uccide i civili.
Il primo documento si basava su un video in cui sembra che Mozgovoy sia un misogino che vieta alle donne di uscire da sole di casa, paragonandolo in questo modo a un fautore di follie integraliste islamiche. In Ucraina quasi non esisteva la prostituzione (almeno se paragonata agli altri paesi dell’est Europa), a eccezione di Kiev, che è una grande città di tipo occidentale, e di Odessa che, essendo un porto di mare, offre ai marinai quello che cercano dopo le loro lunghe navigazioni. In Donbass il fenomeno era praticamente sconosciuto, ma con l’arrivo dei soldati si diede pratica dimostrazione della legge di mercato “la domanda crea l’offerta”: molte donne (per lo più spinte da bisogno economico) decisero di iniziare a soddisfare i desideri dei soldati. Per la popolazione civile fu un vero choc, tutti sapevano bene che molte delle ragazze che emigrano in Europa finiscono per prostituirsi, ma farlo in Donbass era una cosa inedita. Quindi la popolazione chiese alla Prizrak di stroncare il fenomeno. La misura adottata da Mozgovoy fu da un lato quella di vietare ai soldati di andare con le prostitute, prevedendo pene molto severe, e dall’altro vietare alle donne sole di stare nei bar oltre un certo orario: questo perché in Donbass la prostituzione viene esercitata solo nei bar e nelle saune, mai per strada per ovvi motivi climatici. Inoltre, quasi non esiste la figura dello sfruttatore. Il video creato contro Mozgovoy è un frammento di un suo discorso che, estrapolato dal contesto, viene utilizzato dandogli faziosamente un’interpretazione completamente diversa dal senso: effettivamente egli dice che oltre una certa ora le donne sole non possono stare nei bar, ma in diverse occasioni poi spiega che si tratta di una misura temporanea finalizzata a stroncare il fenomeno della prostituzione, particolare omesso dai media europei.
Il secondo caso montato contro Mozgovoy riguarda la condanna a morte di un civile, sull’episodio sono stati scritti molti articoli e realizzati sconcertanti video. Nella città di Alchevsk venne scoperto un terribile caso di pedofilia. La Prizrak arrestò il responsabile e istituì un tribunale popolare per giudicarlo. Si badi bene che con la legge marziale era nella facoltà della Prizrak di farlo giudicare da un proprio tribunale militare, ma si preferì lasciare alla cittadinanza questo onere. Ci fu un regolare processo e la giuria sentenziò una condanna a morte. Su internet sono ancora reperibili alcuni video di Mozgovoy che legge la sentenza della giuria. Ma questi video sono faziosamente tagliati e non raccontano che Mozgovoy accettò la decisione del tribunale, ma si avvalse della facoltà di utilizzare i suoi poteri per sospendere “a tempo indeterminato” l’esecuzione. Il pedofilo è ancora vivo e si trova in prigione, ma nell’immaginario di tanti europei la pena è stata inflitta.
Questi sono solo due esempi dei tanti casi di disinformazione e pianificata denigrazione di cui è stata vittima la Prizrak o i suoi comandanti.
Ma Mozgovoy era anche una figura poliedrica. Come molte altre persone del Donbass, aveva un forte patriottismo che si traduceva in un recupero e valorizzazione di tutti i periodi storici russi. Quindi, seppur manifestasse una grande nostalgia per il periodo sovietico, amava altresì la Russia precedente, quella zarista. Per questo, prima di divenire comandante della Prizrak, partecipò ad alcune cerimonie religiose o folkloristiche con la divisa storica dell’Esercito russo, in quelle terre è una cosa assolutamente normale e che (stando a quanto dice la popolazione locale) era tranquillamente tollerata anche in periodo sovietico. Questo però non vuole assolutamente dire (come prova a far credere la “macchina del fango”) che fosse monarchico. Lui era socialista e fermo sostenitore del potere popolare, ma amava tutte le tradizioni russe.
Mozgovoy aveva degli stretti legami con diverse organizzazioni russe e anche una forte capacità comunicativa, due elementi che portarono tra le fila della Prizrak molti cittadini delle repubbliche dell’ex-Unione Sovietica e tanti stranieri; probabilmente unico caso in tutta la Novorossija, nella Prizrak a un certo punto i combattenti locali erano la minoranza, rispetto a quelli che venivano da altrove. Lo spirito era che la Prizrak non si poneva come organizzazione militare della Lnr, ma come ricostituita frazione dell’Armata Rossa sovietica, per questo si usava la bandiera della Repubblica Sovietica d’Ucraina (simile a quella dell’Unione Sovietica, ma con una fascia blu nella parte inferiore). La scelta di quella bandiera stava anche a rappresentare la ferma volontà di liberare tutta l’Ucraina dal giogo della Junta fascista di Kiev, non limitandosi cioè ai confini delle Repubbliche o al più della Novorossija.
Questa forte apertura internazionale aveva anche un rovescio della medaglia, nella Prizrak vennero inavvertitamente imbarcati alcuni Nazional-Bolscevichi (o rossobruni o come li si voglia chiamare), per lo più russi, ma anche qualche straniero (europei e sudamericani). Una volta individuati, vennero tutti allontanati.
Con l’insurrezione ci fu prima una fase di grande confusione in cui non esisteva una linea del fronte, gli scontri si distribuivano a “macchia di leopardo”. Successivamente, la situazione si stabilizzò e la divisione tra le aree libere e quelle occupate dalle truppe di Kiev divenne netta. A quel punto la Prizrak si trovò a dover gestire tre settori. Il primo era quello della città di Alchevsk, dove aveva il proprio quartier generale, città che però non gestiva in via esclusiva (vi erano anche altre formazioni) e che comunque era lontano dal fronte, si tratta di una delle poche città sostanzialmente risparmiate dai bombardamenti, molto probabilmente per la presenza d’importanti industrie di proprietà di oligarchi ucraini e russi. Il secondo settore è quello di Kommissarovska (20 km a sud-ovest di Alchevsk), lontano dalla linea di contatto, ma vicino alla frontiera tra Lnr e Dnr, posizione che si rivelò strategica durante la Battaglia di Delbastevo. Il terzo settore è quello di Kirovsk (25 km a nord di Alchevsk), l’unico che al momento ancora gestisce la Prizrak e in cui si trova il nuovo quartier generale. Sette chilometri a nord di Kirovsk ci sono le posizioni nemiche, per lo più disposte intorno al villaggio di Donetsky (che a dispetto del nome non si trova vicino a Donetsk), in cui la Prizrak schiera il grosso delle truppe. Questo è il settore in cui ci sono stati più scontri in tutta la Lnr. Si badi bene che nel settore di Stakhanov si sparava di più, ma di norma solo con scambi d’artiglieria che hanno finito per ridurre in macerie interi villaggi.