Daimon
eBook - ePub

Daimon

Scopri il tuo spirito guida e guarisci con i miti

  1. 304 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Daimon

Scopri il tuo spirito guida e guarisci con i miti

Informazioni su questo libro

Un libro straordinario, che ci aiuta ad ascoltare la voce del daimon per realizzare la missione dell'anima. Con testimonianze e pratiche guidate. È possibile guarire l'anima leggendo una storia? Sì, se questa è un mito e se il mito è raccontato in chiave immaginale, estetica e non moralistica. Il mito ci narra l'origine delle cose, di come si sono manifestate nel mondo la prima volta. E conoscere l'origine delle cose è il punto di partenza per poterle trasformare. Ciascuno di noi mette sulla scena della vita un mito e ciascuno di noi si libera, si realizza, quando «riconosce» il mito che sta vivendo. Solo allora si pone in ascolto del narratore che da sempre lo accompagna: il daimon, lo spirito guida, depositario del ricordo di un'antica età dell'oro.
Dialogando con il nostro daimon, attraverso la rilettura del ruolo dei protagonisti nei miti greci, ci facciamo co-creatori del nostro destino, riuscendo a vedere l'origine profonda di paure, fallimenti, rabbia, tradimenti, perdite, tristezze, incomprensioni... E a cambiare la nostra storia per essere felici.

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Guarire dalle ferite del rifiuto e dell’abbandono

Perseo

Perché la ruvida sabbia non sciupi la testa anguicrinita, egli rende soffice il terreno con uno strato di foglie, vi stende sopra dei ramoscelli nati sott’acqua e vi depone la testa di Medusa a faccia in giù.
OVIDIO, Metamorfosi, citato in Italo Calvino, Leggerezza1
Perseo è stato rifiutato ancora prima di venire al mondo, il più grande desiderio di suo nonno era che non fosse mai nato e ha fatto di tutto per farlo sparire. Perseo, invece, ha voltato le cose a suo favore.
Se anche tu hai avuto un destino simile al suo, rallegrati, è il momento per te di non essere più vittima di quanto accaduto ma di scoprire negli eventi del passato una porta magica che ti introdurrà in un mondo pieno di tesori, dove puoi acquisire doti, talenti, abilità e strumenti.
Quando non sei voluto, quando qualcuno vorrebbe cancellare la tua nascita, la cosa migliore che tu possa fare è amare costui e il tuo destino.
Perseo ha avuto un nonno pieno di paure, che ha tentato di sbarazzarsi del nipote alla nascita. Lui ha amato così tanto la sua genia e il suo destino da rendersi invisibile. È sceso nell’Ade, nel regno di quelle ombre di cui doveva, secondo suo nonno Acrisio, condividere la sorte, e vi ha scoperto tesori di una meraviglia straordinaria: il dono dell’invisibilità è uno di questi.
Le cose che ti accadono sono sempre messaggi dell’anima. Qualcuno vuole farti sparire? Ebbene, significa che puoi diventare invisibile.
Puoi scegliere, devi scegliere: passare la vita a lamentarti di non essere riconosciuto o risvegliare il tuo potere nascosto. Ma prima è necessario che tu sappia di avere una scelta. Il mito di Perseo serve a questo: mostrarti le tue possibilità e indicarti il tuo potere.
L’impossibile è solo la base di partenza per costruire infinite possibilità.
Trascorrere la vita a piangersi addosso per una nascita non voluta, un’accoglienza non data, un regno negato, sostenere una narrazione interiore che ti vede vittima degli eventi non è una buona idea.
Tutto quello che Perseo ha fatto l’ha fatto per amore. Per questo è vincente!
Suo nonno ha speso la vita a litigare con il fratello gemello Preto per il regno di Argo, regno che Perseo ha lasciato per andare a fondarne uno nuovo, tutto suo.
Non raccogliere l’eredità di chi non vuole dartela, non avere paura di ricominciare ogni volta da capo, non piangere ciò che non hai avuto, ma fai della mancanza il tuo dono più grande, non temere la dimora di Ade, ma guardala con rispetto e rendila la tua più potente alleata, non conquistare mai nulla per te stesso, agisci solo per amore: questo è il cammino che ti porterà a ribaltare i tratti vittimistici del tuo destino e a renderli le tue armi. Perseo ti mostrerà come fare con il suo esempio.
Nella storia di Perseo ci sono dei simboli che possono ricongiungerti con il tuo gemello, la parte di te che dimora nell’invisibilità, quella parte che, non appena hai incominciato a vivere, ha incominciato a morire: si tratta del tuo daimon, del tuo spirito guida che cammina con te, del tuo riflesso nel mondo delle ombre. L’ombra è tutto ciò che la tua mente vorrebbe non fosse mai accaduto e vorrebbe non accadesse mai, l’orrido, l’abisso. Se riesci ad amarla diventa potere. Questo è il segreto della vittoria, non ve n’è un altro. Camminare nella vita tenendo per mano la morte e non biasimare il nemico ma tributargli gli onori che si confanno a un dio; amare sempre, anche la tua stessa paura, perché amore e paura non possono esistere insieme e nell’amore la paura si dissolve. Come puoi essere capace di amare se non sei stato amato, se fin dal momento stesso della tua nascita sei stato rifiutato? Come puoi apprendere a fare qualcosa di cui non hai avuto esempi? Volgiti e impara dalla vita stessa, dalla natura, dall’anima, che sono amore.
La vera madre è la seconda, quella che Perseo ha incontrato nella provvidenza che lo ha salvato per mezzo di un pescatore, dopo che era stato condannato a morte insieme a Danae. La vera nascita è la seconda, quella che Perseo ha avuto quando è ritornato dall’Ade. La vera vita è la seconda, quella che Perseo ha cominciato quando, lasciando il regno che gli spettava per diritto ereditario, ne ha fondato uno tutto suo.

La nascita dell’eroe

Zeus si innamorò di mia madre e si trasformò in una pioggia dorata per accedere alla prigione di bronzo in cui era rinchiusa e unirsi a lei.
E io fui concepito così, da un miscuglio di luce e di pioggia, di sole e di tempesta, che contraddistinse la mia esistenza e similmente caratterizza la vita di coloro che hanno avuto in sorte il rifiuto e l’abbandono. Prima venni rifiutato da mio nonno e poi abbandonato da mio padre. Dov’era il mio immortale genitore, infatti, quando mio nonno attentò alla mia vita e a quella di mia madre, quando il tiranno Polidette infastidì mia madre e io avrei avuto bisogno anche solo di un suo consiglio, una parola? Chi ha avuto un padre importante come il mio lo sa bene che il senso dell’abbandono è un filo rosso che scorre lungo tutta l’infanzia.
Perseo ha imparato ad amare la mancanza e in essa trovare la luce. Tanta luce, al punto che spesso è stato paragonato al sole. Proprio lui, che è sceso negli Inferi, è associato al sole. È questa la sua unicità: essere pioggia e fuoco, tempesta e luce.
Dicono che chi non ha avuto un padre viva una vita non bilanciata, Perseo ha fatto del suo squilibrio e del suo caos la propria stella.
Lui è il mago, liberatore dell’anima: la madre Danae, Medusa, Andromeda – tutte le donne che ha liberato: dal tiranno, da se stesse, dal mostro – sono immagini dell’anima.
Il suo mito ha origini frigie e, come mago, Perseo ha grande affinità con la Persia, ma il suo cuore batte con quello di Ermes, il dio-mago, l’illusionista, il farabutto, l’ingannatore, il ladro, lo psicopompo, il viaggiatore di mondi, il grande, meraviglioso, sublime dio della leggerezza.
Perseo è il bisnonno di Eracle, ma si distingue da lui perché la sua strada non è segnata dalla fatica, come quella di Eracle. Condivide con Ermes il senso della leggerezza e non ha, come Eracle, la smania di salire sull’Olimpo. È un uomo e sta bene tra gli uomini, Omero lo ha definito «il più illustre di tutti gli uomini».2 Ha risposto con l’amore all’abbandono e al rifiuto. È il sole che riscalda la pioggia, la luce nella tempesta. Tante volte si è immaginato l’incontro di suo nonno Acrisio con la Pizia, perché questo fu l’evento che segnò tutta la sua vita. Ed ecco qui il suo racconto.

La Pizia

Nell’ombelico del mondo, i fumi che salivano dalla terra risplendevano di luce viva, erano bizzarri, maestosi, indistinti, intricati, complessi. Solo la Pizia li sapeva decifrare.
Si potrebbe pensare che, nei tempi del vittorioso Apollo, la sua sacerdotessa, la Pizia, e l’estasi sciamanica governassero il mondo.
Nel santuario di Delfi, la sacerdotessa, dopo aver respirato i fumi che salivano dalle grotte sotterranee ed essere entrata in trance, dava il vaticinio agli uomini parlando per voce del dio e non vi era re, generale o eroe che non ascoltasse il responso prima di prendere una decisione importante.
Mio nonno arrivò a Delfi che era ancora mattino presto, ciò sicuramente fece adirare non poco la Pizia, che stava ancora dormendo ed era avviluppata al corpo bellissimo di Apollo in un’unione di amplessi e di sentimenti intensi. Anche il dio si infastidì, sebbene egli fosse abituato a quegli uomini che sempre volevano conoscere il proprio futuro e poi non erano capaci di affidarcisi con fede, ma prendevano ad agitarsi come topolini sotto l’ombra dell’aquila che vola alta nel cielo. Chi non sa avere fede nel destino, non dovrebbe mai volgere gli occhi al cielo.
«Questo re è troppo ansioso» commentò la Pizia, mentre le ancelle detergevano il suo corpo con acqua di fiori prima di aiutarla a rivestirsi. «Quando uno è così pieno di paure e di insicurezze non dovrebbe fare il re!» Le ancelle le misero indosso il mantello lavorato con fili d’oro e lei se lo aggiustò e poi si fermò un attimo a guardare nel vuoto, il corpo eretto, le spalle rese più evidenti dall’imbottitura del mantello: chiunque avrebbe capito che lei era la regina del mondo.
Raggiunse il suo tripode, sul quale si accomodò, incrociando le gambe e flettendo il busto un po’ in avanti, verso la fessura dalla quale uscivano i fumi sotterranei.
Il re giunse nell’antro del vaticinio accompagnato da due soldati che recavano un baule a testa e niente armi; infatti, era d’obbligo per tutti lasciare le armi fuori dal santuario. Si sedette dinnanzi alla Pizia, un po’ distante, per non essere raggiunto dai fumi sacri che potevano uccidere chi non era in un’unione intima con Apollo. Le ancelle gli avevano predisposto la poltrona regale e una coperta perché era inverno e Delfi, circondata da montagne, era un luogo un po’ freddo in quei giorni.
Normalmente il fedele non poteva assistere al rituale della Pizia, in genere erano i sacerdoti che raccoglievano il vaticinio della Pizia e lo mettevano in rima.
Tuttavia, Acrisio era un re, non si fidava di nessuno e vedeva trame oscure ovunque; perciò, volle e ottenne il consulto diretto con la sacerdotessa. Era fondamentale per lui sapere se il futuro gli avrebbe riservato dei discendenti maschi per garantire la sovranità alla sua stirpe.
La Pizia prese profondi respiri inalando i fumi che salivano dalle profondità, il colore della sua pelle incominciò a cambiare, si fece più pallido, come se il suo cuore si stesse fermando e il sangue avesse preso a non scorrere più. Bevve due sorsi dell’acqua della magica fonte Castalia che un sacerdote le porse, quindi riprese a respirare i fumi, poi masticò foglie di lauro, la pianta sacra ad Apollo. Ma la presenza di quel re ansioso e timoroso non rendeva facile abbandonarsi all’estasi mistica che l’avrebbe messa in contatto con il dio.
Entrò in trance dopo circa mezz’ora, raggiunse la grande terra di mezzo, tra gli uomini e gli dèi, il visibile e l’invisibile, tra la vita e la morte, il conscio e l’inconscio.
Intanto il re si aggiustava la coperta intorno al corpo ed esprimeva le ragioni che l’avevano portato a interrogare l’oracolo. Era preoccupato per la continuità del suo regno, avendo una sola figlia femmina temeva per la successione al trono. Già questo suo sminuire il femminile bastò per indisporre ulteriormente la Pizia, che lo guardò dall’alto al basso, proprio come l’aquila con il topo.
Un ultimo respiro e poi, con voce ferma e sicura, la Pizia annunciò il verdetto: «Acrisio, re di Argo, non hai alcuna ragione di nutrire preoccupazione per il tuo regno; presto tua figlia, Danae, partorirà un figlio maschio!». Il re scattò in piedi e applaudì, preso da un raptus di soddisfazione, non aveva notato, al di là dei fumi intricati, il ghigno della Pizia.
La potenza di un vaticinio, lei lo sapeva bene, dipende non solo da quello che dici, ma anche da come lo dici.
A un gesto di Acrisio, i soldati aprirono i bauli. C’erano anfore e stoffe pregiate, regali sontuosi per la sacerdotessa e per il tempio. La Pizia aveva compreso bene chi aveva di fronte, sapeva che se avesse detto tutto subito non avrebbe ottenuto nulla. Chiese alle ancelle di portare i doni in altre stanze, con la scusa che il luogo della preghiera e della rivelazione doveva restare sgombro. Intanto il re si congedò, con mille apprezzamenti sulla bravura della Pizia, sulla sua utilità, sulla bellezza del luogo e, soprattutto, sulla magnificenza del vittorioso Apollo.
La Pizia non fece una piega, rimanendo immobile sul tripode ad ascoltarlo, ma dentro fremeva.
Poi il re si voltò e, accompagnato dai suoi soldati, si incamminò verso l’uscita.
Mentre lui stava per varcare la soglia che conduceva all’esterno, la Pizia fece di nuovo uscire dalla sua bocca la voce del dio, che aveva in parte trattenuto: «Però…» disse, e Acrisio si bloccò, come un ladro colto sul fatto.
Si voltò molto adagio, come se sperasse che nel frattempo la scena mutasse e la Pizia potesse scomparire. Ma lei non si mosse.
«Però…» ripeté con voce che risuonò per tutto l’antro e anche tra le montagne che avvolgevano l’ombelico del mondo.
«Però, cosa?» le chiese Acrisio, dopo aver deglutito due volte.
«Però tuo nipote ti ucciderà!»
E così la storia del mio abbandono iniziò ancor prima che io venissi concepito. Non esistevo ancora, nemmeno nei sogni di mia madre, eppure ero già un pericolo per mio nonno.
La Pizia lo fissò a lungo, come fosse una scultura che doveva decidere se acquistare o meno: prendere o lasciare.
«Ecco, vedi, Acrisio» disse infine, mossa da pietà. «Con le Moire si può parlare. Ananke, la dea della necessità, non è poi così tremenda.»
«Mi stai dicendo che il tuo vaticinio non è certo e che può essere mutato?» domandò Acrisio paonazzo.
«No, non possiamo cambiare il nostro destino, ma piace agli dèi chi ha coraggio e sa affrontare il proprio fato.»
Mai parole furono più buttate al vento. «Ques...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Introduzione
  4. Guarire dalle ferite del tradimento
  5. Guarire dalle ferite del fallimentoe del vittimismo
  6. Guarire dalle ferite del rifiutoe dell’abbandono
  7. Guarire dalle ferite della paurae dell’ansia
  8. Guarire dalle ferite della separazione
  9. Guarire dalle ferite della tristezzae della rabbia
  10. Guarire dalle ferite dell’autoboicottaggio
  11. Guarire dalle ferite dell’anima
  12. Conclusione
  13. Ringraziamenti
  14. Copyright