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eBook - ePub
Io, Moby Dick
Informazioni su questo libro
Io, Moby Dick, a dispetto del titolo, non è una mera riduzione scenica del romanzo di Herman Melville. È molto di più. È una straordinaria metafora utilizzata da Corrado d'Elia per parlare di sé, del proprio percorso artistico, dei propri maestri – reali o ideali che siano – e dei mille e più stimoli creativi che gli giungono dalla narrativa, dalla poesia, dalla musica e, ovviamente, dal teatro.
La storia si apre su un uomo che, seduto sulle proprie sconfitte, prende a raccontare di sé, proponendosi quale emblema di tutti gli eroi consumati dal fuoco del proprio desiderio di impossibile.
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Informazioni
Argomento
LetteraturaCategoria
Teatro europeoInvito alla lettura
«Achab, una cicatrice che cammina»
di Alessandro Rivali
Moby Dick di Melville è un libro che attraversa il cuore come una spada a doppio taglio: per la sua vertiginosa interrogazione sul male, per il racconto di un viaggio metafora della vita, per la sua prosa innovatrice e così infiammata. Fu pubblicato nel 1851, in un’epoca di fervore della letteratura americana. In quegli stessi anni infatti videro la luce La lettera scarlatta di Hawthorne (1850), Walden di Thoreau (1854) o Foglie d’erba di Whitman (1855). E iniziava a coltivare la sua vocazione di poetessa Emily Dickinson, la grande solitaria.
Quando Cesare Pavese tradusse per la prima volta in Italia il capolavoro di Melville mise subito in guardia i lettori sulla posta in palio:
Si legga quest’opera tenendo a mente la Bibbia e si vedrà come quello che potrebbe anche parere un curioso romanzo d’avventure, un poco lungo a dire il vero e un poco oscuro, si svelerà invece per un vero e proprio poema sacro cui non sono mancati né il cielo né la terra a por mano. Dal primo estratto di citazione «E Dio creò grandi balene» fino all’epilogo, di Giobbe: «E io solo sono scampato a raccontarvela» è tutta un’atmosfera di solennità e severità da Vecchio Testamento, di orgogli umani che si rintuzzano dinnanzi a Dio, di terrori naturali che sono la diretta manifestazione di Lui1.
In una splendida biografia di Melville, Paolo Parisi Presicce ha compendiato i modelli d’ispirazione del romanzo:
Il Libro di Giobbe fa da modello o stampo per la sfida interrogatoria al divino. Il Libro di Giona, attraverso il personaggio di Ishmael, per l’obbedienza cieca all’universo; il King Lear di Shakespeare per il crollo tragico e inevitabile dell’autorità; il Paradise Lost di Milton per l’ambizione incrollabile; il Doctor Faustus di Marlowe per la tentazione demoniaca; il Faust di Goethe per l’ossessione eroica, l’Anatomy of Melancholy di Burton, letto più volte, per una psicologia nostalgica e invalidante2.
Moby Dick può intimorire il lettore di oggi. Forse l’editor di una grande casa editrice lo boccerebbe, per la mole, per l’attacco lentissimo con pagine di citazioni, dalla Genesi a Darwin, per la cetologia (ma i cataloghi sono il marchio di fabbrica dei libri epici). Eppure, chi porta a termine il libro ne resta segnato per sempre: perché Moby Dick è una grande avventura dello spirito.
Io ne rimasi conquistato negli anni universitari grazie agli insegnamenti di Giampiero Neri (Erba, 1927), il decano della nostra poesia.
Neri mi parlò di Moby Dick come di libro grandioso, profetico, che abbracciava la crisi dell’uomo moderno e che andava collocato subito dopo l’Iliade e la Divina Commedia. Un libro, spiegava, da centellinare come la Bibbia.
Tra i suoi passi preferiti, il capitolo CIV, «La balena fossile», in cui si disvela il «sogno» di Melville:
Datemi una penna di condor! Datemi il cratere del Vesuvio per calamaio! Tenetemi, amici! Poiché nel semplice atto di vergare i miei pensieri intorno a questo Leviatan, i pensieri mi stancano, mi spossano con la loro immensa comprensività, come per includere tutto il giro delle scienze e tutte le generazioni presenti, passate e di là da venire, di balene, di uomini, di mastodonti, con tutti i mutevoli panorami di potenza sulla terra e nell’intero universo, non esclusi i sobborghi. Tale e talmente significante è la virtù di un grande argomento. Nessun’opera grande e duratura potrà mai venire scritta sulla pulce, benché molti abbiano tentato3.
Un giorno Neri mi confidò che al risveglio dopo un’operazion...
Indice dei contenuti
- Invito alla lettura
- «Achab, una cicatrice che cammina»
- «Moby Dick: il viaggio della nostra stessa vita»
- I
- II
- III
- IV
- V
- VI
- VII
- VIII
- IX
- X
- XI
- XII
- XIII
- XIV
- XV
- XVI
- XVII
- XVIII
- XIX
- XX
- XXI
- La caccia finale - terzo giorno
- Postfazione
- Moby Dick e gli assoli di Corrado D'Elia
- Nascita e sviluppo di un'ossessione
- Il disumano e l'infinito
- Il microcosmo del Pequod
- Io, Achab
- La morale
- L'allestimento teatrale di Io, Moby Dick
- Indice