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Seconde generazioni
Informazioni su questo libro
«L'emergere della tematica dei figli degli immigrati denota il passaggio dalla logica di breve periodo della regolazione dei flussi migratori in funzione del mercato del lavoro alla logica di lungo periodo dell'istallazione delle popolazioni d'origine immigrata e della loro integrazione nel tessuto sociopolitico del Paese d'immigrazione.» (da Seconde Generazioni di Rosita Fibbi)
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Informazioni
Argomento
Scienze socialiCategoria
Emigrazione e immigrazioneDINAMICHE SOCIALI E IDENTITÀ NELLE SECONDE GENERAZIONI
Per acquisire legittimità , le dinamiche sociali d’esclusione si appoggiano su una costruzione culturale dell’alterità che unifica gruppi disparati in un’identità negativa essenzializzata, in riferimento a una concezione della cultura e dell’appartenenza etnica come ‘naturale’, reale, stabile nei quali sono confinati i gruppi minoritari stigmatizzati. In Europa, il denominatore religioso islamico (Zolberg, Long Litt Woon 1999; Drouhot, Nee 2019) funge da principio unificatore di gruppi molto eterogenei, originari dell’Asia meridionale, dell’Africa settentrionale, del Mediterraneo orientale, nonché di Paesi europei storici, quali la Bosnia e l’Albania, relegandoli in un’alterità presentata come insormontabile nel discorso pubblico.
ESCLUSIONE E IDENTITÀ
Nella teoria dell’assimilazione, l’identificazione degli immigrati e dei loro discendenti con il gruppo etnico tende a essere intesa come espressione della presunta limitata volontà di integrazione della popolazione immigrata (Heath 2014). Questo assunto, che solleva ‘ansietà di assimilazione’ tra i membri della maggioranza del gruppo, non tiene conto del fatto che identificarsi e (ri)valorizzare il gruppo di appartenenza, benché stigmatizzato, costituisce una strategia di risposta dei gruppi emarginati per conservare un’immagine positiva di sé e proteggere il proprio benessere psicologico. Così l’analisi empirica invita a rovesciare i termini della relazione. È proprio la socializzazione culturale riuscita nel Paese in cui sono cresciuti ad alimentare le aspirazioni dei figli degli immigrati, a rendere intollerabile la rappresentazione negativa proiettata su di loro dalla società d’immigrazione e a indurli a rivoltarsi contro l’esclusione socioeconomica che subiscono: essi rispondono a queste sfide con una ‘identità reattiva’ (Portes, Rumbaut 2001), fabbricata nel Paese di immigrazione con valenza aggregante e carica oppositiva verso una società che li emargina. È così che, per esempio, Olivier Roy (1991) comprende l’identificazione etnica e religiosa dei giovani marginalizzati di origine maghrebina in Francia. Osservando che l’arabo non è usato come lingua di comunicazione nelle ‘comunità ’ arabe, che la religione è piuttosto un richiamo simbolico che una pratica reale, Roy parla di «etnia inventata» e di «islam immaginario». Anche Çetin Çelik (2015), con la sua indagine qualitativa su alcuni giovani di origine turca in Germania che hanno abbandonato la scuola, corrobora il modello di rifiuto-identificazione (Schmitt, Branscombe, Postmes, Garcia 2014). Osservando il trattamento sfavorevole degli insegnanti nei loro confronti, essi sviluppano una profonda sensibilità alla discriminazione che colpisce gruppi singolarizzati sul piano religioso, a differenza di altri immigrati di origine cristiana. Mentre questi ultimi possono elaborare percorsi identitari assimilativi o misti, i giovani turchi e curdi aderiscono fortemente alla loro identità d’origine come risposta alla percezione di una mobilità sociale bloccata. Per Çelik, l’identità reattiva si trasforma in identità oppositiva quando la discriminazione percepita coincide con la stigmatizzazione, cioè il rifiuto della cultura minoritaria da parte del gruppo maggioritario.
La questione delle dinamiche identitarie presso i discendenti di immigrati è diventata più pressante in relazione alla cosiddetta radicalizzazione, il ricorso cioè all’azione politica violenta da parte di individui o gruppi minoritari che rivendicano una identità musulmana. Il termine radicalizzazione compare per la prima volta nei discorsi politici e mediatici come associato alla migrazione in relazione agli attentati di Londra del 2005 imputati al cosiddetto jihadismo autoctono (Kastoryano 2017): nella seconda metà del primo decennio del Duemila, i protagonisti sono giovani di seconda e terza generazione o convertiti, ‘jihadisti di casa nostra’, cresciuti nei Paesi europei (Vidino 2014). È molto difficile identificare il profilo del terrorista islamico autoctono. In realtà , esiste un profilo demografico oggettivo degli individui che si radicalizzano: la maggior parte degli individui che entrano a far parte di gruppi radicali sono adolescenti o giovani adulti, in genere maschi (Verkuyten 2018, p. 22).
Non esiste invece un chiaro profilo sociologico: si tratta di soggetti estremamente eterogenei per origine etnica, istruzione e condizione sociale, uniti dalla comune fede jihadista. Gli studi politologici sul ricorso alla violenza politica hanno empiricamente confutato le ipotesi esplicative che lo imputavano alla ricerca identitaria o allo svantaggio sociale (della Porta 2018). La radicalizzazione poggia piuttosto sulle micro-dinami...
La questione delle dinamiche identitarie presso i discendenti di immigrati è diventata più pressante in relazione alla cosiddetta radicalizzazione, il ricorso cioè all’azione politica violenta da parte di individui o gruppi minoritari che rivendicano una identità musulmana. Il termine radicalizzazione compare per la prima volta nei discorsi politici e mediatici come associato alla migrazione in relazione agli attentati di Londra del 2005 imputati al cosiddetto jihadismo autoctono (Kastoryano 2017): nella seconda metà del primo decennio del Duemila, i protagonisti sono giovani di seconda e terza generazione o convertiti, ‘jihadisti di casa nostra’, cresciuti nei Paesi europei (Vidino 2014). È molto difficile identificare il profilo del terrorista islamico autoctono. In realtà , esiste un profilo demografico oggettivo degli individui che si radicalizzano: la maggior parte degli individui che entrano a far parte di gruppi radicali sono adolescenti o giovani adulti, in genere maschi (Verkuyten 2018, p. 22).
Non esiste invece un chiaro profilo sociologico: si tratta di soggetti estremamente eterogenei per origine etnica, istruzione e condizione sociale, uniti dalla comune fede jihadista. Gli studi politologici sul ricorso alla violenza politica hanno empiricamente confutato le ipotesi esplicative che lo imputavano alla ricerca identitaria o allo svantaggio sociale (della Porta 2018). La radicalizzazione poggia piuttosto sulle micro-dinami...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Colophon
- ECO di Djarah Kan
- SECONDE GENERAZIONI
- NOZIONE, DENOMINAZIONE E NUMERI
- I FIGLI DEGLI IMMIGRATI NELLE ISTITUZIONI DELLA SOCIETà D’IMMIGRAZIONE
- I PROCESSI DI INTEGRAZIONE: DAI DATI EMPIRICI ALLE TEORIE
- PROCESSI E TEORIE
- DINAMICHE SOCIALI E IDENTITÀ NELLE SECONDE GENERAZIONI
- BIBLIOGRAFIA