Riprendere il controllo
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Riprendere il controllo

Nuove comunità per una nuova politica

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Riprendere il controllo

Nuove comunità per una nuova politica

Informazioni su questo libro

Se la competizione ha nutrito gli anni Ottanta e Novanta, la crisi del 2008 ci ha gettati definitivamente tra le braccia di un neoliberismo selvaggio e individualista, ideologia apparentemente insostituibile. George Monbiot offre una nuova narrazione che mira a riavvicinare le persone alla politica attraverso la proposta, reale e concreta, di una rinnovata idea di appartenenza, e ragiona sulle potenzialità delle comunità che nascono dal basso e sulla loro forza di coesione e produzione democratica. Riprendere il controllo non per le ambizioni di pochi, ma in una logica sociale capace di inclusione e condivisione.

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Informazioni

1

UNA STORIA DEI NOSTRI TEMPI

Non si possono privare le persone delle loro storie senza offrirgliene di nuove. Non è sufficiente mettere in discussione una vecchia narrazione, per quanto obsoleta e screditata: il mutamento ha luogo solo quando alla vecchia ne subentra un’altra. Quando si sviluppa la storia giusta e si impara a raccontarla, è possibile contagiare le menti di persone di ogni orientamento politico. Chi racconta le storie governa il mondo.
Il vecchio mondo, che un tempo sembrava stabile o, addirittura, immutabile, sta crollando. È cominciata una nuova era, che è gravida di rischi se non reagiremo nella maniera giusta, ma anche carica di promesse, se sapremo cogliere l’attimo. Se i sistemi che emergeranno da questa rottura saranno migliori o peggiori di quello attuale dipenderà dalla nostra capacità di raccontare una storia nuova che, traendo insegnamento dal passato, ci collochi nel presente e ci guidi nel futuro.

Il potere delle storie

Le storie sono lo strumento con cui ci orientiamo nel mondo. Ci consentono di interpretarne i segnali complessi e contraddittori. Possediamo tutti un istinto narrativo: un’innata disposizione ad ascoltare un discorso su chi siamo e dove ci troviamo. George Marshall, nel suo illuminante libro Don’t Even Think About It, spiega che «le storie svolgono una funzione cognitiva fondamentale: sono il mezzo con cui il “cervello emotivo” mette ordine nelle informazioni raccolte dal “cervello razionale”. Le persone possono essere in possesso di informazioni sotto forma di dati e cifre, ma le credenze che ne traggono si presentano inevitabilmente in forma di storie».1 Quando ci imbattiamo in una questione complessa, e proviamo a farcene un’idea, non cerchiamo dati coerenti e affidabili, bensì una storia coerente e comprensibile. Quando ci domandiamo se una certa cosa “ha senso”, il “senso” che cerchiamo non è la razionalità, secondo la definizione offerta da scienziati e filosofi, bensì una fedeltà narrativa. Ciò che ci viene raccontato corrisponde o no alla nostra idea del comportamento degli umani e del mondo? La storia sta in piedi? Si sviluppa nella maniera in cui, secondo noi, le storie dovrebbero svilupparsi?
Basandosi su un lavoro sperimentale Marshall dimostra che se una certa storia è buona, e viene ripetuta a sufficienza, noi tendiamo a crederci anche quando ci viene detto che è falsa. I tentativi di confutare queste storie non fanno che rafforzarle, perché la confutazione è interpretata come conferma della narrazione. Se noi affermiamo: «Non è vero che l’attentato alle Torri gemelle è stato orchestrato da una cricca occulta di politici americani», coloro che credono alla falsa teoria si convincono ancora di più del fatto che «una cricca occulta di politici americani ha orchestrato l’attentato alle Torri gemelle». Quel “non è vero che” ha un peso insignificante rispetto alla familiare narrazione a cui è anteposto.
Una serie di fatti, per quanto ben confermati, non è in grado di correggere o di scalzare una narrazione forte. L’unico effetto che rischia di suscitare è l’indignazione: molte persone negano spesso con veemenza i fatti che contrastano con la “verità” fittizia radicata nelle loro menti.
L’unica cosa capace di scalzare una storia è un’altra storia.
Le storie efficaci hanno tendenzialmente in comune un certo numero di elementi. Sono facili da comprendere. Possono essere riassunte in poche parole e memorizzate alla svelta. Sono in sé coerenti. Sono incentrate su personaggi o gruppi particolari. Mostrano un legame immediato tra causa ed effetto. Descrivono un processo, con un inizio, uno svolgimento e una fine che risolve la situazione iniziale in modo positivo e stimolante.
Certe narrazioni si ripresentano più volte nel corso della storia, in culture diverse. Per esempio, la leggenda dell’eroe che parte per una missione e affronta grandi pericoli (spesso rappresentati da mostri), prevalendo a dispetto di ogni pronostico, per conseguire prestigio, potere o sapienza, è presente nelle culture di ogni angolo del pianeta, alcune delle quali sicuramente prive di contatti tra loro. Ulisse, Beowulf, Sinbad, Sigfrido, Cú Chulainn, Arjuna, san Giorgio, La.c Long Quân e Glooskap sono tutte varianti di questo eroe universale. Le nostre menti sono terreno fertile per le storie in generale, ma soprattutto per quelle che seguono determinati schemi.
In campo politico c’è una storia ricorrente che cattura la nostra attenzione. Recita più o meno così:
Il paese è afflitto da un disordine causato da forze potenti e maligne che operano contro gli interessi dell’umanità. L’eroe – che può essere una singola persona o un gruppo – si ribella al disordine, combatte le forze del male, le sconfigge nonostante le condizioni sfavorevoli e restaura l’ordine.
Le storie che seguono questo modello possono rivelarsi così potenti da spazzare via qualunque ostacolo, inclusi i nostri valori fondamentali. Per esempio, due delle narrazioni più amate e più longeve al mondo – le saghe del Signore degli anelli e delle Cronache di Narnia – sono incentrate su valori che erano in auge nel Medioevo e sono oggi generalmente considerati inaccettabili. Il disordine, in queste storie, è rappresentato dall’usurpazione di monarchie legittime o delle loro legittime dinastie; la giustizia e l’ordine dipendono dalla loro restaurazione. Ci ritroviamo a esultare per la riscossa dell’autocrazia, per la distruzione dell’industria e, nel caso di Narnia, addirittura per il trionfo del diritto divino sul potere secolare.
Se queste storie riflettessero i valori che la maggior parte delle persone professa – democrazia, indipendenza, “progresso” industriale – i ribelli sarebbero gli eroi, mentre i monarchi ereditari sarebbero i cattivi. Ignoriamo il conflitto con i nostri principi perché queste storie corrispondono perfettamente alla struttura narrativa cui la nostra mente è predisposta. Fatti, evidenze, valori, convinzioni… Le storie prevalgono su tutto.

Eroi e cattivi

Le due narrazioni politiche che hanno avuto più successo nel XX secolo – e che sopravvivono anche nel XXI – sono diametralmente opposte, ma seguono un medesimo schema.
La narrazione socialdemocratica racconta che il mondo è precipitato nel disordine – rappresentato dalla Grande depressione – a causa del comportamento egoistico di un’élite senza freni. L’appropriazione da parte di questa élite sia della ricchezza sia delle istituzioni politiche mondiali ha prodotto l’impoverimento e l’insicurezza dei lavoratori. Unendosi per difendere i propri comuni interessi, i popoli del mondo possono rovesciare il potere di questa élite, espropriare i patrimoni che ha illegittimamente acquisito e mettere in comune questa ricchezza per il bene di tutti. L’ordine e la sicurezza vengono restaurati nella forma di uno Stato protettivo e paternalistico che investe in progetti pubblici per il bene pubblico, generando una ricchezza capace di garantire prosperità per tutti. La gente comune – gli eroi di questa storia – finisce per trionfare sugli oppressori.
La narrazione neoliberista, invece, spiega che il mondo è precipitato nel disordine per effetto delle tendenze collettivistiche di uno Stato prepotente, esemplificato dalle mostruosità dello stalinismo e del nazismo, ma evidente in tutti gli esempi di pianificazione pubblica e in tutti i tentativi di programmarne gli esiti sociali. Il collettivismo distrugge la libertà, l’individualismo e le opportunità. Gli eroici imprenditori, mobilitando i salvifici poteri del mercato, combattono questo conformismo coatto, liberando la società dall’asservimento allo Stato. L’ordine, in questo caso, viene ripristinato nella forma del libero scambio, che genera ricchezza e opportunità, garantendo prosperità per tutti. La gente comune, liberata grazie agli eroi di questa narrazione (gli imprenditori che perseguono la libertà), trionfa su coloro che la opprimevano.
Nei prossimi due capitoli mostrerò come queste due narrazioni siano entrate in crisi, incontrando problemi che – ove il mondo fosse governato sulla base di fatti e dati dimostrabili – avrebbero comportato una loro radicale modificazione, se non addirittura il loro abbandono. Tuttavia, a causa della loro potenza narrativa e della nostra disastrosa incapacità di sviluppare storie alternative ed efficaci, queste dottrine non sono state ancora sostituite. I fatti sono cambiati, non così la nostra mente.
Perché la crisi si risolva positivamente, occorrerà una nuova narrazione. Il nostro compito consiste nel produrne una che sia fedele ai fatti, fedele ai nostri valori e fedele agli schemi narrativi a cui siamo più sensibili.

Il suono del silenzio

Come molti altri soggetti che perseguono una politica generosa e inclusiva ho teso l’orecchio per cercare di captare un’eventuale storia di questo tipo, ho atteso lo squillo di tromba capace di riunirci tutti nell’auspicio di un futuro migliore. L’attesa continua. I principali partiti tentano per lo più di adattare le narrazioni esistenti. È per questo che spesso sembrano fiacchi, privi di passione, estenuati.
Come i partiti consolidati, anche i movimenti popolari soffrono, ma per il problema opposto. Migliaia di storie frammentarie si accavallano in cerca di ascolto, creando – per l’ascoltatore esterno – una cacofonia indecifrabile. In mancanza di una narrazione coerente e stabilizzante, questi movimenti rimangono meramente reattivi, disgregati e precari, sempre a rischio di esaurimento e delusione.
Lo scoramento è lo stato d’animo in cui cadiamo quando la nostra immaginazione stenta. Quando non disponiamo di storie che descrivano il presente, e ci guidino verso il futuro, la speranza svanisce. La sconfitta politica è, in sostanza, un deficit di immaginazione.
In mancanza di una nuova storia – una storia positiva e propositiva, non meramente reattiva e negativa – nulla cambierà. Se si ha una storia, invece, cambia tutto.
Per provare a sviluppare una narrazione politica rigenerativa intorno a cui raggrupparci e mobilitarci dobbiamo prima identificare i valori e i principi che vogliamo promuovere. Le storie che diffondiamo, infatti, servono a propagare le credenze intorno a cui le nostre storie vengono costruite.
Non intendo dire che i lettori o gli spettatori del Signore degli anelli vengono indotti a saltar giù dal divano e a invocare il ritorno al feudalesimo. Quella storia non aveva lo scopo di favorire il cambiamento politico, e non si registrano (che io sappia) tentativi di utilizzarla per restaurare l’autocrazia. Quando però sono concepite a fini politici, e diffuse per promuovere tali fini, le narrazioni hanno il potere di modificare o di rafforzare i nostri valori. Le dottrine più grottesche possono sembrare improntate al senso comune quando si ammantano di una narrazione convincente, come hanno scoperto Lenin, Hitler, Georges Sorel, Gabriele d’Annunzio e Ayn Rand.
All’incapacità di inventare una nuova narrazione si è abbinata una non meno notevole omissione: l’incapacità di individuare e descrivere i valori e i principi che potrebbero informare la nostra politica.

Conoscere i propri valori

I valori sono il basamento roccioso di una politica efficace. Danno la misura dell’importanza che attribuiamo a certi basilari modi di essere, offrendo un’indicazione riguardo a ciò che consideriamo buono e degno. In molti casi, possono essere sintetizzati in una sola parola.
Per esempio, i valori predominanti, per una persona, possono essere la saggezza, la forza, l’onestà e la libertà. Ciò non significa che questi siano i soli valori a cui questa persona si ispira e tantomeno che vi si attenga senza eccezioni, ma si tratta comunque delle aspirazioni a...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. CAPITOLO 1. Una storia dei nostri tempi
  5. CAPITOLO 2. Spettatori in ostaggio
  6. CAPITOLO 3. Non guardare indietro
  7. CAPITOLO 4. Alienazione
  8. CAPITOLO 5. Appartenenza
  9. CAPITOLO 6. La nostra economia
  10. CAPITOLO 7. Reinquadrare l’economia
  11. CAPITOLO 8. La nostra politica
  12. CAPITOLO 9. Realizzazione
  13. CONCLUSIONI. La politica dell’appartenenza
  14. Ringraziamenti