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Informazioni su questo libro
Madre Anna Maria Cànopi è stata per lungo tempo una delle voci più profonde e più ascoltate nell'ambito della letteratura spirituale in Italia. Profondità che ritroviamo in queste pagine che, certamente, stimoleranno di nuovo l'ascolto meditante e orante delle sue parole. La sua voce, d'altronde, come la sua stessa esistenza, altro non ha fatto che commentare, raccontare la Parola e invitare a essa. Questo, pure, ritroviamo nel presente libro che ripropone una ricchezza e vivacità che «non è venuta meno lungo gli anni, ma si è andata trasformando dallo stile spigliato e quasi provocatorio o sferzante degli inizi, assumendo poi toni caldi e sapienziali». Come ancora sottolineano le parole con cui le consorelle presentano l'opera, «ne è risultato un piccolo capolavoro, una testimonianza eloquente che la Parola è sempre viva ed effi cace, ma è importante avere una guida saggia che abbia il dono di aiutarci a leggerla, applicandola al nostro oggi».
Un libro che fa memoria, insieme, della storia originaria della Chiesa e della vicenda umana e cristiana di una donna di fede dei nostri giorni.
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Informazioni
eBook ISBN
9788892232068Argomento
Teologia e religionePietro: portatore di vita
A questo punto del racconto degli Atti, mentre la grande predicazione di Paolo prende l’avvio in una situazione così tesa e insicura a Gerusalemme e nelle altre città dove i cristiani avevano predicato, troviamo una nota importante, quasi come una vela che prende il largo.
«La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero» (At 9,31).
Ci si può domandare: di che pace si tratta? Di pace perché è lasciata in pace o di pace perché è unita in se stessa e fedele al Signore? Si tratta certamente di una pace che non è la tranquillità, il comodo, la sicurezza; è invece la pace di chi è unito al Signore e non teme nulla perché sa che lui è la sua forza, la sua sicurezza e la sua gioia. I fratelli si vogliono bene e si trovano uniti nel momento della prova, crescono anzi proprio attraverso le esperienze di persecuzione, diventano più solidali e camminano nel timore del Signore.
La Chiesa, nata nel Cenacolo, aveva cominciato a fare i suoi primi passi in Gerusalemme, poi, crescendo nutrita dalla parola di Dio, si era spinta per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria; adesso, diventata più grande e fortificata dallo Spirito Santo, è pronta per intraprendere veri e propri viaggi missionari. La sua corsa ormai non si arresterà più; continuerà a camminare verso quelle terre, quegli uomini che attendono, pur senza saperlo, di conoscere Colui che è la salvezza, perché è per tutti la Via, la Verità e la Vita.
Fin dal principio lo Spirito Santo si manifesta quale forza e gioia dei credenti, Colui che dà loro il coraggio di affrontare con fortezza le situazioni più difficili, di rischiare tutto, generosamente, per il regno di Dio. È chiaro che l’audacia degli apostoli non deriva dall’illusione di ritenersi capaci di grandi cose, ma è dovuta alla confidenza che essi hanno nell’aiuto di Dio e al sostegno che ricevono dal Consolatore.
In questo clima di santa euforia anche i miracoli fioriscono come espressione di una fede vissuta con semplicità e genuinità. Il capitolo nono termina proprio con due episodi di cui è protagonista Pietro in visita a tutte le comunità dei credenti situate nella regione costiera del Mediterraneo.
«E avvenne che Pietro, mentre andava a far visita a tutti, si recò anche dai fedeli che abitavano a Lidda. Qui trovò un uomo di nome Enea, che da otto anni giaceva su una barella perché era paralitico. Pietro gli disse: “Enea, Gesù Cristo ti guarisce; àlzati e rifatti il letto”. E subito si alzò. Lo videro tutti gli abitanti di Lidda e del Saron e si convertirono al Signore» (cfr. 9,32-35).
«Gesù Cristo ti guarisce» dice Pietro senza dubitare un istante di quanto può fare. I maghi dei nostri giorni, come quelli di ogni tempo, invece dicono: «Affidati a me! Io sono il tuo dio e con i miei riti magici ti restituisco la salute e ti rendo potente». Gli apostoli hanno unicamente la potenza del nome di Gesù Cristo e, come movente, hanno la fede e la compassione per un’umanità malata, povera nel corpo e soprattutto nello spirito. La guarigione di questo malato suscita in molti il desiderio di conversione: tutto è in ordine alla diffusione del Vangelo e alla conversione dei cuori. Enea diventa un documento della potenza di Dio che ci salva: vedendolo, credono.
Pietro si reca poi a Giaffa, dove è morta una buona discepola di nome Tabità, che significa “gazzella”. La sua generosità e sollecitudine per i poveri l’avevano resa cara a tutta la comunità dei credenti, i quali mandano a chiamare l’apostolo perché la guarisca. Ma mentre Pietro è ancora in viaggio, Tabità muore. Al suo arrivo lo conducono al piano superiore della casa dove ella è distesa sul letto. Pietro fa uscire tutti – come aveva fatto Gesù quando aveva risuscitato la figlia di Giairo – e dopo essersi raccolto in intensa preghiera, rivolgendosi alla salma, la invita ad alzarsi come Gesù aveva fatto con la fanciulla e il figlio della vedova di Nain.
«Pietro fece uscire tutti e si inginocchiò a pregare; poi, rivolto al corpo, disse: “Tabità, àlzati!”. Ed ella aprì gli occhi, vide Pietro e si mise a sedere. Egli le diede la mano e la fece alzare, poi chiamò i fedeli e le vedove e la presentò loro viva» (At 9,40-41).
Subito Tabità apre gli occhi, e ancora una volta Pietro ripete il gesto di Gesù: le dà la mano, la fa alzare e la presenta viva alla comunità dei credenti perché possa continuare a fare del bene in mezzo a loro. Tutto quello che noi facciamo dovrebbe avere questo scopo: diffondere la fede. E la prima cosa da fare perché ciò avvenga è di volerci bene nel Signore e di aiutarci a vicenda, come i credenti di Giaffa dimostravano di ricambiare l’amore premuroso di Tabità. Ogni nostro atto di culto, ogni nostra opera di bene, ogni nostra azione, ogni nostra preghiera deve tendere ad annunziare Gesù Cristo, morto e risorto per noi, e ad attirare a lui molti fratelli. Ogni attimo della nostra esistenza deve essere cooperazione all’opera della salvezza: insieme con Gesù dobbiamo portare a compimento l’opera della salvezza universale per tutti gli uomini. Da soli non siamo niente e non possiamo fare niente, come Gesù stesso afferma: «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5). Al tempo stesso non dobbiamo neppure scoraggiarci per la nostra debolezza o miseria, perché la nostra vita è stata innestata nella vite che è Cristo, e con la sua forza e potenza anche noi tutto possiamo per la sua gloria e per la salvezza dei fratelli.
In questo miracolo il testo, attraverso le parole e i gesti di Pietro, sembra voler intenzionalmente sottolineare che è Gesù stesso a continuare la propria missione attraverso coloro che si sono messi totalmente alla sua sequela; a essi egli dona il suo Spirito, l’autorità e il potere di compiere le sue stesse opere. Sono, infatti, la fede e l’obbedienza alla sua Parola a permettere al Signore di compiere le sue opere meravigliose.
I miracoli esteriori oggi non sono forse frequenti, ma non mancano i miracoli interiori, le conversioni e le risurrezioni interiori, i momenti in cui ci sentiamo morti per il peccato e Gesù ci risuscita con il suo perdono, ci prende per mano facendoci rialzare se siamo prostrati, abbattuti, sconfortati o disperati. In ogni momento, se siamo in qualche modo abbattuti e morti nell’intimo, il Signore ci dice: «Alzati, alzati: Io sono la tua Vita!». Sono queste le trasformazioni interiori che ci rendono sempre più credenti e che trasformano la nostra vita in una testimonianza che può attirare altri alla fede.
La Chiesa cresce e cammina per la fede di coloro che, accogliendo lo Spirito Santo, nel nome di Gesù comunicano la forza vitale che hanno ricevuto. Sempre la Chiesa è chiamata a trasmettere la verità, perché sempre Gesù la manda, anche attraverso i credenti più semplici, a portare la Parola di salvezza a tutti gli uomini che si incontrano sulle strade del mondo o che si trovano immobili sul lettuccio come Enea, o già morti come Tabità. Ogni giorno noi stessi possiamo sentirci incontrati da Gesù, colmati dal suo Spirito, resi vivi, e nello stesso tempo mandati agli altri, poiché chi riceve la vita la deve donare.
Gli apostoli stessi costatano e credono che davvero il Signore è in mezzo a loro e opera le conversioni, le guarigioni, illumina, guida, fa crescere la Chiesa. Oggi siamo ancora immersi in un mondo un po’ pagano, e dobbiamo vivere con tanta coerenza, convinzione e fervore questo mistero pasquale che trasforma continuamente l’umanità e il mondo trasformando noi stessi. Quanto possiamo e dobbiamo apprendere, quanta forza possiamo attingere dalla santità della Chiesa, dei nostri fratelli che vivono in mezzo a noi, nel mondo, e sanno mantenersi fedeli al Signore nonostante tutte le prove, che sanno soffrire, che sanno morire per il Signore.
Chiediamo al Signore di darci uno sguardo capace di vedere quello che egli va operando in mezzo a noi e chiediamogli una fede più grande per essere anche noi capaci di rispondere alla sua Parola che vuole operare in noi, per diventare a nostra volta testimoni della risurrezione e della vita, testimoni dell’amore di Dio amando e donando noi stessi come egli ci ha amato e si è donato a noi.
Signore Gesù,
anche noi siamo spesso come Saulo
sulla via di Damasco,
protesi verso nostre assurde mete.
Vieni a fermarci,
vieni a folgorarci
con la tua presenza di Risorto,
vieni a ferirci il cuore con la tua voce.
Strappaci dalle nostre false sicurezze:
sospinti dal tuo Spirito
cominceremo a fare i primi passi
sulla tua via di verità e di amore.
Vieni, Signore Gesù,
nell’ora cocente della tentazione,
vieni al mezzogiorno della nostra vita,
vieni anche alla sera,
vieni sempre
a rivelarti come unico Signore
e fa’ di noi, come di Pietro e Paolo,
come di tutti i testimoni della fede,
dei portatori entusiasti
del tuo santo Nome
sulle desolate vie del mondo.
Amen.
I PAGANI ACCOLGONO LA PAROLA DI DIO
(Atti 10-11)
Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano
Con il capitolo decimo degli Atti l’evangelizzazione esce dalla sfera di Israele e penetra nel mondo pagano, romano e greco, e si rivolge ormai a tutti gli uomini. È sempre difficile abbattere i muri di separazione che l’uomo attua tra sé e gli altri, ma lo Spirito Santo, che è una forza irruente, cancella tutte le frontiere delle nazionalità e si incomincia a vedere l’effetto di questo evento straordinario. Nascono quindi comunità cristiane anche al di là dei confini di Israele, e gli apostoli, ispirati dallo Spirito Santo, comprendono che la Parola ha in sé una sua forza di espansione e quindi anche di conversione e rigenerazione. Pietro, che ancora aveva la mentalità un po’ ristretta e riteneva di limitare la diffusione del Vangelo al popolo di Israele come se Cristo fosse una proprietà degli Ebrei, viene invece mandato ai pagani e a tutti gli uomini ad annunziare Cristo e a portare la sua salvezza chiamandoli alla fede.
L’evangelizzazione del centurione Cornelio e di tutta la sua casa avviene per ispirazione di Dio in un modo sorprendente e imprevisto. Tutto è condotto in modo sapiente dal Signore: le persone si muovono dietro una spinta interiore, sono guidate dallo Spirito Santo e tutto avviene secondo un disegno. Cornelio è un centurione della coorte italica, tuttavia pur essendo pagano, ha dei titoli di “raccomandazione”: è un uomo pio e timorato di Dio insieme a tutta la sua famiglia, è generoso e dedito alla preghiera, ha già in sé il germe della vita nuova e si rivela quindi disponibile ad accogliere pienamente la verità e a diventare un credente nel vero Dio, un membro della Chiesa e un discepolo del Signore. Questo militare non conosce ancora il Signore, ma Dio conosce il suo cuore e ha già scelto lui e la sua casa.
In questa scena, come in tante altre degli Atti degli Apostoli che ci fanno vedere la vita delle prime comunità cristiane, troviamo spesso, ma come se si trattasse di un fatto normale, la visione degli angeli, e potremmo pensare che siano interpretazioni di sogni o di suggestioni interiori arbitrarie. In realtà, anche noi viviamo in questo clima di miracolo, ma non ce ne accorgiamo. Non sappiamo leggere dentro gli avvenimenti, non sappiamo scorgere nelle persone le visite del Signore, non sappiano accogliere nella Parola che ci viene rivolta una chiamata, un annuncio del Signore. E non sappiamo vedere tutti i collegamenti che ci sono negli avvenimenti anche minimi della nostra esistenza: nulla infatti accade a caso.
«Un giorno, verso le tre del pomeriggio, Cornelio vide chiaramente in visione un angelo di Dio venirgli incontro e chiamarlo: “Cornelio!”. Egli lo guardò e preso da timore disse: “Che c’è, Signore?”. Gli rispose: “Le tue preghiere e le tue elemosine sono salite dinanzi a Dio ed egli si è ricordato di te. Ora manda degli uomini a Giaffa e fa’ venire un certo Simone, detto Pietro”» (At 10,3-5).
Gli Ebrei non avrebbero mai pensato di evangelizzare i Romani – gli occupanti della loro terra – di condividere con altri la loro religione. Invece, Gesù risorto toglie tutti i confini e li manda ovunque. Ogni espressione di bontà è gradita a Dio da qualsiasi uomo provenga; per questo, sappiamo che la Chiesa non abbraccia soltanto quelli che sono battezzati di fatto, ma molti più uomini che anche inconsciamente vivono il Vangelo, credono in Dio, vivono onestamente, amano il prossimo.
Cornelio, uomo pio e buono, che già faceva elemosine ai poveri e pregava “un dio”, potrebbe anche dire: «Che posso fare di più? Vivo già bene così». Invece, egli obbedisce e manda a chiamare uno sconosciuto da cui accoglierà il dono della fede in Cristo Salvatore. Infatti, in seguito alla visione in cui riceve l’ordine di mandare a prendere un certo Pietro che si trova a Giaffa, Cornelio invia alcuni servitori e attende l’apostolo con i congiunti e gli amici.
Intanto il Signore prepara Pietro ad accogliere l’invito rompendo gli schemi della sua mentalità giudaica e facendolo uscire dai suoi intendimenti.
«Il giorno dopo, mentre quelli erano in cammino e si avvicinavano alla città, Pietro, verso mezzogiorno, salì sulla terrazza a pregare. Gli venne fame e voleva prendere cibo. Mentre glielo preparavano, fu rapito in estasi: vide il cielo aperto e un oggetto che scendeva, simile a una grande tovaglia, calata a terra per i quattro capi» (At 10,9-11).
Pietro si trova sulla terrazza e ha fame: di che fame si tratta? Forse questa fame indica il desiderio di estendere il regno di Dio, di chiamare tanti alla fede. E gli viene mostrata la visione simbolica di una tovaglia calata dal cielo con dentro ogni sorta di animali, che secondo la legge ebraica cultuale erano considerati impuri. Pietro è all’inizio della sua predicazione, è ancora pieno di dubbi su come e a chi rivolgere l’annunzio del Signore, ed esita davanti ai pagani. Per questo il Signore gli mostra con una visione simbolica che egli non esclude nessuno, che bisogna superare la purità farisaica esteriore per arrivare alla purità della coscienza.
«Allora risuonò una voce che gli diceva: “Coraggio, Pietro, uccidi e mangia!”. Ma Pietro rispose: “Non sia mai, Signore, perché io non ho mai mangiato nulla di profano o di impuro”. E la voce di nuovo a lui: “Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano”» (At 10,13-15).
Questa è una lezione sempre attuale: non dobbiamo mai avere prevenzioni verso nessuno, ma lasciare i nostri giudizi e i nostri criteri, perché è Dio che cambia le persone nell’intimo e le dispone ad accogliere la grazia e i suoi doni.
La Chiesa cresce come una grande famiglia nella quale i beni sono comunicati e condivisi con generosità. Bisogna però saper riconoscere la voce e le chiamate di Dio. Cornelio e Pietro ricevono un messaggio interiore e poi costatano come esteriormente avvengano incontri e situazioni che cambiano la vita. Essi sono attenti a quello che avviene nel mondo dello Spirito, alla presenza del Signore che guida tutti gli eventi, li collega e li mette in relazione tra loro portando tutto al compimento e a una realtà di salvezza. Questi prodigi della grazia avvengono ancora tra noi, bisogna però riconoscerli e non vivere in modo piatto e indifferente, senza stupore, lasciandoci invece magari distrarre e attirare da cose che non hanno valore o dai nostri piccoli interessi o malanni. Siamo quindi invitati a non lasciarci condizionare dall’abitudinarietà al punto da non essere più sorpresi di fronte a quello che avviene dentro di noi e attorno a noi, ma dobbiamo invece cercare di avere uno sguardo perspicace per scorgere che il Signore stesso opera in mezzo a noi la sua salvezza.
La conversione del centurione Cornelio
Il Signore manda Pietro ad annunziare a Cornelio e alla sua famiglia Cristo crocifisso e risorto, e Pietro obbedisce. In quella casa, dopo che Pietro ha evangelizzato la famiglia di Cornelio, entrano la salvezza e la gioia.
«Pietro stava ancora ripensando alla visione, quando lo Spirito gli disse: “Ecco, tre uomini ti cercano; àlzati, scendi e va’ con loro senza esita...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Quarta
- Autore
- Frontespizio
- Colophon
- Indice
- PREFAZIONE di don Roberto Pasolini
- I PAGANI ACCOLGONO LA PAROLA DI DIO (Atti 10-11)
- SI È PIÙ BEATI NEL DARE CHE NEL RICEVERE! (Atti 20)