Insegnaci a pregare
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Insegnaci a pregare

Un'introduzione alla preghiera

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Insegnaci a pregare

Un'introduzione alla preghiera

Informazioni su questo libro

Autore dei bestseller Guida del gesuita… a quasi tutto e Gesù. Un pellegrinaggio, padre James Martin sj spiega come chiunque possa avere un rapporto intimo con Dio attraverso la preghiera. A partire dalla sua lunga esperienza di guida e direttore spirituale, padre Martin fornisce un'introduzione alla ricca storia dei diversi stili di preghiera. Non esiste una formula segreta per la preghiera; piuttosto, come in ogni relazione, tutti possono scoprire i modi che funzionano meglio per ciascuna persona. In questo libro accattivante impariamo che cosa succede quando preghiamo e, inoltre, che la preghiera è accessibile a chiunque, dal cercatore dubbioso al credente devoto. Tutto ciò che serve è la volontà di aprire il proprio cuore.

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Informazioni

A William A. Barry sj:
i suoi libri e la sua vita hanno aiutato
un numero sconfinato di persone a pregare.

I

TUTTI POSSONO PREGARE

UN’INTRODUZIONE

Tutti possono pregare.
Fammela mettere in un altro modo. Se io posso imparare a pregare, allora puoi farlo anche tu.
Se non hai mai pregato prima, o hai avuto problemi a pregare, o pensi di pregare in modo “sbagliato”, questa dichiarazione di apertura potrebbe sembrare difficile da credere. O troppo bella per essere vera. Ma è vera, anche se mi ci è voluto molto tempo per capire questo semplice fatto: la preghiera è per tutti.
Fino a quasi trent’anni ho pregato solo di rado e nel modo più elementare: chiedendo aiuto a Dio. «Fammi prendere un bel voto nel compito in classe», «fammi fare un fuoricampo nella Little League di baseball», «fammi ottenere un aumento».
Non c’è niente di sbagliato nel chiedere aiuto a Dio: è sia umano che naturale. Ma fino a quando, all’età di ventisette anni, non mi unii ai Gesuiti, un ordine religioso cattolico, non mi ero reso conto che la preghiera potesse essere qualcos’altro. Quando entrai nel noviziato dei Gesuiti, però, imparai a pregare in modi nuovi. E quello che scoprii mi stupì: ci sono così tanti modi, così tante pratiche, così tanta flessibilità.
Allo stesso tempo, fui incoraggiato a pensare alla preghiera in modi nuovi: immaginare la preghiera come una relazione personale con Dio, sperimentare ciò che accade quando si prega, capire che non esiste un solo modo giusto per pregare, sapere che la preghiera è qualcosa che cambia durante la tua vita e vedere come la preghiera può cambiare la tua vita. Così imparai non solo a pregare, ma anche a comprendere la preghiera.
Fu uno shock, quasi come se qualcuno avesse detto: «Sapevi che c’è un’altra dimensione oltre alle tre dimensioni che vivi?». In effetti, non è una brutta analogia. La preghiera è come vedere un’altra dimensione della vita.
La mia prima reazione a questo fu: «Perché non sono venuto a saperlo prima?». La seconda: «Perché non ci sono più persone che lo sanno?». La risposta alla prima domanda era ovvia. Non sono cresciuto in una famiglia molto religiosa, quindi ho avuto poca formazione religiosa. Non aver frequentato scuole religiose, cattoliche o meno, significava che non ero stato molto “esposto” alla preghiera durante i miei anni di scuola elementare, media e superiore. La mia famiglia andava in chiesa la domenica e io frequentai il catechismo dopo la scuola per alcuni anni, ma a casa non discutevamo molto di Dio. Dicevamo una preghiera di ringraziamento durante i pasti nelle grandi feste, ma non pregavamo poi così tanto, per lo meno insieme, in giorni diversi da quelli.
Per non farti un’idea sbagliata, i miei genitori erano persone buone e di grande moralità. Eppure, la mia famiglia era come tante famiglie oggi: non parlavamo spesso della vita spirituale, né eravamo a nostro agio nel farlo. E non lo faceva nessun altro che conoscessi. Quindi non pregavo molto, a meno che non chiedessi cose. Anche quando arrivai all’università, non incontrai molte persone apertamente religiose, e quelle che conoscevo non erano impegnate in conversazioni sulla preghiera.
Anche alla seconda domanda che mi posi fu facile rispondere: «Perché non ci sono più persone che lo sanno?». O, più in generale, «Perché non ci sono più persone che pregano?».
Per cominciare, molti lo fanno. Ma quando sono entrato nei Gesuiti, io non lo sapevo. Per milioni di persone, la preghiera è una parte normale della vita, naturale come respirare. Lo fanno ogni giorno, spesso più volte al giorno. Ma per altrettante persone la preghiera è qualcosa di estraneo. Arduo. Persino spaventoso. Molte persone, quindi, semplicemente non pregano. Non sto parlando di agnostici o atei, che non pregano per una ragione ovvia: o dubitano o non credono nell’esistenza di Dio. Sto parlando di credenti che non pregano.
Allora perché alcuni credenti non pregano? Consideriamo alcuni motivi.

Dieci motivi per cui i credenti non pregano

1. Nessuno glielo ha insegnato. A molte persone non è mai stato insegnato a pregare, né dalle loro famiglie, né dagli insegnanti a scuola, né dalle figure di riferimento della loro Chiesa. Di conseguenza, la preghiera non ha mai fatto parte del loro mondo. Quindi, naturalmente, non pregano.
È come non saper nuotare perché (a) non hai mai preso lezioni; (b) non sei cresciuto vicino a una piscina o a uno specchio d’acqua; e (c) non conosci nessuno che nuoti. Non sai nuotare non solo perché non hai mai imparato, ma anche perché l’idea stessa di farlo ti è estranea. Allo stesso modo, se cresci in un ambiente privo di preghiera, non sorprende che tu non sappia molto sulla preghiera.
2. Considerano la preghiera qualcosa di riservato alle persone sante, non a loro. «Oh, non sono capace di pregare», mi dicono a volte le persone. «Non sono Madre Teresa!» (ironicamente, Madre Teresa ha lottato con la preghiera, ma hai capito che cosa intendo). Forse hanno letto o sentito storie di persone devote che si rivolgono a Dio nella preghiera nei momenti difficili, e pensano: dev’essere bello, ma non potrei mai farlo, perché non sono così religioso. È una riluttanza basata su un grado di umiltà, un grado di imbarazzo, persino un grado di vergogna. Giudicare sé stessi “non santi” significa rifuggire dalla preghiera. Ma se la santità assoluta fosse un prerequisito per la preghiera, sarebbero pochi quelli che vorrebbero o potrebbero provarci.
William A. Barry, sacerdote gesuita e autore di molti libri sulla preghiera, scrive in A Friendship Like No Other (Un’amicizia come nessun’altra) che il più grande ostacolo alla preghiera è la convinzione che la relazione con Dio dipenda da noi, o da quanto buoni o “importanti” siamo. Ma l’amore di Dio non dipende da noi e da ciò che facciamo. «L’offerta di amicizia di Dio non dipende dalla nostra importanza, ma esclusivamente dal desiderio di Dio per noi»1.
3. Si sono sentiti dire che stanno pregando in modo “sbagliato”. Un uomo sui vent’anni una volta mi disse, con immensa tristezza, che non sarebbe mai potuto diventare prete, perché un prete a cui aveva chiesto consiglio gli aveva detto che stava pregando “nel modo sbagliato”.
«Ma io amo pregare in questo modo», disse. Fortunatamente, il mio amico alla fine riconobbe che non esiste un modo giusto di pregare e pochi anni dopo entrò in seminario.
Molti raccontano esperienze simili. Si sentono dire che stanno pregando in modo “sbagliato”, ma non hanno nessuno che dica loro che non esiste un modo sbagliato di pregare o che li incoraggi a continuare a provare. Spesso si fermano. Chi può biasimarli?
Oppure credono che le loro preghiere debbano essere “elevate” e seguire determinate formule. Forse le persone vogliono pregare, ma sentono che il loro modo di pregare, qualunque esso sia, è sbagliato. Il teologo tedesco Karl Rahner sj scrive: «Tale difficoltà può indurre anche persone serie e riflessive a pregare di rado»2.
4. Provano repulsione per la religione e quindi provano repulsione per la preghiera. Molte persone trovano la religione (o una particolare Chiesa o denominazione) sgradevole, e poiché si presume che la preghiera sia legata alla religione, anch’essa viene respinta. E spesso, quando le persone vengono educate in una tradizione con cui in seguito tagliano i rapporti, viene abbandonata anche la preghiera. Non sorprende che, se le persone associano la preghiera a una tradizione religiosa che trovano noiosa, ottusa, gretta, misogina, razzista, omofobica o offensiva, allora l’impulso a pregare diminuisce. Perché dovrebbero volersi impegnare in una pratica associata a un’organizzazione sgradevole? Quindi non pregano.
O forse, fondamentalmente, provano repulsione per Dio, o per l’immagine di un Dio che hanno definito per sé stessi. Chi può pregare un Dio che “permette” al male di fiorire nel mondo, che “permette” alla storia di essere, come dice Rahner, «un unico flusso di sciocchezze, bassezze e brutalità»3? Perché qualcuno dovrebbe voler pregare un Dio che “permette” quelle cose? L’idea che Dio vorrebbe essere con noi in quei tempi non si presenta ancora alla loro coscienza. Quindi non pregano.
5. Non sono mai stati incoraggiati a pensare a ciò che già fanno come preghiera. Alcuni anni fa, un uomo senza una vera e propria formazione religiosa mi disse che non aveva mai pregato prima. Ma quando parlammo della sua vita, descrisse l’esperienza profonda di essersi sentito improvvisamente connesso a qualcosa di più grande di lui e di aver provato un inconfondibile senso di incoraggiamento per il suo percorso nella vita. Questa esperienza memorabile, che descrisse in dettaglio – che tempo facesse, dove si trovasse, come si sentisse interiormente – arrivò quando si chiedeva quale professione avrebbe dovuto scegliere. All’epoca, la prese come una conferma di essere sulla “strada giusta”.
Prima della nostra conversazione, il mio amico non aveva tenuto in considerazione la possibilità che durante questo evento Dio potesse comunicare con lui. Quindi lo incoraggiai a pensarlo non semplicemente come un’intuizione importante o una conferma sul suo percorso, ma come qualcosa di più grande. Alla fine, questo riconoscimento – che questa era un’esperienza di Dio, sul quale si era interrogato per tutta la vita – segnò l’inizio di una deliberata vita di fede.
6. Hanno avuto “cattive” esperienze con la preghiera e sentono di aver fallito a pregare. A volte le persone trovano la preghiera noiosa. Ed è vero: la preghiera a volte può sembrare noiosa. Oppure dicono: «Non succede nulla quando prego» o «Dio non ha risposto alle mie preghiere». In sintesi, molti si sentono frustrati dai “risultati” della preghiera. Come risposta, si arrendono, senza concedersi la possibilità di sperimentare i naturali alti e bassi della preghiera e della vita spirituale.
Ruth Burrows, una suora carmelitana, lo riassume nel suo libro Essence of Prayer (L’essenza della preghiera). Nota che molte persone pensano alla preghiera come a suonare uno strumento musicale, un’attività per la quale alcuni hanno un’attitudine naturale e altri no: «Per questo motivo, alcuni di noi sono pronti a sentirsi capaci, altri a dire di essere dolorosamente difettosi, di non cogliere qualche segreto, o di avere per natura qualche mancanza che rende la preghiera difficile se non impossibile per noi»4. Così molte persone dicono semplicemente: «Non sono in grado di farlo».
Rinunciare alla preghiera è comune, ma anche un peccato. È come cercare di imparare ad andare in bicicletta, cadere ai primi tentativi traballanti e arrendersi. Senza qualcuno che ci faccia coraggio dicendo: «Cadere è naturale. Succede a tutti!» ci si arrende prima di avere la possibilità di godersi la sensazione di volare in bicicletta giù per una collina mentre il vento ci soffia fra i capelli.
È anche comune che le persone si allontanino dalla preghiera, se Dio non sembra rispondere alle loro preghiere in un momento difficile. Se il padre di una donna ha una malattia potenzialmente letale, lei prega Dio di guarirlo e suo padre muore, allora è naturale per lei dire riguardo alla preghiera: «Che senso ha?».
Parleremo più avanti delle preghiere senza risposta. Tuttavia, è un motivo comune per cui le persone smettono di pregare.
7. Non ne vedono il senso, dal momento che Dio sa già che cosa stanno pensando. Alcune persone pensano: perché preoccuparsi? Sto solo dicendo a Dio ciò che Dio già conosce. La possibilità che Dio possa comunque volerli ascoltare e accompagnare non viene loro in mente.
Immagina di essere in lutto per la perdita dei tuoi genitori. Ovviamente, un buon amico saprebbe già che sei triste, ma sarebbe comunque interessato ad ascoltarti e a stare con te. E se il tuo amico, che si prende cura di te, volesse stare con te, quanto più lo farebbe Dio, che ti ha creato? Padre Barry una volta mi disse: «Non è una questione di informazioni, ma dell’essere disposto a dire a Dio quello che provi. In altre parole, il punto è la fiducia».
Allo stesso modo, l’obiezione che Dio sa già che cosa stai pensando presume che la preghiera sia una strada a senso unico. In questa concezione, la preghiera si limita a dire a Dio ciò che vuoi e senti. «Parlare con Dio», la definisce il sacerdote e scrittore gesuita Mark Thibodeaux. Meno apprezzata è la possibilità che Dio voglia dire a te qualcosa. Pensare perché preoccuparsi? significa che non permetterai mai a Dio di disturbarti nella preghiera.
8. Sono troppo impegnati. Molte persone vogliono pregare e apprezzano l’idea generale della preghiera, ma non hanno tempo per farlo. Oppure non trovano il tempo per farlo.
Ma se pensiamo alla preghiera come a una relazione (ne parleremo più avanti), diventa chiaro quanto sia autodistruttivo quel ragionamento. Se credi in Dio, perché non vorresti nutrirti trascorrendo del tempo alla sua presenza? È come dire che non hai tempo per mangiare. Alla fine, morirai di fame. In questo caso, morirai di fame spiritualmente.
Una domanda più appropriata potrebbe essere: quanto ritieni importante Dio? Come ogni relazione significativa, la tua relazione con Dio richiede tempo. Immagina di dire a un amico: «Mio fratello è la persona più importante della mia vita». E il tuo amico chiede: «Quanto tempo passi con lui?». E tu dici: «Non molto, a essere onesti». Quanto può essere importante questa relazione, se non passi mai più di pochi minuti al mese con lui?
9. Sono pigri. Di tanto in tanto siamo tutti colpevoli di pigrizia, me compreso. Un uomo che viene da me per la direzione spirituale (ossia per la guida nella propria vita spirituale) una volta mi disse di non aver pregato molto.
Era molto impegnato?
«Non proprio», rispose. «La mia vita è piuttosto tranquilla in questo momento».
Allora perché non pregava?
Alzò le spalle in modo eloquente. «Sono pigro, immagino».
A volte analizzare le c...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Quarta
  3. Autore
  4. Frontespizio
  5. Colophon
  6. Indice
  7. I. TUTTI POSSONO PREGARE. UN’INTRODUZIONE
  8. VII. TUTTI HANNO BISOGNO DI AIUTO. PREGHIERA DI DOMANDA
  9. VIII. AL TERMINE DEL GIORNO, O SOMMO CREATORE. PREGHIERE A MEMORIA E ALTRE PREGHIERE FORMALI