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Un piccolo gioco crudele
Informazioni su questo libro
Settembre 1928.
Gaetano Serra è un anziano fotografo che si è ritirato a vivere in un'isolata casa di campagna, dopo essere stato testimone di molti tragici avvenimenti della prima guerra mondiale. Una sera, del tutto inaspettate, si presentano alla sua porta una bambina e una ragazza. La bambina è Margherita, la figlia di un giornalista minacciato dai fascisti, e la ragazza è Teresa, un'amica di famiglia, che ha promesso di occuparsi di Margherita e di nasconderla in un posto sicuro. Gaetano è riluttante, da tempo ha rinunciato alla compagnia di altre persone, ma non può che accettare la loro presenza. Sarà un incontro indimenticabile che segnerà la vita dei protagonisti. Un romanzo sui conflitti, le paure e le speranze di tre stagioni della vita.
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Informazioni
Editore
San Paolo EdizioniAnno
2022Print ISBN
9788892227965eBook ISBN
9788892232105Mese di settembre
dell’anno 1928
Vien l’autunno sospirando,
sospirando alla tua porta
sai tu dirmi che ti porta?
Angiolo Silvio Novaro
1
Il furgone faceva un rumore che a Margherita ricordava il macinino del caffè.
Qualche volta Ines le chiedeva di girare la manovella e lei sentiva i chicchi che si sbriciolavano nel macinino. Li sentiva anche con le mani: una piccola vibrazione che si trasmetteva attraverso i polpastrelli.
Però adesso mancava il profumo. Quando Ines macinava il caffè l’aria si riempiva di un buon profumo. Ora invece c’era odore di polvere, ogni tanto saliva dai campi un vapore di concime che sapeva di stalla e su tutto dominava la puzza di gasolio del motore.
Viaggiavano, da un tempo che a Margherita sembrava lunghissimo, sulla strada che da Villarolo portava in città. Se almeno l’avessero lasciata stare dalla parte del finestrino! Invece l’avevano fatta sedere in mezzo, tra Diego e Teresa. Stava stretta e faticava a vedere fuori.
«Quando arriviamo?» domandò a Teresa.
«Non so» disse la ragazza, e poi rivolta a Diego: «Ci vuole ancora molto?»
«L’importante è arrivare al bivio» disse Diego. «Dopo possiamo stare tranquilli».
“Questa non è una risposta” pensò Margherita.
«Che succede al bivio?» domandò ancora Teresa.
«Qualche volta c’è la polizia... fanno controlli. La cosa peggiore però sarebbe incontrare la Milizia. Fermano specialmente quelli che vanno verso la città, ma se si mettono prima del bivio fermano tutti, anche chi va sulla strada per Trelupi».
A Margherita era capitato di sentir nominare quel paese da Ines o da Teresa e sapeva che Teresa ci aveva abitato da bambina. Forse lo aveva detto la sera prima, quando era arrivata a casa sua. Dopo aver confabulato, avevano deciso che si doveva partire, che il giorno dopo sarebbe venuto un amico per portarle a Trelupi. O forse ne aveva parlato qualche altra volta, Margherita non ricordava.
«Ma davvero ci sono i lupi in quel paese?» aveva chiesto Margherita.
Teresa aveva riso. «No, c’erano una volta... e comunque non staremo in paese. Diego ha detto che ci porterà a casa di uno che conosce, un posto tranquillo. Lì saremo al sicuro».
«Chi è Diego?» aveva detto Margherita. «Perché dobbiamo stare al sicuro? E Ines? E papà? E poi fra una settimana inizia la scuola».
«Papà è in città, al giornale... Ti spiegherò tutto, ma ora dobbiamo prepararci. Diego è un amico, verrà molto presto».
Ines aveva detto che poteva dormire con i vestiti addosso, e questo era un fatto veramente strano. Poi le aveva letto una storia. Aveva letto fino a che Margherita non s’era addormentata.
Avevano aspettato Diego per tutta la mattina, ma lui era arrivato nel pomeriggio. Così al momento di partire Ines e Teresa erano in grande agitazione.
«Ho dovuto trovare un carico da portare a Trelupi» aveva spiegato Diego. «Nel caso ci fermassero».
Poi erano partiti e per un po’ avevano viaggiato in silenzio.
«Ci siamo quasi» disse Diego. Rallentò fino a fermarsi sul ciglio della strada.
«Non andiamo più a Trelupi?» disse Margherita.
«Certo che ci andiamo» rispose Diego. «Ma prima dobbiamo fare una cosa» e poi rivolto a Teresa: «Dobbiamo nasconderla, non possiamo rischiare».
Diego scese dal camioncino e andò ad aprire il lato posteriore del cassone.
«Sto portando un carico di patate e ho lasciato un sacco mezzo vuoto. Scendete che vi faccio vedere».
Margherita e Teresa scesero dal lato dei campi e si avvicinarono a Diego.
«Forza» le disse il ragazzo. «Ora svuoto il sacco, poi tu entri e io ti copro con le patate, devi essere coraggiosa, ma pensa che è una specie di gioco, come nascondino... e comunque sarà per poco, solo il tempo di arrivare al bivio».
«Sì, ma quanto è lontano il bivio?» domandò Margherita.
«Poco» ripeté Diego.
«Ma perché devo nascondermi? E se poi soffoco in mezzo alle patate?»
«Il sacco è pieno di buchi, non puoi soffocare» disse Diego.
«È un segreto» disse Teresa. «Nessuno deve sapere dove andiamo, tuo papà me lo ha fatto promettere, per questo devi nasconderti, ma stai tranquilla, noi saremo sempre vicino a te. Parleremo forte così ci potrai sentire, va bene?»
Diego saltò sul cassone, prese il sacco mezzo vuoto e fece rotolare fuori le patate. «Questo è il tuo nascondiglio!» disse. «Dài, sarà come stare nella tana di una lepre, non aver paura».
Margherita fece una smorfia. «Magari puzza...»
Con un gesto teatrale che la fece ridere, Diego si portò al naso la ruvida tela di juta e aspirò. «Mmm! Profumo di fango e radici! Chissà quanto pagherebbero certe signore in città per un profumo come questo».
Teresa aiutò Margherita a salire sul cassone.
«Ti mettiamo qui, subito dietro la cabina» disse. «Così ci sentirai parlare».
«Magari potremmo cantare una canzone, ma tu stai zitta mi raccomando» disse Diego. «Se no le guardie penseranno che trasporto patate canterine».
Margherita si rannicchiò nel sacco sotto le patate odorose di terra, intorno a lei Diego e Teresa sistemarono gli altri sacchi, poi il camioncino ripartì.
Nel buio del sacco delle patate arrivava smorzata la voce di Teresa che cantava. La canzone parlava di un posto chiamato Arizona che doveva essere molto lontano, dove c’era qualcuno che suonava una chitarra, e c’erano sogni e chimere, Margherita si domandava che cosa fossero queste chimere.
Laggiù nell’Arizona,
terra di sogni e di chimere,
se una chitarra suona,
cantano mille capinere,
hanno la chioma bruna,
hanno la febbre in cuor,
chi va cercar fortuna,
lì troverà l’amor...
A un certo punto anche Diego si mise a cantare, però non conosceva bene le parole e tirava un po’ a indovinare.
Quando a cantare era Teresa da sola, Margherita si era quasi commossa a pensare a quel paese lontano e alle chitarre che suonavano, e alle capinere con la febbre, poverine. Ma quando al canto si unì la voce di Diego, che era pure stonato, le venne da ridere.
Diego e Teresa cantarono altre due canzoni e una di queste Margherita la conosceva, le venne voglia di mettersi a cantare anche lei, ma ricordò quello che le aveva detto Diego delle guardie e delle patate canterine. Rimase in silenzio, con una mano premuta sulla bocca.
Quando arrivarono al bivio non c’era nessuno.
«È fatta!» gridò Diego. E poco dopo fermò il furgone.
«Sei stata bravissima!» disse Teresa mentre liberava Margherita dalle patate e l’aiutava a uscire dal sacco.
«Tu hai cantato molto bene» disse lei. «Diego un po’ meno».
Ripartirono sulla strada per Trelupi. Questa volta Margherita ottenne di sedersi dalla parte del finestrino: vedeva scorrere gli alberi e i campi punteggiati dal nero dei corvi che becchettavano.
Il sole era basso.
Diego fermò il furgone dove iniziava una sterrata che si distingueva appena e tagliava attraverso i campi.
«Ho un problema a una balestra» disse. «Non posso fare la sterrata. Voi seguite il sentiero, il posto non è lontano. Io tiro dritto verso il paese, è meglio così. Ci rivediamo presto... quando porterò le provviste al vecchio».
«Lui lo sa che arriviamo?» domandò Teresa.
«No, non ho potuto avvisarlo, lì non c’è il telefono ed è lontano dal paese, ma non ci saranno problemi, stai tranquilla».
Il camioncino ripartì sollevando una piccola nuvola di polvere.
Teresa e Margherita si incamminarono tenendosi per mano. La bambina pensò che questa era un’avventura, una vera avventura, e strinse forte la mano di Teresa. Raggiunsero il filare di pioppi che si distendeva davanti a loro e, quando superarono le piante, videro la casa.
2
Dalla veranda si vedeva un orizzonte di alberi sottili che, a qualunque ora del giorno, si disegnavano neri e geometrici.
Il vecchio sapeva che erano pioppi con le foglie grigie, ma stavano laggiù, lontani, oltre la distesa del pascolo, e dunque non più che ombre.
Il vecchio li guardava: da molto tempo ormai quel filare di tronchi slanciati segnava il confine del suo mondo, della sua vita.
Qualche volta il vecchio pensava: “Quando passa Diego con il camioncino, gli chiedo se mi porta fin là”.
Poi però si vergognava di questo pensiero. Si vergognava di chiedere.
“Diego penserebbe che sono matto. Che ci vai a fare laggiù, direbbe, e io non saprei rispondere”.
Il vecchio aveva conosciuto Diego un paio di anni prima. Glielo aveva mandato il carrettie...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Quarta
- Autore
- Frontespizio
- Colophon
- Indice
- Mese di settembre dell’anno 1928
- APPENDICE