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Italia sacra, straordinaria e misteriosa
Viaggio per esploratori con l'anima
- Italian
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Informazioni su questo libro
Dove si trovano, in Italia, le "chiese delle ossa"? Dove si venera la Madonna dei femminielli? E la Madonna della 'ndrangheta? E dove sono le città sotterranee? E i parchi dell'orrore e della meraviglia? La tomba di Dracula o la spada di Re Artù? Che cos'è il caseum lodigianum? Dove si svolgono i riti di sangue più straordinari al mondo? Dove possiamo assistere alla danza dei coltelli e qual è il suo significato? Dove si trova il cimitero degli eretici? Qual è il segreto della Sacra di San Michele?
Italia sacra, straordinaria e misteriosa è il racconto con dovizia di particolari di un viaggio attraverso i luoghi più affascinanti e misteriosi della Penisola. Una vera caccia al tesoro nelle meraviglie più nascoste d'Italia alla maniera di Indiana Jones. Scopriremo così che l'avventura esiste ancora nonostante la concorrenza dei telefonini. Anzi, che nessun cellulare ultimo modello può battere i racconti e le schede del nostro indagatore del mistero.
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Informazioni
24 giugno
Cabras
Il Popolo del mare
Il rabbino li condusse in fondo alla stanza, verso una parete su cui erano già state attaccate alcune fotografie.
«Come per gran parte della storia dell’età omerica, si sa molto poco sul Popolo del mare. Dunque, anche questo allestimento si sta rivelando una sfida. Tutto ciò che sappiamo è che si trattava di una confederazione marinara, sorta probabilmente nel Mediterraneo occidentale. Ma, chiunque fossero, non appena hanno raggiunto l’area orientale del Mediterraneo hanno devastato una civiltà dopo l’altra, causando secoli di oscurità».
«Il medioevo ellenico», disse Gray…
Se le date sulla cartina erano corrette, ciascun regno nel bacino del Mediterraneo era caduto in meno di vent’anni. Sembrava una guerra totale… e tutti gli attacchi erano stati portati da Ovest…
«Questa rappresentazione, trovata in un tempio nei pressi di Luxor, cattura meravigliosamente il terrore di quei momenti. Ma manca un particolare…».
«Non mostra chi sta attaccando gli egizi. Ci sono solo soldati che contrastano un nemico fuori campo», disse Gray…
«Ma forse qualcun altro ha provato a farlo», intervenne Roe. Le sue parole sembrarono sorprendere persino il rabbino. «Mostragli i giganti» disse, puntando un dito in alto.
Madre di Dio
Gray non riusciva a credere ai propri occhi. Avrebbe imprecato, se non avesse avuto accanto un prete o un rabbino. L’installazione – una serie di statue custodite in alte teche e poggiate su larghi piedistalli – occupava gran parte del terzo piano del museo archeologico di Cagliari.
Howard presentò la collezione con un po’ di enfasi, tutt’altro che ingiustificata: «I Kolossoi, i Giganti di Mont’e Prama… Questi enormi guerrieri in arenaria sono stati ritrovati – spezzati e sepolti in un campo – sulla costa occidentale della penisola del Sinis. Si stima che in tutto siano quarantaquattro, ma al momento ne abbiamo ricomposti poco più della metà».
Gray si avvicinò a una statua. Era due volte più alta di lui. Sembrava raffigurare un arciere, pronto alla battaglia. Nelle vicinanze ce n’era un’altra con una spada, e un’altra ancora coi pugni enormi, come se indossasse dei guantoni da boxe.
«Resta qualche interrogativo sulla loro datazione» ammise il rabbino.
«Ma è generalmente accettato che siano state scolpite dai nuragici durante il medioevo ellenico, più o meno subito dopo il passaggio del Popolo del mare».
«Qual era la funzione dei giganti?» chiese Seichan.
«Erano guardiani sacri. I nuragici li avevano collocati tra le rovine della tentacolare necropoli alle pendici di Mont’e Prama. Si crede che vegliassero sui defunti, forse sui corpi degli uomini e delle donne massacrati dal Popolo del mare».
Roe annuì «Mont’e Prama si affaccia sul mare, a Occidente. Era come se i giganti attendessero il ritorno degli invasori, pronti a dare loro battaglia»…
«Miti e leggende abbondano su queste gigantesche statue» continuò il rabbino. «È scritto che avrebbero preso vita, se la Sardegna fosse stata attaccata; che si sarebbero spogliate della pietra, rivelando armature di bronzo; che avrebbero scagliato enormi massi sugli invasori dalla vetta di Mont’è Prama»…
Roe alimentò la sua ansia crescente: «Secondo un’altra leggenda, i nuragici le hanno scolpite a immagine e somiglianza dei loro nemici, affinché questi pensassero che il proprio popolo occupasse già l’isola e passassero oltre»…
Gray osservò il Gigante che aveva di fronte. La testa allungata in modo innaturale, sormontata da una protuberanza tondeggiante, la faccia piatta, con fessure per bocca e narici. Ma erano gli occhi a farlo rabbrividire: cerchi concentrici che fissavano il vuoto.
I Giganti di Mont’e Prama
Il testo dei due paragrafi precedenti sembra il dialogo rubato da un custode silenzioso del Museo archeologico nazionale di Cagliari a un gruppo di turisti stranieri. È invece un breve estratto del bel romanzo d’avventura L’ultima Odissea, dell’americano James Rollins, uno dei maestri internazionali del genere, pubblicato a fine 2020. Rende meglio di qualsiasi altra possibile cronaca la bellezza e il mistero che aleggia sui Kolossoi di Mont’e Prama, il monte delle palme.
«La Sardegna» come ripete spesso un mio collega, Gianluca Lioni, sardo purosangue de La Maddalena, «non è solo un luogo bellissimo, ma anche un continente a se stante, carico di sogni e storia e misteri». Non a caso nella sua isola ha ambientato un giallo molto bello che si intitola La processione dei fantasmi, ispirato a un’antica leggenda sarda su fantasmi e omicidi. Ma questa è un’altra storia. Il senso della mia divagazione – perché ha un senso – è che quando andrete la prossima volta in Sardegna, non fermatevi al mare stupendo o al lusso della Costa Smeralda o anche alle specialità tipiche, ma programmate un paio di giorni per la sua incredibile storia e le tradizioni popolari, che in fondo sono la nostra identità.
Le origini
Marzo 1974, località Mont’e Prama, Sinis, comune di Cabras, in provincia di Oristano. Il contadino Sissinio Poddi sta arando. Sotto la lama dell’aratro gli finisce una testa di pietra gigantesca. «Una cosa ciclopica che quasi mi ruppe l’aratro, un arciere grande» racconta ai giornalisti. Chiede aiuto, arrivano i rinforzi. Gli archeologi Giovanni Lilliu ed Enrico Atzeni, tra le massime autorità dell’archeologia sarda, si precipitano. È sera e piove: nel fango trovano «attaccata al braccio la testa di un pugilatore».
Nel 1979 iniziano gli scavi. Un’operazione minima di scavo. Poi trent’anni di silenzio. Solo da poco i Giganti di Mont’e Prama sono divenuti importanti. Ma lì, nel Sinis, non si scava ancora.
Sos Gigantes di Mont’e Prama
I giganti, Oi Kolossoi, sono scolpiti a tutto tondo, ognuno da un singolo blocco di arenaria gessosa locale, proveniente da cave vicine, distanti in linea d’aria circa sedici chilometri da Mont’e Prama. L’altezza varia tra i circa due metri e i due metri e sessanta. Le statue rappresentano arcieri, guerrieri e pugilatori. Insieme a loro furono rinvenute sculture in bronzo raffiguranti nuraghi, e betili, cioè pietre ritenute sacre, tipico manufatto artistico presente anche nelle Tombe dei Giganti: una cosa diversa dai Giganti stessi. Anche il movimento architettonico complessivo della necropoli di Mont’e Prama assomiglia allo sviluppo delle Tombe dei Giganti.
Il complesso scultoreo ricomposto dai circa diecimila frammenti è costituito da trentotto sculture: cinque arcieri, quattro guerrieri, sedici pugilatori, tredici modelli di nuraghe.
Le statue sono state ritrovate spezzate in numerosi frammenti e gettate sulle tombe di una vasta necropoli costituita, attualmente, all’uscita del libro, nel 2022, da circa 150 sepolture. Nelle tombe a pozzo sono stati sepolti seduti dei giovani individui, quasi tutti di sesso maschile e dalla muscolatura molto sviluppata. Probabilmente guerrieri o aristocratici. In una tomba è stato scoperto anche uno scarabeo egizio. A seconda delle ipotesi, la datazione dei Kolossoi, nome con il quale li chiamava l’archeologo Giovanni Lilliu (Mario Girau, ex presidente dei giornalisti cattolici sardi, mi ha raccomandato espressamente, quando mi confrontavo con lui sulle tradizioni sarde: «segui sempre Lilliu, sarai inattaccabile»), oscilla tra tredicesimo e nono secolo a.C. Ipotesi che fa di Mont’e Prama il complesso di statue a tutto tondo più antico e numeroso d’Europa e del bacino occidentale del Mediterraneo, in quanto precedente ai kouroi della Grecia antica, secondo soltanto alle sculture egizie.
Il sito, oltre a essere circondato da numerose vestigia nuragiche (villaggi, nuraghi), risulta al centro di un più vasto insediamento. Forse collegato anche a ciò che precedette la punica Tharros. Alcune ricerche con i georadar hanno permesso d’individuare numerose tombe e probabilmente altri giacimenti di statue e templi. A oggi però, come detto, non sono stati effettuati altri scavi. Dopo quattro campagne di scavo fra il 1975 e il 2017, ci si è fermati. E ci pare una gran perdita.
L’ultima sepoltura è datata al IV secolo avanti Cristo, contestualmente alla conquista cartaginese della Sardegna e di poco precedente la distruzione e la messa a discarica delle statue. Le pratiche religiose osservabili a Mont’e Prama sono riconducibili sia ad attività di culto come a riti funebri, risalenti alle più antiche tradizioni dell’età del bronzo nuragico (1600-1400 a.C.). Tali riti funebri rispecchiano le più arcaiche tradizioni riscontrabili nelle Tombe dei Giganti.
Le Tombe dei Giganti
Sono esistiti davvero i Giganti? Senza scomodare la Bibbia e Golia, tracce di giganti ne troviamo ovunque. I Titani di Omero, i Ciclopi siciliani intrappolati nell’Etna, a partire da Polifemo; il gigante di Mont-Saint-Michel in Normandia, ucciso da Artù. L’elenco sarebbe lungo. E dunque non stupisce se anche in Sardegna ben trecentoventuno suggestive tombe presenti in tutta l’isola e risalenti all’età nuragica siano stati battezzate dalla fantasia popolare “Tombe dei Giganti”. Anche perché, come nel caso di Cabras con i suoi Kolossoi, si tratta di persone ben più alte dello stereotipo sui sardi bassi di statura.
Edificati con lastre di pietra di grandi dimensioni conficcate nella terra, questi luoghi erano degli ossari, vere e proprie tombe collettive, che raccoglievano le spoglie dei defunti di un villaggio e dove i vivi venivano per rendere omaggio ai propri cari.
Quello di S’Ena e Thomes, a Dorgali, è uno dei più importanti e meglio conservati di tutta la Sardegna. La tomba è caratterizzata da un lungo corridoio coperto, la cella funeraria vera e propria, e da un’enorme stele centrale di granito levigata, alta quasi quattro metri. La stele presenta sul davanti un’esedra, cioè un semicerchio di lastre di pietra infisse nel terreno a coltello su due braccia. La loro forma ricorda le corna di un toro, ma anche una partoriente, come a voler unire due antichi culti: quello del dio toro, già presente nelle pitture rupestri del paleolitico, e quello della Grande Madre: forse un modo per legare la morte all’idea di rinascita. C’è però un’altra spiegazione, molto in voga sul web, secondo cui fossero realmente le tombe di giganti, alti tra i tre e i sette metri. Ma le prove non ci sono.
Gli Shardana
Forse, molti dei misteri della Sardegna si spiegherebbero se fosse sardo il Popolo del mare di cui parla Harris nel suo romanzo. Il Popolo del mare è sicuramente esistito – forte, guerriero, tecnologicamente avanzato e con contatti in tutta Europa – e ne facevano parte sicuramente anche gli Shardana, che molti ritengono i Sardi delle origini, o forse un popolo che veniva da ovest e che si insediò per un periodo non breve in Sardegna. Forse potevano essere Baschi, a cui i Sardi sono legati geneticamente? Così ci raccontano però le enciclopedie di archeologia: “Gli Shardana, o più correttamente Sherdana, (anche Sherden) erano una delle popolazioni, citate dalle fonti egizie del II millennio a.C., facenti parte della coalizione dei Popoli del mare. La loro presumibile identificazione con gli antichi Sardi è, al momento, oggetto di dibattito archeologico”.
La prossima volta che vado in Sardegna ritornerò sicuramente nel Sinis, sono curioso. Voglio smuovere le acque e far scavare di nuovo.
30 giugno
Bomarzo
Il giardino dei mostri
Vienne in disparte pur tu ch’omicida
Sei de’ giganti solo e de gli eroi:
L’uccisione de le femmine ti sfida.
Torquato Tasso, Gerusalemme Liberata, XIX, 33-35
«Sbrigati che facciamo tardi». La voce di Tiziana mi rincorreva di continuo, quella mattina. Eravamo arrivati a Viterbo costeggiando il lago di Vico. Uno spettacolo straordinario.
Da Roma la via più bella e più breve per arrivare a Viterbo, nel cuore dell’antica Tuscia, è la via Cimina, antica strada romana. Boschi, laghi, la bella Ronciglione, il passo del Cimino in altura, curve improvvise... per tenerti sveglio. Una continua sorpresa.
Avevamo deciso di andare a visitare la Villa delle Meraviglie a Bomarzo, poi la sera dedicarci a Viterbo. Faceva già caldo e Tiziana voleva arrivare a Bomarzo col fresco. «La Villa è stupenda» mi diceva, «è un continuo percorso iniziatico per chi vuole riflettere su se stesso. Un cammino di isolamento e conoscenza».
Avevo subito pensato che volesse propinarmi chi sa quale follia pseudo esoterica – mi stavo già preparando a dire no – quando mi piazzò sul tavolino dell’albergo dove ci aveva ospitato l’organizzazione del “Caffeina Festival” (Ovviamente in due stanze diverse. Avrei dovuto presentare il mio libro Don Peppe Diana e la caduta di Gomorra, della San Paolo, in serata) Psicanalisi della cultura di Sigmund Freud. «Qui c’è il più bel trattato di psicanalisi dell’arte che sia mai stato scritto» mi spiegò, «Leggitelo! È il modo migliore di capire il mondo attraverso l’arte, cioè attraverso il modo di riprodurlo usato dall’artista».
Dimenticavo sempre, in realtà, che da restauratrice e storica dell’arte quale era, il suo unico metro era comprendere le opere e, nel caso della Villa delle Meraviglie, il perché era stata edificata una struttura del genere, ma soprattutto che cosa pensava l’artista, l’architetto di quel mondo: il suo mondo.
«Lo leggerò dopo» fu la mia risposta, «adesso non abbiamo tempo. E poi ci sei tu a spiegarmi».
«Seeee», la replica al volo.
La Villa delle Meraviglie, il nome che fu utilizzato all’inizio – poi diventato Bosco Sacro perché più misterioso e capace di catturare l’attenzione delle persone, ma anche più attinente al luogo dove si trovava: un parco delle meraviglie al servizio di Vicino Orsini, al secolo Pier Francesco Orsini – è ...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Quarta
- Autore
- Frontespizio
- Colophon
- Indice
- Premessa
- 24 giugno – Cabras. Il Popolo del mare
- IN BREVE… MA CON GRANDE INTERESSE
- Postfazione. di Antonino La Spina