
- 304 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Viaggio allucinante
Informazioni su questo libro
Ridotti alle dimensioni di batteri, quattro uomini e una donna hanno una missione incredibile da compiere: viaggiare all'interno del corpo di uno scienziato per raggiungere e distruggere l'embolo cerebrale che sta per ucciderlo. Ai tremendi pericoli si aggiungono discordie e tradimenti, ma il viaggio deve continuare. Perché in gioco ci sono la vita di un genio e la necessità di conoscere lo straordinario risultato dei suoi studi.
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Informazioni
1
L’aereo
L’aereo era vecchio, un quadrigetto per il trasporto del plasma ritirato dal servizio attivo, e teneva una rotta che non era né economica né particolarmente sicura. Volava tra i banchi di nubi, in un viaggio che richiedeva dodici ore, mentre con un supersonico a razzo forse ne sarebbero bastate cinque.
E mancava ancora più di un’ora all’arrivo.
L’agente a bordo sapeva che il suo lavoro non sarebbe finito finché l’aereo non avesse toccato terra e che l’ultima ora sarebbe stata la più lunga.
Lanciò un’occhiata all’altro uomo presente nella spaziosa cabina, che in quel momento, con il mento sul petto, schiacciava un pisolino.
Il passeggero non aveva un aspetto particolarmente sorprendente o impressionante, ma allo stato attuale era l’uomo più importante del mondo.
Quando entrò il colonnello, il generale Alan Carter alzò cupamente lo sguardo. Carter aveva le borse sotto gli occhi e gli angoli della bocca rivolti all’ingiù. Cercò di piegare la graffetta che stava maltrattando per ridarle forma e che a un tratto gli sfuggì di mano.
«Questa volta mi ha quasi preso» disse il colonnello Donald Reid con calma. I suoi capelli color sabbia erano lisci e pettinati all’indietro, mentre i baffi, corti e brizzolati, erano ispidi come gli aculei di un porcospino. Indossava l’uniforme con la stessa indefinibile mancanza di naturalezza dell’altro. Carter e Reid erano due specialisti, richiamati in servizio per prestare la loro opera in una superspecialità, con un grado militare per convenienza e, considerando le applicazioni del settore, per necessità.
Avevano entrambi il distintivo del CMDF. Ogni lettera era chiusa in un piccolo esagono, due sopra e tre sotto. Di questi ultimi l’esagono centrale recava un simbolo che serviva a classificare ulteriormente il portatore. Nel caso di Reid era il caduceo a identificarlo come specialista nel ramo della medicina.
«Indovini cosa sto facendo» disse il generale.
«Tirando graffette.»
«Già. E contando le ore. Come uno stupido!» La sua voce salì di tono. «Me ne sto qui seduto con le mani sudate, i capelli appiccicaticci e il cuore in tumulto a contare le ore. Solo che ormai siamo ai minuti. Settantadue minuti, Don. Settantadue minuti e saranno all’aeroporto.»
«Magnifico. Perché è tanto nervoso, allora? C’è qualcosa che non va?»
«No. Nulla. L’hanno prelevato sano e salvo. Gliel’hanno tolto di mano e, a quanto mi risulta, senza intoppi. L’hanno caricato sull’aereo, uno vecchio…»
«Sì. Lo so.»
Carter scosse la testa. Non voleva raccontare all’altro qualcosa di nuovo, voleva soltanto parlare. «Noi abbiamo pensato che Loro avrebbero pensato che Noi avremmo pensato che il tempo era della massima importanza, tanto da indurci a caricarlo su un X-52 e a spedirlo attraverso lo spazio interno. Solo che Noi abbiamo pensato che Loro lo avrebbero pensato e che di conseguenza avrebbero portato la rete antimissile a livello di saturazione…»
«Paranoia,» disse Reid «nel mio mestiere la chiamiamo così. Voglio dire, è incredibile che Loro possano fare una cosa simile. Rischierebbero la guerra e l’annientamento.»
«Potrebbero rischiarle benissimo per impedire quello che sta succedendo. Quasi quasi ho l’impressione che dovremmo rischiarle pure Noi, se le parti fossero invertite. Ecco perché abbiamo preso un aereo commerciale, un quadrigetto per il trasporto del plasma. Mi chiedevo se ce l’avrebbe fatta a decollare, tanto era vecchio.»
«E ce l’ha fatta?»
«Se ce l’ha fatta?» Per un attimo il generale era tornato a sprofondare nei suoi cupi pensieri.
«A decollare?»
«Sì, sì. Tutto procede bene. Ho visto i rapporti di Grant.»
«Chi è?»
«L’agente di servizio. Lo conosco. Con lui mi sento sicuro quant’è possibile esserlo in tali circostanze, il che non è molto. È stato Grant a sbrigare il lavoro. Gli ha tolto Benes di mano come si toglie un seme da un’anguria.»
«Dunque?»
«Ma continuo a preoccuparmi. Mi creda, Reid, c’è solo un modo di sbrogliare la matassa senza far precipitare la situazione. Bisogna convincersi che Loro sono furbi quanto Noi; che per ogni trucco studiato da Noi, Loro ne hanno preparato un altro; che per ogni uomo piazzato da Noi dalla Loro parte, Loro ne hanno piazzato uno dalla Nostra. È una storia che dura ormai da oltre mezzo secolo. Dobbiamo mantenere questo equilibrio di forze, o tutto sarebbe finito molto tempo fa.»
«Non se la pigli, Al.»
«E come faccio? Questa cosa ora, questa cosa che Benes porta con sé, questa nuova idea può sbloccare la situazione, una volta per tutte. Assegnando la vittoria a Noi.»
«Spero che non la pensino così anche gli Altri» disse Reid. «Se no Loro… Sa, Al, finora questo gioco ha avuto le proprie regole. Nessuno dei due ha mai fatto una mossa tale da costringere l’avversario a premere i bottoni dei suoi missili. Deve sempre lasciargli la possibilità di fare marcia indietro. Eserciti pure una pressione, ma che non sia troppo forte. Quando Benes arriverà qui, Loro potranno anche farsi l’idea che la pressione sia diventata troppo forte.»
«Non abbiamo altra scelta. Dobbiamo rischiare.» Poi, come inseguendo un pensiero diverso: «Se ci arriva».
«Ma arriverà, no?»
Carter si era alzato, come per mettersi a camminare frettolosamente avanti e indietro senza meta. Fissò l’altro, poi si sedette bruscamente. «Va bene, perché scaldarsi tanto? Vedo che ha ingoiato i suoi tranquillanti, dottore. Non ho bisogno di pillole, io. Ma ammettiamo pure che arrivi tra settantadue… sessantasei minuti. Ammettiamo che atterri all’aeroporto. Resta ancora da portarlo qui, da tenerlo qui, al sicuro… Tra il dire e il fare…»
«… c’è di mezzo il mare» cantilenò Reid. «Insomma, generale, vogliamo essere ragionevoli e parlare delle conseguenze? Voglio dire… cosa succederà dopo che sarà arrivato qui?»
«Su, Don, intanto aspettiamo che arrivi.»
«Su, Al» lo imitò il colonnello, una punta di ironia trapelò dalle sue parole. «Non servirà a nulla aspettare che arrivi. Quando arriverà, sarà troppo tardi. Allora lei avrà troppo da fare e tutte le formichine del Pentagono si metteranno a correre qua e là come impazzite, tanto che non si farà nulla di quello che, secondo me, bisogna fare.»
«Le prometto…» Quello del generale fu un gesto vago di rinvio.
Reid lo ignorò. «No. Non potrà mantenere nessuna delle promesse che fa per il futuro. Chiami subito il capo. Subito! Lei può mettersi in contatto con lui. In questo momento è l’unico che possa farlo. Gli faccia capire che il CMDF non è solo la serva della Difesa. Oppure, se non può, si metta in contatto con il sovrintendente Furnald. È dalla nostra parte, lui. Gli dica che voglio qualche briciola per le scienze biologiche. Gli faccia notare che sono voti in più. Badi, Al, dobbiamo avere una voce abbastanza forte se vogliamo farci sentire. Devono almeno permetterci di dire la nostra. Quando Benes arriverà qui e tutti i generali, quelli veri, che il diavolo se li porti, gli salteranno addosso, ci sbatteranno fuori dalla porta. E per sempre.»
«Non posso, Don. E non voglio. Se vuole proprio saperlo, non farò assolutamente nulla finché non avrò qui Benes. E non digerisco bene il suo tentativo di mettermi fretta in questo momento.»
Le labbra di Reid impallidirono. «Cosa dovrei fare, generale?»
«Attendere, come me. Contare i minuti.»
Reid si voltò per uscire. Aveva frenato egregiamente la collera. «Se fossi in lei, generale, riprenderei in considerazione i tranquillanti.»
Carter lo osservò mentre usciva, senza fare commenti. Poi guardò l’orologio. «Sessantun minuti!» mormorò e con la mano cercò una graffetta.
Fu quasi con sollievo che Reid entrò nell’ufficio del dottor Michaels, direttore civile della Divisione medica. Forse l’espressione sul largo viso di Michaels non saliva mai più in alto di una muta allegria accompagnata, al massimo, da una secca risata, ma, d’altro canto, non scendeva mai più in basso di una radiosa solennità che, si sarebbe detto, non si prendeva mai troppo sul serio.
Michaels aveva in mano l’inevitabile diagramma. Per il colonnello Reid quei diagrammi erano tutti uguali; ciascuno un viluppo inestricabile; e presi insieme, formavano un labirinto in cui chiunque si sarebbe smarrito.
Ogni tanto Michaels provava a spiegargli i diagrammi, come faceva praticamente con tutti: era quasi patetica la sua ansia di spiegare ogni cosa.
Il flusso sanguigno, pareva, veniva identificato con una traccia di lieve radioattività e allora l’organismo (si trattasse di un uomo o di un topo) si fotografava da solo, per così dire, mediante un principio laser che produceva un’immagine tridimensionale.
«Be’, lasci perdere» diceva Michaels a quel punto. «Quella che ottiene è un’immagine tridimensionale dell’intero sistema circolatorio, che può essere poi registrata bidimensionalmente nel numero di sezioni e proiezioni richiesto dallo studio. Potremmo arrivare ai più esili capillari, se la foto venisse adeguatamente ingrandita.
«E così mi trasformo in un geografo» concludeva Michaels. «Un geografo del corpo umano, che ne disegna i fiumi e le baie, le insenature e i ruscelli; assai più complicato di qualunque altra cosa esista sulla Terra, le assicuro.»
Reid guardò il diagramma da sopra la spalla di Michaels e disse: «Di chi è, Max?».
«Di nessuno.» Michaels lo mise da parte. «Aspetto, ecco tutto. Quando un altro aspetta, legge un libro. Io leggo un sistema circolatorio.»
«Anche lei è qui che aspetta, eh? Lui pure.» Reid accennò con il capo nella direzione dell’ufficio di Carter. «State aspettando la stessa cosa?»
«L’arrivo di Benes. Si capisce. Eppure, ancora non ne sono del tutto convinto.»
«Di che?»
«Non sono sicuro che l’uomo abbia quel che dice di avere. Io sono un fisiologo, naturalmente, e non un fisico,» disse Michaels, stringendosi nelle spalle con umorismo autodenigratorio «ma agli esperti credo volentieri. E loro affermano che non è possibile. Li sento dire che il principio di indeterminazione rende impossibile farlo per più di un dato tempo. E con il principio di indeterminazione non si può discutere. Ti pare?»
«Neanch’io sono un esperto, Max, ma quegli stessi esperti ci assicurano che Benes è il più grande esperto di tutti, in questo campo. Prima lo avevano gli Altri e si sono tenuti in pari con noi solo per merito suo; solo per merito suo. Non hanno nessun altro elemento di valore, mentre noi abbiamo Zaletsky, Kramer, Richtheim, Lindsay e tutti gli altri. E i nostri uomini più in gamba sono convinti che, se lo dice lui, qualcosa deve avere.»
«Ah, sì? O credono soltanto che non possiamo permetterci di correre questo rischio? Dopotutto, anche se salterà fuori che non ha niente, avremo vinto solo grazie alla sua diserzione. Gli Altri non potranno più avvalersi dei suoi servigi.»
«Perché dovrebbe mentire?»
«Perché no?» fece Michaels. «Intanto gli si permette di squagliarsela. Gli si consente di venire qui, dove immagino preferisca stare. Anche se salterà fuori che non ha niente in mano, non lo rimanderemo di certo indietro, no? Per giunta, può darsi benissimo che non sia lui a mentire; può essere stato semplicemente frainteso.»
«Mah…» Reid inclinò la poltrona all’indietro e mise i piedi sulla scrivania in modo assai poco confacente a un...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Viaggio allucinante
- 1. L’aereo
- 2. La macchina
- 3. Il comando
- 4. Le istruzioni
- 5. Il sommergibile
- 6. La miniaturizzazione
- 7. L’immersione
- 8. L’entrata
- 9. L’arteria
- 10. Il cuore
- 11. Il capillare
- 12. Il polmone
- 13. La pleura
- 14. I vasi linfatici
- 15. L’orecchio
- 16. Il cervello
- 17. L’embolo
- 18. L’occhio
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