
- 204 pagine
- Italian
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Fascisti della parola
Informazioni su questo libro
Con le parole si può giocare, ma non si scherza. Sono roba seria. Infatti, uno dei primi segni di un potere totalitario e liberticida è proprio il controllo del linguaggio. L'imposizione della censura di alcuni termini non è pratica che riguarda il passato, anzi, è più attuale che mai. Più andiamo avanti e più regrediamo in questo ambito. Più diventiamo moralistici, smarrendo tuttavia morale ed etica, più ci concentriamo sull'uso di determinati vocaboli, facendone una malattia. Così si è data vita alla battaglia più stupida, vana, insulsa e folle della nostra storia: quella al dizionario. Oggi non si può più dire "negro" al negro né si può più dire "zingaro", "rom" o "nomade". Non si può dire che uno è "cieco", semmai è un "non vedente". Non si può dire "sordo", al massimo "audioleso". Non si può dire "spazzino", ma solo "operatore ecologico". Non si può dire "bidella", ma solamente "operatrice scolastica". Non si può dare del terrone al terrone mentre è corretto dare del polentone a un polentone. E guai a dire "frocio" o "finocchio", a meno che tu stesso non sia omosessuale, in tal caso diventa lecito. Per non parlare della repulsione diffusa nei confronti dei sostantivi maschili. Se aggiungi 'astina alla vocale "o", se declini tutto al femminile, allora sei una bella persona, altrimenti vieni etichettato quale maschilista tossico e pure farabutto. Il politicamente corretto applicato al linguaggio secondo Feltri è il male del secolo, ed è giunto il momento di dire basta, di tornare a parlare come mangiamo.
Domande frequenti
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Informazioni
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Fascisti della parola
- Introduzione
- Vietato dire “negro”, eppure fino a qualche anno fa era termine ammesso e non offensivo
- Vietato dire “frocio”
- Giorgia Meloni e l’obbligo di definirsi “presidenta”
- Chiamare “zingaro” lo zingaro è da razzisti
- Proibito il termine “terrone”
- Se chiami “clandestino” il clandestino sei perseguito
- La sinistra vuole risolvere la crisi demografica importando extracomunitari, ma guai a parlare di “sostituzione etnica”
- “Patria” è un valore, non una parolaccia
- Se proferisci la parola “razza” vieni assimilato a Hitler
- Difendere la “famiglia tradizionale” è un delitto
- “Mamma” e “papà” sono diventati termini offensivi
- L’aggettivo scomodo: “vecchio”
- Il linguaggio genderista. Vogliamo una lingua senza genere e poi incriminiamo il maschile, che è pure neutro
- La mania del “linguaggio inclusivo”
- “Merito” è discriminatorio verso chi non è meritevole
- “Populista” è un improperio
- La “minaccia sovranista” si è rivelata infondata ma i “sovranisti” sono ancora considerati pericolosi
- I delitti di opinione andrebbero aboliti. Confliggono con la libertà di pensiero
- Sia lodato il turpiloquio
- Conclusioni
- Copyright