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Informazioni su questo libro
Possiamo felicemente confrontarci con la nascita di un poeta, in queste pagine che documentano i primissimi passi di una figura chiave della nostra poesia di oggi. Scritti tra il 1967 e il 1973, sono qui raccolti cinquantuno testi di un Milo De Angelis giovanissimo ma già ben riconoscibile in alcuni tratti della sua inconfondibile fisionomia espressiva. Tra la concretezza del quotidiano, e dunque dei luoghi e delle varie figure umane che vi appaiono, si insinua persistente il senso del dolore, «in uno scenario tormentato di attesa e di rischio», come scrive Luigi Tassoni. Agisce, verso dopo verso, quella acuta tensione verticale tipica di De Angelis evidente qui in ogni dettaglio. Una tensione dunque già vocazionalmente attiva fin dalle origini della sua scrittura, sempre mossa dai sussulti di inquiete vibrazioni interne. Ci troviamo poi di fronte anche a innumerevoli sprazzi narrativi, condotti attraverso la sensibilissima attenzione a frammenti colti tra realtà e visionarietà, e dunque a «privatissime storie» in cui si manifesta, spesso magari nell'apparire del gesto atletico o in un affiorare della sessualità, una «voglia tremenda di esserci», ma accanto a persistenti presagi di morte, nell'impulso che conduce il giovane poeta a «trasformare ogni istante in coscienza...». I percorsi di queste pagine sono in genere vissuti all'interno di una dimensione esistenziale in cui già si manifestano elementi che caratterizzeranno le successive opere maggiori, in poesie che «tengono aperta la ferita dell'origine», come scrive Angelo Lumelli, l'amichevole custode di queste carte. Straordinaria, sorprendente, è quella risorsa, tipica di De Angelis, fin da giovanissimo, di passare dall'orizzontalità della comune esperienza alla verticalità più vertiginosa, ma spesso con il conforto, per il lettore, anche di efficaci, fluide aperture discorsive, nell'osservazione dei «movimenti sicuri di sagome terrestri / nate e vissute in armonia con la terra». L'imprevisto capitolo aurorale dell'opera di un protagonista della nostra scena letteraria ci aiuta a penetrare ulteriormente nei molteplici rivoli emozionanti della sua vicenda umana e poetica.
Domande frequenti
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Informazioni
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Copyright
- Le origini di Milo. di Luigi Tassoni
- POESIE DELL’INIZIO
- Scriveva: “Sei solo: è un cerchio chiuso. Ma una volta puoi aprirlo magari con la chiave più falsa”
- Starò con te
- Un’altra busta poi ci sono le schede fa caldo
- È anche tra le cabine vecchie
- Dipendevi da quello a cui non servi
- Dimentichiamoci se viviamo
- Un atto di consenso
- Un campo di grano nel soffitto
- L’accusa e il rettangolo
- C’erano già, fuori, pronti per l’uso, i valori
- Eppure ci proibivamo
- Bisognava farlo. Dalla pedana
- Lo so, c’è chi fa a meno
- Ancora un passo e sai che nemmeno
- In questa calma di piena luce
- Che beffa, che idiozia
- Nei pomeriggi mia madre
- Gli accampamenti vicino al treno
- C’è solo questo buio
- Un’altra prova
- La corda scorre nell’impalcatura
- Anche questa volta
- Aspettare nella pensione
- I passi più lenti, le pozzanghere: oggi
- Il cerchio
- Una vita vicino al corpo
- Intervallo e fine
- Dalle terre degli antenati
- E dire che lui
- Tra le cabine del telefono
- Il professore: “Come deve essere, per commuovere?” I bambini: “Per commuovere, deve essere rispettosa, beneducata e al momento giusto, la sofferenza”
- Le gambe sotto il treno
- Essere qui
- Non è che ti manchi
- L’apprendimento del dolore (I)
- L’apprendimento del dolore (II)
- Nella stanza
- “Solo compenso a questa perdita ti sia dato conoscere i limiti precisi di ciò che hai perso”
- Una difesa scardinata
- Era previsto. Dopo i patti metafisici
- Scomparirà, lo diceva, quello
- Continuazione
- Il gesto più esatto
- La coppia continuerà
- Via Torino, cinema Centrale: questa settimana
- È sopravvissuto un sentirsi gelare
- Poi il vento
- L’acqua nera del Lambro, il canotto di salvataggio
- Un pretesto
- 1966, Parco Lambro
- Canzoncina per una bella ala sinistra
- Post scriptum. Esercizi per calci di rigore. di Angelo Lumelli