Premio di scrittura femminile
“Il Paese delle donne” 2016 Premio Redazione
© 2019 iacobellieditore
Prima edizione elettronica: Settembre 2019
Prima edizione stampa: Marzo 2016
Tutti i diritti riservati
www.iacobellieditore.it
ISBN 978-88-6252-510-7 (elettronico)
ISBN 978-88-6252-287-8 (stampa)
L’invenzione
delle personagge
a cura di
Roberta Mazzanti | Silvia Neonato | Bia Sarasini
iacobellieditore
Introduzione
Roberta Mazzanti e Silvia Neonato
Personagge è una parola che non passa inosservata. Anche oggi – trascorsi quattro anni dal convegno della Società Italiana delle Letterate (sil) che ha proposto in modo articolato le personagge sia all’attenzione critica, sia alle creatrici delle figure femminili protagoniste della letteratura e delle altre forme di narrazione culturale, proposta che mirava ad accreditarle anche nel linguaggio corrente –, questo neologismo non ha perso la valenza provocatoria e insieme euristica, tanto fertile di sviluppi nel campo degli studi letterari.
«Chiamiamole personagge e facciamola finita!»: l’intuizione fu di Maria Vittoria Tessitore, durante una riunione del direttivo sil in carica nel biennio 2009-2011. Si poneva allora per la prima volta in modo sistematico una questione già affrontata nelle riflessioni collettive che avevano cercato di mettere a fuoco un tema nodale – e non più rimandabile – nell’ambito delle ridefinizioni che la sil andava operando fin dai suoi inizi sul corpus delle scritture femminili.
Nell’intento di ridefinire le figure femminili delle narrazioni contemporanee, le nuove figure di donna che abitano romanzi, film, serial tv, pièce teatrali, ma anche diari, autobiografie, arti visive e poesia, avevamo dapprima cercato di nominarle come “personaggi femminili” o “personaggi donna”. Ma eravamo sempre insoddisfatte: queste definizioni restavano impigliate a subalternità tradizionali e parzialità che suonavano perfino ridicole, se paragonate alla ricchezza e consapevolezza delle scritture da loro ispirate, e a loro dedicate.
Focalizzato sulle “personagge”, il convegno nazionale dell’ottobre 2011 a Genova partì da un complesso di domande, tra le altre: «Chi sono, come si muovono, come pensano, come agiscono le figure femminili nei diversi testi e contesti in cui ci troviamo immerse e immersi? Come le leggiamo? Le interpretiamo? E sono figure a tutto tondo, caratterizzate dai classici standard dei ruoli di sesso e genere o raccontano di mutazioni, passaggi, trasformazioni?».
Da molti anni la critica femminista decostruiva le eroine del melodramma, le protagoniste del romanticismo, le Dark Lady dei noir su carta e su pellicola; ma la nostra ambizione, con i saggi raccolti in questo volume, è quella di voltare pagina e guardare chi sono, come vengono inventate, scritte, rappresentate – e da chi – le nuove donne, alle quali danno parola autrici e autori di tutto il mondo, in una grandissima varietà e ricchezza di trame, percorsi narrativi e itinerari creativi.
Dobbiamo a Uta Treder, germanista fiorentina e socia tra le fondatrici della sil (che purtroppo ci ha lasciato nel 2014), il titolo di questo volume. Fu lei a suggerire che “Io sono molte. L’invenzione delle personagge” era la formula giusta per restituire la molteplicità delle donne che volevamo rappresentare.
Tocca a Bia Sarasini aprire il volume. Ci ricorda che pensare le personagge è sia una proposta critica, sia un’idea politica: «Guardare le figure di donna dell’immaginario così come si accampano nella mente di autrici, autori; guardare la forma che prendono, la vita che si prendono: è, mi sembra, una proposta critica ampia, di largo respiro. Una proposta politica, mi prendo la libertà di sostenere. Se il mondo reale è abitato da figure di donna che irritano e inquietano, forse è nelle narrazioni che si trovano strumenti per cambiare, per mutarne il senso» (Sarasini p. 18).
Nadia Setti, a sua volta, introduce l’architettura di pensieri e pagine scritte che ci ha condotto alle personagge, a partire da «“condizioni” [che] sono insieme simboliche, storiche, politiche, culturali. Riguardano le scritture e le letture, come nascono e come circolano nel mondo. Ma anche i movimenti, le svolte, le rotture che modificano profondamente i punti di vista sulla realtà, i soggetti e i corpi, le relazioni». E aprendo l’indagine sulla personaggia, afferma Setti, ci imbattiamo in «una persona che c’è da sempre, ma soltanto a un certo punto, in certe condizioni, comincia a esistere come personaggia, leggibile e riconoscibile.[…] Come se da tempo la personaggia facesse parte dello spazio comune tra noi, dei nostri paesaggi interiori, ma soltanto ora ci fossero le condizioni di visibilità, viabilità e quindi nominazione». La studiosa ci invita perciò a rivolgere lo sguardo critico non tanto verso gli archetipi, ma piuttosto verso «tipi e topoi dell’immaginario letterario ed extra-letterario, che la letteratura (e in particolare quella femminile) produce riuscendo spesso a sorprendere quando improvvisamente appaiono la storia e le parole per una figura che da tempo cercava di uscire dal silenzio e dall’invisibilità. […] In altre parole la personaggia riapre un dibattito che sembrava sopito ma che di fatto è irrisolto, salvo a lasciare parlare le opere, la produzione letteraria di autrici e creatrici che continua a esplorare liberamente lo spazio immaginario e simbolico» (Setti p. 35).
Dal canto suo, ben consapevole della forte connotazione politica e sociale che il neologismo della “personaggia” esprime, Valeria Gennero si chiede: «Che cosa succede quando abbracciamo quel “gesto di arbitrio creativo sulla lingua” che la sil ci invita a compiere parlando di personagge e lo associamo alle implicazioni letterarie del termine queer? Se è certo possibile declinare al femminile la nozione di personaggio per parlare delle nuove figure di donna in cui è possibile individuare “tracce di libertà e resistenza femminile”, più complesso risulta invece l’accostamento tra l’esplicita declinazione di genere della personaggia e la radicale decostruzione di sesso e genere che alcuni sviluppi della teoria letteraria queer ci invitano a compiere». La proposta critica di Valeria Gennero non si snoda soltanto sul sentiero innovatore proposto dalle metodologie critiche queer, ma ne esemplifica alcune nuove personagge, situando le prime in due romanzi degli anni Settanta: Molly Bolt, protagonista del romanzo Rubyfruit Jungle di Rita MaeBrown, e Jeanette, creata da Jeanette Winterson nel romanzo di culto Oranges Are Not the Only Fruit. Nel corso dei successivi decenni, «il ruolo svolto dai personagg* queer con l’asterisco, soggetti eccentrici il cui genere è in rapporto mutevole con gli assi identitari riferiti a sesso e sessualità» ha reinscritto nel campo letterario e critico l’idea di un attraversamento dei generi che ci invita a parlare e a leggere di “personagg* trans gender”; e a questo proposito Gennero indica Lady Gaga – individuata da Judith Halberstam come «il veicolo di un progetto estetico che vuole occupare il genere, manipolarlo ed esautorarlo attraverso rappresentazioni che hanno nell’eccesso e nella ...