Storia, Didattica e Fondamenti della Chimica
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Storia, Didattica e Fondamenti della Chimica

About this book

A cura di Vincenzo Villani
Dipartimento di Scienze, Università della Basilicata ‘Sensate esperienze e Certe dimostrazioni’. Il Metodo Scientifico enunciato e praticato con successoda Galileo Galilei non cessa mai di stupirci per la sua potenza, semplicità e profondità. Nella costruzione della Conoscenza è necessario coniugare Dati empirici e Deduzione logico-matematica, entrambi da soli insufficienti per la costruzione di un Sapere sicuro. Infatti, qualsiasi collezione di dati non può essere induttivamente generalizzata e rimane muta fino a quando una costruzione deduttiva non ha stabilito una rete di connessioni coerente e necessaria. Inoltre, se A è vero le ‘Certe dimostrazioni’ assicurano che anche B sia vero, tuttavia la verità della tesi dipenderà necessariamente da quella dell’ipotesi di partenza. E’ proprio la bontà dell’ipotesi che le ‘Sensate esperienze’ debbono assicurare: ‘Provando e riprovando’, accettando e rigettando sul banco di laboratorio le ipotesi elaborate, è stato possibile costruire al crivello della logica,teorie generali, in una spirale virtuosa che dal ‘600 è risultata inarrestabile.
Il Metodo Scientifico alla base della Ricerca è altresì alla base della Didattica. Ipotesi-Esperienza-Logica-Ipotesi… Il metodo circolare funziona altrettanto bene tra i banchi di Scuola e nella Comunicazione della Scienza: imparare ‘riscoprendo le scoperte scientifiche’, significa ripercorrere in modo guidato il processo dialettico della Conoscenza. E allora l’approccio storico e sperimentale, il ragionare per problem solving diventano necessari strumenti Didattici. Inoltre, essendo il Metodo trasversale, le barriere tra le Discipline sono superate e una visione Interdisciplinare emerge con naturalezza, non perché non vi siano differenze tra una disciplina e l’altra, ma perché le barriere tra queste diventano permeabili e i travasi culturali fruttuosi.
E’ questa la visione che ci ha guidati i questi anni negli Studi di ‘Storia e Fondamenti della Chimica per la Scuola’che appaiono con continuità dal 2015 sulla Nuova Secondaria, dove ho avuto il piacere di coordinare numerosi scienziati di chiara fama dalla Biochimica alla Logica, dalla Chimica Fisica alla Scienza dei Materiali, alla Didattica… E su queste pagine sono apparsi gli ultimi scritti di Guido Barone dell’Università di Napoli.
E’ quindi con gioia che ho accolto l’invito del Direttore Prof. Giuseppe Bertagna e della Redazione di organizzare gli Studi in un e-book accattivante per i docenti che avranno in questo modo un nuovo efficace strumento di spunti ed approfondimento per le loro lezioni.

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Information

Alla ricerca delle basi chimiche delle origini della vita (1)

Guido Barone

Le ipotesi formulate nella prima metà del secolo scorso e gli esperimenti di Urey, Miller, Orò e altri negli anni Cinquanta e seguenti vengono messi a confronto con la composizione di alcune meteoriti e con i risultati sulla composizione della particolare atmosfera di Titano, la luna maggiore di Saturno.
In particolare vengono analizzati il ruolo dell’acido cianidrico e della formaldeide nella formazione di amminoacidi e di basi e zuccheri componenti il DNA e l’RNA. I meccanismi e la dinamica dei processi ciclici che possono portare alla formazione e/o distruzione di biomolecole nella complessa atmosfera di Titano vengono brevemente discussi in relazione alla stabilità della paleoatmosfera terrestre.
Le origini chimiche della vita

Le prime ipotesi su base chimica circa le origini della vita risalgono a T.C. Chamberlain e R.T. Chamberlain (1908), A.I. Oparin (1924), J.B.S. Haldane (1929), raccolte e discusse da J.D. Bernal in The Origins of Life (1967).

Nei decenni successivi fu formulata l’ipotesi di una evoluzione chimica prebiotica nell’atmosfera terrestre primordiale riducente, in presenza di un oceano caldo, formatosi appena la temperatura della superficie fosse scesa a valori compatibili con l’esistenza di acqua liquida (qui sarebbe poi nata la vita). Ne aveva discusso lo stesso Oparin (1957) e l’aveva riportata in D.W. Deamer e G.R. Fleischaker, Origins of Life: the Central Concepts (1994).
L’ipotesi dell’atmosfera terrestre primordiale riducente

Secondo l’ipotesi dell’atmosfera terrestre primordiale (riducente), vi sarebbe stata prevalenza di composti idrogenati: H2, CH4, NH3, HCN, H2O (vapore) in equilibrio con l’oceano caldo; assenza di ossigeno e solo tracce di CO2.
H.C. Urey e il suo allievo Stanley L. Miller (1952) si mularono le supposte condizioni di 4.2/3.8 miliardi di anni fa irraggiando con UV per sette giorni una miscela di CH4 (marcato con 14C), NH3, vapor d’acqua e H2, in equilibrio con acqua liquida calda e sottoponendola a scariche elet triche: si formarono formaldeide (HCHO), acetaldeide (CH3CHO), acido formico (HCOOH), acetico (CH3COOH), glicolico (CH2OHCH2COOH) e lattico (CH3CHOHCOOH) ( Figura 1 ).

immagine 1
Fig. 1. Apparato di S.L. Miller in S.L. Miller - H.C. Urey, «Science», 130 (1959), 245.

L’esperimento fu ripetuto da Pinto e collaboratori nel 1980 e più recentemente (2012-2014), come riportato da un altro Miller (Steve), autore del libro La chimica del co-smo. Dall’idrogeno alle strutture complesse della vita. Durante successivi esperimenti di J. Orò (dal 1958; con lo stesso apparato di Urey e Miller), ripetuti poi da Ferris e collaboratori (1978), fu aggiunto alla miscela gassosa acido cianidrico, HCN: si ottennero amminoacidi, oligopeptidi e adenina. Aggiungendo inoltre dall’inizio un eccesso di formaldeide, venivano ottenuti ribosio e deossiribosio (gli zuccheri componenti di DNA e RNA).
L’oceano caldo primordiale, o le acque sotterranee, avrebbero potuto immagazzinare, e preservare dalle radiazioni solari più energetiche e dai raggi cosmici, tutte le molecole prebiotiche così formatesi. Queste avrebbero potuto portare alla formazione di sistemi plurimolecolari complessi costituenti i primi organismi unicellulari.
L’instabilità dell’atmosfera riducente

Nel 1982 Levine propose che l’atmosfera riducente sarebbe stata instabile. A causa del forte irraggiamento UV, e in assenza dello scudo protettivo di ozono, tutto l’ossigeno prodotto in abbondanza per fotoscissione del vapor d’acqua avrebbe fatto prevalere reazioni di ossidazione di CH4, NH3, HCN, che dovettero procedere in tempi geologicamente molto brevi. L’H2 si sarebbe perso nello spazio per la bassa gravità terrestre e quindi l’atmosfera si dovette trasformare, in tempi geologicamente molto brevi, da riducente in anossica, costituita cioè da residui di CH4 e prevalentemente N2, e CO2; quest’ultima con pressione al suolo di circa 200 atmosfere, dovuta anche alla decomposizione delle rocce carbonatiche alle temperature di 1200-1400 °C provocate dal bombardamento di planetesimi e grandi meteoriti. La presenza di questi composti produsse un elevato effetto serra, che compensò il più modesto apporto energetico del giovane sole (75-85% dell’attuale).
Nuove ipotesi: i meteoriti e le comete

E se le molecole prebiotiche venissero dallo spazio? Negli anni 1970-1990 si iniziò a prendere in considerazione anche altre ipotesi. Infatti, nella meteorite Murchinson, rinvenuta in Australia e proveniente quasi sicuramente da Marte, sono stati trovate tracce di numerosi amminoacidi (però in prevalenza D-) e adenina (Kven-volden, Ponnamperuma e collaboratori 1970).
Gli stessi composti sono stati trovati in meteoriti in Antartide, scoperte più di recente. Ulteriori ipotesi hanno considerato gli apporti di comete: E. Anders e collaboratori (1989), C. Chyba e collaboratori (1990). Inoltre, è stato considerato il possibile arrivo di chinoni (precursori delle porfirine) trasportati da polveri (IDP: Interplanetary Dust Particles) o da condriti carbonacee.

Ipotesi sull’origine dell’acqua

L’acqua è uno dei componenti fondamentali della superficie dell’ Arancia blu.
Una prima ipotesi suggeriva che l’acqua terrestre, oltre che derivare dalla disidratazione delle rocce nelle quali era intrappolata, fosse arrivata in gran parte dalle comete, oltre che dalla deidratazione delle rocce terrestri.
Tuttavia, il rapporto isotopico H/D che caratterizza l’acqua degli oceani terrestri non corrisponde a quello delle comete, provenienti dalla nube di Oort, o a quello osservato in alcune delle atmosfere dei pianeti esterni o dei loro satelliti o negli oggetti nella fascia di Kuiper.
Oggi quindi si ritiene che almeno l’80% dell’acqua di origine esogena sia stata trasportata da meteoriti provenienti dalla fascia di asteroidi orbitanti tra Marte e Giove: vedi la composizione isotopica delle recenti emissioni di vapore dai geyser di Cerere e quelle invece emesse dal polo Sud di Encelado (Saturno II).
Gli apporti delle ricerche spaziali

Negli anni recenti lo sviluppo delle ricerche spaziali ha portato a prendere in considerazione ipotesi diverse sulla formazione di molecole semplici e complesse interessanti la sintesi di specie prebiotiche e quindi la possibilità dell’esplosione della vita.
Da un lato, abbiamo a disposizione le informazioni sulla chimica del «laboratorio sperimentale» di Titano, la luna maggiore di Saturno, con una atmosfera essenzialmente riducente che è stata esplorata dalla missione Cassini-Huygens nei primi anni 2000; dall’altro, condizioni ambientali sostanzialmente anossiche e con presenza scarsa di acqua – condizioni presenti sulle superfici di comete o di polveri (IDP) o su pianeti e satelliti rocciosi, sarebbero molto più favorevoli, anche oggi, per la sintesi di molecole organiche, o almeno paragonabili a quelle dell’atmosfera primordiale terrestre. Infine, sono disponibili le prime informazioni dirette del rover Curiosity dal suolo di Marte e del lander Philae della sonda Rosetta, che si è agganciato al suolo della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko.

Il satellite Titano

Titano (Saturno VI) è un gigante, è il secondo più grande fra tutti i satelliti del sistema solare: ha un diametro di 5150 km; lo si confronti con quello della Luna ( 3700 km) e addirittura con quello di Mercurio ( 4878 km). D’altra parte, le ridotte densità e gravità di Titano rispetto a quelle di un pianeta roccioso come Mercurio hanno fatto ipotizzare che sotto l’atmosfera e la coltre di idrocarburi e sedimenti organici vi fosse (separato da uno strato di ghiaccio di tipo 1h) un oceano di acqua liquida, reso possibile dal calore endogeno proveniente da reazioni nucleari nel nocciolo roccioso del satellite. Nel 1985 inoltre Lunine e Stevenson ipotizzarono che i clatrati idrati di metano e di altri gas avessero potuto giocare un ruolo importante durante il processo di accrezione di Titano.
Questi autori suggerirono che tali composti di inclusione stabilizzano tuttora l’oceano multifasico esistente sotto la superficie gelata del satellite, fungendo da intercapedine con i mari e i laghi di idrocarburi. In una comunicazione all’Accademia S.F.M. 1 abbiamo mostrato la struttura, ricavata dalle analisi della sonda Cassini e dal suo lander Huygens. Quest’ultimo fu sganciato dopo la messa in orbita di Cassini e dopo 22 giorni entrò nella densa atmosfera di Titano a circa 1300 km di altezza e alla velocità di circa 20.000 km all’ora. Il paracadute pilota si aprì a circa 170 km di altezza e quello principale dopo 5 minuti a 155 km; dopo 30 secondi fu sganciato lo scudo termico. La temperatura era discesa rapidamente a –120 °C, consentendo le prime trasmissioni radio e l’apertura di un terzo paracadute stabilizzatore. La velocità di discesa si era ridotta a 20 km/ora ed erano cominciate le trasmissioni verso Cassini (e da qui alla Terra) delle prime immagini della superficie e della foschia provocata dal- l’aerosol di composti azotati (le cosiddette Toline). Più in basso furono individuate delle nubi di azoto e metano. A 50 km di altezza (dopo 43 minuti di discesa) la temperatura era ridotta a –200 °C per risalire a circa –110 °C al suolo indicando un debole flusso di calore dall’interno del satellite. La pressione era salita a 1500 millibar (poco meno di 1,5 atmosfere standard) ( Figura 2).

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Fig. 2. Immagini della terra dei laghi di Titano ripresa dalla sonda Cassini della NASA

Gli idrocarburi, i composti azotati e radicali dell’atmosfera di Titano

Un breve elenco degli idrocarburi, composti azotati e ra-dicali individuati nella atmosfera di Titano comprende:
CH4, CH3CH3 e forse CH3CH2CH3 (presenti anche come fase liquida), CH2=CH2 (etilene/etene), CH≡CH (acetilene/etino), CH3-CH=CH2 (C3H6 propilene/propene), CH2=C=CH2 (C3H4 allene), CH≡CCH3 (C3H4 metilacetilene/propino) CH2=CH-C≡CH (C4H4 vinilacetilene). Inoltre (C4H2 diacetilene), (C4H5 metildiacetilene e gli iso meri etinilallene e pentadiino), (C6H2 triacetilene), (C4H6 butadiene), C6H6 (benzene), CH2=CH-C6H5 (stirene/vinilbenzene), C6H5-C≡CH (fenilacetilene); i composti in- saturi più complessi deriverebbero per reazione ...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Storia, Didattica e Fondamenti della Chimica
  3. INDICE
  4. Presentazione
  5. I Studio
  6. Priestley vs Lavoisier. Una disputa dalle radici profonde
  7. Nascita e morte (presunta) degli studi in fotochimica in Italia
  8. Alla ricerca delle basi chimiche delle origini della vita (1)
  9. Dalla storia della fisica ai fondamenti della scienza
  10. II Studio*
  11. Dalla chimica terrestre a quella universale
  12. Francesco Mauro: un chimico dimenticato
  13. Gli orbitali: un modello dello stato dell’elettrone
  14. André-Marie Ampère, primo chimico teorico moderno
  15. III Studio*
  16. La chimica della vita (2). Dalle molecole alle cellule: il ruolo dell’acqua
  17. La fotochimica in Italia. Il contributo di Leone Maurizio Padoa
  18. L’immaginazione nella chimica
  19. La teoria della struttura molecolare di André-Marie Ampère
  20. IV Studio
  21. L’atomo dimenticato: il modello a vortice di Kelvin
  22. La chimica scienza dell’individualità
  23. Le cicloaddizioni 2+2 nella fotochimica organica: dalle origini ai temi dell’attualità
  24. Trasformazioni fisiche e chimiche della materia. Un approccio didattico ai livelli macroscopico, submicroscopico e simbolico
  25. Einstein chimico. Le scoperte che sono alla base della chimica moderna
  26. V Studio
  27. Insegnare la chimica di Lavoisier
  28. Immagini, modelli, realtà. La visualizzazione delle molecole delle proteine
  29. Un caso “strano” nella storia della fotochimica in Italia
  30. La comunicazione linguistica nella Chimica
  31. I materiali ceramici tra passato e futuro
  32. VI Studio
  33. L’immagine della scienza nel disincanto
  34. Il sequenziamento del DNA
  35. Come sequenziare il genoma
  36. Liebig e l'omeopatia
  37. Basi e prospettive della Scienza dei Materiali Polimerici: una visione interdisciplinare