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Simone Malacrida
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Questo libro è una raccolta dei 26 articoli di carattere scientifico, energetico ed economico-sociale pubblicati tra il 2008 e il 2012.
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Information
1
“Fallimenti di banche a catena, recessione e investimenti in
ricerca”
16 settembre 2008, Heos
Risale a sei mesi fa la segnalazione dell'Associazione Italiana per
la Ricerca che un'eventuale recessione dell'economia americana ed
europea si sarebbe tradotta in modo più marcato sui dati italiani.
Sempre nella primavera del 2008 vi erano state indicazioni
inequivocabili di cedimento del sistema bancario e creditizio
americano dopo che l'estate scorsa era scoppiata la crisi derivante
dai mutui subprime, dal crollo dei prezzi immobiliari e
dall'iscrizione a bilancio di perdite dovute a strumenti di
ingegneria finanziaria mal concepiti e male utilizzati.
Dopo sei mesi da quella segnalazione, gli eventi hanno purtroppo
confermato quella prospettiva. In USA, oltre alla chiusura di una
decina di banche regionali, abbiamo assistito alla liquidazione di
alcuni colossi come nel caso di Bear Stearns (con un assorbimento
forzato da parte di JPMorgan) o delle due agenzie governative Fannie
Mae e Freddie Mac, di fatto nazionalizzate dalla Federal Reserve per
evitare il crollo dell'intero sistema economico e finanziario.
In questi giorni, Lehman Brothers, quarta banca americana con alle
spalle più di 150 anni di storia, è sotto i riflettori per la
scarsa liquidità che sta provocando un altro fallimento pilotato. In
generale, tutti gli altri istituti di credito, i fondi di
investimento e le assicurazioni hanno registrato bilanci con enormi
svalutazioni e stanno provvedendo a tagliare drasticamente intere
divisioni interne e a reperire liquidità da nuovi soci di fondi
mediorientali o asiatici.
Tutto ciò ha avuto e avrà pesanti ripercussioni sull'economia
reale: sono aumentati i disoccupati, l'economia e la produzione sono
in frenata, le vendite e i consumi sono diminuiti. D'altra parte in
Europa, pur non avendo ravvisato fenomeni di fallimenti bancari
(eccezion fatta per Northern Rock in Gran Bretagna), l'intero settore
ha comunicato un'ondata di dati deludenti e di svalutazioni.
L'economia europea ha subito questo duro colpo registrando una
frenata economica generalizzata e l'Italia ha confermato la tendenza
degli ultimi 10-15 anni nel segnare performance peggiori rispetto
alle altre nazioni europee. Sono di pochi giorni fa i dati sul PIL
italiano stimato dall'OCSE che segnalano ancora una volta questo
record negativo del nostro paese.
In questa situazione economica, gli investimenti in ricerca rischiano
di subire una battuta di arresto e una riduzione sia da parte
pubblica sia da parte privata. Negli USA, il salvataggio degli
istituti di credito e del sistema economico attuale è stato fatto
aumentando il debito statale americano, già elevato prima di questi
fatti. Non è pensabile che l'unica soluzione sia una svalutazione
del dollaro in quanto ciò provocherebbe un aumento dell'inflazione,
un'erosione dei salari americani e un rischio maggiore di contrazione
dei consumi e di recessione economica; si dovrà mettere mano al
bilancio federale o aumentando le entrate tramite nuove tasse o
tagliando alcune voci di spesa. In Europa sussistono dei vincoli sui
parametri economici da rispettare; in particolare diminuendo la
crescita del PIL (o addirittura avendone una decrescita) i singoli
Stati dovranno contenere il debito pubblico, soprattutto dovranno
farlo paesi in cui tale debito è a livelli elevati, come l'Italia.
In questo contesto, è molto probabile il rischio di vedere un
diffuso taglio alle spese, ivi compresa la ricerca, l'università e
la scuola.
L'Associazione Italiana per la Ricerca manifesta una viva
preoccupazione sul fatto che la ricerca e gli investimenti
nell'innovazione tecnologica siano trattati alla stregua di spese di
bilancio da contenere. Difatti, tali tagli non solo non
apporterebbero alcun beneficio se non un effimero effetto sulla
trimestrale di cassa, ma soprattutto impedirebbero una duratura e
reale crescita economica nei prossimi anni. Inoltre, ulteriori
riduzioni di bilancio nei confronti dell'università e del
finanziamento agli enti di ricerca andrebbero a diminuire la
percentuale del PIL italiano investita in innovazione, che è già
tra le più basse d'Europa e molto distante dagli obiettivi di
trattati e direttive comunitarie sottoscritte dal nostro stesso
paese. Le risorse investite in questo settore sono poi quelle che
garantiscono un maggiore ritorno economico, sociale e tecnologico per
una società sempre più basata sulla conoscenza e sul sapere; tra
l'altro, sono le uniche che possono invertire l'attuale deflusso di
capitale umano costituito dai giovani laureati e dottorati italiani
che si recano all'estero per motivi lavorativi. Per questi motivi,
l'Associazione auspica che eventuali riduzioni di spesa colpiscano
differenti settori, andando ad eliminare gli sprechi, aumentando
l'efficienza della pubblica amministrazione, diminuendo i costi della
politica nazionale e locale, eliminando lo sdoppiamento di competenze
attribuibili ai vari Enti, riformando gli ordini dei professionisti e
attuando una politica di concorrenza in quei settori caratterizzati
da lobby e corporazioni.
Di certo, per attuare una politica di investimenti nel settore della
ricerca in tempi di crisi economica, serve del coraggio politico e
una visione della società proiettata al futuro. D'altro canto se è
vero, citando Churchill, che "la differenza tra un politico e
uno statista sta nel fatto che il politico pensa a vincere le
elezioni, mentre lo statista pensa alle prossime generazioni",
ora più che mai ogni nazione che pensa al proprio futuro sociale ed
economico necessita di scelte congrue e precise.
2
“Più Ricerca per combattere la recessione”
24 ottobre 2008, Heos
L’attuale crisi finanziaria mondiale che sta coinvolgendo gli
istituti di credito, i fondi di investimento privato e le case di
affari, si sta propagando all’economia reale, alle imprese e al
consumo delle famiglie facendo prevedere, per il 2009, un intero anno
di recessione globale. Se da un lato è legittimo e doveroso che i
singoli stati nazionali e le banche centrali sostengano gli istituti
finanziari in difficoltà tramite iniezioni di liquidità e di soldi
pubblici, dall’altro non si può non notare che le inefficienze e i
danni provocati da un certo tipo di finanza saranno ripianati tramite
un aumento del debito pubblico di ogni nazione.
In passato vi sono state parecchie soluzioni adottate per sconfiggere
le varie fasi recessive, dai semplici incentivi fiscali alle imprese,
alle nazionalizzazioni forzate fino ad una forte spinta al
protezionismo. Ognuna di queste soluzioni ha plasmato la successiva
fase di espansione economica, dando un’impronta determinante alla
società che si andava formando e portando anche a conseguenze
inaspettate e non desiderate.
Le attuali disposizioni emanate dai continui vertici internazionali e
dai piani di salvataggio locali non sembrano aver portato
tranquillità nel sistema economico mondiale; da molte parti si
sottolinea come queste posizioni non siano da considerarsi definitive
vista la continua evoluzione della crisi e la sua entità non ancora
del tutto nota. Inoltre sono sempre maggiori le voci di chi pensa che
non sia un problema di quantità di fondi da stanziare, ma la
questione potrebbe risiedere nel dare risposte nuove invece di
soluzioni elaborate con idee attempate e nel pianificare ciò in un
contesto economico diverso dall’attuale.
Avendo, in questo periodo, la possibilità di plasmare la società
umana del futuro tramite ambiziosi progetti a lunga scadenza, non
avrebbe forse senso fornire gli strumenti finanziari e sociali per
fondare un’economia basata sulla conoscenza e sul cambio di
paradigma dei consumi a livello sostenibile?
L’Associazione Italiana per la Ricerca considera che la soluzione
primaria per allontanarsi da questa fase recessiva sia puntare
decisamente sugli investimenti in ricerca, formazione e sviluppo
della conoscenza anche a costo di un momentaneo aumento del debito
statale. In effetti, un deficit fiscale dovuto ad uno stanziamento di
fondi per la ricerca è facilmente assorbibile negli anni successivi
dato il circolo virtuoso di reale crescita economica diffusa che un
tale investimento mette in gioco. Se ciò è vero a livello mondiale,
lo è ancora di più in Italia dove i fondi statali stanziati per
questa crisi finanziaria dovrebbero essere di molto inferiori a
livello percentuale rispetto a quelli degli altri paesi europei.
Inoltre, con una scelta in questa direzione, si potrebbe fin da
subito eliminare l’enorme differenza che sussiste tra l’Italia e
il resto d’Europa in termini di investimenti in ricerca.
Questa recessione potrebbe rivelarsi un’enorme opportunità per il
nostro paese, forse l’ultimo treno per agganciare la nuova società
del Ventunesimo Secolo basata sulla conoscenza del “capitale
umano”. Dobbiamo però esserne convinti tutti, dalla politica
nazionale a quella locale, dai sindacati alle industrie, dalle
università ai mass media, e muoverci di conseguenza con azioni
corrispondenti.
3
“L’onda del cambiamento in Italia si infrange nei grandi
vecchi”
6 novembre 2008, Heos
Alla fine il cambiamento c’è stato. Barack Obama, 47 anni, è il
nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. L’onda di una nuova
generazione conquista la politica del paese più ricco e
industrializzato a livello mondiale, dopo che già l’imprenditoria
e la classe dirigente statunitense sono da anni dominati da figure
giovanili emergenti (lo è stato Bill Gates nei primi anni Novanta,
lo sono stati Larry Page e Sergey Brin, fondatori di Google,
all’inizio di questo secolo). La novità del prossimo presidente
non risiede solo nell’età e nelle origini familiari, ma coinvolge
qualcosa di più ampio: un nuovo modello di comunicazione, una nuova
forma di partecipazione, particolarmente adatta per la “generazione
X” che chiede alle classi dirigenti un linguaggio moderno con
strumenti come Web 2.0, il passaparola informatico-tecnologico e
nuovi sogni di un’economia sostenibile basata sulla conoscenza.
Altri stati, come il Regno Unito e la Spagna, hanno attuali leader
politici della stessa generazione di Obama, ma forse solo
quest’ultimo, grazie al potere mediatico e rappresentativo degli
USA, può realmente scatenare un pacifico ricambio di leadership
indotto in altre nazioni europee, a cominciare dall’Italia. In
effetti, in questo quadro, il nostro paese stride fortemente come
conservatorismo culturale e scarsa propensione alla visione del
futuro, avendo in sé tre record non per niente invidiabili: la
classe politica, la classe imprenditoriale e i docenti universitari
con età media più elevata sia tra i paesi dell’Unione Europea sia
tra i paesi più industrializzati a livello globale.
In questo ultimo mese, la mobilitazione su scala nazionale, seppure
non coordinata unitariamente e con diverse posizioni sfumate, su un
tema fondamentale e cruciale come quello dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca sta però scalfendo quel clima di
autoreferenzialità e sta mettendo al centro dell’attenzione una
generazione che rivendica il diritto di costruirsi un futuro di
speranza. L’Associazione Italiana per la Ricerca ribadisce che le
differenti istanze proposte per favorire la conoscenza sono e saranno
il pilastro della società di questo secolo, perché proprio dalla
quantità e della qualità degli investimenti in Ricerca passa la
capitale decisione sul ruolo dell’Italia nei prossimi decenni a
livello economico-culturale in Europa e nel mondo.
In questo clima di cambio generazionale e rinnovamento dei sistemi
produttivi e sociali, l’Italia non può permettersi di perdere
questa spinta propulsiva giovanile e deve convogliare in modo
costruttivo le idee che salgono dalla base di questo movimento per
generare, finalmente, un rinnovo di tutta la classe dirigente
nazionale.
Siamo pronti per affrontare il futuro e il Ventunesimo Secolo? “Yes,
we can believe in” direbbe qualcuno.
4
“Ricercare l’efficienza per rinnovare l’economia”
13 novembre 2008, Energia Spiegata
Le tematiche riguardanti l’efficienza energetica e la sua
realizzazione tramite specifiche normative sono spesso viste come un
costo aggiuntivo che grava sullo sviluppo economico di una nazione.
Se ciò può essere vero in un orizzonte temporaneo di breve periodo,
soprattutto in avverse condizioni congiunturali, non si può
affermare altrettanto se si considera un arco di tempo più
prolungato.
L’esempio della California è stato portato alla luce in questi
giorni da uno studio dell’Università di Berkeley ed è
dimostrativo che è necessario implementare una strategia economica
di lungo periodo per trasformare alcuni parametri stringenti di
efficienza in sviluppo duraturo. A seguito dello shock petrolifero
del 1977, lo stato della California impose standard di efficienza per
gli edifici e gli elettrodomestici nettamente superiori rispetto alla
media al fine di rendere i cittadini meno dipendenti dal consumo di
energia elettrica. Se questo ha comportato, nel breve periodo,
perdite di posti di lavoro ed esborsi sotto forma di finanziamenti
pubblici, a distanza di 30 anni la sfida californiana è stato un
successo. La spinta all’efficienza e all’innovazione ha portato
alla creazione di servizi e di imprese tecnologiche che hanno dato
lavoro a più di un milione e mezzo di persone (contro i “soli”
25'000 posti di lavoro persi nei primi anni dopo l’introduzione
delle normative). Difatti, i risparmi dovuti alle politiche di
efficienza hanno permesso ai cittadini californiani di limitare i
consumi di energia elettrica traendo un diretto beneficio (una
bolletta meno cara) e potendo dirottare su altre voci di spesa i
soldi così economizzati, mettendo in moto altri settori commerciali.
Inoltre questo risparmio energetico equivale a regime alla
costruzione di 24 centrali elettriche di medie dimensioni, ognuna
delle quali avrebbe comportato la combustione di non indifferenti
quantità di petrolio, gas o carbone producendo grandi dosi di gas
serra.
In Europa, un caso analogo si è registrato in Germania con lo
sviluppo dell’energia solare. A seguito della crisi del 2001
dell’industria elettronica e informatica, il governo tedesco decise
di riconvertire alla realizzazione di pannelli solari parte della
produzione di silicio e di vari semiconduttori, introducendo di pari
passo agevolazioni fiscali e leggi federali sul risparmio energetico
e sull’installazione di impianti solari in nuovi edifici. A
distanza di pochi anni, la Germania è leader mondiale della ricerca
e della produzione di pannelli solari, generando un’intera filiera
di lavoro produttivo in questo settore. Questi due esempi fanno
chiaramente capire quale strada deve intraprendere l’Italia in
questo periodo di crisi economica e finanziaria.
L’Associazione Italiana per la Ricerca ha rimarcato più volte sia
la necessità di un piano energetico nazionale sia l’inevitabilità
di aumentare gli investimenti in ricerca e in innovazione.
Convogliare importanti risorse pubbliche nel settore dell’efficienza
energetica in ambito residenziale, domestico, industriale e agevolare
la creazione di imprese innovative in ambito energetico deve essere
vissuto non come un’imposizione di una normativa europea, ma come
un’opportunità da cogliere per sviluppare economicamente e
culturalmente la nostra società in modo sostenibile con le risorse
ambientali.
5
“Serve una rivoluzione”
10 dicembre 2008, Energia Spiegata
La maggioranza delle previsioni circa la situazione energetica futura tende a definire degli stati successivi direttamente connessi allo scenario attuale, tramite una serie progressiva di passi tecnologici. La possibilità di una “rivoluzione energetica fondamentale”, intesa come un radicale cambiamento nella nostra conoscenza di base in grado di sconvolgere completamente il panorama energetico mondiale, è di solito scartata in queste previsioni.
Nello sviluppo della scienza e della tecnologia, abbiamo però appreso che il sapere non si è sempre evoluto a piccoli passi, costruendo una conoscenza da un’altra precedente e facendo trasformare lentamente l’intero sistema; molto spesso, l’umanità ha proceduto per vere e proprie rivoluzioni scientifiche, tecnologiche e industriali. D’altro...
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Malacrida, Simone. (2016) 2016. Articoli. [Edition unavailable]. Simone Malacrida. https://www.perlego.com/book/1079029/articoli-pdf.
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Malacrida, S. (2016) Articoli. [edition unavailable]. Simone Malacrida. Available at: https://www.perlego.com/book/1079029/articoli-pdf (Accessed: 14 October 2022).
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Malacrida, Simone. Articoli. [edition unavailable]. Simone Malacrida, 2016. Web. 14 Oct. 2022.