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Leadership cos'è e come svilupparla
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Oggi le parole leader e leadership sono entrate nel linguaggio comune e in molte offerte di lavoro che si trovano quotidianamente su internet o sui giornali troviamo aziende che cercano collaboratori con «spiccate doti di leadership». Ma il significato del termine leadership non è così semplice da definire; la sua concezione è cambiata: se prima si indicava con esso un capo che grazie alle sue doti di comando sapeva guidare un gruppo, oggi si abbina sempre più frequentemente a chi è in grado di essere autonomo e trainare se stesso nel raggiungimento di alcuni obiettivi.
Un manuale pratico per comprendere cosa significa essere leader e come sviluppare la propria leadership!!!
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Topic
DidatticaSubtopic
Leadership nella didatticaLa “primal leadership”: guidare con intelligenza emotiva
Il modello della “primal leadership” è stato proposto da David Goleman, celebre psicologo che ha divulgato il concetto di intelligenza emotiva e lo ha applicato a diversi contesti di vita. Si basa su numerose ricerche neuro scientifiche che si sono rivelate utili a chiarire come un leader intelligente dal punto di vista emotivo possa rivelarsi potente nel suscitare ispirazione, entusiasmo, motivazione e passione nei suoi collaboratori. Le emozioni, spesso trascurate perché difficili da categorizzare se non addirittura considerate un intralcio, sono ora considerate centrali. Un buon leader è dotato di intelligenza emotiva.
Ma cos’è l’intelligenza emotiva?
Abilità che permette di percepire ed esprimere le nostre emozioni, accompagnando e assistendo il pensiero, rendendoci capaci di regolarle così da favorire il nostro sviluppo e la nostra crescita intellettiva ed emotiva “
Essa è un’abilità fatta di diverse componenti che si rivelano fondamentali in tutti gli ambiti della vita, da quella familiare a quella lavorativa. A differenza del quoziente intellettivo, che si mantiene pressoché stabile, l’intelligenza emotiva si può allenare e aumentare lungo tutto l’arco dell’esistenza.
La competenza emotiva è fondamentale per la leadership (ruolo che mira ad ottenere che gli altri svolgano il loro lavoro nel modo più efficace). Occorre competenza tecnica ma soprattutto capacità di ascolto, di persuasione, consapevolezza di sé, valorizzazione delle proprie tesi, motivazione, determinazione, serenità, calma, saper creare fiducia, mediare in contesti spesso molto emotivi, ma anche cogliere le spinte innovative, decidere; usare diplomazia, flessibilità, capacità di guidare un team, consapevolezza politica ecc… Spesso ad altissimi livelli il manager deve coordinare persone che hanno già elevate competenze tecniche, esperienza e intelligenza cognitiva. Il tema è semmai di armonizzarle dal punto di vista relazionale. Al manager dunque occorre soprattutto una straordinaria competenza emotiva.
Quanto più alto è il livello di leadership tanto più sembra essenziale la competenza emotiva (rispetto alla competenza tecnica e alle capacità cognitive). Tale affermazione poggia sugli studi fatti da Goleman (il quale si è occupato tra l’altro dei manager ai vertici del Governo degli USA, della Pepsi, della Volvo ecc.).
A differenziare manager eccellenti e mediocri – dice Goleman – si rileva alla fine una sola dote di tipo cognitivo: la capacità (nel marasma delle informazioni e degli accadimenti) di riconoscimento dei modelli, di tenere presente “il quadro generale” (capacità dunque di pensare strategicamente pensando al futuro). Tutto il resto della differenza (circa il 90%) consiste in maggiore o minore intelligenza/competenza emotiva.
Goleman osserva che la competenza emotiva diventa ancor più fondamentale in contesti di rapido (e spesso destabilizzante) cambiamento, legato alla globalizzazione. Ad es. più in America Latina che in Germania o Giappone. Qui più che intelligenza e competenza tecnica vale proprio la capacità di adattamento e l’intelligenza emotiva.
Il principio di Peter: le persone vengono promosse fino ad arrivare ad un livello in cui sono incompetenti.
Questo perché la promozione di solito è dovuta a competenze tecniche, expertise e abilità cognitive mentre più si sale più occorrerebbe invece intelligenza emotiva!
E’ come se, per sostituire l’allenatore, i Chicago Bulls promuovessero automaticamente Michael Jordan, che è un giocatore straordinario ed esperto ma non necessariamente un allenatore (che deve avere altre competenze). A volte talento tecnico e intelligenza diventano così paradossalmente dei boomerang (in assenza di intelligenza emotiva adeguata) sfociando in arroganza, incapacità di seguire le istruzioni, di ascoltare i feedback.
Per questi motivi – dice Goleman – spesso agli alti livelli delle organizzazioni è facile trovare persone inadeguate (specie sul piano delle relazioni interpersonali).
Non a caso molte organizzazioni sdoppiano in due filoni paralleli il percorso di carriera; da un lato i tecnici e dall’altro i manager.
Immaginiamoci un’azienda tessile che si trova in un momento di crisi a causa della concorrenza sempre più spietata proveniente dai mercati esteri. SI tratta di una situazione tristemente comune negli ultimi anni. Immaginiamoci anche che l’azienda, a causa della crisi, si trovi nella situazione di dover effettuare dei tagli di personale e delle riduzioni di orario di coloro i quali non verranno licenziati. Pensiamo un manager che, convocata un’assemblea per annunciarli, dichiari anche di essere appena tornato da un lungo viaggio in giro per l’Europa dell’est e si dilunghi a elencare i fallimenti dell’azienda, i successi della concorrenza, e la possibilità futura di una delocalizzazione. La notizia già sufficientemente brutta in questo caso è aggravata dal tono brusco, duro, quasi sfidante del manager che con le sue parole non fa altro che aumentare la delusione, la rabbia e il livore prevedibili nei confronti dell’azienda. L’atmosfera in una situazione come questa potrebbe diventare pericolosamente incandescente.
Immaginiamo invece la stessa situazione con un altro manager, il quale apertamente dispiaciuto dichiari che, l’azienda si trova in grossa difficoltà nonostante l’impegno e l’innegabile competenza e contributo di tutti i dipendenti. Una difficoltà dovuta ai cambiamenti del mercato alla quale si è cercato di fare fronte dispiegando tutte le energie e la dedizione possibili ma che non si è riusciti a superare del tutto. Ora sua malgrado si trova a dover dare una notizia difficile, una notizia che non avrebbe mai voluto dare perché riguarda i più giovani del gruppo, coloro i quali avrebbero dovuto costituire il futuro dell’azienda e toccherà anche gli altri quelli che ne rappresentano la storia. Fa poi appello all’entusiasmo dei primi e alla capacità di reinventarsi dei secondi. In questo caso, la stessa triste notizia è alleggerita dalla chiarezza, onestà intellettuale e empatia del manager, il quale si pone in modo tale da riuscire a creare nel gruppo uno stato d’anima ottimista nonostante le difficoltà. La differenza è data dal come viene data la notizia, non certo dal contenuto della stessa.
Il modo in cui un leader interagisce con lo stato d’animo del gruppo, ovvero la sua funzione emotiva è fondamentale. Essa si esprime nella capacità di orientarle in maniera positiva e di diminuire l’impatto di quelle tossiche. Se lo stato emotivo del gruppo di lavoro è positivo, la qualità della prestazione ne trarrà vantaggio, essa sarà migliore così come lo sarà il clima del gruppo. La primal leadership secondo Goleman non è utile soltanto in termini di produttività, ma anche di benessere. Egli parla di risonanza quando le emozioni sono orientate in senso positivo come nel caso del secondo manager, di dissonanza quando esse sono orientate in negativo, in modo da intralciare anziché agevolare il lavoro e il clima di gruppo.
Le emozioni che influenzano i risultati
Potremmo dire che un gruppo di lavoro è come un piatto in cui ognuno dei membri costituisce un ingrediente che contribuisce dando il proprio sapore. Tutti gli ingredienti sono importanti, ma il leader è il principale, quello che più di tutti può incidere sul risultato finale. Il capo è sempre oggetto di particolare attenzione da parte di tutti, le sue opinioni rappresentano generalmente il riferimento per i commenti dei componenti del gruppo, insomma, la sua posizione è una posizione privilegiata per influenzare il clima emotivo e il rendimento del gruppo. I capi dotati della capacità di attrarre trasmettendo il proprio entusiasmo possono esercitare un impatto notevole
Alcuni studi condotti presso l’università di Yale e riportati da Goleman, dimostrano che i sentimenti positivi come l’allegria e la cordialità si diffondono nei gruppi di lavoro in misura superiore rispetto a quelli negativi e soprattutto che sono in grado di influenzare l’efficacia del lavoro e la qualità della prestazione. La risata in particolare ha un potere contagioso, vedere un’altra persona che lo fa ci porta a ricambiare. La risata segnala fiducia, condivisione, ottimismo. In qualsiasi ambiente di lavoro la presenza o meno di sorrisi ci segnala la qualità delle relazioni indicando il coinvolgimento emotivo e non solo professionale che lo caratterizza. Non solo, sappiamo tutti che quando siamo di buon umore lavoriamo e rendiamo meglio, siamo più creativi, riusciamo ad affrontare gli ostacoli mettendoli in una luce più positiva. Queste considerazioni sono oggi suffragate da dati scientifici. Il buonumore è particolarmente importante nei gruppi di lavoro. Uno studio condotto su molti gruppi dirigenziali ha messo in luce che il loro stato d’animo aveva una diretta influenza su quello dei loro sottoposti il che a sua volta influiva sul rendimento dell’azienda.
Pertanto oggi abbiamo sempre più dati che sottolineano il rapporto, anche se non diretto, tra un clima positivo, un’atmosfera piacevole, e le prestazioni dei dipendenti. Se alla guida di un gruppo di lavoro vi è un leader dotato di buona intelligenza emotiva il clima che si respirerà sarà di fiducia e sostegno reciproco La cooperazione risulterà più semplice, difficilmente ci sarà qualcuno che si sente svalorizzato o incompreso, il legame emotivo e la serenità che si respirano consentiranno a tutti di concentrare le proprie energie per portare a termine i compiti e raggiungere i risultati. Anche sentimenti negativi come rabbia, preoccupazione, ansia, potranno essere comprese e espresse senza risultare distruttive perché il leader se ne farà portavoce.
AL contrario, l’impatto di una leadership dissonante è quello di rendere insicuri e rancorosi i collaboratori, distraendoli dalla prestazione che inevitabilmente ne risentirà. L’impegno che potrà ottenere sarà di facciata, vincolato a riconoscimenti di tipo estrinseco. Il clima che si respira all’interno di gruppi di lavoro come questo è pesante, sono frequenti le lamentele e la ricerca di capri espiatori, possono esserci franchi conflitti o al contrario rapporti di facciata, non autentici, in cui i non detti la fanno da padrone. Non dobbiamo pensare che la leadership dissonante di cui parla Goleman sia messa in atto in maniera volontaria dai leader. Il più delle volte non è così, non vi è certo il desiderio di creare tensione tra i propri collaboratori ma semplicemente l’incapacità di empatizzare con gli altri o delle credenze distorte e superate su come si debba comportare un capo. Talvolta la leadership dissonant...
Table of contents
- Copertina
- Leadership cos'è e come svilupparla
- Indice dei contenuti
- LA LEADERSHIP: COS’È E COME SVILUPPARLA
- Leadership e motivazione
- La “primal leadership”: guidare con intelligenza emotiva
- Qual è il tuo stile di leadership?
- Come sviluppare le proprie capacità di leadership emotiva
- Mettere a fuoco gli obiettivi
- Bibliografia