La Mediazione Laterale
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La Mediazione Laterale

Come gestire e risolvere i conflitti con creatività

Salvatore Primiceri

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La Mediazione Laterale

Come gestire e risolvere i conflitti con creatività

Salvatore Primiceri

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Questa seconda edizione del volume, resasi necessaria a tre anni di distanza dalla precedente, propone sia un ampliamento delle tematiche già affrontate sia nuovi argomenti e spunti di riflessione che vanno ad integrare ed arricchire il metodo proposto. Partendo dalla definizione di "pensiero laterale" di Edward De Bono, l'autore propone un originale metodo per gestire e risolvere i conflitti in modo "creativo", ovvero esterno alla logica del diritto e dello schema processuale. La creatività é al servizio della mediazione che é, a sua volta, al servizio di una giustizia più giusta e aderente ai reali bisogni delle persone. La Mediazione Laterale si rivolge sia ai mediatori professionisti sia a tutti coloro che si trovano nella vita a dover "mediare", siano essi parti in causa, avvocati, negoziatori o semplici cittadini. Per condurre una mediazione in modo efficace c'é bisogno di competenze tecniche ma, soprattutto, creative. Il libro costituisce un'opportunità di arricchimento formativo, fondamentale soprattutto per coloro che scelgono di essere mediatori per professione.

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Information

Year
2018
ISBN
9788833000787

Lateralità e Creatività in Mediazione

Capitolo V

Definizione di Mediazione Laterale

Acquisite le fondamentali nozioni di pensiero verticale e pensiero laterale, è necessario a questo punto fornire una definizione di “ mediazione laterale”, espressione creata dal sottoscritto per descrivere il processo creativo rivolto alla ricerca di soluzioni alternative al giudizio. Più precisamente definisco “mediazione laterale” il metodo di risoluzione dei conflitti che utilizza la creatività e il pensiero laterale nella ricerca di possibili soluzioni, spesso alternative a quelle che normalmente verrebbero in mente con l’applicazione della logica verticale dettata dalle abitudini, dalla forma mentis o dagli stereotipi socio/culturali.
Per funzionare, la mediazione laterale ha bisogno dell’acquisizione da parte nostra di tecniche di negoziazione e, soprattutto, di tanto esercizio che può essere svolto quotidianamente nelle nostre relazioni sociali applicando anche alla situazione apparentemente più consueta e banale le tecniche che analizzeremo nelle prossime pagine.
In particolare, la mediazione laterale per produrre risultati efficaci fa ricorso ai seguenti ingredienti che verranno approfonditi più avanti:
- Il pensiero laterale: la mente viene allenata a cercare tutte le strade alternative alla “via logica”, cerca soluzioni creative che nessun giudice produrrebbe con una sentenza. Il pensiero laterale si affianca a quello verticale e lo sostituisce solo all’occorrenza.
- E’ basata sulla con-vinzione e non utilizza manipolazione o persuasione.
- Ricorre anche all’umorismo e alla provocazione.
- Utilizza il brainstorming [1] e il brainstorming a sessioni separate.
- Mette al centro le parti, evita se possibile proposte del mediatore, riduce al minimo i rinvii e le pause.
- Indossa il “cappello verde”.
- Adotta un metodo “socratico” ovvero l’arte della maieutica [2].
- Si propone in modo rassicurante instaurando l’effetto “Hawthorne” [3] tra parti e mediatore.
- E’ attenta al linguaggio verbale, paraverbale e non verbale.
- Esalta le doti di “buon leader” del mediatore indipendentemente dalle sue competenze specifiche.
- E’ in grado di ristrutturare il conflitto o scomporre il conflitto.
- Prende in prestito alcune tecniche del “problem solving strategico” [4].

La mediazione e il “cappello verde”

Come già accennato nei capitoli precedenti, il padre del pensiero laterale è Edward De Bono. Egli inventò questo termine nel 1967 e, col tempo, è entrato a far parte ufficialmente della lingua inglese. Da anni rientra nell’Oxford English Dictionary. I concetti alla base del pensiero laterale provengono però da lontano. E’ già nell’antica Grecia che filosofi come Anassimandro [5], Socrate, Platone, Pirrone [6] e Aristotele, solo per citarne alcuni, impostavano le proprie indagini mettendo in discussione i presupposti. Il dubbio, la sospensione del giudizio e la ricerca della verità attraverso il dialogo sono i princìpi base di una mente allenata ed elastica, capace di osservare, ascoltare, decidere e risolvere. La verticalità derivante dall’adesione a schemi abituali rende la mente pigra e spesso incapace di guardare oltre le cose per come ci appaiono. De Bono ha avuto il merito di trasferire questi concetti in un metodo semplice e alla portata di tutti, utile per trovare soluzioni a problemi o a produrre nuove idee senza il bisogno di essere per forza dei geni creativi. Il metodo del pensiero laterale è infatti oggi molto diffuso in svariati testi legati alla creatività, al problem solving, alla risoluzione dei conflitti, all’economia, alla psicologia, e così via. In alcuni di essi il pensiero laterale viene descritto con nomi differenti ma è pur sempre il medesimo concetto che si adatta agli scopi dei vari autori di manuali. In questa sede preferiamo la via dell’onestà e della chiarezza richiamando esplicitamente il concetto di pensiero laterale così come formulato da Edward De Bono.
In uno dei suoi testi più diffusi, De Bono utilizza l’espediente del “cappello verde” per indurre le persone a pensare in modo laterale. Il testo si intitola “ Sei cappelli per pensare [7] . In esso l’autore immagina sei cappelli di altrettanti colori per distinguere alcuni modi di pensare. Immaginiamo di utilizzare questa tecnica all’interno di un incontro di mediazione dove sono presenti il mediatore, le parti con i rispettivi avvocati.
Il cappello bianco corrisponde ai dati e alle informazioni in nostro possesso. Si tratta di elementi oggettivi da cui far partire un’analisi o un ragionamento. Indossando il cappello bianco si attiva una modalità di pensiero obiettiva attraverso cui bisogna verificare quali informazioni sono già a nostra disposizione e quali invece sono da ricercare. In questa fase sono vietate opinioni, interpretazioni e proposte. In un incontro di mediazione ciò coincide solitamente con l’inizio della seduta quando il mediatore chiede ai presenti di raccontare i fatti che hanno portato alla nascita e al persistere del conflitto. E’ importante, in questa fase, il ruolo degli assistenti di parte i quali illustrano al mediatore gli aspetti giuridici della questione.
Il cappello rosso corrisponde invece ai sentimenti. Attivando questa modalità si lascia spazio alle opinioni in libertà senza vergognarsi di cosa possa pensare l’altra parte e senza temerne le reazioni. In un incontro di mediazione il cappello rosso è importante per lasciare libero sfogo alle parti, ovviamente nei limiti di un comportamento lecito e civile. Sfogare la rabbia accumulata in anni di rapporti conflittuali aiuta ad affrontare meglio la fase costruttiva verso la conciliazione. E’ quindi opportuno che un bravo mediatore sappia cogliere il momento giusto per far indossare il cappello rosso alle parti. Solitamente tale fase scatta quasi automaticamente dopo quella del cappello bianco, in quanto già raccontando i fatti le parti si lasciano andare ad una certa animosità e dialettica reciproca che sfocia in giudizi ed espressione di punti di vista soggettivi. Il bravo mediatore non soffoca questo momento. Anzi, egli al termine del vivace scambio dialettico è in grado di raccogliere numerose informazioni spesso determinanti al fine di una riconciliazione e per questo ringrazia le parti per la collaborazione.
Il cappello nero rappresenta invece quel minimo ma necessario recinto in cui muoversi pur non soffocando gli elementi della libertà e della creatività. Se, in generale, esso attiva una modalità di pensiero legata alla prudenza e all’analisi per non commettere errori, in mediazione possiamo ritenere che possa aiutarci a rispettare le regole dell’ordinamento e ad evitare di produrre accordi contrari alla legge.
Il cappello giallo rappresenta l’ottimismo, il saper guardare le cose in modo diverso privilegiando il cosiddetto “bicchiere mezzo pieno”. C’è sempre un modo alternativo di valutare fatti e opinioni. Per farlo occorre tenere una mente allenata e aperta a valutare le possibili alternative. Occorre saper non cedere all’ira, come direbbe Seneca [8], dettata dall’istinto del momento e dall’incapacità di porsi dei dubbi ma soprattutto occorre saper ascoltare gli altri e prendere in considerazioni i loro punti di vista. In mediazione il cappello giallo è necessario. Il mediatore che riesce ad accompagnare le parti in una fase dialettica impostata sulla modalità gialla ha molte possibilità di vedere concluso con accordo un procedimento di mediazione in quanto i blocchi mentali delle parti che inasprivano il conflitto fino a non riuscire nemmeno ad immaginare una possibile soluzione sono ormai crollati.
Infine, il cappello blu indica il controllo, la gestione del lavoro, il riepilogo della situazione. E’ molto utile al mediatore per riordinare le informazioni acquisite e analizzare il percorso svolto insieme alle parti ad un dato momento. Acquisito un risultato, anche parziale, il mediatore sceglie la strategia della fase successiva magari facendo indossare nuovamente un cappello per tentare di far emergere nuove informazioni utili al raggiungimento di un accordo.
Ma l’elemento fondamentale che può determinare il successo di una mediazione è la creatività che è una piacevole e spesso utile conseguenza del saper ragionare in modo laterale. Al pensiero laterale De Bono abbina il cappello di colore verde. De Bono colloca il verde come il colore della fertilità e della crescita (cit. le piante che si sviluppano dai piccoli semi). La creatività della natura ispira quindi l’autore ad utilizzare il colore verde come simbolo della creatività in generale, della generazione di nuove idee, dell’individuazione di alternative in rottura o ristrutturazione degli schemi classici.
Trasferiamo il concetto del cappello verde in una procedura di mediazione e innanzitutto domandiamoci: chi lo indossa? La risposta più ovvia è che ad indossare il cappello della creatività dovrebbe essere il mediatore ma limitarci a questo ci riporta inevitabilmente in uno schema di tipo verticale. Certamente il mediatore deve essere abile nell’interpretare i bisogni delle parti e condurre le stesse verso l’esternazione di essi. Una volta apprese le necessità delle parti oltre ai reali motivi della lite, magari grazie all’uso degli altri cappelli precedentemente enunciati, il mediatore col cappello verde saprà condurle verso una soluzione “win-win” creativa, ovvero una soluzione che mai nessun giudice in un processo ordinario potrebbe essere in grado di trovare per via del suo obbligo di adesione stretta alla procedura civile e alla logica del giudizio finale. Il mediatore terrà ben saldo il suo cappello verde in testa nel caso in cui le parti dovessero chiedergli di formulare una proposta. E in questo momento che la capacità creativa si fonde con una grande responsabilità. Dalla validità della sua proposta dipende l’esito della mediazione: positiva o negativa. Non sempre il mediatore ha necessità di individuare soluzioni creative. A volte le soluzioni nascono in modo chiaro, logico e spontaneo. Il pensiero laterale, infatti, non si sostituisce al pensiero verticale che rimane sullo sfondo. A volte le soluzioni nascono dalla buona sinergia fra i due modelli di pensiero. A volte basta quello verticale anche se, per la natura della mediazione, è preferibile approcciarsi comunque con un minimo di lateralità. Ma se la creatività del mediatore non viene compresa, egli rischia di passare come un folle agli occhi degli altri presenti in mediazione: le parti e i loro rispettivi avvocati. Per questo il mediatore creativo ha un importante compito: quello di far indossare il cappello verde anche a loro. Quando? All’inizio del primo incontro, nel momento in cui il mediatore esegue il cosiddetto preambolo per spiegare il suo ruolo e dopo un eventuale ma breve “briefing” col cappello bianco. La creatività entra in gioco fin da subito. Il mediatore deve far capire alle parti e ai loro rispettivi avvocati che non ci si trova in un tribunale e che ciò che sta per avvenire non deve basarsi sulla logica avversariale di chi ha torto e chi ha ragione. Dice De Bono che “ per servirsi del pensiero laterale non c’è alcun bisogno di comprenderne i fondamenti tecnici”. Il pensiero laterale serve per attraversare gli schemi e non per eseguirli. Per questo motivo il mediatore deve sgomberare il campo dagli equivoci che la logica, l’esperienza e la cultura giuridica possono provocare. Il più delle volte, in un procedimento di mediazione, le parti e gli avvocati arrivano convinti di dover esaminare le loro questioni attraverso l’uso esclusivo del diritto. Il mediatore deve far capire loro che tale approccio è necessario in tribunale ma soltanto utile in mediazione. Il diritto c’è ma, anche in questo caso, si posiziona sullo sfondo, pronto ad entrare all’occorrenza ma tale evenienza potrebbe non verificarsi: dipende da quanto il mediatore, le parti e gli avvocati sono bravi ad indossare il cappello verde.
La tecnica dei sei cappelli colorati è adatta ad una procedura di mediazione così come in una riunione aziendale o di gruppo dove è necessario risolvere delle questioni e trovare soluzioni ma anche semplicemente per attivare un processo che porti alla creazione di nuove idee. Si pensi, ad esempio, ad un’agenzia pubblicitaria intenta a creare una nuova campagna per uno specifico prodotto o ad un’azienda di elettrodomestici desiderosa di immettere sul mercato un prodotto innovativo mai visto prima.
In particolare la tecnica dei sei cappelli per pensare è utilizzata per i seguenti fini:
- Per migliorare la dialettica tra le persone passando da un approccio bloccato su posizioni contrapposte ad un approccio collaborativo e quindi più produttivo.
- Per neutralizzare l’ego delle parti. Ogni soggetto è portato a difendere le proprie posizioni spinto da orgoglio ed egoismo. Non è facile mettere da parte tali caratteristiche a meno che non entri in gioco un meccanismo che obblighi le parti a provare a ragionare seguendo una modalità diversa con la “scusa” del gioco. Con i sei cappelli le parti si sforzano di seguire diverse modalità di pensiero allontanandosi così dalle proprie posizioni di partenza e dai propri preconcetti.
- Per smorzare l’ira. Ogni soggetto, convinto della propria ragione, nutre un sentimento rancoroso verso l’altra parte. Al tavolo della mediazione, grazie a tutte le sue “regole del gioco”, è possibile neutralizzare o perlomeno smorzare tale sentimento negativo e spesso bloccante nelle relazioni tra le parti.
- Per uscire dagli schemi. I partecipanti ad una riunione devono usare tutti e sei i cappelli. In questo modo sono coinvolti nell’insieme del processo creativo migliorando la propria capacità a usare il pensiero in modo flessibile e non schematico.
- Per non aver paura di cambiare. Passare da un cappello all’altro per provare le varie modalità di pensiero aiuta a non posizionarsi su uno “status quo” e a ricercare sempre il cambiamento al fine di migliorare anche quando una soluzione accettabile è stata raggiunta.

Assenza di giudizio e ascolto attivo

L’approccio con cui si affronta il primo incontro di mediazione è fondamentale per preparare il terreno ad una fertile creatività, attraverso la quale trovare rimedio al conflitto. Altri elementi importanti che i protagonisti della mediazione, mediatore in primis, dovranno tenere in cima alla lista del “comportamento corretto” sono l’assenza di giudizio e la capacità di ascoltare. Il primo elemento che abbiamo già incontrato in precedenza attiene direttamente al mediatore ma anche alla sfera del...

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