Parte seconda
Saperi e strumenti
Capitolo settimo
Progettazione, azione, valutazione e documentazione
Unitarietà e articolazione dell’agire didattico Renza Cerri
1. L’essenza della didattica
La didattica, in quanto dominio scientifico, è la scienza dell’insegnamento correlato all’apprendimento. Poiché è assunto condiviso che l’apprendimento in sé non può essere progettato (Wenger 2006) e resta sempre intimamente non determinabile (Calvani 2000), l’elemento su cui insistere per un’azione che tenda a risultati apprenditivi è l’insegnamento. A supporto di questa difficile operazione sta una declinazione della didattica come sistema di saperi che prende forma esclusivamente nella pratica e che ha forte marcatura progettuale, metodologica, valutativa (Cerri 2002, 2007). È quanto avviene in una logica sistemica e riflessiva che si dispone quale reagente per l’innesco dell’intero percorso, articolandosi costantemente fra teoria e prassi, tra processo e prodotto, polarità che hanno sintesi nell’agire che si rende visibile nella pratica didattica.
2. Sapere didattico e agire didattico
Un approccio connettivo
In didattica la modalità di congiunzione fra saperi, procedure, strumenti, non è consequenziale ma connettiva. Ovvero, non risponde a una logica di causa-effetto – che si è dimostrata non realistica nella prassi e non in grado di superare il vaglio dell’indagine teorica applicata ai contesti formativi della contemporaneità (Morin 2000, 2001) – ma, piuttosto, si collega a procedure che vengono illustrate nel contesto delle indagini sull’evoluzione del concetto di “intelligenza” (Levy 1996 - De Kerkhove 2001; Cerri - Parmigiani 2005). Gli stessi costrutti di circolarità e ricorsività, input e frutto degli studi sul curriculo, se sono esplicativi del processo a posteriori, hanno bisogno – in fieri – di qualche più ampio e preciso elemento di comprensione del meccanismo in cui si articolano. Come e in virtù di che cosa il processo avanza in forma ricorsiva, procede senza interruzione agganciando a provvisori esiti un nuovo inizio o una ristrutturazione? Come “si connettono” gli elementi implicati nel progetto didattico e nell’azione didattica, entro il progetto, entro l’azione, fra l’uno e l’altra? Ovvero: per quali strade e attraverso quali dispositivi il sapere dell’insegnare si traduce/trasforma in precise decisioni, azioni, relazioni, strategie?
È interessante annotare che, nel definire descrivendola l’intelligenza connettiva, De Kerkhove fa riferimento principalmente al fatto che questa si presenta quando tanti soggetti – che rimangono assolutamente distinguibili – dialogano fra loro raggiungendo, attraverso scambi consapevoli, livelli più elevati e significativi di conoscenze condivise. Nel connettivo si conserva, anzi si enfatizza, quel dato singolare che nel collettivo si perde. Di più: saperi connessi ed esperienze connesse “esplodono” saperi ed esperienze che, singolarmente considerati, lascerebbero sotto traccia numerose potenzialità.
Come leggere queste suggestioni nell’enjeu fra sapere e agire didattico? Su due piani: quello dei soggetti implicati e quello del processo. Il primo considera la connessione fra insegnante, insegnanti, istituzione e attività progettuale che si oggettivizza nell’azione didattica (Parmigiani 2010); il secondo rinvia alle caratteristiche costitutive, strutturali, della dinamica progettuale nell’educazione, nella formazione e nell’insegnamento. Un’emblematica chiave interpretativa che, a sua volta, connette i due piani, si rinviene già nell’approccio della responsive evaluation (Stake 1975, 1988) che mettendo l’accento sulla singolarità e unicità del progetto, sulle azioni che contempla, sulla significatività delle medesime azioni per i soggetti coinvolti, disegna un modello «logicosituazionale» (Guasti 1996) in grado di esprimere bene l’inscindibilità dei tre passaggi: progettazione, azione, valutazione. Attori, progetto, processo declinano i rispettivi ruoli richiamandosi a vicenda. Così, sul piano della connessione fra soggetti e attività progettuale, assume valore la specificità di ogni contributo, nonché dell’interazione delle dinamiche collaborative e decisionali (Cerri 2004). Si connettono conoscenze, esperienze, riflessioni, competenze, interessi ma anche schemi mentali, hidden curricola, precognizioni, immaginazioni. Ciò che ne deriva è una «intelligenza connettiva» del problema e della situazione didattica, multidimensionale e multistrategica (Rossi - Toppano 2009), che non potrebbe generarsi al di fuori di questa dimensione plurale. Il declinarsi del sapere teorico, nonché del sapere d’azione, entro l’azione stessa, acquista significato e qualità proprio nel comporsi dialogico di confronti e consapevolezze.
Antinomie produttive
Una logica situazionale è radicata, quindi, nel contesto e nell’azione che vi si svolge; non esclude i passaggi analitici, ma li riassume, così come la prospettiva ermeneutica non si contrappone ma interagisce, senza mai confondersi, sia nella prassi sia nella fase riflessiva, con la dimensione empirica. L’osservazione della realtà porta in evidenza alcuni dati che possono essere indagati con una pluralità di approcci e strumenti, sempre all’interno di uno sfondo connettivo riconosciuto come generatore di significati. In questo modo gli elementi analitici sono funzionali alla lettura e alla comprensione della situazione e si inseriscono nella dinamicità di un processo che non ne prescinde ma li supera interpretandoli e “collocandoli”. L’azione didattica non ne è “diretta” ma orientata, sollecitata, poiché chi agisce può avvalersi di informazioni e schemi concettuali non astratti ma originati nel contesto e utilizzabili in virtù di processi riflessivi e decisionali autonomi e condivisi.
L’articolarsi dell’azione didattica, a partire dal momento progettuale, si gioca all’incrocio di sistematicità e sistemicità. Infatti, se c’è una dimensione didattica legata alle procedure, ai linguaggi, ai contenuti, che trae giovamento dalla sistematica organizzazione dei diversi elementi in vista di traguardi definiti, essa è tuttavia sempre, necessariamente, accompagnata da una visione sistemica dell’intero processo didattico, della sua dinamica interna, delle relazioni e reazioni esistenti. È, ancora una volta, una forma d’intelligenza connettiva che si avvale dei due processi alternativi ma complementari (logico-deduttivo e intuitivoolistico) frutto della struttura cerebrale e della mente umana nel suo complesso, attraverso le localizzazioni note fin dagli studi del premio Nobel Roger Sparry e ampiamente discusse e impiegate nelle scienze dell’educazione (Bruner 2005, 2009; Gardner 2005). Gli studi neuroscientifici offrono in proposito ulteriori e più ricche informazioni (Gazzaniga et alii 2005) esplorabili e declinabili opportunamente in relazione al processo di insegnamento/apprendimento (Rivoltella 2012).
Le indagini sulla professionalità didattica connessa alla pratica e alla ricerca si avvalgono spesso del meccanismo della congiunzione di aspetti antinomici: così l’articolazione di teoria e prassi (Damiano 2004, 2006), riflessione e azione (Mortari 2004, 2009), proiezione del pensiero e azione che lo realizza, significati soggettivi dell’esperienza e attribuzione di valore “oggettivo” a essa, non sono opzioni alternative o stadi necessariamente susseguenti: è l’antinomia stessa a costituire l’oggetto intorno al quale l’azione didattica si dipana, “immersa nel sapere didattico perché lo genera” (Cerri 2004). È la prospettiva che Damiano descrive come «antropologica» in quanto «non ha bisogno di arrivare dal sapere all’agire, perché comprende in sé l’azione che costituisce il nucleo intorno al quale si è sviluppata come conoscenza» (Damiano 2006; Geertz 1988), si tratta di conoscenza per l’azione e dell’azione (Scurati 2000), quindi sapere che genera dall’azione professionale e consente l’azione professionale (Calidoni 2000) nel recinto di una processualità che comprende in sé – olisticamente e analiticamente – il pensiero che precede l’azione, l’azione stessa col pensiero che l’accompagna, infine il pensiero che la segue e la rilancia. Si giustifica così l’assunto che l’agire didattico non coincide con la seconda fase della triade progettazione-azione-valutazione, ma ne traduce la totalità. La “documentazione” si aggiunge (entro la totalità) come condizione di disponibilità creativa dei dati di esperienza verso la novità di ogni ulteriore esperienza e assume valore proattivo, liberandosi della connotazione burocratica che troppo spesso la caratterizza. Cambia faccia: non solo descrizione dell’azione per lasciarne testimonianza, ma avvaloramento dell’azione didattica attraverso un “sostarvi” riflessivo e critico, ripro-gettuale, situato e insieme aperto a nuove contestulizzazioni.
3. L’agire didattico: sintesi effettuale di progetto, azione, valu-tazione
Logica olistica
Il costrutto di agire didattico identifica, pertanto, un approccio specifico, una opzione concettuale e pratica che rinvia alla dimensione epistemologica della didattica come scienza, il cui oggetto è per sua natura complexum, quindi intellegibile solo secondo logiche in grado di non frantumarlo, olistiche. La didattica è azione che ha gradi di possibilità correlativi ai gradi di pensiero-conoscenza-riflessione da cui è accompagnata. Ma è solo la pratica didattica l’oggetto su cui il sapere didattico può interrogarsi e costruirsi, «in quanto sapere sull’azione di insegnare» (Damiano 2006). Ciò che collochiamo entro quel costrutto, e che interpretiamo in senso dinamico attraverso la forma verbale agire, descrive e rappresenta la complessità di un’azione che si declina come unitaria e articolata, che ha bisogno, per risultare efficace, di riconoscersi entro una dimensione «ecologica» (Morin 2000), connessione di pensiero, strategia e scommessa. In altri termini: una previsione che prende forma nelle azioni e reazioni che la sua messa in atto comporta, con gli adattamenti e le invenzioni relative. Progettazione, azione, valutazione come strategia complessiva di un agire didattico che non è solo quello dell’insegnante, ma è piuttosto rappresentabile come l’insieme dei vettori presenti in situazione. Si tratta di leggere il susseguirsi organico di azioni intenzionali la cui distinzione trova ragione d’essere in vista dell’esito operativo pensato nella sua interezza.
Dal modello I/A…
…al modello P/A/V
Da questo punto di vista è interessante riflettere sull’analogia esistente tra il modello processuale I/A e il modello ricorsivo P/A/V: in termini di struttura e dinamica, unità e articolazione. Ovviamente identifichiamo il processo insegnamento/apprendimento in coerenza con quanto fin qui esposto: un processo in cui gli attori sono in relazione sistemica fra loro e con i mediatori e le mediazioni che ne fanno parte. L’apprendimento non discende direttamente dall’insegnamento, può avere luogo persino a prescindere da un’azione insegnativa intenzionale, ma si realizza in un contesto attrezzato perché le operazioni mentali e non – esclusivamente dirette dall’apprendente – che conducono a cambiamenti significativi siano facilitate e rese possibili. La processualità – in quanto dinamica progressiva esistente fra attori, informazioni, tempi, esperienze, è condizione di successo. Si tratta di un procedere che rigetta semplificazioni e linearità consequenziale per arricchirsi costantemente anche dell’imprevisto. L’appreso si presenta immediatamente disponibile a innescare nuovi processi, a sollecitare nuove occasioni, ad aprire nuovi scenari. Non solo: i feedback che l’insegnante riceve, in forma implicita o esplicita, richiesti o meno, hanno esiti che a loro volta si possono definire apprenditivi. Infatti sono funzionali alla regolazione didattica, in altri termini vi introducono elementi di cambiamento. Non diversamente il modello progettazione-azione-valutazione: anch’esso processuale, anch’esso aperto e, sulla base delle scelte professionali, orientato prevalentemente verso criteri di razionalità o di incertezza (Fasce 2007; Cerri 2004) ma comunque “ricorsivo” perché ogni elemento che lo compone non è definibile e comprensibile senza riferimento agli altri. Ogni elemento, infatti, è direttamente collegato agli altri, vi influisce e ne è modificato. Al punto che possiamo parlare di progettazione in sé, progettazione nell’azione, progettazione dopo l’azione entro la logica valutativa; ma anche di azione del progettare (che non prescinde dal riferimento all’agire didattico sperimentato), azione didattica in senso proprio, azione rivisitata in funzione valutativa; e infine di valutazione/i preliminare/i alla fase progettuale, valutazione come riflessione e giudizio sull’azione in atto, valutazione ex post sulle diverse componenti dell’azione stessa (vedi figura alla pagina seguente).
Anche in questo caso, quindi, si disegna un campo aperto di azioni e reazioni che si vanno componendo in vista di obiettivi consapevoli e variamente cogenti, il cui esito non può essere totalmente predeterminato, ma dipende dalla fenomenologia dell’azione stessa.
Una logica semplessa
È la logica della complessità dalle cui derive di senso comune, tuttavia, occorre proteggersi. Potrebbe tornare utile anche alla didattica ragionare su quella che Berthoz (2011) definisce una possibile teoria della semplessità, una sorta di «semplicità complicata» di cui individua alcuni principi fondamentali:
– l’inibizione e il principio del rifiuto;
– il principio della selezione e della specializzazione;
– il principio dell’anticipazione probabilistica;
– il principio della deviazione;
– il principio della cooperazione e della ridondanza.
La loro combinazione “attiva” mira a evitare quella forma di semplificazione che renderebbe impossibile comprendere e agire nei sistemi complessi, per sostituirla, appunto, con strategie più coerenti alle dinamiche in atto, non diversamente da come fanno tutti gli organismi viventi, compreso il cervello umano. Le capacità di inibire, selezionare, collegare, immaginare, cui Berthoz fa riferimento, fanno parte del repertorio di base dell’agire didattico, come la capacità di anticipare le conseguenze dell’azione leggendo il mondo con i propri schemi interpretativi è assimilabile a quella mentalità valutativo progettuale (Cerri 2004) che costituisce l’ossatura del sapere e dell’agire didattico declinato in unitarietà e articolazione.
Versante unitarietà
Osservando l’agire didattico nelle pratiche professionali (Altet 2003; Perrenoud 2006) si nota che:
– ne è condizione il collegamento fra i diversi passaggi, elementi, piani;
– è costantemente riferito alla totalità dei soggetti coinvolti;
– esiste in ragione di una dinamica che connette l’oggetto/i (sapere/i) implicato al processo personale di apprendimento (Hadji 1995) e alle relazioni intersoggettive presenti;
– ...