Curare l'anima
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Psicologia dell'educazione

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Psicologia dell'educazione

About this book

La psicologia analitica, l'etnopsichiatria e l'antropologia culturale hanno dimostrato la presenza nell'inconscio collettivo di "forme" (che Carl Gustav Jung ha chiamato "archetipi"): i nuclei simbolici presenti nei miti, nelle creazioni artistiche, nelle religioni, nei sogni, che alimentano e danno continuità alla vita psichica attraverso le generazioni. Anche la psicologia dell'educazione deve rivolgere il proprio sguardo in profondità, per cogliere lo sfondo archetipico e simbolico che ha reso possibile, per almeno tre millenni, la trasmissione educativa nell'area dell'Europa e del Mediterraneo: dalle civiltà greca e latina alle grandi religioni monoteiste; dalle scuole attive, fondate sulla centralità del bambino, alla modernità.

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Information

Note
Capitolo primo: Necessità di uno sguardo simbolico e archetipico
1 La parola “psiche” ha in greco (psyché) molteplici significati tra i quali è prevalso, nel corso del tempo, quello, derivato dal latino, di anima. Sui molteplici significati di anima cfr. oltre, pp. 48-49.
2 Per diventare una scienza moderna, in un percorso che va da Galilei a Newton, la fisica ha abbandonato un approccio qualitativo ai fenomeni naturali, per sostituirlo con un’indagine di tipo prevalentemente quantitativo. Mentre la fisica aristotelica si chiedeva qual è l’essenza dei fenomeni, la loro qualità più profonda, con Galileo la fisica si preoccupa di misurare i fenomeni. A Galileo non importa sapere qual è la qualità, l’essenza del calore, ma poterlo misurare con il termometro.
3 Le teorie di Wundt influenzano gli psicologi europei e americani per almeno due generazioni. Tra gli altri ricordiamo lo psicologo americano William James (1842-1910), che incontra Wundt nel 1875 e poi fonda un laboratorio di psicologia presso l’Università di Harvard, e lo psichiatra tedesco Emil Kraepelin (1856-1926), padre delle moderne classifi-cazioni dei disturbi mentali.
4 Anche i fenomeni psichici di tipo collettivo non possono essere compresi nella loro dinamica con un’analisi di tipo meramente statistico, ma richiedono un approccio qualitativo teso a mostrare le caratteristiche specifiche della società, dei movimenti di massa e delle diverse comunità, come hanno fatto la sociologia, l’antropologia e la psicoanalisi nel corso del Novecento.
5 Il paradigma positivistico si afferma nel xix secolo con la filosofia di A. Comte (1798-1857). Secondo tale prospettiva teorica, che assume come proprio modello la fisica moderna, possono essere oggetto della scienza solo i fenomeni direttamente osservabili e misurabili in termini quantitativi.
6 Nella discussione epistemologica degli ultimi decenni, alcuni autori hanno sostenuto che anche la scienza è simile all’arte. Ad esempio P.K. Feyerabend afferma che: «una buona scienza è un’arte, e non una scienza», in Scienza come arte, Laterza, Roma-Bari 1984, p. 89.
7 Secondo Hans-Georg Gadamer sarebbe opportuno chiamare la medicina, arte medica: «Nell’ambito delle scienze moderne la medicina rappresenta una singolare unità di conoscenza teoretica e di sapere pratico […] dunque consiste in un genere speciale di scienza pratica di cui nel pensiero moderno si è smarrito il concetto» (H.-G. Gadamer, Dove si nasconde la salute, Cortina, Milano 1994, p. 47).
8 G. Scholem, La Kabbalah e il suo simbolismo, Einaudi, Torino 1980, p. 44.
9 Umberto Galimberti, nel dichiarare che la psicologia deve imparare a rimuovere le sue radici, le individua nella cultura e nella filosofia greca, in Il corpo, Feltrinelli, Milano 2003, p. 11.
10 Per un’accurata riflessione teologica sull’anima e sul suo rapporto con una visione “scientifica” che la vorrebbe ridurre a mente, cfr. G. Canobbio, Il destino dell’anima. Elementi per una teologia, Morcelliana, Brescia 2009.
11 In questo libro dedichiamo particolare attenzione alla Grecia antica, per l’importanza che svolge nella cultura e nella concezione psico-pedagogica occidentale. Per una comprensione adeguata degli archetipi dell’inconscio collettivo, è però indispensabile una conoscenza dei miti e delle religioni di ogni tempo e paese, per cui si rimanda all’opera di Joseph Campbell, in particolare a Le figure del mito, un grande itinerario illustrato nelle mitologie di ogni tempo e paese, Red, Como 1991.
12 Nell’ottica della semiotica (la scienza che studia i segni) si tratta di «un atteggiamento semantico-pragmatico» che Umberto Eco definisce «modo simbolico». Cfr. Simbolo in Enciclopedia Einaudi, Einaudi, Torino 1981, vol. xxii.
13 Semiotico (segnico) e simbolico tendono a coincidere nello strutturalismo di Lévi-Strauss, nella psicoanalisi di Freud e Lacan, nella filosofia di Ernst Cassirer e nell’opera di Julia Kristeva. Vedi U. Eco, Simbolo, cit., pp. 882-884.
14 Intendiamo per segno, semplificando molto rispetto alla complessità della semiotica, “qualcosa che sta per qualcosa d’altro” (aliquid stat pro altro) e che ha, entro certi limiti, un carattere univoco, come accade per i segnali stradali: per esempio il segno del divieto di transito indica in modo chiaro (in questo caso convenzionalmente) il suo significato.
15 “Simbolo” deriva dal greco, in cui il verbo sumbállo significa “mettere insieme”, “far coincidere”, e costituisce inizialmente il mezzo di riconoscimento consentito dalle due metà di una moneta o di una medaglia spezzata. Nel caso di un patto, ad esempio, i due contraenti conser-vavano ciascuno una delle due metà: il combaciare delle due metà provava l’esistenza dell’accordo. Nel simbolo c’è dunque l’idea di una possibile ricongiunzione con qualcosa che manca.
16 Anche il corpo ha l’aspetto simbolico, come spiega Michel Foucault. Il corpo, dice, è un grande attore utopico, quando utilizza maschere, maquillage e tatuaggi. Attraverso questi mezzi entra in contatto con poteri segreti e forze invisibili. La maschera, il segno tatuato, il fard fanno del corpo un frammento di spazio immaginario, che gli consente di comunicare con l’universo delle divinità e con l’universo degli altri. Anche il vestito, sacro o profano, fa sbocciare le utopie sigillate nel corpo. Se scendiamo sotto il vestito e raggiungiamo la carne però, vediamo che in alcuni casi limite, il corpo rivolge contro di sé il suo potere utopico e diviene il prodotto dei suoi propri fantasmi, come nel caso dei drogati (droguès) e dei posseduti (possédés), in Les hétérotopies - Le corps utopique (2007), Nouvelles Éditions Lignes, Fécamp 2009.
17 «Questa è indubbiamente l’esperienza di chi interpreta esteticamente un’opera d’arte, di chi vive un rapporto mistico (comunque i simboli gli appaiano) e di chi interroga un testo in modo simbolico» (U. Eco, Simbolo, cit., p. 899).
18 A. Jaffé (ed.), Ricordi, sogni e riflessioni di C.G. Jung raccolti ed editi da Aniela Jaffé, Riz-zoli, Milano 1984.
19 Dal latino numen, che significa “divinità”. Jung riprende questo termine dal filosofo e teologo tedesco Rudolph Otto. Sul tema del sacro cfr. G. Filoramo, Le vie del sacro, Einaudi, Torino 1994.
20 Sugli archetipi e il loro ruolo nel processo di individuazione cfr. C. Risé, Diventa te stesso. Le immagini dell’individuazione, Red, Como 1995.
21 L’inconscio collettivo «ha contenuti e comportamenti che (cum grano salis) sono gli stessi dappertutto e per tutti gli individui». C.G. Jung, Archetipi dell’inconscio collettivo (1934/1954), in Opere, Bollati Boringhieri, Torino 1999, vol. ix* p. 3.
22 J. Hillman, Lettera agli insegnanti italiani, Fondazione Liberal, Milano maggio 2003. Cfr. oltre, p. 70, Il ruolo di Eros nell’educazione secondo James Hillman.
23 Ibidem.
24 Nella sua Lettera agli insegnanti italiani Hillman contrappone l’educazione e il sistema educativo, intesi come aspetti meramente burocratici e distruttivi, alla coppia insegnare/imparare ritenuta invece naturale e istintiva. Su questo punto la nostra impostazione si discosta dalla sua, perché vediamo nell’educazione qualcosa di originario, il processo personale e dialogico che sta alla base di ogni dinamica insegnamento/apprendimento.
25 Sull’archetipo Senex-Puer cfr. P. Ferliga, Il segno del padre nel destino dei figli e della comunità, Moretti & Vitali, Bergamo 20112, p. 170 ss.
26 Usiamo qui il termine psicoanalisi in senso lato. Più precisamente con il termine “psicoanalisi” si fa riferimento alla teoria di Freud, mentre per quanto riguarda Jung si parla di “psicologia analitica” e per Hillman di psicologia archetipica.
27 Diciamo “riscoperta” perché nelle civiltà antiche l’importanza dell’inconscio era conosciuta, come testimoniano i primi culti religiosi, le narrazioni mitologiche e l’attenzione riservata all’interpretazione dei sogni.
28 Gli sviluppi della neurofisiologia invitano oggi a rivedere criticamente la teori...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Colophon
  3. Introduzione
  4. Necessità di uno sguardo simbolico e archetipico
  5. Psicologia dell’educazione nell’Antica Grecia
  6. Maestri di sapienza: i sofisti e Socrate
  7. Come educare alla virtù e al bene: la teoria di Platone
  8. Una concezione nuova della paideia e della virtù: Aristotele
  9. Il modello pedagogico ellenistico e l’educazione a Roma
  10. Ebraismo: l’archetipo del Padre come fondamento dell’educazione
  11. Il valore dell’educazione nel Cristianesimo
  12. Islam: la parola e l’educazione
  13. Le scuole attive e la centralità del bambino
  14. Educare oggi
  15. Glossario. Archetipi, opere e concetti chiave
  16. Indice dei nomi
  17. Sommario
  18. Note