Come si manipola la memoria
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Come si manipola la memoria

Lo storico, il potere, il passato

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Come si manipola la memoria

Lo storico, il potere, il passato

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Perché uno dei maggiori storici del nostro tempo, di origine ebraica, ha una posizione molto critica nei confronti delle leggi sulla memoria, compresa quella che considera un reato la negazione della Shoah? Due riflessioni di Pierre Nora, accademico di Francia e "padre" di un nuovo genere di narrazione storica, basato sui luoghi della memoria. Nella prima, Nora ricostruisce il suo rapporto con la storia e con le sue radici culturali alla luce delle identità che lo caratterizzano: quella ebraica e quella francese. Al problema del rapporto tra potere e passato e al fenomeno, sempre più evidente, della gestione politica della memoria collettiva è dedicata la seconda parte. Una lettura utile e formativa per tutti, a partire dagli studenti, nella prospettiva di un rapporto critico e consapevole tra storia e società.

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Information

Publisher
La Scuola
Year
2016
Print ISBN
9788835042914

La storia secondo Pierre Nora

di Antoine Arjakovski

Illustre accademico, caro Pierre Nora,
il suo arrivo, oggi, al Collegio dei Bernardini1 ri­chiede un doveroso ringraziamento.
Innanzitutto, perché siamo felici dell’incontro tra lo storico dei luoghi di memoria della Francia e uno dei maggiori luoghi della memoria ecclesiale francese, un luogo che ha attraversato tutta la storia di Francia dalla sua fondazione (dovuta a Etienne di Lexington nel 1253) fino alla riapertura, voluta da Monsignor André Vingt­Trois, nel 2008. Un luogo che papa Be­nedetto XII, Charles de Montalembert e papa Bene­detto XVI hanno conosciuto e che, nella memoria, è il simbolo stesso dell’incontro tra fede e ragione.
Inoltre, perché lei è stato il primo a pubblicare nel­la sua rivista «Le Débat» una importante conversa­zione con Mons. Jean­Marie Lustiger, solo qualche mese dopo la sua nomina ad Arcivescovo di Parigi. E lei sa, per avere frequentato regolarmente i suoi col­leghi accademici, quanto questo luogo debba al car­dinale Lustiger.
Infine, perché lei interviene qui oggi per aiutarci a comprendere meglio i rapporti tra “Storia e memorie della Shoah”, come recita il titolo del seminario che Thierry Vernet e io abbiamo organizzato quest’anno nel quadro del Polo di ricerca dei Bernardini.
Ora, a ben vedere, una buona parte della sua vita e della sua opera può essere compresa proprio a par­tire dall’evento tragico della distruzione del popolo ebraico da parte del potere nazista, durante la Secon­da guerra mondiale.
Lei è nato in una famiglia francese di religione ebrai­ca e, a più riprese nel corso della vita, è stato segnato da questa doppia appartenenza. Durante la guerra, quan­do (ad appena dieci anni) lei è stato costretto a rifu­giarsi sul Vercors. Un evento, questo, che ha profonda­mente marcato la sua vita. Molto presto lei è stato con­sapevole che il pensiero umano non sarebbe più stato lo stesso dopo la Shoah. A Paul Ricoeur, che – in La mémoire, l’histoire, l’oubli – le rendeva omaggio, pur rammaricandosi che non ponesse una sufficiente di­stanza tra la storia che si scrive e quella che si fa, lei ril­spondeva che lo stesso filosofo della storia non poteva astrarsi dal suo contesto storico: «Platone è presente [nell’opera di Ricoeur] solo a causa di Auschwitz. Chi potrebbe credere che il motivo profondo di questo ap­pello a una storia atemporale delle idee non sia lo stret­to legame con un’altra storia, che pesa in modo così gravoso sulla coscienza contemporanea?».
Il 6 maggio 1967, un mese prima della Guerra dei Sei giorni, mentre Israele era sottoposto a una cre­scente pressione da parte dei Paesi arabi, lei ha volu­to impegnarsi per difendere lo Stato di Israele, ed è partito per Tel Aviv.
Lei ha seguito il cursus honorum della Repubblica e ora è docente abilitato all’insegnamento universi­tario di Storia e membro dell’Accademia di Francia. A giudizio di François Dosse, che le ha dedicato l’an­no scorso una monumentale biografia2, proprio la doppia appartenenza è la cifra che caratterizza la sua opera.
Per Dosse, ma anche lei lo ha riconosciuto impli­citamente, i Lieux de mémoire (la sua grande impresa storica) hanno costituito un evento storiografico so­prattutto in ragione della scissione operata tra la sto­ria e la memoria nazionale. Solo uno storico di pro­fessione della Repubblica e un degno figlio del “po­polo della memoria” poteva essere in grado di con­vincere i francesi, così interessati alla loro storia, che essi in realtà non erano legati che alla memoria uffi­ciale dello Stato repubblicano.
Lei ha mostrato loro, pazientemente e con un amore senza incrinature per la Francia, che la loro memoria nazionale era ben più ampia della loro me­moria politica, e che la Francia era ben più ricca di differenze di quanto si potesse sospettare all’inizio degli anni Ottanta.
Ecco perché la richiesta principale che oggi le po­niamo è quella di illustrarci questa sintesi, che si è snodata lungo tutta la sua carriera di storico, intellet­tuale e direttore editoriale, fra l’identità ebraica e quel­la francese.
Per introdurre la sua relazione, che ci aiuterà a pre­cisare questo nodo, mi permetta di presentare breve­mente alcuni importanti aspetti del suo lavoro, così de­cisivo per la storia francese ma anche del mondo, se si considerano le numerose traduzioni di cui è stato fatto oggetto il suo Luoghi di memoria. Benché lei occupi la scena delle scienze umane in Francia da più di mezzo secolo, c’è tuttavia in questo preciso momento della nostra storia intellettuale un “momento Nora” come lo definisce con precisione François Dosse. Mi permetta un esercizio di microstoria attraverso due libri3 pub­blicati l’anno scorso, Historien public e Présent, nation, memoire, aggiungendo la biografia di François Dosse e uno o due dei suoi articoli che dovrebbero essere rac­colti nel suo prossimo volume, Recherches de la France, per ricavarne alcune conclusioni più generali che ci in­teressano soprattutto nel quadro del nostro seminario. Dal momento che queste note sono autobiografiche e che si tratta della sua ego­storia nel senso più alto del termine, comincerò col dire qualcosa sul suo percorso intellettuale per poi spiegare in che cosa il suo lavoro di storico sia profondamente originale e creativo e, malgrado quanto abbia detto François Dosse, lei ab­bia veramente «fatto scuola». Una scuola che perso­nalmente mi ha profondamente segnato poiché, dopo aver seguito il suo seminario presso la École des Hau­tes Études en Sciences Sociales (ehess) nel 1991/1992, ho lavorato sulla nozione di generazione intellettuale e oggi ho appena terminato un’opera sulla storia della storiografia cristiana.


Un nuovo modello di storico della Repubblica

Pierre Nora ha intitolato Historien public il suo li­bro apparso nella prestigiosa “Collection blanche” di Gallimard. Di fatto, a ben vedere, Nora costituisce il prototipo dello storico della Repubblica, ma secondo una nuova concezione della cosa pubblica. La “cosa” che unisce i francesi, per Pierre Nora, è la loro storia, ma questa è viva solo se integra la diversità delle me­morie che unisce il popolo francese. La missione del­lo storico, dunque, non è quella di costruire una mi­tologia unificante sacrificando le coscienze indivi­duali, ma quella di «mettere la storia al centro della cultura e dell’identità francese»4. È ciò che lo stesso Pierre Nora ha fatto per tutta la sua vita.
Pierre Nora ha condotto un’attività parallela di in­tellettuale impegnato, di docente universitario e di direttore editorale. Il suo impegno di intellettuale è iniziato con la pubblicazione di I francesi d’Algeria, nel marzo 1961; nello stesso mese appariva la sua re­censione al libro di Léon Poliakov sulla Storia del­l’antisemitismo. A differenza di Jacques Derrida e di Albert Camus, Pierre Nora non ha creduto nella pos­sibilità di una Algeria francese e come Léon Poliakov è stato consapevole che il lavoro intellettuale della sua generazione dovesse essere quello di demolire tutto quanto, nella civiltà occidentale, ha potuto condurre all’ideologia totalitaria, di origine comunista o nazio­nalsocialista. Ecco perché, come direttore editoriale ha pubblicato libri che hanno fatto epoca: nel 1968 L’aveu, di Arthur London, che denuncia i processi comunisti in Cecoslovacchia; nel 1978 Penser la révo­lution française, di François Furet, in cui si sosteneva soprattutto l’idea che l’ideologia rivoluzionaria si fos­se esaurita; nel 1981, in risposta alle tesi negazioniste di Robert...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Come si manipola la memoria
  3. La storia secondo Pierre Nora
  4. Pierre Nora. Lo storico, il potere, il passato
  5. Un esercizio di ego­storia
  6. Lo storico, il potere, il passato
  7. Nella stessa collana
  8. Collana Saggi
  9. Pubblicati nella serie precedente
  10. Collana Classici del pensiero
  11. Collana Profili
  12. Collana Biblioteca
  13. Sommario