Storia dell'educazione nell'antichità
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Storia dell'educazione nell'antichità

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Concepita nei giorni più bui della seconda guerra mondiale, «quando bisognava rianimare nei cuori dei giovani la fiamma della libertà contro il falso prestigio della barbarie totalitaria», quest'opera è ormai divenuta un classico della storia dell'educazione. Accanto alla celebre Paideia di Jaeger, è il testo complessivo più rilevante - così è stato scritto - sull'educazione classica. Non si tratta in realtà di un manuale di teoria pedagogica o di storia delle scuole greco-romane, ma di una ricerca storica e di un'analisi di tutte le componenti della cultura greca, romana e cristiana. La solidissima competenza archeologica, filologica e pedagogica dell'autore illumina dal di dentro ogni pagina. Rispettosa del significato pregnante del concetto di paideia, che è sintesi e concentrato di una cultura, cultura ed educazione insieme, l'opera finisce per essere fondamentalmente una storia della cultura antica, e nello stesso momento una storia delle idee e delle istituzioni educative dell'antichità. La disamina privilegia però i fatti e vede la forza delle dottrine nella loro capacità di realizzarsi in fenomeni concreti. L'itinerario della paideia è seguito dalle origini alla comparsa delle prime scuole cristiane di tipo medievale, sia nel mondo greco, prendendo le mosse dai modelli dell'educazione cavalleresca descritti nei poemi omerici, sia nella cultura latina, a partire dai costumi tipici della cultura contadina dell'età regia e dei primi secoli della repubblica. Un arco temporale che abbraccia quindici secoli. È un'opera che non può lasciare indifferente - e fino ad oggi non l'ha lasciata - la cultura dei nostri anni, perché delinea le origini dirette della nostra tradizione pedagogica.

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Information

Introduzione

Dovrò scusarmi con il pubblico dotto per aver dedicato uno studio d’insieme a un soggetto non più nuovo, su cui esiste una buona serie di solidi libri, resi lustri da un lungo uso (1)? Ma essi cominciano a invecchiare e spariscono a poco a poco sotto la polvere dei lavori di dettaglio e delle scoperte che si accumulano; è necessario perciò procedere a una revisione generale e a una messa a punto che integri nella sua sintesi l’apporto reale di queste acquisizioni.
Tanto più che la ricerca si sviluppa in modo anarchico; s’accanisce, talvolta fino all’eccesso, su alcuni settori, il cui terreno è ben presto rimestato in ogni direzione, mentre ne trascura altri, dai quali invece dovrebbe sentirsi maggiormente attirata. Lo sforzo di composizione rivela queste lacune. Il lettore troverà realmente in questo libro più novità di quanto mi sarei aspettato; molto spesso ho dovuto creare tutto un piano di costruzione, non trovando materiale sufficientemente elaborato dai miei predecessori.
D’altra parte la conoscenza storica, aspetto particolare della conoscenza dell’uomo, è essenzialmente mobile e sempre provvisoria. Le nostre idee sull’uomo, il mondo e la vita si trasformano continuamente; non esiste soggetto storico che non si debba periodicamente riprendere per rimetterlo a posto in un’esatta prospettiva, perché, nel frattempo, la luce d’insieme che lo rischiarava s’è modificata.
Infine, è sempre utile disporre di un’esposizione rapida per ogni questione d’una certa ampiezza, almeno come introduzione a uno studio più approfondito. I nostri studenti sono i primi ad averne bisogno. Ho creduto bene, poi, di dover pensare anche al pubblico semplicemente colto, che ha pieno diritto d’essere messo al corrente dei risultati della ricerca scientifica; l’erudizione non è fine a se stessa, ma deve diventare una delle fonti in cui vada ad alimentarsi la cultura del nostro tempo.

1. Educazione antica - educazione moderna

La storia dell’educazione nell’antichità non può lasciare indifferente la cultura moderna, perché essa delinea le origini dirette della nostra tradizione pedagogica. Noi deriviamo dai Greco-Latini: se tutta l’essenza della nostra civiltà è nata dalla loro, questo si verifica al massimo grado nel nostro sistema educativo.
Concluderò mostrando come la vita declinante della scuola antica, dopo essersi molto prolungata durante le tenebre dell’epoca barbarica dell’alto medioevo, finisce con l’interrompersi in occidente in date variabili a seconda delle regioni. Ma i procedimenti della pedagogia antica furono ripresi quando, con la rinascita carolingia, si delineò un rinnovamento degli studi; restaurazione maldestra e imperfetta, come tutte le restaurazioni; tuttavia i Carolingi hanno coscientemente cercato, e in un certo senso ci sono riusciti, di rinnovare la tradizione interrotta.
Il ricco sviluppo della civiltà medievale ha condotto in seguito la cristianità occidentale, specialmente a partire dal XII sec., a elaborare istituzioni e metodi pedagogici assai differenti e veramente originali (2). E tuttavia, anche in pieno XIII sec., il ricordo dei modelli antichi e la cura di imitarli non hanno cessato d’ossessionare il pensiero degli uomini di quel tempo, dei quali, come s’è fatto per troppo tempo, non bisogna ridurre al minimo il posto nella storia dell’umanesimo.
Ma è soprattutto il grande Rinascimento, quello dei secoli XV e XVI, che ha improntato la nostra educazione moderna con il suo ritorno volontariamente dichiarato alla più rigorosa tradizione classica; ancor oggi noi viviamo dell’eredità dell’umanesimo molto più di quanto se ne abbia comunemente coscienza. L’insegnamento nelle scuole secondarie francesi, per dare un solo esempio, è rimasto, a veder le cose nel loro insieme, come l’avevano creato nel XVI sec. i fondatori delle Accademie protestanti e dei collegi della Compagnia di Gesù (3).
Il nostro studio, tuttavia, non si propone soltanto d’insegnarci a conoscerci meglio, facendoci prendere coscienza delle nostre origini. Sarebbe già questo un risultato prezioso; tale presa di coscienza è il mezzo per sfuggire al determinismo storico (nella misura in cui ciò è concepibile), liberandoci dalla nostra dipendenza nei riguardi della tradizione di cui siamo il prodotto e che ci ha fatto ciò che siamo.
La fecondità della conoscenza storica risiede soprattutto nel dialogo che essa fa sorgere in noi tra l’Altro e l’Io. Siamo divenuti abbastanza diversi dai nostri padri perché la loro educazione ci appaia ampiamente sotto la categoria dell’Altro; molte cose di essa possono utilmente sorprenderci, cose che si contrappongono sia alla nostra pratica sia alle nostre aspirazioni. Il lettore accorto potrà meditare a suo agio in margine alla nostra esposizione.
La fecondità del dialogo non esige davvero che rinunciamo a restare noi stessi: semplice strumento di cultura, allarga le nostre prospettive, spoglia l’uomo d’oggi di quell’ingenua presunzione che gli impediva d’immaginare che si potesse essere stati diversi da lui. Ma, se ci obbliga a riflettere, non ci conduce necessariamente a deviare la nostra azione; l’esempio propostoci dalla storia ci obbliga soltanto a mettere alla prova la solidità e la fondatezza delle nostre preferenze e rende la nostra volontà cosciente di se stessa. La simpatia necessaria allo storico sta per trascinarmi a diventare l’avvocato del sistema antico d’educazione, che deve comunque essere compreso prima che giudicato; ma si badi che io l’offro al lettore solo come un esempio proposto alla sua riflessione, non come un modello di cui s’imponga l’imitazione servile.

2. La curva dell’evoluzione dell’educazione antica

La storia che stiamo per delineare si estende per una quindicina di secoli, diciamo all’incirca dal 1000 a.C. al 500 d.C.; il che dà luogo a un’evoluzione dalle fasi complesse. Il soggetto tuttavia è più unitario e meglio definito di quanto si potrebbe pensare a priori: il mondo mediterraneo antico ha conosciuto una educazione classica, un sistema d’educazione coerente e determinato.
Naturalmente esso non appare fin dalle origini nella sua forma definitiva e pienamente sviluppata, anzi non l’ha raggiunta se non in una data relativamente tarda, che può essere legata all’apporto decisivo dei due grandi educatori, Platone († 348) e Isocrate († 338). La cosa non deve sorprendere: l’educazione è la modalità collettiva con la quale una società inizia i suoi giovani ai valori e alle tecniche che caratterizzano la vita della sua civiltà. L’educazione è dunque un fenomeno secondario e subordinato rispetto a quest’ultima, di cui normalmente rappresenta un riassunto e una condensazione (dico normalmente, perché esistono alcune società illogiche che impongono alla gioventù un’educazione assurda senza rapporto con la vita; l’iniziazione alla cultura reale vi si fa allora al di fuori delle istituzioni ufficialmente educative). Questo presuppone evidentemente una specie di decantazione nel tempo: bisogna che una civiltà raggiunga la sua propria Forma prima di poter generare l’educazione che la rispecchierà.
È per questo che l’educazione classica non raggiunge la sua Forma se non dopo aver oltrepassato il grande periodo creatore della civiltà greca; bisogna aspettare l’età ellenistica per trovarla in pieno possesso delle sue strutture, dei suoi programmi e del suo metodo. Una volta arrivata a maturità, l’inerzia connaturata ai fenomeni di civiltà (e in particolare ai fenomeni dipendenti dalla prassi pedagogica) le conserva la stessa struttura e la stessa pratica senza cambiamenti importanti per lunghi secoli. Il suo estendersi fuori dal mondo greco, a Roma, all’Italia, all’occidente latino, produrrà solo trasposizioni e adattamenti di secondaria importanza. Accade lo stesso, contro ogni aspettativa, all’inizio d’un avvenimento sconvolgente come la conversione al cristianesimo del mondo mediterraneo. La decadenza della civiltà antica non si manifesterà, nel campo dell’educazione, se non con fenomeni di irrigidimento, fatto che accentua ancor più questa impressione di stabilità.
Così, la storia di cui stiamo per percorrere rapidamente le tappe non è conforme al famoso schema della curva a forma di campana, tanto caro, invece, al pensiero antico[1]: ascesa, culmine o ἀκµή, declino ineluttabile. Tuttavia, per cominciare, tracceremo una linea ascendente, quella dell’evoluzione che dal X al IV secolo porta l’educazione classica dalle origini alla forma adulta (Parte I). Ma questo stato di perfezione intrinseca non è limitato a una breve ἀκµή; l’educazione classica arriva lentamente a maturarsi e a prendere i suoi caratteri definitivi; il culmine si estende su una lunga serie di secoli: durante tutto il periodo ellenistico (Parte II) e al di là; l’afflusso della linfa romana (Parte III) è come un nuovo patto con la durata. Non ci sono cadute nella curva; questa prosegue uniforme senza soluzione di continuità nell’oriente bizantino, è invece brutalmente interrotta nei paesi latini da un avvenimento storico, le invasioni barbariche e la sparizione delle strutture politiche dell’Impero. Tuttavia, già una nuova curva s’abbozzava al di sotto; per finire, scopriremo come in un settore limitato della società cristiana, l’ambiente monastico, cominciava già il processo che doveva portare a un nuovo tipo d’educazione, quello che dominerà il medioevo occidentale.



[1] Polibio, Storie VI, 51.

3. Dal nobile guerriero allo scriba

Se si volesse pertanto riassumere questa evoluzione complessa in una semplice formula, direi che la storia dell’educazione antica rispecchia il passaggio progressivo da una cultura (4) di nobili guerrieri a una cultura di scribi. Ci sono civiltà raffinate e mature sulle quali pesano gravemente i ricordi del passato, registrati in forma scritta. La loro educazione è quindi dominata dalla scrittura: sono le «genti del libro», ahl el kitâb, come dice il Corano per designare ebrei e cristiani con un rispetto misto a meraviglia. Ci sono, al contrario, civiltà barbare, come era precisamente l’Arabia al tempo del Profeta, la cui classe superiore è rappresentata da un’aristocrazia di guerrieri e la cui educazione è eminentemente militare, orientata verso la formazione del carattere, lo sviluppo del vigore fisico e dell’abilità, piuttosto che dell’intelligenza.
Tutta la storia dell’educazione greca antica costituisce una lenta transizione da una cultura di quest’ultimo tipo a una del primo. Ne cogliamo le origini in una società ancora tutta impregnata di spirito guerriero; fin da allora, tuttavia, emerge l’opera intorno alla quale si organizzerà, ed è già un libro, benché sia consacrato a celebrare le gesta degli eroi: l’Iliade di Omero. Molto presto, di conseguenza, s’introducono in questa cultura elementi letterari e, se si vuole, libreschi (benché questo libro sia stato per molto tempo cantato o recitato piuttosto che letto). Ma, d’altra parte, per molto più tempo ancora vi potremo riscontrare sopravvivenze notevoli delle sue origini guerresche e aristocratiche, in particolare nel posto d’onore riservato alla cultura del corpo e all’attività sportiva. La persona istruita diventerà definitivamente uno scriba soltanto nell’ultimo periodo di questa storia, quando la fede cristiana si deciderà a organizzare cultura ed educazione intorno al Libro per eccellenza, la Bibbia, fonte d’ogni sapere e d’ogni vita.

4. Lo scriba orientale

Fino ad allora la storia dell’educazione classica continua a contrapporsi in larga misura a quella delle civiltà del vicino oriente, che ci forniscono i tipi più caratterizzati della cultura dello scriba, sia esso lo scriba egiziano oppure gli scribi mesopotamici o siriani; di questa cultura, ebraica e cristiana, troviamo l’eco nei Libri Sapienziali dell’Antico Testamento e in particolare nel Libro dei Proverbi, il manuale d’educazione morale per la formazione del perfetto funzionario che codifica in forma di aforismi la saggezza tradizionale dell’ambiente culturale degli scribi regi di Giuda e d’Israele (secoli X-VII) (5).
Queste culture di scriba, naturalmente, hanno assunto nel tempo e nello spazio forme molto diverse; basti qui definirle globalmente, da un doppio punto di vista, tecnico e morale. Tecnicamente esse pongono l’accento sulla cosa scritta: lo scriba è essenzialmente colui che ha dominato i segreti della scrittura. Si sa quale fosse la complessità, e quindi la difficoltà pratica, dei diversi sistemi di scrittura in uso sia in Egitto sia in Mesopotamia, che giustapponevano elementi di valore geroglifico, sillabico e alfabetico; senza parlare delle complicazioni supplementari prodotte in Egitto dalla pratica simultanea di tipi diversi di scrittura (geroglifica e ieratica, poi demotica), e in Mesopotamia dall’uso, nello stesso ambiente culturale, di lingue diverse (sumerica e accadica, più tardi aramaica). È un fatto notevole che il segno geroglifico sesh, scriba, in egiziano, riproduca il necessario per scrivere: calamo, vaso per l’acqua, tavoletta con le due scodelline, una per l’inchiostro nero, l’altra per quello rosso. In ebraico scriba si dice sôpher, parola che come sêpher, libro, deriva da sâphar, scrivere, contare.
Dal punto di vista sociale, lo scriba è un funzionario; mette la sua conoscenza della scrittura al servizio dell’amministrazione: in Egitto essenzialmente l’amministrazione regia; in Mesopotamia dapprima l’amministrazione sacerdotale, sembra, ma ben presto anche quella regia. Abbiamo qui prima di tutto, nel doppio senso di un’anteriorità di origine e di una preponderanza permanente di fatto, l’ufficio dello scriba orientale; contrariamente alle ipotesi care agli storici romantici, sembra che la scrittura sia stata inventata, e inizialmente utilizzata, non per fissare dei dogmi teologici o metafisici, ma per i bisogni pratici della contabilità e dell’amministrazione (6). Soltanto un’evoluzione ulteriore la staccherà da questa finalità utilitaria, per consacrarla a un uso più elevato, la storia o il pensiero astratto. Anche allora lo scriba orientale resterà principalmente l’uomo che tiene i conti, classifica gli archivi, redige gli ordini, è capace di ricev...

Table of contents

  1. Copertina
  2. STORIA DELL'EDUCAZIONE NELL'ANTICHITÀ
  3. Indice dei contenuti
  4. Prefazione. Per rileggere Marrou
  5. Nota della curatrice
  6. Prefazione alla sesta edizione
  7. Introduzione
  8. PARTE PRIMA. ORIGINI DELL'EDUCAZIONE CLASSICA DA OMERO A ISOCRATE
  9. I. L'educazione omerica
  10. II. L'educazione spartana
  11. III. La παιδεραστία come educazione
  12. IV. L'antica educazione ateniese
  13. V. L'apporto innovatore della prima sofistica
  14. VI. I maestri della tradizione classica. I. Platone
  15. VII. I maestri della tradizione classica. II. Isocrate
  16. PARTE SECONDA. QUADRO DELL'EDUCAZIONE CLASSICA NELL'ETÀ ELLENISTICA
  17. I. La civiltà della «paideia»
  18. II. Le istituzioni educative
  19. III. L'educazione fisica
  20. IV. L'educazione artistica
  21. V. La scuola primaria
  22. VI. L'istruzione primaria
  23. VII. Gli studi letterari secondari
  24. VIII. Gli studi scientifici
  25. IX. L'insegnamento superiore. I. Forme minori
  26. X. L'insegnamento superiore. II. La retorica
  27. XI. L'insegnamento superiore. III. La filosofia
  28. Conclusione. L'umanesimo classico
  29. PARTE TERZA - ROMA E L'EDUCAZIONE CLASSICA
  30. I. L'antica educazione romana
  31. II. Roma adotta l'educazione greca
  32. III. La questione delle lingue. Greco e latino
  33. IV. Le scuole romane. I. Insegnamento primario
  34. V. Le scuole romane. II. Insegnamento secondario
  35. VI. Le scuole romane. III. Insegnamento superiore
  36. VII. L'opera educatrice di Roma
  37. VIII. Lo Stato romano e l'educazione
  38. IX. Il cristianesimo e l'educazione classica
  39. X. La nascita delle scuole cristiane di tipo medievale
  40. Epilogo. La fine della scuola antica
  41. Postfazione
  42. APPENDICI BIBLIOGRAFICHE
  43. I. Abbreviazioni
  44. II. Edizioni e traduzioni dei testi antichi citati
  45. III. Aggiornamenti bibliografici. Itinerari sulla storia dell'educazione nell'antichità
  46. Introduzione
  47. Parte I - Origini dell’educazione classica da Omero a Isocrate
  48. Parte II - Quadro dell’educazione classica nell’età ellenistica
  49. Parte III - Roma e l'educazione classica
  50. INDICI ANALITICI
  51. I. Autori e personaggi antichi
  52. II. Autori moderni
  53. III. Luoghi e temi notevoli