Morìa. La Sapienza altra del mondo
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Si contano a centinaia le iniziative in tutto il mondo tese a celebrare i cinquecento anni della composizione e pubblicazione dell'Utopia di Thomas More. Non potendo ignorare questa speciale ricorrenza, viene dedicato un numero della rivista alla celebre opera. Sebbene una delle sezioni tematiche del giornale, mutuando il titolo di un importante scritto utopico di William Morris Notizie da nessun luogo, si impegna periodicamente ad esplorare la famosa isola di Nusquama convinti che da qualche parte in questo mondo possa trovarsi una Repubblica felice come quella ipotizzata dal grande umanista inglese, l'evento dei cinquecento anni ci conferma nel lavoro e ci spinge attraverso i saggi che vengono proposti ad una presentazione in qualche misura diversa della tematica moreana. In realtà senza dover minimamente snaturare la struttura tematica della rivista è stato possibile parlare dell'Utopia agganciando l'ispirazione moreana alle sezioni tematiche prestabilite. In questo modo, forse più della maniera stessa di affrontarla autonomamente, l'Utopia acquista una visione globale nella misura in cui riesce a leggere e interpretare qualsiasi aspetto antropologico della condizione umana, non soltanto quello politico e sociale. More non si limita alla sola riflessione ma propone un vero e proprio modello di vita che non può esistere né in un tempo né in un luogo, perciò un'Utopia. Si trattava di pensare e di creare un uomo nuovo, diverso, nelle sue aspirazioni e nelle sue istituzioni, da quello che sin allora aveva dominato. Proprio per questo Moro la presentò come un'Utopia: una scommessa sull'uomo che ogni Stato dovrebbe far propria, un modello di vita verso il quale ogni società dovrebbe tendere, senza, probabilmente, mai riuscire a realizzarlo a pieno. La verifica storica della condizione degli uomini e delle donne su questa terra dalla composizione di Utopia ad oggi inevitabilmente ci porta a constatare che la Repubblica tanto desiderata dal suo autore, per la quale non ebbe dubbi e timori nell'offrire anche la sua testa perché potesse eleggersi, ancora si trova in nessun luogo, tuttavia la speranza sta proprio nel fatto che non trovandosi da nessuna parte sia alla portata di tutti, nelle mani di tutti, pronta per essere realizzata. Questo è il dono che ci ha fatto Thomas More, questo è il suo sogno che cinquecento anni dopo ancora continua.

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Information

Il Sogno Di Thomas More

Il contributo di Erasmo e degli umanisti europei alla pubblicazione dell’Utopia

di Giuseppe Gangale

immagine 1
Statua di Erasmo a Rotterdam



«Con la speranza che mi viene dalla tua lettera, ed alla quale avidamente mi appiglio, aspetto di giorno in giorno la mia Utopia con l’animo di una madre che attende il figlio reduce di lontano» [1] .
Il 15 dicembre 1516 quando Thomas More scrive da Londra queste parole al suo carissimo amico Erasmo l’ Utopia era stata stampata da pochi giorni e il primo a vederla nei suoi eleganti caratteri tipografici fu proprio l’amico olandese.
In realtà se a qualcuno interessa sapere quale rapporto interiore intercorresse tra More e la sua opera non può che guardare alle lettere scambiate tra i due amici a cominciare dal 1516. Non c’è luogo letterario migliore per comprendere quanto More fosse desideroso di vedere pubblicata la sua operetta, quanto fosse fiero di averla creata e specialmente quanto fosse ansioso di vederla promossa e valorizzata tra i più grandi intellettuali d’Europa.
Essa nasce come opera della cultura umanistica europea, di cui More era uno dei massimi esponenti in Inghilterra. La scelta di scriverla in latino infatti è la dimostrazione della consapevolezza diffusa che attraverso il recupero della lingua si poteva riscoprire l’antica civiltà, riconoscere ciò che gli antichi avevano da dire sul quel tempo. L’ Utopia insieme all’Elogio della follia sono le due grandi opere del pensiero umano che rendono testimonianza a questa continuità, e attestano quanto la compenetrazione fra la lezione cristiana e l’Umanesimo si sia realizzata più compiutamente anche come frutto dell’amicizia tra More e Erasmo.
Pensata e scritta in parte fuori dall’Inghilterra è dedicata alle principali conoscenze che More aveva fatto durante l’ambasciata avvenuta l’anno prima nelle Fiandre: quella con Hieronymus Busleyden [2] e Pieter Gilles [3] , due nomi legati, in modo diverso, alla sua celebre opera.
I racconti relativi all’immaginaria isola del navigatore Hitlodeo (il racconta frottole) troveranno la loro ispirazione durante il soggiorno di More nelle Fiandre dal maggio all’ottobre del 1515. In elegante latino viene composto ad Anversa, dove si trovava in missione diplomatica, il secondo libro dell’opera, nella quale descrive usi e costumi dell’isola che si trova in nessun luogo, e che dedica nella celebre lettera di prefazione a Pieter Gilles, una persona di cui dirà che la «cultura, il suo festoso carattere, la sua modestia, la sua sincera amicizia sono tali che, ti giuro, sarei felice di dare buona parte delle mie ricchezze per acquistare l’amicizia di lui solo» [4] .
A sua volta Gilles gira la dedica all’illustre personaggio Girolamo Busleyden, con una lettera degna dello stesso Moro [5] . Ma la cosa che lo renderà immortale è quella compiuta da More nella sua celebre operetta, cioè di averlo associato a se come uno dei personaggi che ascolta i racconti del navigatore Hitlodeo e interviene opportunamente nel dibattito.
Da quando Erasmo gli scriverà una lettera per presentargli le persone più colte d’Inghilterra, ambasciatori nelle Fiandre per conto del re, “ suoi amici carissimi”, pregandolo di rendersi loro grato, in questo modo «non potresti meglio collocare la tua cortesia» [6] , More si legherà moltissimo a lui.
Tornato a Londra nel 1516 scrisse, probabilmente nella casa di campagna a North Mymms, non lontano da Londra, il primo libro, che è una sorta di denuncia dei mali dell’epoca e, in particolare dell’Inghilterra, cioè di quelle nazioni cristiane e cosiddette civilizzate che in termini di giustizia e di felicità non reggono il passo con quelle cosiddette selvagge.
Sarà una di quelle sue opere che completerà con molta fatica impegnato com’era a perorare cause in tribunale, dedicare alla famiglia quello che avanzava della giornata, discorrere con la servitù. «Fra tutte queste occupazioni – scrive a Gilles - l’unico tempo che conquisto per me è quello rubato al sonno e al cibo, e poiché esso è poco, ma pur sempre qualcosina, sono finalmente riuscito a concludere sebbene adagio questa Utopia che ti mando...» [7] .
Pur essendo Pieter Gilles, come gli farà sapere successivamente Erasmo, «uno di quelli che sostiene in modo ammirevole la tua Utopia» [8] , More preferirà e, non a torto, caricare sulle spalle di Erasmo, essendo conosciuto in tutti gli ambienti culturali e politici d’Europa, il peso della pubblicazione e promozione dell’opera.
Dalla lettera del 3 settembre 1516 con la quale More spedisce ad Erasmo la sua Nusquama [9] , «che in nessun luogo è ben scritta. Vi ho premesso come introduzione una lettera al mio amico Pieter. So per esperienza che non ho da raccomandarti di prestare conveniente attenzione a tutto il resto» [10] , fino a quelle del 1520 la lavorazione e promozione dell’ Utopia è uno degli argomenti ricorrenti. More farà pressioni in tutti i modi su Erasmo affinchè la sua Utopia venga promossa fra i più illustri uomini dell’epoca e, soprattutto pubblicata.
Sembrerebbe dalle lettere che fra i due amici quello che si dia da fare di più per l’altro sia More. In realtà non è così. Con una punta di arguzia si permette di scrivere ad Erasmo:

Sono ansioso che sia pubblicata presto, e che sia pure ben presentata con grandi raccomandazioni (se possibile) di parecchia gente, non solo intellettuali ma anche politici qualificati [11] .

Una richiesta un po’ troppo ambiziosa avrà pensato sicuramente Erasmo, ma non superiore alle sue capacità vista la rapidità con cui fu prontamente soddisfatta. Erasmo porterà il manoscritto a Lovanio e lo consegnerà all’amico Pieter Gilles perché ne curi la stampa. La prima edizione dell’Utopia senza data espressa vide la luce agli ultimi di dicembre 1516 presso l’editore Teodorico Martens, per essere distribuita agli amici forse anche come strenna. Di questa intenzione non si hanno prove, ma con tale proponimento erano stati impressi a Parigi nel novembre 1506 gli Opuscola di Luciano tradotti da Erasmo e da More; la dedica di quel volumetto a Richard Foxe ricorda appunto l’usanza antica di scambiare doni al sorgere dell’anno nuovo [12] . Il 4 gennaio 1517, William Blount, Lord Mountjoy, da Tournai, scriveva ad Erasmo per ringraziarlo dell’esemplare ricevuto in omaggio [13] .
In primo piano in questo periodo nella corrispondenza è sempre l’Utopia, in merito alla quale Erasmo fa conoscere a More osservazioni e apprezzamenti che vengono fatti pubblicamente sull’opera. Fra questi sicuramente avrà fatto piacere a More sapere da Erasmo che «ad Anversa c’è un senatore al quale è piaciuta a tal punto da averla imparata a memoria» [14] . Inoltre Erasmo lo sollecita ad inviargli il prima possibile la copia che lui prima gli aveva inviato, tramite uno che sosteneva di essere un suo caro amico, allo scopo di rivederla in vista della nuova edizione «a Basilea o, se preferisci, a Parigi» [15] .
La seconda edizione dell’ Utopia vide la luce a Parigi, dai torchi di Egidio de Gourmont, nell’ottobre del 1517. L’autore aveva inviato da Londra un esemplare emendato della prima edizione e un giovanissimo dotto inglese, Thomas Lupset, allievo di More, trasferitosi per studi a Parigi, dove lavorava come correttore di bozze supervisionò la stampa della seconda edizione dell’ Utopia [16] .
Appunto Lupset il 15 settembre 1517 scriveva da Parigi ad Erasmo:

Abbiamo terminato in questi giorni l’opera di Linacre sul conservar la salute. Sto già curando la nuova edizione dell’ Utopia di More e spero di terminarla alla fine di questo mese» [17] .

In luogo del frontespizio, l’edizione parigina, che è di più agile sesto, offre una sorta di indirizzo al pubblico colto:

Al Lettore. Eccoti qui, onesto Lettore, l’operetta davvero aurea di Tommaso More, non meno utile che elegante, sulla miglior forma di Stato e sulla nuova isola di Utopia, di nuovo stampata, ma in modo ben più corretto di prima, nel formato maneggevole che hai sott’occhio, per incitamento di molti, vuoi magistrati, vuoi personaggi di grande saggezza, sicché ritengo che tu debba non solo averla ogni giorno tra mano, ma studiartela a fondo. Oltre alla correzione d’una quantità di errori sparsi dovunque, alle annotazioni di Erasmo e ad una lettera di Budé (uomini che nell’età nostra non hanno rivali in fatto di ingegno) è stata aggiunta anche una dottissima letter...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Morìa. La Sapienza altra del mondo
  3. Indice dei contenuti
  4. EDITORIALE
  5. L’Utopie de Thomas More: 500 ans d’énigme
  6. LA FOLLIA DEL VANGELO
  7. Il vangelo è utopia
  8. Evangelizzazione e libertà religiosa in utopia
  9. SALOÍ & JURODIVYE
  10. L’utopia cinematografica di Eleonora Duse
  11. CONSCIENTIA ET MARTIRYUM
  12. Dal giardino di Anversa alla torre di Londra
  13. UTOPIA: NOTIZIE DA NESSUN LUOGO
  14. I dieci mali dell’Inghilterra nell’Utopia di Thomas More
  15. MERRILY
  16. Ironia e pietas
  17. DOCUMENTA MOREANA
  18. Il Sogno Di Thomas More
  19. UOMINI E LIBRI
  20. Utopia fa rima con ironia
  21. NOVITÀ EDITORIALI
  22. CULTURA STUDIUM - Nuova serie