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La politica estera cinese in prospettiva storica
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Il dossier mette a fuoco come l'emergere nel nuovo secolo della Cina quale seconda potenza mondiale sia stato il frutto di un lungo e complesso percorso storico e abbia rappresentato il cambiamento più importante nelle dinamiche internazionali del XXI secolo.
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Information
Subtopic
Libertà politicaGuido Samarani - Pechino tra Mosca e Washington in un mondo globale
Negli ultimi 25 anni circa, successivamente alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, all’attacco alla Torri Gemelle, all’avvio e al diffondersi della crisi economica e finanziaria globale e allo scoppio di crescenti crisi regionali in varie parti del mondo che sembrano testimoniare come il processo di globalizzazione non sia così assoluto e totalizzante, la politica estera della Cina [1] ha conosciuto profondi mutamenti muovendo verso una più profonda consapevolezza delle responsabilità legate al nuovo ruolo internazionale, pur nel quadro di una visione complessiva in cui forti spinte alla crescente interazione con il mondo si accompagnano a imperiose riaffermazioni della propria sovranità nazionale. Nell’ambito di tali mutamenti, un ruolo centrale ha avuto e avrà anche in futuro la questione del rapporto, da una parte, con gli Stati Uniti e, dall’altra, con la Russia erede dell’esperienza sovietica.
Dalla crisi di Tian’anmen alla morte di Deng Xiaoping (1989-1997)
La crisi di Tian’anmen della primavera del 1989 portò a un deciso congelamento delle relazioni con Washington e più in generale con l’Occidente, mentre a essa si accompagnò – con la visita di Gorbachev a Pechino proprio nei mesi della crisi – l’avvio del processo di normalizzazione delle relazioni sino-sovietiche.
La Guerra del Golfo del 1991 offrì alla Cina l’opportunità di migliorare la propria posizione internazionale – e in particolare i rapporti con l’Occidente – e di cercare di far cancellare le sanzioni imposte da molti paesi dopo Tian’anmen. La dimostrazione di forza – politica e soprattutto militare – americana nel corso del conflitto in Medio Oriente impressionò certamente la leadership cinese: era evidente che si stava andando verso un mondo unipolare e dominato dagli Stati Uniti, secondo quella visione del “nuovo ordine mondiale” che vari ambienti di Washington pubblicizzavano ormai con forza.
Con l’ascesa di Michail Gorbachev, come già detto, le relazioni tra Pechino e Mosca offrirono positivi segnali di risveglio. Il summit sino-sovietico di Pechino del maggio 1989, benché condotto in un contesto di grande tensione dovuto alle concomitanti manifestazioni studentesche, consentì di compiere significativi progressi – anche se largamente simbolici – nel ristabilimento di un clima di dialogo e di fiducia tra le due parti. La caduta tra il 1989 e l’anno successivo dei regimi socialisti e la successiva dissoluzione dell’Unione Sovietica sollevarono grande preoccupazione nella dirigenza cinese, che si affrettò tuttavia a cercare di consolidare i rapporti con la Russia, da una parte, e con le nuove repubbliche sorte successivamente al 1991 (soprattutto con i nuovi stati in Asia centrale) dall’altra.
Le conseguenze della fine dell’Urss furono importanti e molteplici: in particolare, per la Cina l’affidabilità americana non appariva più così solida e certa come negli anni passati; a sua volta, gli Stati Uniti cominciarono tendenzialmente a guardare alla Cina non più come a un partner strategico nell’ambito della rivalità con l’Unione Sovietica.
La fine della “guerra fredda” sancita dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, i mutamenti strategici intervenuti negli Stati Uniti e, più in generale, le nuove dinamiche regionali e internazionali, costrinsero la Cina a misurarsi con nuove sfide nel campo delle relazioni internazionali.
In particolare, la fine della rivalità tra le due superpotenze pose a Pechino l’esigenza di ridefinire sempre più e con sempre maggiore attenzione la propria strategia internazionale senza poter contare più sui margini di manovra (utilizzo della rivalità tra le due superpotenze) dei quali aveva beneficiato in passato. Inoltre, la diplomazia cinese venne sempre di più posta di fronte alla duplice esigenza di agire in modo da diventare un membro attivo della comunità economica mondiale e allo stesso tempo di tutelarsi dai possibili effetti destabilizzanti che tale scelta comportava per la propria realtà socioeconomica.
La firma del Trattato di Amicizia e Buon Vicinato con Mosca e i meeting annuali presidenziali furono accompagnati dalla strategica decisione di creare dapprima il Gruppo dei Cinque e successivamente la Shanghai Cooperation Organization (Sco), basata per l’appunto sulla cooperazione sino-russa e allargata ad altri stati dell’Asia centrale. La creazione della Sco poggiò sin dall’inizio su mire ampie e ambiziose incentrate sul contenimento della presenza americana in Asia centrale e sul coordinamento dello sfruttamento delle ricche risorse petrolifere dell’area. Sul piano regionale, uno dei temi centrali emersi a partire da quegli anni fu quello del multilateralismo asiatico e della creazione di una pace stabile nell’area dell’Asia Pacifico.
La crisi asiatica, iniziata nell’estate del 1997 e diffusasi pesantemente a Hong Kong verso la fine dell’anno, evidenziò il ruolo essenziale cinese nell’area. Infatti, Pechino si impegnò con forza nella stabilità della propria moneta scartando l’ipotesi di una possibile svalutazione che le avrebbe consentito di cogliere i vantaggi potenzialmente offerti dalla situazione. Tali potenziali vantaggi economici furono alla fine considerati inferiori da Pechino rispetto al vantaggio politico acquisito di avere visto aumentare in modo particolare il consenso internazionale nei suoi confronti.

Opera di Pechino
La fine del Novecento e il primo quindicennio del nuovo secolo
Successivamente alla morte di Deng Xiaoping (1997), la politica estera cinese si avviò ancor più verso quella che è stata definita da certi studiosi come una tendenza alla professionalizzazione e alla decentralizzazione e una crescente attenzione nei confronti dei processi di globalizzazione.
Allo stesso tempo, prese corpo a Pechino una maggiore consapevolezza della crescente importanza dell’immagine che il paese era in grado di proiettare all’esterno e del fatto che le scelte e gli atteggiamenti assunti sulle maggiori questioni mondiali venivano sempre più sottoposti a un attento monitoraggio da parte di organismi internazionali e di singoli stati.
In particolare, la Cina prese coscienza del fatto che era indispensabile ricostruire la propria immagine internazionale dopo Tian’anmen: così, con la fine degli anni Novanta, fu avviato un processo di aggiustamento della politica regionale al fine di riconquistare la fiducia di molti paesi confinanti e vicini, cercando di allontanare con forza l’idea di una possibile futura “minaccia cinese”.
L’adesione alla World Trade Organisation (Wto) nel 2001 e i tragici eventi dell’11 settembre posero a Pechino nuove sollecitazioni affinché definisse e puntualizzasse in modo sempre più preciso e anche raffinato la propria visione strategica del sistema internazionale e del ruolo che essa poteva svolgere nel suo seno.
L’approccio cinese al processo di globalizzazione, a esempio, è stato analogo a quello di molti altri paesi: la volontà di condividere i benefici della globalizzazione è stata accompagnata dal disagio dovuto ai costi politici e sociali insiti nella compartecipazione al nuovo sistema. Nella Cina popolare, l’enfasi è stata spesso posta sulla “globalizzazione” economica più che su quella culturale o dei processi di governo, queste ultime essendo perlopiù viste come sinonimo di “americanizzazione”.
In questa prima parte del XXI secolo, la compartecipazione al sistema globale da parte cinese ha conosciuto progressi impressionanti, portando Pechino a far parte di decine di organismi internazionali, governativi e non governativi. In genere, l’atteggiamento cinese è stato quello di operare all’interno delle regole esistenti, purché esse non entrassero in conflitto diretto con i propri interessi economici o con le rivendicazioni di sovranità o ancora con il senso profondo dell’orgoglio e della dignità nazionali.
L’approccio internazi...
Table of contents
- Copertina
- La politica estera cinese in prospettiva storica
- Indice dei contenuti
- Guido Samarani, Sofia Graziani - Introduzione: la politica estera cinese in prospettiva storica
- Guido Samarani - Pechino tra Mosca e Washington in un mondo globale
- Barbara Onnis - L’evoluzione dei rapporti tra Repubblica Popolare Cinese e Unione Europea. Dinamiche attuali e prospettive future
- Giulio Pugliese - L’assertività cinese in Asia orientale tra mutati equilibri di potenza e una crescente instabilità interna
- Sofia Graziani - La Cina in Africa: aiuti, retorica e soft power