
L'anima in fabbrica
Storia, percorsi e riflessioni dei preti operai emiliani e lombardi (1950-1980)
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L'anima in fabbrica
Storia, percorsi e riflessioni dei preti operai emiliani e lombardi (1950-1980)
About this book
I preti operai iniziarono a lavorare in Francia durante la Seconda guerra mondiale e, dalla fine degli anni Sessanta, anche in Italia alcuni sacerdoti entrarono in fabbrica per condividere le condizioni di vita dei lavoratori. Lo sviluppo dell'esperienza italiana assunse caratteri del tutto singolari, anche per le differenze esistenti nelle varie regioni e per la coincidenza con le fasi più turbolente della contestazione nel post-Concilio. Scegliere il lavoro manuale, per una parte del clero italiano, significò non soltanto un tentativo di ritorno alle comunità cristiane delle origini, ma pure partecipare attivamente alle lotte sociali e politiche che stavano investendo la società. Il caso emiliano e quello lombardo, ora presentati nel libro, permettono di conoscere in maniera ravvicinata le riflessioni di natura teologico-pastorale e le scelte politico-sociali, costantemente al centro delle discussioni nei convegni nazionali del collettivo dei preti operai italiani e della loro azione a livello locale.
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Information
1. La nascita dei preti operai in Francia
Il 22 e il 23 maggio 1953, a Parigi, una delegazione di preti operai fu ricevuta da alcuni vescovi francesi, per chiarire la propria posizione in merito all’azione missionaria e agli impegni in campo sindacale e politico. I vescovi erano preoccupati delle posizioni che avevano preso certi sacerdoti al lavoro: per i preti operai, la lotta di classe era un fatto inevitabile causato dal regime capitalistico che obbligava i proletari a difendersi per tutelare i propri diritti; di fronte a tale realtà, la classe operaia non poteva accettare una fede religiosa sostenuta da una Chiesa considerata fiancheggiatrice della borghesia e dei suoi interessi politici [5] . I vescovi ritenevano queste scelte un allontanamento dalle funzioni sacerdotali e la negazione di quella che era considerata la necessaria distinzione tra funzioni del clero e ruolo del laicato. Il 27 maggio 1953 l’arcivescovo di Marsiglia, Jean Delay, ordinò ai preti operai della sua diocesi di cessare il lavoro; il 1° giugno dello stesso anno giunse a Parigi il nuovo nunzio apostolico Paolo Marella (per sostituire Angelo Roncalli, considerato poco solerte nel trasmettere le direttive vaticane in Francia); il 26 giugno il cardinale Eugène Tisserant, decano dei cardinali, comunicò all’episcopato francese, secondo quanto diffuso da un’agenzia di stampa, che «Le Vatican souhaite la suppression pure et simple des pretres-ouvriers contaminés par le virus soviétique» [6] . Con la lettera del 27 luglio 1953, resa pubblica in settembre, il cardinal Pizzardo, prefetto della Congregazione dei seminari, vietò l’ingresso dei seminaristi in fabbrica per svolgervi dei periodi di formazione [7] . Con la stessa intenzione, il nunzio Paolo Marella il 23 settembre 1953 convocò i vescovi francesi per comunicare loro le decisioni prese dalla Santa Sede in merito alla questione dei preti operai. Durante l’incontro, al quale parteciparono 26 vescovi, fu ordinato di far rientrare dal lavoro tutti i sacerdoti, senza accennare alle disposizioni vaticane, ma agendo sotto la propria responsabilità, e di redigere una lista da inviare a Roma delle persone soggette al provvedimento. Achille Liénart (arcivescovo di Lilla dal 1928 al 1968) e Maurice Feltin (successore di Suhard, arcivescovo di Parigi dal 1949 al 1966) segnalarono le gravi conseguenze che tale gesto avrebbe comportato per la Chiesa di Francia, soprattutto di fronte agli ambienti operai. I preti operai della regione parigina inviarono a Feltin un documento di difesa, il cosiddetto Document vert , nel quale criticavano aspramente la formazione borghese del clero e l’immagine degli ambienti operai sostenuta dalla Chiesa, e ricordavano le intenzioni che avevano dato avvio alla Mission de Paris dieci anni prima. I sacerdoti che erano entrati nelle fabbriche e nei cantieri avevano compreso che non era possibile esimersi dalla lotta per la liberazione della classe operaia di cui si sentivano indissolubilmente parte. Giunti ad una simile consapevolezza, per i sacerdoti era difficile, se non impossibile, tornare indietro.
Table of contents
- Copertina
- L’ANIMA IN FABBRICA
- Indice dei contenuti
- PREFAZIONE
- TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI
- INTRODUZIONE
- I. I PRETI AL LAVORO TRA COMUNITÀ CRISTIANA E CLASSE OPERAIA
- 1. La nascita dei preti operai in Francia
- 2. Le prime forme di apostolato operaio in Italia
- 3. La centralità del Concilio Vaticano II
- 4. La contestazione cattolica in Italia
- 5. La nascita del gruppo dei preti operai italiani
- II. ORIGINI E PERCORSI DEI PRETI OPERAI EMILIANI E LOMBARDI
- 1. Gli anni Settanta del cattolicesimo italiano
- 2. Le peculiarità della storia italiana dei preti operai
- 3. Il sacerdozio e la fabbrica
- 4. Storie di preti al lavoro
- 5. La fabbrica come “luogo sociale”
- 6. La doppia fedeltà a Cristo e alla classe operaia
- III. L’IMPEGNO POLITICO E SOCIALE DEI PRETI OPERAI EMILIANI E LOMBARDI
- 1. Il “compromesso storico” e il referendum sul divorzio
- 2. Tensioni ed esperienze nella diocesi ambrosiana
- 3. La riflessione teologica nella Chiesa modenese
- 4. L’impegno globale con gli uomini
- 5. “Contro l’uso antioperaio della fede”
- 6. Le elezioni politiche del 1976
- IV. DALL’IMPEGNO POLITICO NELLA SOCIETÀ ALLA RIFLESSIONE TEOLOGICA NELLA CHIESA
- 1. Una stagione di cambiamenti
- 2. L’analisi teologico-pastorale dei preti operai emiliani
- 3. Classe operaia ed emarginazione
- 4. Una nuova teologia
- 5. Costruire l’evangelizzazione a partire dalla condizione operaia
- 6. Il complicato rapporto con i vescovi
- CONCLUSIONI
- FONTI
- BIBLIOGRAFIA
- INDICE DEI NOMI