1. Curricula scolastici rigorosi
Sappiamo che un curriculum scolastico ricco di contenuti disciplinari secondo la definizione di Diane Ravitch è vitale per ridurre il divario dei risultati di apprendimento [1] . Negli Stati Uniti tale curriculum è storicamente più probabile che venga offerto dalle private schools e, come avviene sempre più di frequente, anche dalle charter schools.
Illustrare l’importanza di un curriculum scolastico ricco di contenuti è adesso più importante che mai, per tutti i settori dell’istruzione: ci sono segnali secondo i quali sembra che alcune delle nazioni del mondo ad alte prestazioni abbiano spostato i loro sforzi da un programma di studi tradizionale ad uno orientato sulle competenze e da una classe incentrata sull’insegnante ad una incentrata sull’alunno, con risultati infelici per gli studenti. Gabriel Sahlgren sostiene che questo abbandono del contenuto intellettuale abbia avuto in Finlandia conseguenze negative sull’apprendimento degli studenti [2] . Analogamente, in un libro in uscita, E.D. Hirsch sostiene che un simile cambiamento sia stato disastroso per l’apprendimento degli studenti in Francia [3] . Un ricercatore svedese ipotizza che la perdita di rigore e il venir meno dell’istruzione guidata dall’insegnante abbiano contribuito alla diminuzione dei punteggi PISA della Svezia [4] . Negli Stati Uniti, la prestigiosa National Association of Independent Schools disperde il tradizionale curriculum scolastico a favore di generiche “competenze” [5] . L’entusiasmo generale tra gli innovatori dell’istruzione per le abilità e le competenze non va di pari passo con una passione per il curriculum di studi [6] .
Mentre le evidenze, sia nazionali sia sul piano internazionale, indicano che un curriculum ricco di contenuti gioca un ruolo vitale nella riduzione del divario dei risultati di apprendimento, l’avversione che caratterizza da sempre questo paese nei confronti del curriculum scolastico tradizionale rende difficile intraprendere una programmazione a livello federale e perfino dei tentativi a livello statale sono naufragati. Nel corso del XX secolo, entrambe le strade sono state provate e sono fallite, senza eccezioni.
Un esempio degno di nota risale al 1959 quando un gruppo di famosi scienziati, psicologi dell’educazione, storici e autori di libri di testo si radunarono a Woods Hole, nel Massachusetts. Come descritto dal presidente del gruppo, il professore di Harvard Jerome Bruner, lo scopo era quello di affrontare il basso livello di apprendimento scientifico nelle scuole americane [7] . Il rimedio proposto dal gruppo fu quello di partire dai contenuti caratterizzanti il college e ricostruire nuovamente “a ritroso” le competenze maturate in tutti i livelli scolastici. Il cosiddetto “ curriculum a spirale” avrebbe rivisitato concetti chiave con crescente sofisticatezza nel percorso scolastico di un alunno [8] . Il nuovo curriculum sarebbe risultato impegnativo dal punto di vista intellettuale in ogni stadio dello sviluppo cognitivo del bambino e lo avrebbe così accelerato [9] .
La sua realizzazione avrebbe richiesto la leadership dei professori universitari, che sapevano «dove stava andando ogni disciplina» e avrebbero così potuto aiutare gli autori dei libri di testo e gli insegnanti a creare un curriculum sistematico [10] , sfidando al contempo la cultura dominante nelle scuole americane. Come ha notato Jerome Bruner, «studi sulla cultura della high school americana [...] ritengono che il valore più elevato sia il suo prestigio sociale, piuttosto che lo stesso apprendimento scolastico» [11] . Infine, il piano avrebbe richiesto un significativo e continuo sostegno per la formazione professionale degli insegnanti [12] . Le sfide erano enormi, ma il generoso finanziamento federale (si era ancora nel c.d. periodo “Sputnik” [13] ) rese il progetto praticabile. Nonostante ciò, lo sforzo di Woods Hole non decollò mai: il suo appello per curricula ben strutturati e impegnativi di matematica e scienze nel primo e secondo ciclo d’istruzione (K-12) non andava a genio alla filosofia educativa espressivistica, già forte tra le élites educative nazionali, ora rafforzate dalla cultura straniera. Nel 1977 Bruner scriveva la stessa cosa, sostenendo che nell’ambiente culturale degli anni Sessanta, «la scuola stessa arrivò ad essere vista come un veicolo per l’oppressione» e «il prestigio sociale della scuola divenne più importante della formazione stessa». Dalla “maestria intellettuale” si passò alla “scoperta di sé” [14] .
Il bestseller di Neil Postman del 1969, Teaching as a Subversive Activity, conferma la tesi di Bruner. Il libro di Postman era rivolto ai tradizionalisti educativi, incluso Jerome Bruner, dei quali rifiutava le teorie [15] . Postman sosteneva che lo scopo dell’istruzione fosse che gli studenti comprendessero il significato al di fuori dalle loro esperienze personali. Perciò avevano bisogno di domande, non di conoscenze. Questo obiettivo era una cattiva notizia per i libri di testo, la programmazione delle lezioni, i curricula o le competenze degli adulti: Postman voleva, infatti, che gli insegnanti di biologia insegnassero spagnolo, quelli di tedesco matematica e quelli di storia fisica, come un modo per rafforzare l’insensatezza del sapere ricevuto [16] . Un altro libro che vendette 200.000 copie in un solo anno durante gli anni Sessanta e che fu una lettura richiesta in 600 classi in tutto il paese, Summerhill [17] di A.S. Neill, propose l’autodeterminazione dell’individuo come il fine dell’istruzione e respinse a fondo il curriculum scolastico [18] . Chiaramente, le opinioni di Postman e Neill non erano le uniche, ma trovavano il favore della – e facevano ricorso alla – filosofia educativa dominante che era di natura espressivista. Così, il tentativo di Woods Hole di giungere alla costruzione di un curriculum coerente, almeno in matematica e scienze, naufragò. Lo sforzo di Woods Hole supponeva che l’obiettivo primario dell’istruzione del primo e del secondo ciclo (K-12) fosse quello di preparare gli studenti da un punto di vista scolastico; la reazione della maggioranza culturale – intercettata ma che non si esauriva con Postam e Neill – proponeva invece di rafforzare gli studenti da un punto di vista sociale ed emotivo.
Il sostegno ad un curriculum ordinato è stato ancora più ostacolato nelle discipline umanistiche i cui insegnanti, al contrario di quelli delle scienze naturali, non erano fondamentalmente d’accordo sul quadro interpretativo da usare per la selezione del materiale disciplinare. In letteratura inglese, ad esempio, il curriculum avrebbe dovuto enfatizzare le opere influenti della civilizzazione occidentale o le voci dei “non privilegiati”? Avrebbe dovuto riguardare in ugual misura testi occidentali, orientali e africani o privilegiare la tradizione occidentale? I testi dovevano poi essere insegnati in modo sequenziale (“da Beowulf a Sheridan”) o secondo topoi (“amore e morte”)? Gli studenti avrebbero dovuto leggere testi teatrali o romanzi completi o passi scelti? Un curriculum di storia può essere altrettanto controverso, come descrivono Robert Fullinwider, Lawrence Blum e Gilbert Sewall in Public Education in a Multicultural Society; Policy, Theory, Critique. Negli anni Ottanta e all’inizio degli anni Novanta, i curricula di studi sociali della California e di New York suscitarono feroci critiche pubbliche [19] . Fullinwider la pone nei seguenti termini:
Possiamo tutti acconsentire alla proposta secondo cui la storia americana dovrebbe essere presentata agli studenti da una prospettiva realistica, ma il mio realismo potrebbe essere il tuo panegirico e la denuncia di un altro. Possiamo essere d’accordo sul fatto che i curricula dovrebbero essere sensibili al linguaggio, ma ci troviamo confusi circa ...