Giovanni Battista Montini: un'idea di Chiesa, le sue chiese
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Giovanni Battista Montini: un'idea di Chiesa, le sue chiese

Il ÂŤPianoÂť per la costruzione delle ÂŤventidue nuove chiese del ConcilioÂť a Milano

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Giovanni Battista Montini: un'idea di Chiesa, le sue chiese

Il ÂŤPianoÂť per la costruzione delle ÂŤventidue nuove chiese del ConcilioÂť a Milano

About this book

Costruire nuove chiese vuol dire assicurare a Milano il suo volto cristiano, che rifulge nei secoli della sua storia operosa; vuol dire tramandare ai posteri quella fiamma di fede convinta e fattiva, ricevuta dalle mani dei padri, che deve continuare a brillare con non diminuito splendore. E questa non può conservarsi vivida e pura, ove manchi la chiesa, accogliente Casa di Dio per il conforto degli uomini, ove manchi l'altare, attorno a cui essi si stringano per ricevere GesÚ Cristo, ascoltare il Suo Vangelo, e attingervi alimento di vita soprannaturale, e stimolo a esemplari virtÚ morali e civiche, nel vincolo della mutua carità Paolo VI (Messaggio per la Giornata delle nuove Chiese a Milano, 17 novembre 1963). nella Diocesi di Milano, ogni Chiesa nuova costruita dal 1955 al 1963, sotto la cura pastorale dell'Arcivescovo Giovanni Battista Montini, reca le tracce di tanti suoi pensieri, è una tappa dei suoi programmi, sino al coronamento, a quello stupendo progetto delle ventidue nuove Chiese di Milano dedicate ai Concili della Chiesa: una ispirazione provvidenziale, "ecumenica", sorta nel cuore di un Arcivescovo che di lÏ a poco sarebbe diventato Papa, ereditando da san Giovanni XXIII la missione di un Concilio Ecumenico. Un'idea di Chiesa, le sue chiese: uno stesso amore, uno stesso ideale. La grande società dei credenti, l'Ecclesia; la piccola casa di Dio, il tempio.

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Information

1. Le Parrocchie e il divenire urbanistico di Milano tra il XIX e il XX secolo

In una antica Carta topografica del geografo Pinchetti, risalente al 1801, viene presentata una chiara visione della città di Milano agli inizi del secolo XIX. Una città nella sua struttura ancora medioevale, sviluppatasi tutto attorno al primo nucleo romano, chiaramente identificabile nel tracciato delle strade e delle mura di Massimiano, raccolta e circondata dall’anello dei navigli, ed al di fuori di questo, borghi in rapida crescita lungo le strade uscenti dalla città intervallati da ampi spazi liberi coltivati ad ortaglie, il tutto avvolto dal poderoso poligono delle mura spagnole, nel cui tracciato è evidente la preoccupazione di rinchiudere al massimo le suddette borgate. In questa città e dentro tale cinta di mura vi erano allora ben 44 chiese parrocchiali e la popolazione contava circa 144.000 abitanti, con una media per parrocchia di poco più di 3.000 abitanti, con differenze però tra parrocchie centrali ed esterne [1] . Tanto le chiese nell’aggregato urbano all’interno della cerchia dei navigli [2] , quanto quelle dei borghi esterni [3] , svolgono la loro funzione di centro religioso nei diversi quartieri, precedute da piazze tranquille e da ambienti di particolare significato e valore, consoni alla natura ed alla destinazione della chiesa stessa. Condizioni e situazioni che meritano la nostra attenzione perché esempi positivi per il felice ed equilibrato rapporto tra chiesa e quartiere, in contrapposizione a quanto avverrà invece dalla seconda metà del secolo in avanti, causa la disordinata espansione della città oltre le mura spagnole [4] . L’infittirsi delle grandi case d’abitazione, nonostante fossero talora scarsamente servite da impianti sanitari e fossero di poverissima concezione architettonica, provocò un forte aumento di popolazione in alcune parrocchie [5] . Nello stesso periodo le altre parrocchie della città avevano mantenuto, se non diminuito, il complesso della popolazione: da tutto questo era evidente l’orientamento dei milanesi verso le zone periferiche. La chiesa perde il valore di centro religioso nei nuovi quartieri senza volto, e la sua presenza non è che un episodio isolato, occasionale [6] .
Lo stesso sviluppo indifferenziato della città, privo di consapevolezza urbanistica, ossia privo del senso di struttura, dimensione e misura dell’aggregato urbano [7] , determina l’affievolirsi del concetto di pianificazione parrocchiale anche sotto l’aspetto del dimensionamento delle stesse parrocchie, la suddivisione delle quali poi non concorda con la suddivisione dei quartieri che si ingrandiscono rapidamente. Ed ecco allora parrocchie eccessivamente dilatate e con un numero enorme di abitanti (30.000 in media per parrocchia), ecco chiese costruite sul filo delle strade, in mezzo alle case, come edifici qualunque, senza la minima differenziazione, senza un ambiente. E quanto si è detto avviene in modo particolare nella zona della città compresa fra le mura spagnole e la nuova circonvallazione esterna, caratterizzata dal massimo sviluppo edilizio nel periodo compreso fra la seconda metà dell’ottocento ed i primi decenni del novecento, quando Milano da 240.000 passa a 900.000 abitanti [8] .
Nel quinquennio 1935-1945 Milano ebbe un altro scossone, e fu allora che si dovette procedere di attivarsi per la costruzione di altre 14 parrocchie, più per zone nuove che non per venire in aiuto alle situazioni passate: le parrocchie preesistenti rimasero pressappoco intatte, aggravando le difficoltà del problema pastorale [9] . Fu necessario quindi ridimensionare questo ingente numero di parrocchie, e si vennero così proponendo difficoltà che non erano e non sono state lievi per la scelta delle aree e per il loro prezzo di acquisto [10] . Si entrò allora per necessità in collaborazione con gli Uffici del Piano Regolatore, che volentieri inserirono la destinazione delle aree a scopo pastorale secondo criteri urbanistici proposti dall’Arcivescovado [11] su suggerimento dei tecnici, e cioè la divisione dei quartieri secondo il numero degli abitanti, la centralizzazione dei complessi parrocchiali, la considerazione delle nuove grandi vie di traffico veloce e la scelta di terreni possibilmente ancora liberi da nuove costruzioni [12] . Una città di dimensioni finora sconosciute, che si protende verso le sue innumerevoli periferie per ingoiarle fra cemento e asfalto [13] . Questa è Milano, e la Chiesa deve salvare i suoi figli, adattando giorno per giorno i veicoli del suo messaggio [14] .
















[1] La concentrazione napoleonica del 1806 ridusse a 34 tale numero, con conseguenze gravi non tanto per le parrocchie in sé stesse, quanto per le opere di architettura e di arte che in tale circostanza andarono alienate. Basterà ricordare il caso di S. Francesco Grande, chiesa trecentesca a tre navate, la seconda per ampiezza dopo il Duomo, ed ancora visibile nella citata carta del Pinchetti, demolita per far posto alla caserma neoclassica di via S. Valeria; vero delitto compiuto a danno della civiltà, dell’arte e della cultura. RDM, 1960, p. 616.
[2] S. Sepolcro, S. Fedele, S. Stefano, S. Nazzaro, S. Ambrogio, S. Maria del Carmine, S. Alessandro, S. Eufemia. Ibid.
[3] S. Eustorgio, S. Celso, S. Pietro in Gessate, S. Marco, S. Simpliciano, S. Maria delle Grazie, S. Vittore. Ibid.
[4] Incominciarono ad ingrandirsi in modo sproporzionato nel decennio 1925-1935, le parrocchie insediate tra la prima circonvallazione della delle Mura Spagnole (Bastioni) e quella che si chiama la seconda grande circonvallazione di Milano. Ma nelle parrocchie di Milano fino al primo dopoguerra, e cioè fino agli anni 1910-1920, antecedenti alla radicale trasformazione urbanistica della città – che si è resa visibile nel decennio 1925-1935 – si poteva osservare come il rapporto tra numero di abitanti, ubicazione delle chiese e consistenza delle parrocchie rappresentava un optimum che assicurava la cura pastorale di tutti i fedeli. Ciò si dovette non tanto ad un piano urbanistico pastorale studiato per tutta la città, quanto per le capillari necessità insorgenti di volta in volta, senza l’accelerazione pericolosa che si noterà negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, sotto la pressione delle necessità edilizie, originate dalle distruzioni belliche e dall’accentuarsi dell’immigrazione. Si notava anzi, soprattutto per il centro città, una certa abbondanza di chiese di proporzioni vaste, superiori alle necessità pastorali. Ibid., pp. 610-611.
[5] S. Agostino, S. Andrea, S. Croce, Sacro Cuore di GesĂš alla Cagnola, S. Francesca Romana, S. Giovanni in Laterano, S. Luigi, S. Maria alla Fontana, S. Maria delle Grazie al Naviglio, S. Maria del Rosario, S. Maria del Suffragio, S. Maria di Caravaggio, S. Maria di Lourdes, S. Maria in S. Pio V, S. Pietro in Sala, SS. Redentore, SS. TrinitĂ . Ibid., p. 610.
[6] Ibid., p. 617.
[7] Strade uguali, quartieri uniformi, mancanza di pause e di centri sono il risultato della lacuna suddetta.
[8] Appunto a tale periodo appartengono S. Maria Segreta, S. Pietro in Sala, Sacro Cuore alla Cagnola, S. Gioacchino, S. Croce, S. Giovanni in Laterano, S. Maria del Suffragio, S. Gregorio, S. Antonio, parrocchie tutte che soffrono dei mali di cui s’è detto ed ai quali, come si vedrà più avanti, è difficile ancora oggi porre rimedio. Non migliore la situazione delle parrocchie fuori dagli antichi confini comunali, dopo l’annessione di comuni del circondario, Affori, Baggio, Chiaravalle Milanese, Crescenzago, Gorla, Precotto, Greco, Lambrate, Musocco, Niguarda, Trenno e Vigentino, avvenuta nel 1923. In detti comuni rurali la chiesa, piccolo oratorio primitivo, sufficiente per le poche centinaia di abitanti di ogni singolo nucleo, si trovò a dover assumere il ruolo di parrocchia per un numero di abitanti enormemente accresciuto. Ibid., p. 617.
[9] Queste parrocchie, fatte dal ’35 al ’40, dopo la guerra diventarono talora più grosse delle stesse loro consorelle sopra descritte. Basterebbe farne i nomi per averne un’idea: S. Apollinare in Baggio, S. Dionigi in Prato Centenaro, Sacra Famiglia a Rogoredo, S. Giovanni Battista alla Bicocca, S. Giuseppe dei Morenti, S. Giustina in Affori, S. Maria Annunciata in Chiesa Rossa, S. Maria in Beltrade, Casoretto, Bovisa, S. Maria Immacolata, Crescenzago, Greco, Lambrate, Niguarda, Villapizzone, Precotto, S. Michele e S. Rita, SS. Nabore e Felice, SS. Nereo e Achilleo, S. Paolo, S. Protaso e S. Vito al Giambellino. Ibid., p. 611.
[10] Ne venne un servizio immediato alla popolazione, già in sofferenza per l’emigrazione e per i trasferimenti, con carattere missionario di emergenza quale ha la configurazione topografica dei luoghi di culto alla fine degli anni ’50. Ibid.
[11] Non era facile, in una situazione caotica quale si presentava in quegli anni, ottenere soluzioni perfette: per questo si incontrarono obiezioni di ogni genere, malcontenti dei parroci e della popolazione e, quel che p...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Giovanni Battista Montini: Un’idea di Chiesa, le sue chiese
  3. Indice dei contenuti
  4. Abbreviazioni e sigle
  5. Prefazione
  6. Introduzione
  7. I. IL COMITATO “I NOVI TEMPLI”
  8. 1. Le Parrocchie e il divenire urbanistico di Milano tra il XIX e il XX secolo
  9. 2. Il Comitato I Novi Templi dal 1937 al 1943
  10. 3. L’opera del Comitato I Novi Templi dal 1945 al 1953
  11. II. GIOVANNI BATTISTA MONTINI E LE NUOVE CHIESE
  12. 1. Periferia, terra di missione - La caritĂ  lavora
  13. 2. Montini, Arcivescovo di Milano
  14. 3. La nuova attivitĂ  del Comitato delle Nuove Chiese sotto Montini
  15. III. LE VENTIDUE NUOVE CHIESE DEL CONCILIO
  16. 1. Intensificare gli sforzi nell’opera intrapresa a Milano
  17. 2. Il primo progetto di studio per le ventidue Nuove Chiese del Concilio
  18. 3. Il Piano Montini per le ventidue Nuove Chiese del Concilio
  19. 4. La scelta delle dedicazioni delle ventidue Nuove Chiese del Concilio
  20. 5. Finanziamenti e contributi per le Nuove Chiese del Concilio
  21. 6. Il Piano delle costruzioni nel biennio 1962-1963
  22. EPILOGO
  23. APPENDICE
  24. Fonti e bibliografia
  25. Indice dei nomi