La sfida del "caso" Inghilterra
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La sfida del "caso" Inghilterra

Formazione iniziale e reclutamento dei docenti

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La sfida del "caso" Inghilterra

Formazione iniziale e reclutamento dei docenti

About this book

L'evoluzione storica, i paradigmi pedagogici e l'attuale conformazione del sistema di formazione iniziale e di reclutamento degli insegnanti in Inghilterra dovrebbe suscitare numerosi spunti di riflessione per noi italiani. E forse, speriamo, anche di azione. Tra gli aspetti più interessanti, la pluriformità dei percorsi di accesso all'insegnamento, il rapporto sistematico tra teoria e pratica, le forme di collaborazione tra istituzioni scolastiche e università.
Questi e altri elementi contribuiscono a formare un modello molto distante da quello non solo vigente nel nostro Paese, ma anche in fase di attuazione dopo la legge 107/2015. In Italia, infatti, continua a regnare un centralismo che prevede percorsi di formazione iniziale per gli insegnanti uniformi, lunghi, costosi e incerti, una faticosa e alambiccata relazione tra teoria e pratica, una mai interrotta diffidenza tra scuola e università. Allora perché non guardare come si risolvono in casa d'altri gli stessi problemi quantitativi e qualitativi che abbiamo anche noi? Il caso inglese fornisce numerosi spunti in proposito. Per non ripetere errori del passato e affrontare al meglio le sfide del futuro.

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1. Liberalismo e sussidiarietà

Il primo dato riguarda un sottofondo ideale e politico che ha nella cultura del liberalismo e della sussidiarietà due assi portanti capaci di guidare le politiche pubbliche, valorizzando le migliori iniziative del “privato sociale”, sull’onda della c.d. “ Big Society [1] : tutto questo si traduce e si concretizza, nel caso in esame, in una multiformità di percorsi per diventare insegnante, in costante aggiornamento e mutamento, tanto flessibile ai bisogni del sistema scolastisco, quanto alle necessità socio-culturali, attenta alle dinamiche territoriali così come a quelle internazionali, in una prospettiva glocal .
Sul tema, per analogia, può forse essere utile riportare alcuni illuminanti passi di Tocqueville, che parlando del caso americano, rilevava:
Vi sono paesi in cui un potere in certo modo esterno al corpo sociale agisce su di esso e lo costringe a muoversi in una certa direzione, ve ne sono altri in cui la forza è divisa, poiché tutto è posto contemporaneamente dentro e fuori della società. Niente di simile avviene negli Stati Uniti; la società vi agisce da sola e su sé sola. Non esiste forza fuori di lei e non si trova alcuno che osi concepire e soprattutto esprimere l’idea di cercarne altrove. Il popolo partecipa alla formazione delle leggi, poiché sceglie i suoi legislatori, all’applicazione di esse, perché nomina gli agenti del potere esecutivo. Si può dire che esso governa da solo, tanto è debole e ristretta la parte lasciata all’amministrazione, e tanto questa risente della sua origine popolare e obbedisce alla potenza da cui emana. Il popolo regna nel mondo politico americano come Iddio regna nell’universo. Esso è la causa e il fine di ogni cosa: tutto nasce da lui e tutto finisce in lui [2] .

Oppure, partendo da un ipotetico esempio, così spiegava la vitalità della società civile americana:
Sopravviene, per esempio, un ingombro nella pubblica strada, il passaggio è interrotto, la circolazione arrestata: subito i vicini si costituiscono in corpo deliberativo e da questa improvvisata assemblea uscirà un potere esecutivo che rimedierà al male, prima ancora che l’idea di un’autorità preesistente agli interessati si sia presentata all’immaginazione di alcuno. Se si tratta di divertimenti, ci si assocerà ugualmente per dare alla festa più splendore e regolarità. Ci si unisce, infine, per resistere a nemici di natura tutta intellettuale: si combatte in comune, per esempio, l’intemperanza. Negli Stati Uniti ci si associa con scopi con scopi di sicurezza pubblica, di commercio e di industria, di morale e di religione. Nulla vi è che la volontà umana disperi di raggiungere con l’azione libera del potere collettivo degli individui [3] .

Oppure ancora si domandava:
Come succede che negli Stati Uniti, in cui gli abitanti sono arrivati ieri sulla terra che occupano senza portarvi né usi né ricordi, in cui si incontrano per la prima volta senza riconoscersi, in cui in una parola l’istinto patriottico può appena esistere, ognuno si interessi agli affari del proprio comune, della propria contea e di tutto lo stato come ai suoi particolari? Succede, perché ognuno nella sua sfera, prende parte attiva al governo della società. Negli Stati Uniti l’uomo del popolo ha capito l’influenza che la prosperità generale ha nel suo benessere: idea così semplice e tuttavia così poco conosciuta dal popolo. Inoltre si è abituato a considerare questa prosperità come opera sua. Egli vede dunque nella fortuna pubblica la propria e lavora al bene dello stato, non soltanto per dovere o per orgoglio, ma direi quasi per interesse [4] .






[1] D. Cameron, The big society, Discorso alla Liverpool Hope University, Office of the British Prime Minister, London, 19 luglio 2010, http://www.number10.gov.uk/news/big-society-speech/.
[2] A. De Tocqueville, La Democrazia in America (1835-1840), Rizzoli, Milano 2015, p. 67.
[3] Ibid., p. 201.
[4] Ibid., p. 244.

2. Differenziazione lungo tutto il percorso (pre-durante-post)

La seconda caratteristica che emerge, forse la più vistosa se paragonata alla situazione italiana, riguarda la marcata differenziazione dei percorsi e delle carriere (l’opposto del “ moloch ” del concorso statale napoleonico!), capace di essere da un lato molto più inclusiva dei modelli dell’Europa continentale (pensiamo alla possibilità di diventare docente dopo aver svolto un’altra professione), assicurando ad ogni aspirante docente una concreta chance di diventarlo. La percentuale di insegnanti formati tramite “vie alternative” rispetto a quella accademica è aumentata da circa il 2% del 1997 al 20% del 2009 e come si è visto continua a crescere fino a superare il 50% negli ultimi anni [1] .
Una diversificazione, però, che non riguarda solo la fase inziale ma che prosegue come possibilità di un innalzamento del sistema per tutto il corso della carriera professionale della singola persona: «vediamo un corpo docente sempre più differenziato, sia per via di immissione, sia per la natura delle diverse responsabilità» [2] .




[1] Cfr. G. Whitty, Recent developments in teacher training and their consequences for the “University Project” in education, cit., p. 470.
[2] A. Childs- I. Mender, Teacher education in 21st century in England. A case study in neoliberal public policy, cit., p. 101.

3. Autonomia e controllo: freedom e accountability

Un terzo elemento riguarda il corretto funzionamento di un sistema dotato di pesi e contrappesi ( checks and balances ) dove il centro si limita ad un ruolo di previsione del fabbisogno, controllo e supervisione, mentre le autonomie [1] (degli enti locali e delle singole istituzioni scolastiche) gestiscono, ciascuna con le proprie competenze e peculiarità, l’ordinaria amministrazione. Da segnalare che negli ultimi anni l’aumento del livello di autonomia delle singole istituzioni scolastiche (si pensi, per esempio, alle academies [2] e alle free schools ), è stato accompagnato da un conseguente innalzamento del grado di controllo “centralizzato” del sistema (anche se in misura non paragonabile con le esperienze europee continentali e, tantomeno, con il caso italiano).




[1] Per un approfondimen...

Table of contents

  1. Copertina
  2. LA SFIDA DEL “CASO” INGHILTERRA
  3. Indice dei contenuti
  4. Avvertenza
  5. I. UN SISTEMA IN CONTINUA EVOLUZIONE FIN DALLE SUE FONDAMENTA (1800-1944)
  6. Cenni introduttivi sul sistema educativo inglese
  7. Gli albori della formazione degli insegnanti in Inghilterra e l’invenzione del Teacher’s Certificate
  8. II. 1944-1963: UNA VISIONE PER IL FUTURO DELLE SCUOLE INGLESI
  9. Gli anni del dopoguerra: “Secondary Education for All”
  10. Il “MacNair Report” (1944): stato dell’arte…
  11. … proposte …
  12. … e un punto di dibattito: la nascita dell’ATO (Area Training Organisation)
  13. III. 1963-1984: «THE ACADEMIC DRIFT»
  14. Il “Robbins report” (1963)
  15. Il “James report” (1972)
  16. IV. 1984-1997: I GOVERNI CONSERVATORI TRA STATO E MERCATO
  17. Gli anni ’80: controllo centrale e diversificazione
  18. Le partnership scuole-università e le prime vie “alternative” all’insegnamento
  19. Una formazione sempre più “school-based”
  20. V. 1997-2010: IL NEW LABOUR TRA CONTINUITÀ E INNOVAZIONI
  21. a) Una formazione diretta nelle scuole, sempre più pratica: “Employment-based route into teaching”
  22. b) Il tentativo (fallito) di instaurare un National Curriculum per la formazione dei docenti
  23. c) L’avvio di percorsi innovativi di accesso all’insegnamento
  24. VI. 2010-2018: SFIDE PRESENTI E PROSPETTIVE FUTURE
  25. L’esperienza del governo di coalizione
  26. Quale rapporto tra teoria-pratica, scuola-università?
  27. Quali obiettivi per il prossimo futuro?
  28. Anno di prova, reclutamento e status dei docenti
  29. VII. SPUNTI SINTETICI SUL MODELLO INGLESE
  30. 1. Liberalismo e sussidiarietà
  31. 2. Differenziazione lungo tutto il percorso (pre-durante-post)
  32. 3. Autonomia e controllo: freedom e accountability
  33. 4. Una formazione professionalizzante
  34. 5. Un sistema costoso
  35. 6. Sindacati non conflittuali
  36. 7. Una linea di continuità nelle “policies”
  37. Bibliografia