Un Corano che cammina
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Un Corano che cammina

Fondamenti di pensiero educativo, didattica e pedagogia islamica

Francesca Bocca-Aldaqre

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Un Corano che cammina

Fondamenti di pensiero educativo, didattica e pedagogia islamica

Francesca Bocca-Aldaqre

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«"Qual era la personalità del Profeta?" "Egli era un Corano che camminava tra noi"». Su questa incisiva descrizione, conosciutissima nel mondo musulmano, si basa l'interezza della pedagogia islamica; cioè il processo tramite il quale formare individui che si conformino al modello coranico. In quest'opera si analizzerà in primo luogo l'evoluzione della pedagogia nel mondo islamico, tramite un commento alla trattatistica classica e una panoramica delle istituzioni educative (kuttab, madrase e Università). Dopo un'analisi del declino del pensiero islamico e una breve prospettiva storica, la pedagogia islamica moderna – specialmente quella di stampo riformista – verrà presentata nella seconda parte del libro, assieme ad un quadro teorico originale che collega le fonti teologiche alla moderna psicologia dello sviluppo, gettando le basi di una filosofia islamica dell'età evolutiva.

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Information

Year
2018
ISBN
9788838247668

Al-Ghazāli e la codifica della pedagogia islamica

Uno dei pensatori fondamentali per la codifica della pedagogia islamica è al-Ghazāli (1058-1111 d.C.), che si occupa di questa disciplina in tre delle sue opere; nella “Bilancia dell’azione” ( Mizān al- amal ) discute sia le tipologie di discipline e le varie metodologie di insegnamento che che l’importanza della relazione tra maestro ed allievo nella società islamica. Nel suo lavoro principale invece, il “Ravvivamento delle Scienze Religiose” ( Iḥyā’ ulūm al-dīn ), nel ventiduesimo libro “Disciplinare l’anima, raffinare il carattere, e curare la malattia del cuore”, parla della virtù dell’istruire i giovani e dell’importanza di non trascurarne l’educazione; nel suo saggio “O Figlio!” [1] ( Ayyuha al-walad ), infine, stabilisce il fondamento pratico della sua teoria dell’educazione.

Lo scopo dell’educazione
Proseguendo quindi oltre le considerazioni educative embrionali formulate da ibn-Saḥnun, e i fondamenti a metà strada tra la filosofia e la religione proposti da Miskawayh, al-Ghazāli compie il passo decisivo e formula una definizione dello scopo dell’educazione islamica: «Conoscere il significato dell’obbedienza e servire Dio», ovvero un adempimento del versetto Coranico: «È solo perché mi adorassero che ho creato [...] gli uomini» [2] . Nella Bilancia dell’Azione, afferma: «Le scienze costituiscono una serie di tappe successive per pervenire a Dio Possente e Sublime» [3] . Nonostante affermazioni simili possano sembrare anacronistiche e irrilevanti per l’istituzione di una pedagogia islamica contemporanea, è necessario notare la sottigliezza che soggiace all’osservazione di al-Ghazāli: conoscendo quale sia, nell’ottica islamica, lo scopo della vita umana, egli cerca di gettare le basi di un modello pedagogico che adempia a ciò. Nella società postmoderna in cui viviamo, non è forse l’autorealizzazione lo scopo della vita? E non si definisce l’obiettivo dell’educazione come “realizzare il pieno potenziale del bambino”? Al-Ghazāli coglie questa intima connessione tra contenuto dell’insegnamento e ideale antropologico, e formula quindi una definizione essenziale e teologicamente corretta, la prima della storia dell’Islam.

Il contenuto educativo
Dalla chiara definizione, discendono alcune considerazioni sul contenuto dell’educazione, sui modi per acquisirla e sulla gerarchia spirituale delle discipline.
In primo luogo, non tutti i tipi di intelletto, cioè di canali che permettono l’acquisizione della conoscenza, sono equivalenti. Al-Ghazālī propone una dicotomia tra intelletto istintivo o acquisito; il primo “esiste potenzialmente nel fanciullo come potenzialmente esiste una palma nel nocciolo del dattero” [4] , ed è quindi concetto di valenza pedagogica fondamentale. Operata questa distinzione, Ghazālī si occupa di individuare quale conoscenza sia maggiormente benefica; in seguito propone ai suoi studenti un “esercizio spirituale” per determinare verso che studi orientarsi; infine illustra il nesso tra conoscenza e responsabilità.
Dopo aver gettato le basi del modello educativo, al-Ghazālī si occupa anche delle divisioni della conoscenza, e quindi di quali siano quelle benefiche e quelle dannose. Tale distinzione è in linea con la tradizione islamica più ortodossa e con l’ḥadīth secondo il quale il Profeta era solito dire: «O Dio, mi rifugio in Te dalla conoscenza inutile» [5] . Ghazālī consiglia quindi agli studenti di riflettere prima di avviarsi allo studio di una disciplina, e di prendere il tempo necessario per “esamina[re] un campo del sapere e assicurarsi che migliori il tuo cuore e pulisca la tua anima” [6] . Un altro esercizio spirituale che al-Ghazali propone ai suoi studenti è quello di immaginare di avere a propria disposizione solo una settimana di vita: “Certamente non vi occupereste della giurisprudenza, né delle teorie e dispute legali; [...] anzi, prestereste attenzione al vostro cuore, indaghereste la vostra anima abbandonando i vostri legami con il mondo e purificandola dai suoi tratti deplorevoli e orientereste la vostra attenzione all’amore di Dio” [7] . Da giurista, Ghazālī si basa anche sulla distinzione tra “dovere individuale” ( farḍ aīn) e “dovere collettivo” [8] ( farḍ kifāya), proponendo un suo personale criterio di discriminazione: quella conoscenza che porta al risanamento della propria intenzione è necessaria per ogni musulmano.
Il concetto stesso di educazione proposto da Ghazali è profondamente bilanciato tra importanza attribuita alle facoltà razionali e vita religiosa autentica. Egli mette in guardia il lettore dalla ricerca di una conoscenza teorica che non si rifletta nella pratica, e dall’orgoglio che a volte si impossessa di coloro che si dedicano allo studio e alla sapienza [9] . Con la sua abituale profondità, Ghazālī espone anche il concetto di conoscenza come responsabilità; partendo dal ḥadīth secondo il quale: “Colui che soffrirà maggiormente il Giorno del Giudizio è colui che ha conoscenza che Dio gli ha reso inutile” e da altri detti di sapienti musulmani, egli spiega che la conoscenza, e quindi l’istruzione tutta, è valida soltanto se si traduce in buone azioni, e che anzi la conoscenza che rimane teorica è dannosa [10] . Tratta anche vari versetti Coranici, nei quali il Paradiso è promesso a coloro che “credono e compiono le buone azioni”, per arrivare a concludere che l’educazione è utile solo se si traduce in fede e opere.
Ghazālī ammonisce anche i suoi studenti da un rischio, quello di perdere autenticità nella propria conoscenza; molti predicatori, infatti, erano soliti limitarsi alla ripetizione continua di versi poetici o versetti coranici, senza che questi operassero un vero cambiamento nella loro spiritualità. Egli quindi consiglia ai suoi studenti di evitare di menzionare alcunché, se l’oratore non riceve ammonizioni per sé [11] .
L’ultimo aspetto riguardante il contenuto dell’educazione ghazaliana riguarda il ruolo della conoscenza, basandosi sul ḥadīth: «Dio non guarda alle vostre apparenze o ai vostri beni; guarda invece ai vostri cuori e alle vostre azioni» [12] . Il nucleo di ogni azione umana, fosse anche nobilissima come la ricerca della conoscenza o l’insegnamento, è l’intenzione che la motiva. L’intenzione, quindi, è la prima qualità verso la quale l’uomo deve ...

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