Epistemologia matematica e psicologia
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Epistemologia matematica e psicologia

Ricerca sulle relazioni tra la logica formale e il pensiero reale

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Epistemologia matematica e psicologia

Ricerca sulle relazioni tra la logica formale e il pensiero reale

About this book

Due studiosi del secolo scorso, un noto epistemologo, biologo e psicologo (J. Piaget), ed un grande logico, ricco di cultura filosofica ed umanistica (E. W. Beth), a seguito di un'iniziale ed aspra polemica tra loro intercorsa nel 1949 e 1950, decidono successivamente di affrontare insieme un tema insidioso, quale quello del rapporto tra l'epistemologia della matematica e la psicologia genetica. La loro cooperazione produce il presente lavoro, di grande spessore epistemologico, che dopo quasi sessant'anni dalla sua pubblicazione, si rivela ancora di grande attualità. Soprattutto perché getta le basi per un approccio costruttivo ala conoscenza, collocandola in un ambito transculturale, ricco di suggerimenti ed indicazioni innovative, volte al superamento delle vecchie e stantie, vale a dire ideologiche, rigide strutturazioni della conoscenza. Insieme a Logica e conoscenza scientifica e Biologia e conoscenza, entrambi successivi (1967), è il testo che, nell'insieme delle opere piagetiane, assolve più di altri a questo compito. Traduzione a cura di Emilio Gattico

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§1. Descartes

È oggi definitivamente ammesso affermare il fatto che il ragionamento matematico, come ad esempio lo si presenta in una versione perfezionata degli Elementi di Euclide, non possa essere indicato quale successione di sillogismi, appartenenti al sistema di Aristotele [1] .
È possibile interpretare tal fatto secondo l’una o l’altra di due dottrine tra loro incompatibili, ovvero:

1) La teoria del sillogismo non fornisce una completa analisi del ragionamento matematico: una tale analisi sarà però possibile, a partir dal momento in cui la teoria di Aristotele sarà sostituita con una teoria logica espansa, pure mantenendo un simile carattere
2) Il ragionamento matematico consente l’intervento di percorsi che differiscono in maniera essenziale dal sillogismo, di modo che un’analisi logica di questo ragionamento sarebbe impossibile, anche se fosse possibile una teoria logica espansa in modo considerevole.

A seguito delle moderne concezioni della logica, è la prima dottrina quella che risulta corretta. Ciò nonostante per molto tempo filosofi e matematici hanno creduto che occorresse accogliere la seconda. Non è in questa sede possibile né necessario andare alla ricerca dell’origine di questa dottrina. Credo sarà sufficiente mostrare che tale dottrina è stata preconizzata da Descartes e discuterne limitatamente del suo ulteriore sviluppo.
Quello che per Descartes costituisce l’essenziale differenza tra il sillogismo ed il ragionamento matematico, è che il primo, prendendo avvio da premesse universali, immediatamente dà luogo ad una conclusione egualmente universale, mentre il ragionamento matematico comporta l’intervento di una fase intermedia consistente nella contemplazione di un oggetto individuale; in effetti secondo un’osservazione nelle Réponses aux secondes objections [2] :

…è proprio del nostro spirito formare proposizioni generali dalla conoscenza dei particolari.

Questa fase intermedia, caratterizzante il ragionamento matematico rispetto al sillogismo, fa appello all’intuizione; riportiamo alcune righe dalla Règle XIV [3] :

Questa idea generale si trasmette da un soggetto ad un altro se non che per mezzo di una semplice comparazione, tramite la quale affermiamo che l’oggetto cercato, è, secondo questo o quel rapporto, simile, identico od eguale alla cosa data, al punto che in ogni ragionamento è unicamente attraverso la comparazione che noi conosciamo con precisione la verità. E così, ad esempio, nel ragionamento: Ogni A è B, ogni B è C; dunque ogni A è C, si compara ciò che è cercato e ciò che è dato, ovvero A e C, entro questo rapporto, per cui entrambi sono B. Ma, come abbiamo sovente detto, le forme del sillogismo non sono per niente utili per cogliere la verità delle cose ed il lettore ben farà a respingerle del tutto e rendersi conto che ogni conoscenza, che non è acquisita tramite la pura e semplice intuizione di un singolo oggetto, la si acquisisce tramite la comparazione tra due o più oggetti.
Secondo la Quinta Meditazione [4] , è essenziale che l’intuizione concerna un oggetto concreto, seppure non materiale:

…nel momento in cui immagino un triangolo, anche se forse in nessuno luogo del mondo esiste oltre che il mio pensiero una tale figura né che mai vi sia stata, tuttavia questa figura, la quale è immutabile ed eterna, non cessa di avere una certa natura, o forma, o essenza determinata, che io non abbia inventato e che per nessun motivo dipende dalla mia mente: come sembra di ciò che si può dimostrare delle diverse proprietà di questo triangolo, vale a dire che i suoi tre angoli sono eguali a due angoli retti, che l’angolo maggiore è sotteso al lato più grande, ed altre simili, le quali tuttavia, che lo voglia o meno, riconosco con chiarezza ed evidenza che siano sue, sebbene io non vi abbia precedentemente pensato in alcun modo.


[1] [Aristotele (384/383 - 322 a.C.)].
[2] R. Descartes, Oeuvres philosophiques , L. Aimé-Martin, Paris 1842, p. 114.
[3] Ibid. , p. 502.
[4] R. Descartes, op. cit. , p. 84 .

§2. Il problema di Locke-Berkeley

Questa posizione solleva una grave difficoltà, di cui Descartes non se ne è sufficientemente accorto. Se il ragionamento deve condurre ad un oggetto concreto (ad esempio, un triangolo), occorre che si abbia la certezza di ragionare a proposito di un qualsivoglia oggetto, perché si possa giustificare la generalizzazione, che conclude la dimostrazione. Secondo Descartes sembra invece che sia l’essenza del triangolo, e non qualsiasi triangolo, ciò che costituisce l’oggetto dell’intuizione. Ora Locke [1] ha riformulato la concezione di triangolo introducendo la nozione di triangolo generale , il quale non sarebbe né obliquo, né rettangolo, né equilatero, né isoscele e neppure scaleno [2] .
Osserviamo che la posizione filosofica di Locke differisce considerevolmente da quella di Descartes. La concezione cartesiana è del tutto platonica mentre quella di Locke, che rifiuta la dottrina delle idee innate, non può accettare altro che un’ontologia concettualista. Ciò nonostante, per il problema che ci compete in questa sede, una simile differenza di opinioni non assume grande importanza.



[1] [John Locke (1632-1704)].
[2] J. Locke, An Essay Concerning Human Understanding [Printed for The Buffet , and gold by Edw. Mory at the Sign the Three ‘Bibles in St. Pauls’s Church-Yard, London 1690, Libro IV, Ch. 7, § 9; trad. it., Saggio sull’intelletto umano , La Scuola, Brescia 2005].

§3. Soluzione di Berkeley, Hume e Kant

È opportuno a questo punto citare un testo di Berkeley [1] che, con grande chiarezza, ripropone il problema e mostra l’inadeguatezza della soluzione di Locke [2] .
Ma ora ci si chiede come è possibile che noi sappiamo che una certa proposizione è vera per tutti i triangoli, prima di averne visto una dimostrazione tramite l’idea astratta di un triangolo, che è comune per tutti. Effettivamente dal solo fatto che è possibile dimostrare che una proprietà è specifica ad un certo triangolo particolare non consegue che questa appartenga egualmente ad ogni altro triangolo che non gli sia simile per tutti le altre proprietà. Se ad esempio io ho dimostrato che i tre angoli di un triangolo isoscele rettangolo sono eguali a due angoli retti, non posso concludere che questa proprietà sia pertinente a tutti gli altri triangoli, che non hanno né un angolo retto né due lati eguali. Sembra pertanto che, affinché si sia certi che questa proposizione sia vera per qualsiasi triangolo, occorra o fornirne una specifica dimostrazione per ogni triangolo particolare, fatto impossibile, oppure darne una volta per tutte una dimostrazione concernente l’ idea astratta di un triangolo, che comprenda indifferentemente tutti gli altri triangoli e grazie alla quale tutti siano perfettamente rappresentati. Ma di fronte ad una tale affermazione rispondo che, benché l’idea che io abbia nella mia mente, quando eseguo la dimostrazione, sia, ad esempio, quella di un triangolo isoscele rettangolo, che ha due lati di lunghezza determinata, io tuttavia posso aver certezza che questa sia estensibile a tutti gli altri triangoli rettangoli, qualunque sia la loro forma o grandezza. È vero che il diagramma che ho di fronte a me c...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Epistemologia matematica e psicologia
  3. Indice dei contenuti
  4. Introduzione
  5. I.
  6. II.
  7. III.
  8. IV.
  9. V.
  10. VI.
  11. VII.
  12. Bibliografia
  13. PARTE I
  14. I. L’ANALISI DEL RAGIONAMENTO MATEMATICO È INACCESSIBILE ALLA SILLOGISTICA TRADIZIONALE
  15. §1. Descartes
  16. §2. Il problema di Locke-Berkeley
  17. §3. Soluzione di Berkeley, Hume e Kant
  18. §4. Giudizi analitici e sintetici
  19. §5. L’intuizionismo di Descartes e Kant
  20. §6. La geometria non-euclidea
  21. §7. Recenti forme dell’intuizionismo: F.A. Lange, L. Brunschvigc, E. Goblot, H. Poincaré, L.E.J. Brouwer
  22. II. INTERPRETAZIONE PSICOLOGICA DEL RAGIONAMENTO MATEMATICO
  23. §8. J. Stuart Mill
  24. §9. Critica di W. Stanley Jevons
  25. §10. E. Mach, Th. Ziehen, G. Störring e G. Heymans
  26. §11. E. Husserl : il suo preteso anti-psicologismo
  27. §12. F. Enriques e G. Mannoury
  28. III. LA TRADIZIONE LOGISTICA
  29. §13. Posizioni di Aristotele: legame con la pratica delle matematiche greche
  30. §14. Pascal
  31. §15. Leibniz: dimostrazione degli assiomi
  32. §16. Frege: sua influenza su Husserl ed Heymans
  33. §17. Russell: la crisi dei fondamenti
  34. §18. Gli insiemisti: Cantor e Zermelo
  35. §19. Altre reazioni: l’intuizionismo di Brouwer, lo psicologismo di Mannoury e di Enriques, il formalismo radicale di Hilbert
  36. §20. La crisi gödeliana
  37. §21. La deduzione naturale: Gentzen, Curry, Lorenzen
  38. §22. La sintassi e la semantica
  39. §23. Il metodo delle tavole semantiche
  40. §24. Concezioni algebriche e topologiche
  41. IV. DIMOSTRAZIONE STRETTA E PROCEDURE EURISTICHE
  42. §25. Tipologia delle matematiche
  43. §26. Idee di Poincaré, di Hadamard, di Polyà
  44. §27. Ricerca di un metodo contemporaneamente euristico e dimostrativo: Descartes e l’’analisi degli antichi studiosi.
  45. §28. Leibniz ed il problema della decisione
  46. §29. Conservazione dei livelli inferiori: il Metodo di Archimede
  47. §30. Il pensiero originale: creazione od invenzione, costruzione o scoperta? La risposta del platonismo: Frege, Cantor ed Hermite
  48. V. STRUTTURE INTUITIVE E MATEMATICHE FORMALIZZATE
  49. §31. L’intuizione spaziale: Kant, Helmoltz , F. Klein , Nicod , Whitehead e Tarski
  50. §32. L’intuizione temporale: Kant, Bergson, Brouwer e De Groot
  51. §33. L’intuizione finitista secondo Hilbert e l’intuizione dell’infinito
  52. §34. Il platonismo come visione intuitiva reale o pretesa: la critica nominalista
  53. VI. LE “MACCHINE PER PENSARE” ED IL PENSIERO MATEMATICO
  54. § 35. La formalizzazione e la costruzione di una “macchina pensante”
  55. § 36. La costruzione di una “macchina pensante” presuppone la soluzione di un particolare problema di decisione
  56. § 37. Irriducibilità del “salto dai fini ai mezzi” di Brouwer
  57. § 38. Le funzioni ricorsive: problemi insolubili, non-risolvibilità assoluta
  58. § 39. I due gradi di libertà del pensiero matematico: risolvere un problema e porre un problema
  59. § 40. L’evidenza acquisita secondo Bernays
  60. NOTA SULL’IDEA DI “MACCHINA PENSANTE”
  61. SECONDA PARTE
  62. VII. GLI INSEGNAMENTI DELLA STORIA RIGUARDO LE RELAZIONI TRA LA LOGICA E LA PSICOLOGIA
  63. §41. Le tre tappe della storia delle relazioni tra ricerche logiche e psicologiche
  64. §42. Necessità di una coordinazione.
  65. §43. Il punto di vista genetico ed il punto di vista normativo
  66. VIII. GENERALI PROBLEMI PSICOLOGICI DEL PENSIERO LOGICO-MATEMATICO
  67. A - Il problema delle strutture
  68. §44. Le “strutture madri” di Bourbaki
  69. §45. Le strutture di classi e relazioni nelle azioni ed operazioni del soggetto. Formalizzazione del “raggruppamento”
  70. §46. Le due forme di reversibilità (inversione e reciprocità) e la loro combinazione finale in un gruppo di quattro trasformazioni
  71. §47. La primarietà della topologia nella geometria del bambino
  72. §48. Relazioni tra le tre strutture elementari e le strutture madri di Bourbaki
  73. IX. GENERALI PROBLEMI PSICOLOGICI DEL PENSIERO LOGICO-MATEMATICO (seguito)
  74. B - Evidenza, Intuizione ed Invenzione
  75. §49. L’evidenza, le sue variabili e la necessità logica
  76. §50. Invenzione e scoperta
  77. §51. Le molteplici forme della “intuizione” matematica
  78. X. I PROBLEMI PSICOLOGICI DEL PENSIERO “PURO”
  79. §52. Le radici genetiche delle matematiche pure
  80. §53. Il problema psicologico della matematiche pure
  81. §54. Le ragioni psicologiche della formalizzazione
  82. §55. In che senso una formalizzazione del pensiero reale consente una collaborazione dei metodi genetici ed assiomatici
  83. XI. ALCUNE CONVERGENZE TRA LE ANALISI FORMALI E GENETICHE
  84. §56. La costruzione dei numeri naturali
  85. §57. L’errore della riduzione del superiore all’inferiore
  86. §58. I limiti della formalizzazione
  87. XII. PROBLEMI EPISTEMOLOGICI CON INCIDENZE LOGICHE E PSICOGENETICHE
  88. §59. Interpretazione empirista ed apriorismo
  89. §60. L’interpretazione nominalista o linguistica delle matematiche
  90. §61. L’interpretazione platonica delle matematiche
  91. §62. L’interpretazione delle matematiche tramite le leggi della coordinazione generale delle azioni
  92. PARTE III
  93. Indice dei nomi