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La sagra dell'elemosina alla fine del giorno
About this book
Il protagonista è un uomo di mezza età. Abita con l'amata moglie e l'amata figlia quattordicenne a Medicina (Bologna). Dopo tre anni di cassa integrazione è stato licenziato. Si sente inutile. Si sente un peso per la sua famiglia, così decide di fuggire. Nel suo breve viaggio senza speranza abbandonerà tutto, anche la lingua di origine. Alla fine si ritroverà in Corsica. Avrà un solo amico: un gatto disperato. Una storia affondata nel cuore disperso e poetico dell' Italia contemporanea.
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Information


25
Matteo Pazzi
La sagra dell’elemosina alla fine del giorno

Copyright © MMXV
ARACNE editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
www.narrativaracne.it
via Quarto Negroni, 15
00040 Ariccia (RM)
(06) 93781065
ISBN 978-88-548-8317-7
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i paesi.
I edizione marzo 2015
I edizione digitale aprile 2015
Arrivati a un certo punto non si può tornare indietro,
aveva pensato.
Quando si sono viste cose che nessuno ha visto,
vissuto cose che nessuno ha vissuto.
Allora si è condannati.
Jean-Claude Izzo, Il sole dei morenti
What if what you do to survive, kills the things you love
Fear is a powerful thing, it’ll turn your heart black
you can trust.
It’ll take your God filled soul, fill it with devils and dust
Bruce Springsteen, Devils and Dust
Una Piccola Storia di Paura e Amara Libertà
di Alberto Amorelli
Un altro cadavere senza nome. Un altro John Doe.
John Doe… un buona espressione per definire questa epoca storica.
È difficile immaginare che in sole trenta pagine di documento word possa essere racchiuso un mondo e il suo senso ultimo.
La capacità di sintesi e di analisi di Matteo Pazzi rende l’impossibile una realtà ben definita scritta nero su bianco.
In questa seconda opera di narrativa, lo scrittore originario di Este, abbandona la scelta del racconto breve, quasi frammento, presente ne Il Magazziniere Fenomenologico e si lancia in una narrazione di più ampio respiro.
In realtà affida alla sua penna una storia “semplice” una storia come tante altre, quasi a volerci dire che non serve La Grande Storia per appassionarsi alle vicissitudini di un personaggio ma basta lasciarsi trasportare dalla magia oscura, dalla maledizione di una delle tante piccole storie che incontriamo nella vita. Come autori del calibro di John Williams, che con Stoner ci ha regalato la meraviglia dell’abitudine, Matteo Pazzi ci racconta una storia semplice, un piccolo grande dramma quotidiano.
Con una scrittura pulita e sintetica, che richiama il periodare di Don Winslow, seguiamo la fuga di un uomo che ha perso tutto: lavoro, affetti e famiglia.
Il senso di impotenza che spinge il nostro protagonista a fuggire è chiaro specchio di un disagio sociale frequente negli ultimi anni: la disoccupazione che come un macete miete vite e anime. Questa paura, questo senso di inadeguatezza mi ha ricordato una canzone di Bruce Springsteen, Devils and Dust, in cui il “bardo” del New Jersey ci parla di una paura così potente, così tremenda da toglierci ogni speranza.
In questa storia dolorosa ci sono echi della grande letteratura degli sconfitti quella che John Steinbeck ha nobilitato e che molti cantautori americani, in primis proprio Springsteen e Dylan, hanno portato fino ai giorni nostri raccontandoci vita e morte dell’uomo comune.
Sicuramente uno dei pregi di questo romanzo breve è nel riuscire a tracciare una storia amara in modo quasi delicato e trasognato, come se il viaggio, la fuga del protagonista verso il Mar Tirreno, sia un’ordalia spirituale alla fine della quale dell’uomo che incontriamo a inizio romanzo non c’è più nulla, solo un’immagine sfocata, un ricordo.
Siamo di fronte a una faticosa libertà ottenuta a caro prezzo che lascerà il protagonista solo e senza nessuno se non la compagnia catartica di un gatto, animale eletto quasi a spirito guida come in molte poetiche pagine di Murakami Haruki o di Soseki Natsume.
Il finale, dedicato a un punto di vista differente, è simbolico dell’annullamento totale del protagonista, della fine della sue discesa nel suo inferno personale, fino a trovare quasi un paradossale e autistico eterno purgatorio, anche perché l’autore, nella meravigliosa poesia che chiude il romanzo, ci ricorda che: “(…) si può decidere di fuggire per sempre ma nulla mai ci abbandona davvero (…)”
La fuga è forse un’egoistica panacea per fuggire al nostro ego offeso e maltrattato? Ci porterà davvero una libertà tanto agognata?
Parte prima. Mar Tirreno
Capitolo 1
È salito in auto.
È partito.
Non sa dove sta andando.
Sta andando e basta.
Capitolo 2
Mare, un calendario di sorrisi indecifrabili immerso in un gomitolo di onde. Le onde sbattono contro lo scafo emettendo un suono simile a un tappo di sughero mentre viene sfilato dal collo di una bottiglia. Guarda il mare. Non pensa a niente. Andare.
Sul ponte del traghetto fa freddo. Gennaio. Inverno. Un vento gelido gli sferza il viso. Osservando la terraferma allontanarsi, si accorge di non provare niente.
Vuoto.
Capitolo 3
Traghetto Livorno-Olbia. Ha abbandonato l’auto nei paraggi della stazione ferroviaria di Livorno. Ha preso un autobus e il resto è evidente. Inutile sprecare parole o inchiostro.
Sala passeggeri. Posti a sedere. Sedie di plastica blu...
Table of contents
- Copertina