Mente e morale
eBook - ePub

Mente e morale

Una piccola introduzione

Mario De Caro, Massimo Marraffa

Share book
  1. Italian
  2. ePUB (mobile friendly)
  3. Available on iOS & Android
eBook - ePub

Mente e morale

Una piccola introduzione

Mario De Caro, Massimo Marraffa

Book details
Book preview
Table of contents
Citations

About This Book

Questo libro si propone di introdurre il lettore alla feconda interazione tra riflessione filosofica e ricerca scientifica. A questo scopo sono discussi una serie di casi esemplari, in cui i risultati delle scienze della mente e del cervello sono stati felicemente innestati sul corpo della riflessione filosofico-morale tradizionale. Cosi, le indagini teorico-sperimentali delle scienze cognitive illuminano in modo nuovo il problema del libero arbitrio, i risultati della psicologia sociale e della neuroscienza cognitiva arricchiscono le tradizionali riflessioni sulla responsabilità morale, mentre psicologia evoluzionistica, economia comportamentale e antropologia culturale indagano le radici dell'altruismo e della cooperazione, dando speranze per il futuro dell'umanità.

Frequently asked questions

How do I cancel my subscription?
Simply head over to the account section in settings and click on “Cancel Subscription” - it’s as simple as that. After you cancel, your membership will stay active for the remainder of the time you’ve paid for. Learn more here.
Can/how do I download books?
At the moment all of our mobile-responsive ePub books are available to download via the app. Most of our PDFs are also available to download and we're working on making the final remaining ones downloadable now. Learn more here.
What is the difference between the pricing plans?
Both plans give you full access to the library and all of Perlego’s features. The only differences are the price and subscription period: With the annual plan you’ll save around 30% compared to 12 months on the monthly plan.
What is Perlego?
We are an online textbook subscription service, where you can get access to an entire online library for less than the price of a single book per month. With over 1 million books across 1000+ topics, we’ve got you covered! Learn more here.
Do you support text-to-speech?
Look out for the read-aloud symbol on your next book to see if you can listen to it. The read-aloud tool reads text aloud for you, highlighting the text as it is being read. You can pause it, speed it up and slow it down. Learn more here.
Is Mente e morale an online PDF/ePUB?
Yes, you can access Mente e morale by Mario De Caro, Massimo Marraffa in PDF and/or ePUB format, as well as other popular books in Philosophie & Ethik & Moralphilosophie. We have over one million books available in our catalogue for you to explore.

Information

Year
2016
ISBN
9788861052376

Capitolo 1

Coscienza, libero arbitrio e responsabilità

Negli ultimi decenni la discussione sul venerando enigma del libero arbitrio è stata segnata da un gran numero di contributi rilevanti provenienti dalle scienze che indagano il mondo umano, come le neuroscienze, le scienze psicologiche e la sintesi neodarwiniana (che al suo interno, oltre alla teoria dell’evoluzione, include la genetica). La questione fondamentale che è stata discussa è se – e nel caso con quali modalità e in quale misura – queste nuove acquisizioni scientifiche lascino ancora aperta la possibilità di concepire gli esseri umani come dotati di libero arbitrio e responsabilità morale per le azioni che essi appaiono compiere intenzionalmente. In questo modo è tornato in auge un metodo classico di sviluppare la discussione filosofica sul libero arbitrio e le responsabilità umane: il metodo imperniato sul confronto delle nostre più profonde intuizioni riguardo a noi stessi con le acquisizioni scientifiche sulla struttura causale del mondo naturale di cui, in quanto esseri fisici, anche noi facciamo parte. Tale metodo di indagine era già stato utilizzato da molti dei maggiori filosofi dell’età moderna (come, per esempio, Cartesio, Leibniz, Hume e Kant); per buona parte del Novecento, però, esso era stato sostanzialmente sostituito dalla pura analisi concettuale – un metodo che, per come veniva esercitato allora, prescindeva del tutto dai risultati delle scienze.
In questo capitolo discuteremo in particolare dei tentativi di studiare i problemi del libero arbitrio e della responsabilità morale tenendo conto degli importanti risultati ottenuti dalle scienze psicologiche e dalle neuroscienze negli ultimi decenni. Dopo aver distinto il problema del determinismo (§1.1) da quello dell’epifenomenismo (§1.2), prenderemo in esame il programma di ricerca sorto dai classici studi di Benjamin Libet sull’avvio dell’azione e la consapevolezza dell’intenzione di agire (§1.2.1). Presenteremo poi alcuni esempi dell’immensa letteratura in psicologia sociale e neuropsicologia cognitiva volta a indagare la confabulazione delle cause dell’azione (§1.2.2), per volgere quindi l’attenzione alla teoria elaborata da Daniel Wegner sui meccanismi all’origine della “illusione della volontà cosciente” (§1.2.3), nonché alla letteratura “situazionista” in psicologia sociale (§1.2.4). Nel loro complesso, i dati accumulati da queste tradizioni di ricerca impongono, a nostro giudizio, una revisione (ma non l’eliminazione) dell’immagine ordinaria di un agente che, di regola, dà origine autonomamente ai propri comportamenti e consapevolmente li controlla: l’evidenza sperimentale ha infatti mostrato con chiarezza che le cause (o fattori motivazionali) del comportamento spesso sono inaccessibili all’introspezione e, in molti casi, differenti dai “motivi” che il soggetto offre per giustificare i propri atti. Inoltre i dati empirici hanno mostrato che le facoltà cognitive tradizionalmente associate al libero arbitrio (come il perseguimento di scopi, la valutazione e il giudizio, il ragionamento e la risoluzione di problemi, le condotte interpersonali e la capacità di originare e controllare l’azione) sono spesso esercitate in assenza di una scelta o di una guida cosciente. Infine disponiamo oggi di molte prove di quanto spesso e quanto profondamente i processi psichici possano essere influenzati da stimoli ed eventi presenti nell’ambiente circostante, senza che l’agente abbia il minimo sentore di una simile influenza.
Secondo molti studiosi i risultati che arrivano dalle scienze rappresentano una grave minaccia per la nostra concezione di noi stessi in quanto agenti coscienti, razionali e responsabili: e ciò perché questi risultati dimostrerebbero che – al contrario di ciò che presumono il senso comune e una plurisecolare tradizione filosofica e psicologica – noi non siamo mai in grado di controllare ciò che facciamo: non siamo cioè mai liberi né responsabili. Nell’ultimo paragrafo (§1.3), tuttavia, esploreremo la possibilità di un’interpretazione meno pessimistica dei dati scientifici di cui disponiamo.
1.1 Compatibilismo e incompatibilismo
La definizione di libero arbitrio è problematica; per esempio non c’è accordo se tale concetto si applichi solo all’agire o concerna anche la volontà oppure se richieda che la scelta dell’agente di agire in un determinato modo possa essere determinata da fattori al di là del suo controllo. Tradizionalmente, però, è assai meno controversa l’assunzione secondo cui il libero arbitrio ha due requisiti che, presi singolarmente, sono condizione necessaria per il suo possesso da parte di un agente e, presi congiuntamente, ne sono condizione sufficiente. In questa prospettiva, nessuna concezione del libero arbitrio può dirsi adeguata se non è in grado di dare conto di entrambi i requisiti.
Secondo il primo, il “requisito delle possibilità alternative”, il libero arbitrio presuppone che all’agente si prospettino diversi corsi d’azione alternativi. Detto altrimenti: c’è un senso in cui, al momento di compiere un’azione libera, un agente potrebbe compierne una alternativa. Il requisito delle possibilità alternative tuttavia non basta: la nozione di libero arbitrio implica, infatti, che la scelta tra questi corsi d’azione alternativi non avvenga casualmente, non sia cioè il prodotto di fattori fuori dal controllo dell’agente (come accade, per esempio, se egli decidesse quale azione compiere in base al lancio di una moneta). È dunque necessario che la scelta tra i corsi d’azione alternativi sia effettivamente determinata dall’agente o, almeno, che questi svolga un ruolo causalmente efficace nell’attualizzazione di quello specifico corso d’azione (detto altrimenti: un agente, per esercitare il libero arbitrio, deve controllare le azioni che compie). Il secondo requisito del libero arbitrio è detto dunque “requisito dell’autodeterminazione”. La domanda iniziale che ci si deve porre se si vuole indagare il libero arbitrio dunque è: come deve essere fatto il mondo affinché questi due requisiti possano darsi congiuntamente?
Per rispondere a questa domanda, occorre riferirsi a un’importante distinzione scientifico-metafisica: quella tra determinismo e indeterminismo ossia, più specificamente, tra le versioni di queste nozioni rilevanti per la visione scientifica del mondo (in effetti, esistono anche diverse versioni di determinismo come, per esempio, il determinismo teologico e il determinismo logico). Il determinismo scientifico è la tesi secondo la quale ogni evento è effetto di un insieme di altri eventi che lo determinano causalmente, ossia lo necessitano in accordo alle leggi di natura e dunque, congiuntamente presi, ne rappresentano la causa sufficiente. Su questo sfondo, è possibile raggruppare la maggior parte delle proposte filosofiche sul libero arbitrio in due grandi famiglie.
Secondo le concezioni che formano la famiglia dell’incompatibilismo, il libero arbitrio è inconciliabile con il determinismo. Questa famiglia teorica si divide a sua volta in due sottofamiglie. La prima è quella dell’illusionismo, secondo il quale il determinismo è vero e conseguentemente il libero arbitrio è impossibile: una tesi evidentemente molto radicale che molti ritengono inaccettabile, ma che ha guadagnato molti fautori negli ultimi decenni. La seconda concezione è il libertarismo, che afferma tanto che il determinismo è falso quanto che gli esseri umani sono dotati del libero arbitrio. I libertari, inoltre, si dividono in due sottofamiglie: secondo la prima, al livello degli eventi neurali il libero arbitrio richiede una rottura indeterministica dei processi causali che fa sì che gli agenti possano decidere e determinare le loro azioni senza essere a loro volta determinati; la seconda sottofamiglia (che si ispira a Kant), invece, sostiene che il libero arbitrio può essere concepito solo su un piano concettuale diverso da quello della causalità naturale. Contro queste concezioni sono state mosse varie obiezioni. Le principali sono che esse, postulando uno spazio speciale (che esso abbia carattere causale oppure concettuale) per gli esseri umani, mettono a repentaglio l’unitarietà del mondo naturale e che l’indeterminismo su cui tali concezioni fondano il libero arbitrio altro non sarebbe che il caso – e il caso nulla ha a che fare con la libertà!
La seconda famiglia di concezioni è quella del compatibilismo, secondo cui il libero arbitrio è compatibile con il determinismo e anzi – a parere di molti fautori di questa concezione – addirittura lo richiede. Secondo la versione tradizionale del compatibilismo (risalente a Locke, Leibniz, Hume e Mill), ciò che conta per il libero arbitrio è che le nostre azioni siano causate dalla nostra volontà, anche se questa è interamente determinata. Ai fautori di questa concezione si pone evidentemente il problema di dare conto del primo dei succitati requisiti del libero arbitrio ossia quello delle possibilità alternative. La soluzione tradizionalmente preferita dai compatibilisti è di interpretare questo requisito in termini condizionali: nel senso che la frase “quell’agente avrebbe potuto agire diversamente da come di fatto ha agito” andrebbe interpretata come sinonima di “se avesse scelto diversamente, avrebbe agito diversamente”. Questa interpretazione del requisito delle possibilità alternative sembra, in effetti, compatibile con il determinismo; tuttavia è molto dibattuto se essa dia effettivamente conto del significato del requisito nella sua formulazione originaria.
Recentemente, però, Daniel Dennett, Alfred Mele e altri hanno proposto una versione innovativa di compatibilismo – detta appunto “nuovo compatibilismo” – secondo cui il libero arbitrio non presuppone il requisito delle possibilità di azioni alternative. A parere di Dennett e Mele, quando giudichiamo se un agente ha compiuto un’azione liberamente, ciò che ci interessa è solo se egli è in grado di offrire ragioni razionali a sostegno dell’azione che ha compiuto, cioè se sia in grado di mostrare che quell’azione riflette la sua identità personale e i fini, le credenze, i valori in cui egli si identifica. Il determinismo, si noti, non impedisce affatto il darsi di tale condizione: esso, infatti, implica solamente che le nostre scelte siano univoche (non potremmo cioè compierne di diverse rispetto a quelle che compiamo), ma non che esse non possano essere razionali. D’altra parte, quando noi operiamo una scelta razionale, ne segue che se facessimo una scelta diversa, saremmo irrazionali: e l’irrazionalità è ovviamente incompatibile con la libertà. Per i nuovi compatibilisti, dunque, la razionalità è il segno della libertà.
Negli ultimi anni è stata anche affinata l’analisi dell’altro requisito del libero arbitrio, il requisito dell’autocontrollo, che richiede che l’agente controlli causalmente le azioni che compie. Più specificamente oggi si ritiene che, per controllare causalmente un’azione (e dunque per poter esercitare il libero arbitrio), l’agente (i) possieda la capacità di prendere in esame, in modo consapevole, le ragioni in favore del compimento di quell’azione; (ii) abbia la capacità di governare le proprie azioni sulla base di tali ragioni e (iii) sia in grado di esercitare tali capacità prima di compiere l’azione. Queste precisazioni sul modo in cui l’agente deve controllare le proprie azioni affinché queste si possano dire libere sono oggi accettate dalla maggior parte dei compatibilisti e dei libertari. Tuttavia, mentre per i nuovi compatibilisti ciò è sufficiente a definire l’idea del libero arbitrio, per i compatibilisti tradizionali e i libertari occorre anche mostrare in che senso agli agenti si presentino possibilità alternative di azione.
Tuttavia, come detto, molti autori contemporanei si dichiarano scettici rispetto a tutte le proposte di soluzione del problema del libero arbitrio e anzi parecchi di loro arrivano ad affermarne il carattere di mera illusione – e per questo la loro concezione è detta “illusionismo”. Assai spesso, inoltre, oggi le posizioni illusionistiche trovano sostegno nei copiosi risultati che arrivano dalle scienze cognitive.
1.2 L’inconscio cognitivo e le minacce al libero arbitrio
Alcuni filosofi interessati al libero arbitrio hanno interpretato in senso scettico i risultati provenienti dalle scienze cognitive. Più specificamente, alcuni di loro, hanno difeso la concezione detta eliminazionismo; altri quella detta epifenomenismo.
Secondo l’eliminazionismo, la comprensione ordinaria del mentale non dipende dal nostro presunto accesso introspettivo alle operazioni interne della mente, bensì da una teoria o, per meglio dire, una “proto-teoria” che sorge spontaneamente in tutti noi al fine di spiegare e prevedere i comportamenti umani. Questa proto-teoria, detta “psicologia ingenua”, è composta da un insieme di generalizzazioni intuitive che riguardano un vasto repertorio di fenomeni mentali (desideri, credenze, intenzioni, timori ecc.). Questi fenomeni mentali sono le “entità teoriche” della psicologia ingenua (nello stesso senso in cui gli atomi sono le entità teoriche della microfisica che ci permettono di spiegare e prevedere l’accadere di determinati eventi macroscopici).
Prendiamo ad esempio una semplice spiegazione del comportamento basata sull’attribuzione di stati mentali “intenzionali”, i cui casi prototipici sono le credenze e i desideri. Le credenze sono stati mentali che tentano di rappresentare il mondo com’è. La mia credenza che Trieste sia a ovest di Napoli rappresenta il mondo in un certo modo ed è vera se e solo se il mondo è fatto in quel certo modo – detto altrimenti, il modo in cui è fatto il mondo (lo “stato di cose”) è la “condizione di verità” della mia credenza. I desideri invece rappresentano il mondo non come esso è, ma come noi vorremmo che fosse: e questi fenomeni mentali non hanno condizioni di verità, ma “condizioni di soddisfacibilità”. Così, il mio desiderio di avere una pizza per cena viene soddisfatto se e solo se avrò effettivamente una pizza per cena – tale stato di cose è la condizione di soddisfacimento del mio desiderio. Di norma, le condizioni di verità e di soddisfacimento sono denominate il “contenuto” delle credenze e dei desideri che le possiedono.
Supponiamo allora di osservare un certo comportamento: per esempio, Paolo è uscito di casa portando con sé l’ombrello. Una tipica spiegazione intenzionale potrebbe essere: Paolo è uscito portando con sé l’ombrello perché credeva che stesse piovendo, desiderava non bagnarsi e credeva di poter soddisfare tale desiderio utilizzando un ombrello. Si noti l’uso dell’espressione “perché” in questo ambito: essa sta a indicare che la causa del comportamento di Paolo viene ricondotta al contenuto dei suoi atteggiamenti di credenza e desiderio. Secondo la psicologia ingenua, dunque, gli stati intenzionali sono efficaci causalmente: la teoria psicologica ingenua include, infatti, generalizzazioni secondo cui le cause dei nostri comportamenti sono stati intenzionali come credenze e desideri. In tali generalizzazioni il contenuto rappresentazionale degli stati intenzionali svolge un ruolo nevralgico (se Paolo non desiderasse evitare di bagnarsi o non credesse che stia piovendo, la nostra spiegazione non starebbe più in piedi). Si noti, inoltre, che la spiegazione intenzionale è sottoposta al vincolo dei principi di razionalità: vale a dire che l’attribuzione psicologico-ingenua di stati intenzionali viene fatta in base all’assunto che l’agente a cui vengono attribuiti sia razionale. Per esempio, noi assumiamo che Paolo sia uscito portando con sé l’ombrello perché ha giudicato tale azione il modo migliore per raggiungere lo scopo di non bagnarsi.
Secondo i fautori dell’eliminazionismo, però, la psicologia del senso comune è una teoria della mente del tutto inadeguata. Per questo il suo destino sarebbe di scomparire (in tutto o in parte) dalla psicologia scientifica, come già molte volte è accaduto in passato quando l’evoluzione della scienza ha portato all’abb...

Table of contents