Capitolo 1
La fondazione del secolo americano
Reddito, tempo libero e consumi
Da più di un secolo, il mondo produce e consuma una quantità crescente di immagini. Ogni giorno ne andiamo alla ricerca e ne fruiamo avidamente sugli schermi del televisore o del computer, sullo smartphone o al cinema, per intrattenimento, per informazione, per bisogno di cultura, anche per comunicare con gli altri tramite i social network. Una porzione rilevante del nostro tempo è riservata a questa particolare forma di consumo, che costituisce d’altra parte un esercizio costante di alfabetizzazione ai linguaggi della contemporaneità. Diventiamo noi stessi tramite le immagini e con esse partecipiamo alla rete di rapporti sociali in cui siamo immersi. Attraverso le immagini, l’universo analogico del ’900 e quello digitale del secolo attuale hanno costruito le forme mentali del contemporaneo e composto e scomposto identità culturali.
Dalla fine del XIX secolo a oggi, il consumo di immagini è un fiume che si è ingrossato sempre più, fino a tracimare e tutto ricoprire. L’industria dell’audiovisivo, la fabbrica delle immagini, ha tenuto dietro a questa secolare crescita della domanda, raggiungendo livelli sempre più complessi di articolazione produttiva e di organizzazione delle risorse creative.
Dal 1895, data di nascita del cinema, a oggi la domanda di audiovisivo è costantemente cresciuta su scala globale, con tassi medi d’incremento superiori a quelli della ricchezza complessiva creata dall’economia mondiale. È una costante dello sviluppo dell’audiovisivo: nei periodi storici di aumento della ricchezza, il consumo in questo settore cresce più rapidamente del PIL globale; nei periodi di recessione, il consumo di audiovisivo su scala mondiale tiene e talvolta continua anzi a crescere, come si è visto recentemente negli anni seguiti alla crisi finanziaria internazionale del 2008. Se si guarda indietro a tutto il ’900, forse fanno eccezione a questa regola solo i primi anni ’30, quando la crisi ha colpito talmente duro da svuotare le sale dei cinema.
La tendenza secolare all’aumento della domanda di audiovisivo ha inizio nell’ultimo decennio dell’800, quando diventa possibile riprodurre meccanicamente immagini in movimento e utilizzarle per catturare aspetti del mondo reale o per inventare mondi di fantasia. Già la fotografia, popolare fin da metà ‘800, aveva abituato all’idea che il mondo fosse riproducibile per via meccanica; ma solo il cinema, grazie all’esperienza avvolgente che offre allo spettatore, riesce a creare una domanda di massa per la riproduzione meccanica delle immagini. La rivoluzione culturale sta nel fatto che nel XX secolo il mondo si ricorda che anche la massa vuole divertirsi e scopre che, per la prima volta, ha i mezzi per farlo. Una sottile vena ludica percorre il ’900, nonostante le tragedie di quel secolo; e non sarebbe sbagliato considerare la cultura di massa del cinema e della televisione come la rivendicazione del diritto al divertimento, una democratizzazione del principio del piacere.
L’espansione della domanda d’intrattenimento che esplode tra fine ‘800 e inizio ’900 prosegue fino ad oggi, traducendosi in un trend di lungo periodo di aumento del consumo di audiovisivo. La domanda di intrattenimento dipende dalla quantità di reddito disponibile e dalla quantità di tempo libero dal lavoro. Se consideriamo il mondo nel suo complesso, tanto la crescita del reddito pro-capite medio globale quanto l’aumento del tempo non vincolato al lavoro sono trend secolari che attraversano, nonostante le crisi, il ’900 e proseguono tutt’oggi, anche se il baricentro dello sviluppo si sposta tra le regioni del pianeta. Poiché l’industria audiovisiva, come vedremo, ha una natura internazionale sin dal suo inizio, la crescita del reddito e del tempo libero su scala mondiale sono ciò che conta per dare continua spinta al consumo e alla produzione di audiovisivo.
L’aumento del reddito può creare domanda per i media audiovisivi di intrattenimento e di informazione in due modi: direttamente, incrementando la spesa del consumatore finale (end user spending) per i prodotti e i servizi del settore; e indirettamente, attraverso un’espansione della domanda complessiva che genera investimenti pubblicitari a vantaggio dei media: la pubblicità consente di ridurre, talvolta fino a zero, il prezzo dell’audiovisivo per il consumatore finale e ne “sovvenziona” il consumo, stimolando a sua volta l’ulteriore emergere della domanda.
Nel corso degli ultimi 120 anni, l’aumento del reddito globale ha generato tre diverse fasi di aumento della domanda di media audiovisivi: l’espansione dell’end user spending corrispondente alla nascita del cinema; la rapida crescita del mercato pubblicitario che accompagna l’affermarsi della televisione; e il mix tra end user spending e advertising che caratterizza la creazione dell’ecosistema digitale dagli anni ’90 del ’900 ad oggi. In ciascuna di queste tre fasi, la domanda cresce fino ad esaurire i potenziali guadagni di produttività consentiti dalle tecnologie esistenti. A quel punto, occorre una discontinuità tecnologica che rompa l’empasse. L’introduzione di nuove tecnologie – cinema, televisione, digitale – è ciò che consente il salto di produttività necessario per aumentare l’offerta in misura tale da soddisfare adeguatamente la domanda; il balzo della produttività abbassa i prezzi medi dei prodotti per i consumatori e questo, a sua volta, fa emergere ulteriore domanda e potenzialità di crescita. Vediamo in concreto come questo ha portato innanzitutto alla nascita del cinema.
La fiera del dottor Caligari: aspettando il cinema
Nelle prime sequenze di uno dei più importanti film dell’espressionismo tedesco, Il gabinetto del dottor Caligari (1920), ai piedi della cittadina che sarà teatro di una storia sospesa tra delirio onirico, follia e irrazionale si svolge una fiera, in un tempo indefinito tra ‘800 e inizio del nuovo secolo. La frequentano popolani e borghesi, ci sono animali ammaestrati, attrazioni di ogni tipo, tra cui l’inquietante ipnotista Caligari. È lo spazio promiscuo dell’intrattenimento, ai margini della vita urbana, ricco di promesse di divertimento ma anche di potenziali sorprese. È in spazi di questo genere che nasce il cinema, negli interstizi delle preesistenti forme d’intrattenimento, nei caffè parigini e nelle fiere suburbane, nei teatri di vaudeville e di musical.
Il cinema va a cercare il consumatore dove già si offre spettacolo, s’inserisce in una crescita del tempo libero e della domanda d’intrattenimento che si manifesta in tutte le economie più sviluppate già dagli ultimi decenni dell’800. La seconda rivoluzione industriale della fine del XIX secolo è accompagnata da urbanizzazione e progressiva concentrazione di masse di consumatori, che creano nuove forme di domanda di comunicazione e di svago (Allen 1980). Il lettore che attende con ansia la nuova puntata delle avventure di Sherlock Holmes, sulle riviste a poco prezzo pubblicate in Inghilterra o nelle città della costa orientale americana, è l’impiegato che ogni giorno sperimenta la nuova condizione di pendolare negli agglomerati metropolitani e che, nel tempo libero, può permettersi di frequentare i locali urbani o gli spazi di periferia dove si tengono spettacoli dal vivo. Il nostro lettore di Sherlock Holmes, infatti, ha più tempo libero dal lavoro della generazione che lo ha preceduto, e anche qualche soldo in più in tasca.
La riduzione delle ore di lavoro settimanali, tra fine ‘800 e inizio ’900, è una tendenza comune tanto agli Stati Uniti quanto alle più evolute economie europee. La conquista del tempo libero, accompagnata dalla crescita del reddito disponibile, porta nei decenni di fine dell’800 allo sviluppo di nuove attività ricreative, come il ciclismo o il giardinaggio, e incrementa il consumo di spettacoli del vivo.
Questa espansione della domanda ha stimolato la riorganizzazione dell’offerta già negli anni che precedono l’introduzione del cinema (Bakker 2008). Negli Stati Uniti, dove questo processo d’innovazione è più rapido e profondo, nella seconda metà del XIX secolo imprenditori lungimiranti utilizzano due tecnologie, il telegrafo e il treno, per sostituire il preesistente assetto dell’offerta di spettacolo dal vivo basato su compagnie stanziali con un dinamico sistema di compagnie itineranti. In questo modo, il bacino di consumatori su cui ciascuna compagnia può contare si allarga a dimensione continentale, mediante tournées pianificate via telegrafo e organizzate via treno. Maggior bacino di consumatori significa maggiori ricavi e, perciò, più risorse da investire nella preparazione e nell’allestimento delle rappresentazioni. Dunque, maggiore qualità dell’offerta ma anche possibile differenziazione dell’offerta stessa in termini di qualità e di prezzo. Alle grandi compagnie teatrali che girano le sale più prestigiose delle città d’America o d’Europa, ai più famosi spettacoli itineranti come il Circo Barnum, si affiancano spettacoli di minore qualità che, a prezzi accessibili anche ai ceti a reddito più basso, offrono intrattenimento girando di pub in pub o di fiera in fiera.
L’offerta d’intrattenimento dal vivo non riesce però a tener dietro alla domanda. I volumi prodotti restano insufficienti e l’utilizzo delle risorse creative ha un rendimento decrescente. Il perché è intuitivo: se si misura la produttività di un attore o di un intrattenitore in termini di spettatori che può raggiungere in una settimana di lavoro, ci si scontra presto con un limite fisico. È vero che nella seconda metà dell’800, in corrispondenza al formarsi delle compagnie itineranti (ossia dell’efficiente uso delle risorse creative), la dimensione media dei teatri e delle sale di spettacolo cresce. Anche questa crescita dimensionale ha però un limite. E per quanto si possa ottimizzare l’impiego delle risorse creative, per esempio con più spettacoli al giorno, tutto questo non può andare oltre un certo tetto. D’altra parte, l’utilizzo di risorse creative sempre meno pregiate porta a una riduzione della qualità del prodotto fino al limite oltre il quale il rapporto prezzo/qualità scoraggia il consumatore, per quanto il prezzo possa abbassarsi. L’industrializzazione dell’intrattenimento dal vivo ha consentito per molti decenni un sostanziale aumento di produttività, ma l’offerta a fine ‘800 non è più sufficiente per soddisfare la domanda potenziale d’intrattenimento. Qualcosa deve essere inventato per incrementare la produttività delle risorse creative e allargare ancora l’offerta d’intrattenimento. Questa invenzione è il cinema.
Appuntamento al Gran Café di Parigi
Il carattere di “necessità” dell’invenzione del cinema emerge con chiarezza dall’affanno con il quale negli ultimi anni dell’800 si assemblano e si perfezionano tecnologie esistenti allo scopo di arrivare ad un apparato che consenta la riproduzione di immagini in movimento. In America, in Francia, in Germania e in Gran Bretagna parte una gara virtuale per tagliare per primi il traguardo e depositare i brevetti di questa nuova tecnologia, che emerge da un accumulo di progressi (Thompson e Bordwell 2010). Si muove anche quella macchina seriale dell’innovazione che sono i laboratori di Thomas Edison, i quali dopo aver brevettato il fonografo, la lampadina e molto altro si lanciano nella ricerca di un sistema per riprodurre immagini in movimento. Nel 1891 Edison brevetta il Kinetoscope, una sorta di scatolone nel quale, appoggiando l’occhio a un foro, e dopo aver inserito una moneta nell’apposita fessura, il frequentatore di fiere e luna park può assistere alla riproduzione di sequenze non più lunghe di venti secondi (Balio 1985). È però una falsa partenza. Come noto, la combinazione giusta di tecnologie la trovano in Europa i fratelli Lumière, che il 28 dicembre 1895 debuttano con la loro invenzione, il cinematografo. L’evento ha luogo al Gran Café di Parigi, dura circa venticinque minuti e propone, per il costo non modico di un franco, dieci filmati. La prima proiezione a un pubblico pagante comincia con la riproduzione dell’uscita degli operai delle officine Lumière al termine della giornata di lavoro e prosegue con altri brevi filmati, tra cui il celebre Arroseur arrosé, che rappresenta la prima gag comica della storia del cinema. In brevissimo tempo, gli operatori dei Lumière girano l’Europa, e presto anche l’America, con i loro proiettori e una quantità crescente di filmati. Altri inventori brevettano apparati simili di ripresa e proiezione, in Europa e soprattutto negli Stati Uniti. Il genio è uscito dalla lampada, è nato un nuovo mercato. Il genio corre veloce: la tecnologia del cinema ha una velocità di diffusione superiore a quella conosciuta a suo tempo dalla macchina a vapore o dalla ferrovia (Bakker 2008).
Nonostante l’interesse subito suscitato in tutti gli strati sociali, anche borghesi, il cinema nasce principalmente per integrare l’offerta d’intrattenimento della fascia di prezzo più bassa e si afferma nei circuiti preesistenti dello spettacolo popolare. Fino al 1905 non esistono sale dedicate esclusivamente alla proiezione di film, il cinema cerca piuttosto i propri spazi nei teatri che già ospitano spettacoli di musica o vaudeville, oppure nelle fiere alle periferie delle città e nei paesi. Al di là della curiosità per la novità, la sua forza risiede nell’offrire un prodotto con un rapporto qualità/prezzo superiore a quanto l’intrattenimento dal vivo di fascia bassa possa proporre allo spettatore.
Il cinema di questi primi anni è un prodotto che non deve essere considerato l’anticipazione povera del film narrativo dei decenni seguenti, quando il cinema comincerà ad attrarre stabilmente anche le fasce più alte del mercato dell’intrattenimento. Il “cinema delle attrazioni” (Gunning 2004; Abel 2004) non è un cinema della narrazione, ma una forma d’intrattenimento fondata su “una breve ma incessante stimolazione sensoriale” (Hansen 1991). È un insieme di visioni di città e di paesaggi, riproduzioni di brevi parti di spettacoli dal vivo, trucchi visivi resi possibili dalla manipolazione della pellicola, documentazione di eventi di pubblico interesse, ricostruzione di fatti di cronaca o bellici, presentati assieme a numeri di varietà con attori in carne e ossa e attrazioni di ogni genere. Non se ne discosta in fondo molto neppure Méliès, che introduce il racconto fantastico, di cui il Viaggio sulla Luna è l’esempio più conosciuto, trionfo di trucchi cinematografici, scenografie da fiera e divertimento di puro avanspettacolo.
Il cortometraggio del primo cinema è un prodotto sostitutivo, che progressivamente riduce lo spazio per l’offerta di spettacoli dal vivo di più bassa qualità; ma è anche un prodotto che, grazie al rapporto qualità/prezzo, rende accessibile ad un pubblico più vasto i servizi di intrattenimento di buon livello e, in tal modo, fa emergere una domanda potenziale fino a quel momento insoddisfatta. Il cinema non espelle dal mercato l’intrattenimento dal vivo, ne riduce il perimetro sostituendosi al prodotto di fascia bassa e media e costringendo l’industria dello spettacolo dal vivo a specializzarsi nei segmenti più alti dell’offerta: i teatri lirici e di prosa dei centri cittadini, i grandi eventi musicali. Il cinema, da parte sua, presentando costi per spettatore sensibilmente inferiori a quelli dello spettacolo dal vivo a parità di qualità del prodotto, consente di sfruttare più intensamente gli investimenti nelle sale da spettacolo e di attrarre quote marginali di pubblico offrendo intrattenimento anche nelle ore marginali del giorno e nei giorni marginali della settimana (Bakker 2008).
La produttività delle risorse creative aumenta grazie alla riproduzione cinematografica in modo esponenziale. L’impatto del cinema è sistemico: si tratta infatti non solo di un’innovazione di prodotto, che apre un mercato destinato a rivoluzionare la struttura dei consumi di intrattenimento; ma costituisce anche un’innovazione del processo produttivo, in quando presenta un radicale mutamento nell’utilizzazione delle risorse creative e nel modello organizzativo. Il processo produttivo non consiste più, come nello spettacolo dal vivo, in una fase di sviluppo del prodotto, consistente nella scelta e messa a punto della performance, e in una successiva fase di produzione di esibizioni, nella quale le risorse creative (attori, regista, scenografi e quant’altri siano necessari alla performance) erogano il servizio d’intrattenimento a gruppi limitati di fruitori, magari inseguendo il proprio pubblico spostandosi di teatro in teatro o di fiera in fiera. L’innovazione di processo e organizzativa del cinema consiste nel concentrare l’utilizzo delle risorse creative nella produzione di un prototipo, rappresentato dal negativo del film, la cui riproduzione in centinaia o anche migliaia di copie, destinate alla proiezione per un mercato vasto a piacere, è un fatto meramente meccanico nel quale non intervengono più gli aspetti creativi. Il cinema crea l’industria audiovisiva in quanto industria di prototipi; questa ha una peculiare struttura dei costi che vede concentrare l’investimento nella realizzazione del prototipo, mentre i costi marginali della realizzazione delle unità di prodotto sono molto bassi. Questa caratteristica configurazione dei costi dell’industria audiovisiva rappresenta uno dei fattori determinanti che spiegano le dinamiche del cinema, della televisione e del prodotto audiovisivo digitale – e sarà uno dei temi che ci accompagneranno lungo tutta la nostra analisi.
Hollywood sulla Senna
Oggi può stupire, ma nei primi anni del cinema Hollywood è sulle rive della Senna. Dal 1895 agli anni che precedono la prima guerra mondiale, la Francia si trova al centro della produzione mondiale di film e i suoi studios controllano la distribuzione internazionale inondando di pellicole tutti i mercati, in primo luogo quello americano. La Francia non è un caso isolato nel contesto europeo. Anche altri paesi, tra i quali primeggia l’Italia, controllano quote importanti del mercato cinematografico mondiale. È un’era pionieristica in cui i film europei attraversano l’Atlantico per alimentare i circuiti distributivi degli Stati Uniti, con volumi significativi esportati ogni anno; e penetrano in tutti gli altri mercati, dal Sud America all’Asia, meno sviluppati ma con sufficien...