Potere e riconoscimento in Paul Ricoeur
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Potere e riconoscimento in Paul Ricoeur

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Potere e riconoscimento in Paul Ricoeur

About this book

In questo volume Vereno Brugiatelli prende in esame le nozioni di potere e riconoscimento elaborate da un grande protagonista della filosofia contemporanea: Paul Ricoeur (1913-2005). Muovendosi lungo il solco delle riflessioni ricoeuriane, Brugiatelli si propone di fare emergere i legami teorico-pratici tra potere e riconoscimento e di considerarli secondo l'ottica del problema della realizzazione etica. Su questa via, analizza il concetto di potere come portatore di violenza in maniera congiunta con le diverse forme di misconoscimento. Inoltre, passando per le molteplici figure della lotta per il riconoscimento, egli mette in rilievo le esperienze etiche di mutuo riconoscimento. Con questo lavoro, Brugiatelli si propone di delineare alcuni tratti di un'etica «del superamento dei conflitti» alimentata dall'idea di «realizzazione etica».

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Capitolo I:
Riconoscimento di sé e prospettiva etica
«Per l’uomo che “agisce e soffre”,
prima di arrivare sino al riconoscimento
di ciò che egli è in verità, ossia un uomo
“capace” di certe realizzazioni,
il cammino è lungo…»
(P. Ricoeur, Parcours de la reconnaissance)
1. Dall’«io» al «sé»
Nella riflessione filosofica di Ricoeur, la distinzione tra «io» e «sé» è di fondamentale importanza, tanto da segnare l’intero arco del suo percorso filosofico. All’«io» fanno capo le filosofie di un soggetto che trova in se stesso il suo senso e quello del mondo; sul «sé», invece, prende vita una filosofia riflessiva che coglie il senso sempre indirettamente. Secondo quest’ottica, il superamento dei limiti della filosofia fenomenologica di Husserl mediante l’innesto dell’ermeneutica sulla fenomenologia, va letto nella direzione di un soggetto che non rimane chiuso nella sua coscienza13, ma che coglie se stesso attraverso la mediazione del suo altro riconosciuto sotto diverse figure e significati.
Quello ricoeuriano, è un cammino fenomenologico-ermeneutico che ha una immediata incidenza sulla sfera etico-esistenziale dell’uomo. Si tratta infatti di un percorso che, nell’avere come fine la riappropriazione di se stessi, del proprio desiderio di esistere e del proprio sforzo di essere, si salda con la prospettiva etica, definita da Ricoeur come «la prospettiva della “vita buona” con e per l’altro all’interno di istituzioni giuste»14. La realizzazione etica non si pone sul piano individuale, ma in un contesto intersoggettivo, infatti, ha luogo attraverso molteplici relazioni con l’altro. L’altro, considerato nelle sue diverse figure, costituisce per il «sé» una sfida, rappresenta un momento di crescita ma anche una suprema minaccia. Il riconoscimento e il misconoscimento dell’altro sono i momenti polari di una lotta che l’uomo conduce in sé e fuori di sé. Rimanendo ancorato a se stesso come un «io», l’uomo si preclude la possibilità di aprirsi e di riconoscere l’altro; inoltre, ignora che l’altro è costitutivo della sua ipseità, così da sbarrarsi la strada che conduce alla comprensione-riconoscimento di sé, dei propri poteri e non-poteri.
Tutto il discorso ricoeuriano sulle capacità-poteri dell’uomo e sul riconoscimento, si situa e si nutre delle tensioni tra l’io e il sé e tra il sé e l’altro. Quest’ultima tensione dialettica presuppone la prima poiché senza il passaggio dall’io al sé non è possibile l’apertura-riconoscimento dell’altro. La differenza tra «io» e «sé» risulta evidente già prendendo in considerazione la grammatica del linguaggio naturale. Il francese «Soi», come l’italiano «sé», designa un pronome riflessivo della terza persona. Ricoeur osserva che nel «si» dei verbi riflessivi all’infinito il «sé», a livello potenziale, investe «tutti i pronomi personali» e anche quelli «impersonali». Il «sé» è un pronome riflessivo, un «riflessivo onnipersonale» che si oppone all’«ego» chiuso in se stesso. L’«io», dal punto di vista paradigmatico appartiene alla tavola dei pronomi e dal punto di vista sintagmatico «designa ogni volta soltanto una persona ad esclusione di ogni altra, quella che parla qui e ora»15. L’«io» equivale ad un medesimo autofondante; il «sé» comporta un movimento riflessivo. Secondo quest’ottica, la differenza tra «io» e «sé» richiama da vicino quella esistente tra una filosofia dell’immediato, quella di un soggetto-idem che si erge come trasparente a se stesso e padrone del senso, ed una filosofia riflessiva, la quale si svolge attraverso la via lunga dell’interpretazione dei simboli, dei testi, dei linguaggi delle diverse culture. C’è quindi uno scarto tra l’ermeneutica del sé e le filosofie del Cogito caratterizzate dall’immediatezza dell’io sono. «Dire non significa dire io. L’io si pone o è deposto. Il è implicato come riflessivo in quelle operazioni la cui analisi precede il ritorno verso esso stesso»16.
Un soggetto-ipse considera e comprende se stesso sempre indirettamente; il suo è un guardare attraverso l’altro da sé. Ma, a tal fine, occorre che il soggetto abbia intrapreso il difficile lavoro di «spossessamento di sé». Questo vuol dire che l’apertura all’altro necessita di una progressiva, anche se dolorosa, eliminazione dello spadroneggiare dell’io. Occorre lavorare sul proprio narcisismo, il quale, attraverso astute strategie, ci fa vedere l’altro come un alter ego, come una replica di se stessi. Senza il lavoro sul proprio narcisismo, l’altro diviene il prodotto delle proiezioni psicologiche dell’io, oppure viene abbassato a suo semplice strumento. Questo lavoro non deve però comunque provocare la mortificazione del sé, la sua frantumazione, il suo misconoscimento, ma condurre ad una equilibrata stima di sé, senza la quale, ancora una volta, non può esserci riconoscimento dell’altro.
L’impostazione etica di Ricoeur si avvale delle critiche nietzschiane e freudiane alla falsa coscienza, ed è poi legata al problema del «divenir cosciente» (Bewusstwerden) poiché, oltre all’umiliazione dell’io narcisista, necessita del lavoro di appropriazione del senso dell’esistenza. In virtù di tale appropriazione è possibile capire come e in che cosa consiste la vita buona.
All’operazione di spossessamento deve seguire il movimento di «riappropriazione di sé»17. Quest’ultimo è possibile solamente attraverso la via lunga che passa attraverso l’interpretazione delle molteplici e variegate forme dell’altro. Ciò significa che il soggetto può arrivare a riappropriarsi di se stesso solamente riconoscendo e lasciandosi istruire dal suo altro. Un sé che si inoltra in questo viaggio, è un sé che si riappropria del proprio sforzo di esistere e del suo desiderio di essere, è un sé che prende consapevolezza di ciò che lo precede e lo pone in essere, è un sé che conosce e comprende se stesso come agente e sofferente, come ente capace e, al tempo stesso, passivo dell’alterità, è un sé che è divenuto consapevole delle implicazioni teorico-pratiche derivanti dalle relazioni intrasoggettive ed intersoggettive.
Da quanto detto risulta che per Ricoeur il «sé» è un compito che si realizza attraverso il divenire cosciente dei poteri più propri e, al tempo stesso, dei propri non-poteri. La sottovalutazione, come anche la sopravvalutazione di sé, sono entrambi da superare sul piano del proprio riconoscimento. Ciò costituisce un tratto fondamentale della via etica che assume il nome di «stima di sé». A questa è possibile giungere solamente in relazione all’altro da sé, ossia attraverso le esperienze maturate a livello intersoggettivo. Il riconoscimento di sé è legato all’attestazione delle proprie capacità-incapacità, dei propri poteri-non poteri. In virtù della vicinanza semantica tra la nozione di riconoscimento e la nozione di attestazione, è possibile aprire un ventaglio di capacità di cui l’uomo ha certezza e fiducia di poter esercitare, è possibile fare emergere le diverse figure dell’io posso. Potere e riconoscimento, a livello individuale, si pongono in stretta relazione nel contesto teleologico del «divenir-coscienti». Riconoscersi risulta fondamentale per la crescita personale dell’uomo, il quale, senza conoscere le sue capacità, i suoi poteri più propri, ...

Table of contents

  1. Prefazione
  2. Introduzione
  3. Capitolo I: Riconoscimento di sé e prospettiva etica
  4. Capitolo II: Il Sé e l’Altro
  5. Capitolo III: Misconoscimento e lotta per il riconoscimento
  6. Capitolo IV: Per un’etica del superamento dei conflitti:mutuo riconoscimento e «stati di pace»
  7. Considerazioni conclusive
  8. Postfazione
  9. Bibliografia