Radicalità evangelica
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Radicalità evangelica

Nulla e nessuno anteporre all'amore di Cristo

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Radicalità evangelica

Nulla e nessuno anteporre all'amore di Cristo

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Prefazione di Angelo Scola
Il termine "radicale" si riferisce soprattutto all'idea di "radice". Indica quindi qualcosa che è sorgivo, frontale, genuino, originario, autentico. Radicalità, perciò, vuol dire rifarsi all'originario cristiano: al Vangelo di Gesù e in particolare al discorso della Montagna, le Beatitudini, la Magna Charta del Cristianesimo.
Beniamino Pizziol

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Information

Il Paradosso della Trasfigurazione

*Nota al titolo: Ritiro Spirituale ai presbiteri, ai diaconi e ai seminaristi di teologia. (Giovedì 19 febbraio 2015, Monte Berico).

Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro 3 e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4 E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. 5 Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». 6 Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. 7 Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». 8 E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. 9 Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti.
Marco 9,2-9

Introduzione
Meditiamo l’evento della Trasfigurazione di Gesù nel cammino della sua vita pubblica. Nel Vangelo di Marco questo episodio si trova infatti proprio nel mezzo del cammino della vita pubblica di Gesù.
Dopo la cosiddetta “primavera galilaica”, dove Gesù ha incontrato il plauso della gente ed era seguito da folle osannanti, egli comincia ad avvertire le prime avvisaglie di una avversione che diventerà sempre più violenta: «I farisei e gli erodiani tennero consiglio contro di lui per farlo morire» (Mc 3,6).
Gesù, in quel giorno, sale sul monte, alla ricerca di un po’ di solitudine per ricevere dal Padre luce circa il suo cammino. Dopo il successo si fa strada l’incomprensione dei discepoli (Mc 8,14-21) che stentano ad accogliere le esigenze della sequela (cfr. 8,34-38).
È probabile che Gesù stia attraversando un momento di travaglio interiore (forse di scoraggiamento) e senta il bisogno di appartarsi per fare una sorta di bilancio. Desidera vivere un momento di deserto per comprendere in profondità il progetto del Padre e mettersi in ascolto prolungato delle testimonianze dell’Antico Testamento.
Possiamo immaginare che avrà elevato al Padre la «supplica nel momento della persecuzione» contenuta nel Salmo 31: «Tu sei il mio Dio, i miei gironi sono nelle Tue mani. liberami dalla mano dei miei nemici e dai miei persecutori: sul tuo servo fa’ splendere il Tuo volto, salvami per la tua misericordia» (vv. 15-17).
Gesù prende sempre più coscienza del suo destino di morte (cfr. i tre annunci di passione) e ne parla ai discepoli. In questo momento di prova, Gesù si ritira sul monte, e in un contesto di scoraggiamento si fa strada una delle consolazioni più belle e luminose mai raccontate nei Vangeli.
Ecco dunque il paradosso di una consolazione che viene nel cuore della prova e si manifesta in una bellezza inaudita. E quando agli occhi del mondo Gesù sembra imboccare la strada perdente, Dio dal cielo esprime il suo plauso, dicendo che è la strada giusta.
Ciascuno di noi può pensare ai propri momenti di smarrimento, scoraggiamento, delusione, sensazione di fallimento, crisi nel cammino di discernimento vocazionale per i seminaristi, e crisi nel ministero diaconale o presbiteriale.

Gli annunci della passione
Entriamo nella narrazione dell’evento e chiediamoci dove è collocato. Il “dove” aiuta a intuire i molti “perché”. La Trasfigurazione avviene in un momento molto preciso: è collocata tra il primo annuncio di passione (8,31-32) e il secondo annuncio (9,31):
«E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere» (8,31-32).

«Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: “Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà”» (9,31).

Il contesto è questo: Gesù è, sì, il Messia (Cristo, cfr. 8,29), ma assolutamente non in sintonia con le prospettive messianiche del tempo, perché verrà rifiutato e ucciso, e coloro che desiderano intraprendere il discepolato dietro a lui debbono essere disponibili a condividere il suo stesso destino. Questo spiega le resistenze di Pietro e degli altri discepoli, ma anche la nostra resistenza
Da questa prima osservazione sul testo, emerge il carattere paradossale di Gesù trasfigurato: «la bellezza e l’incanto di questa esperienza fatta dai tre discepoli (Pietro, Giacomo e Giovanni) non è un episodio a sé stante, isolato, quasi un luogo di riparo, ma ci fa capire che la Trasfigurazione è strettamente connessa alla passione». Questa esperienza della Trasfigurazione di Gesù è accessibile alla cerchia ristretta dei tre testimoni (Pietro, Giacomo e Giovanni), non si tratta di un evento pubblico, essa è priva del carattere della spettacolarità, è una sorta di cristofania privata, una rivelazione segreta. Sarà così anche l’evento della risurrezione di Gesù.

La Trasfigurazione
«Fu trasfigurato davanti a loro» (9,2). Marco ci rende avvertiti che l’evento è decifrabile come il risultato di una iniziativa divina (passivo divino).
Tale metamorfosi viene spiegata come un cambiamento del volto, delle vesti, cioè degli elementi visibili. Gesù è abilitato ad entrare in contatto con il mondo trascendente perché è da lì che lui proviene, come dirà la voce dalla nube: «Questi è il Figlio mio, l’amato» (v. 9).
Si tratta di una rivelazione particolare di Dio che, in contrasto con le esperienze concrete di ogni giorno, schiude la verità di Gesù nell’ottica di Dio. Emerge la divinità di Gesù e la sua divinità illumina la sua umanità. Luca aveva introdotto la scena con l’esplicito desiderio di Gesù di appartarsi in dialogo con Dio; egli infatti: «Salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto» (9, 28-29). La Trasfigurazione è un avvenimento di preghiera: Gesù, nel suo essere uno con il Padre, diventa “luce da luce”.

Mosè ed Elia
La visione si completa con la comparsa di due personaggi del passato, Mosè ed Elia: «E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù» (v. 4).
Il Vangelo non spiega il motivo della comparsa di Elia e Mosè. Il prefazio della seconda domenica di Quaresima, riprendendo le interpretazioni tradizionali di Crisostomo, Girolamo e Leone Magno, fa di Mosè e di Elia la personificazione della “Legge e dei Profeti”. Tuttavia molti altri autori antichi e contemporanei si discostano da questa interpretazione. Nella Bibbia non si trova alcun passo in cui i due vengano menzionati insieme, se non qui. Vi sono dunque altre possibilità interpretative:

1° – i due sono stati entrambi contestati e perseguitati, come lo sarà Gesù;
2° – secondo le tradizioni giudaiche e rabbiniche vengono considerati come personaggi rapiti in cielo; Gesù avrà una condizione celeste gloriosa;
3° – entrambi hanno avuto un colloquio originalissimo e irripetibile con YHWH (Mosè nel Sinai, Es 19ss; Elia nell’Oreb, 1Re 19,9-18), quindi sono “competenti” circa il mondo di Dio.

Si possono azzardare queste interpretazioni:

1° – Gesù ha voluto confrontarsi con due figure perseguitate, messe fortemente alla prova;
2° – ma da figure consultate, esse si trasformano in figure testimoniali, esse riconoscono che il vero e definitivo rappresentante di Dio è Gesù stesso, anzi sarà proprio il Padre a dirlo.

L’evangelista Luca è l’unico a riferire l’oggetto della discussione: «Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme» (Lc 9,30-31). Essi stanno confortando Gesù sulla bontà del suo cammino; è la direzione giusta.
C’è inoltre un dettaglio curioso: sia Mosè che Elia hanno fatto un’esperienza unica di YHWH, ma non l’hanno visto faccia a faccia. Ora invece, nella Trasfigurazione possono vedere con i loro occhi il volto glorioso di Gesù: Lui è il volto visibile del Dio invisibile (Gv 14,8-10). «Gesù è irradiazione della gloria del Padre» (Eb 1,3).

L’intervento di Pietro
Il dialogo di Gesù con Mosè ed Elia è interrotto dall’intervento di Pietro, il quale vuole costruire tre capanne (v. 4). Anche questo punto dell’episodio rimane oscuro, dal momento che l’evangelista non fornisce alcuna spiegazione.
Forse Pietro vorrebbe semplicemente trattenere, con la gentilezza dell’ospitalità, i tre personaggi gloriosi, prolungando il godimento di quella splendida visione: «Signore, è bello per noi essere qui».L’affermazione compiaciuta di Pietro, assieme al desiderio di costruire tre abitazioni, potrebbe addirittura alludere alla festa delle Capanne.
Tuttavia è possibile anche un’altra interpretazione. In sintonia con il contesto precedente, in cui Pietro si era decisamente opposto alla prospettiva del messianismo sofferente di Gesù: «Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo» (8,32), il desiderio di costruire le capanne potrebbe anche tradire il tentativo di distrarre Gesù dal suo cammino, distogliendolo da proposito di recarsi a Gerusalemme. Pietro vorrebbe rallentare, se non addirittura arrestare definitivamente con questa sosta sul monte, il cammino di Gesù verso la croce.

L’intervento del Padre
Mentre Pietro sta ancora parlando, una nube copre i presenti (v. 7). Come sulla tenda della dimora scende la nube divina ( shekinà), così su Cristo, dimora della gloria divina, scende l’ombra del Padre.
Sulla scena irrompe direttamente il Padre, il quale, come nel battesimo di Gesù al Giordano, interrompe il suo silenzio e pronuncia alcune parole su Gesù: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo» (v. 7). Si tratta delle stesse parole già pronunciate nel Battesimo (Mc 1,11). Innanzitutto Gesù è il Figlio, non un profeta come Elia o un legislatore come Mosè. Non più un portavoce ma il “figlio unico”. Il Figlio unico è definito “l’amato” ( agapetós).
Ci poniamo questa domanda: perché il Padre interviene solo in due momenti per dichiarare Gesù, suo Figlio unico, l’ama...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Radicalità evangelica
  3. Indice
  4. Prefazione
  5. PARTE PRIMA
  6. Nulla anteporre all’amore di Cristo
  7. La dimensione escatologica
  8. Una “chiesa povera per i poveri”
  9. Fecondità spirituale e materiale del perdono
  10. È possibile vivere e testimoniare la radicalità evangelica nel nostro tempo?
  11. PARTE SECONDA
  12. La lavanda dei piedi: un gesto fondativo per la vita della Chiesa
  13. Il Paradosso della Trasfigurazione
  14. Il cuore misericordioso di Dio
  15. La correzione fraterna
  16. La parabola dei terreni seminati
  17. Conclusione