Dimmi chi sei, ti dirò come pedalare
Chi di voi indosserebbe un abito da sera per andare al lavoro? O un paio di jeans con una t-shirt per una serata alla Scala?
Prima di tutto occorre saper scegliere il vestito più adatto all’occasione, solo in un secondo tempo potrete occuparvi del taglio dell’abito, del colore e degli accessori da abbinare.
Allo stesso modo, dovete scegliere la vostra bicicletta in base all’uso che ne volete fare. Perché (vedi a fianco) la bicicletta “universale”, che vada bene per tutti e che possa essere utilizzata in ogni occasione, non esiste. Ciascuno deve scegliere il mezzo più adatto alle proprie esigenze e all’uso che ne vuole fare. In pratica: dimmi chi sei, ti dirò come pedalare.
“Uso la bici tutti i giorni”
Una mamma che accompagna i bambini all’asilo, va al lavoro e sbriga le commissioni in bicicletta. Oppure un impiegato che si sposta in città tutti i giorni per andare in ufficio e deve portare con sé borsa e computer. Ciclisti che macinano ogni giorno qualche decina di chilometri e che vogliono pedalare comodamente. Se questo è il vostro stile, l’ideale è puntare su una bicicletta da città con un telaio robusto e ruote larghe per affrontare in sicurezza i gradini dei marciapiedi, il pavé e le rotaie del tram. La sella deve essere larga, comoda e molleggiata, mentre il manubrio deve essere alto (meglio se regolabile) in modo da consentire una posizione di guida eretta. Non possono poi mancare parafanghi, cestino e portapacchi per agganciare le borse. Se vi muovete in una zona collinare non sottovalutate l’eventualità di investire in un buon cambio, vi aiuterà a dosare meglio lo sforzo.
“La bici del fine settimana”
C’è poi chi proprio non vuole rinunciare alla gita in campagna o alla pedalata in collina nel fine settimana, ma usa anche la bici tutti i giorni per andare in ufficio o raggiungere la stazione. Il punto d’incontro tra le due esigenze può essere la city-bike o bici da turismo: più leggera rispetto a quella “da città” ma altrettanto robusta, dotata di sella rigida o appena molleggiata e di un buon cambio che permette di affrontare le salite.
“Amo la velocità”
C’è chi ama scattare nel traffico, pedalare piegato sul manubrio per raggiungere la massima velocità. Accessori ridotti al minimo e pochi bagagli: uno zainetto leggero sulle spalle o una borsa a tracolla, e via. Biciclette leggere, dagli pneumatici stretti e lisci (per ridurre al minimo l’attrito sull’asfalto) e dal sellino sottile che non intralcia la pedalata.
Anche se non mancano i temerari che osano sfidare pavé e scambi tranviari, le bici da corsa “pure” vengono utilizzate soprattutto a livello sportivo e agonistico. Ma chi cerca un buon compromesso tra velocità e comfort può orientarsi sulle cosiddette biciclette ibride: più versatili e comode nella guida rispetto alle bici da città, montano copertoni più larghi e hanno un telaio più pesante delle bici da corsa per sopportare meglio le insidie della città.
“Non voglio fare troppa fatica” o “Non ho (più) l’età”
Quelli che “devo fare troppa strada per andare al lavoro” o affrontare lunghi tratti in salita. Oppure gli anziani, che non reggono più lo sforzo di una lunga pedalata. In casi come questi, la soluzione ideale è la bicicletta a pedalata assistita (o e-bike) che, grazie a un piccolo motore alimentato da una batteria, aiuta il ciclista ma senza mai sostituirsi del tutto alle sue gambe. Per guidarla, non servono assicurazione, patente né casco (che però è sempre bene indossare), dal momento che la bici elet-trica è programmata per non superare i 25 chilometri orari. Grazie alle moderne batterie al litio queste biciclette hanno un’autonomia che va dai 60 ai 100 chilometri (alcuni modelli con doppia batteria arrivano anche a 200 chilometri) e pesano solo 4-5 chili in più rispetto a un’analoga bici “muscolare”.
Negli ultimi anni, il mercato delle e-bike ha registrato un vero boom: nel 2015 in Italia ne sono state vendute 56.189 esemplari (+ 10% rispetto al 2014). Circa la metà sono mountain bike, perfette per chi vuole darsi al turismo riducendo lo sforzo. Anche se quello delle e-bike resta un mercato di nicchia: solo il 3,4% del totale in Italia. Bisogna poi fare i conti con il prezzo. Che per una e-bike dotata di freni a disco, di un buon motore e batteria al lito (la più durevole) parte dai 1.500 euro.
“La bici prêt-à-porter”
Trascorre ore imbottigliato nel traffico lungo le tangenziali e, una volta arrivato a destinazione, non trova parcheggio.
La vita del pendolare è complessa e, in apparenza, senza alternative. Una soluzione però esiste, ed è poco più grande di un trolley. Grazie al suo telaio snodabile, infatti, la bici pieghevole si presta facilmente a essere trasportata in autobus, sul treno o in metropolitana. Una volta in ufficio, può anche essere infilata sotto la scrivania. Una soluzione pratica e, soprattutto, a prova di ladro.
Box. Le Cinque domande da porsi per scegliere la bici adatta alle proprie esigenze
Userò la bici tutti i giorni?
Quanti chilometri penso di percorrere?
Prenderò anche i mezzi pubblici (treno, autobus, tram)?
Quali tipi di strade percorrerò? Ci sono molte salite?
La userò per trasportare bambini, borse o pacchi?
Quanto tempo voglio investire in manutenzione?
Quanto voglio spendere?
Ciclo e riciclo
Prima di cedere alla tentazione dello shopping, buttate un’occhiata in cantina (la vostra, quella di un’amico o quella della zia). Dare nuova vita alla vecchia bicicletta della nonna o alla Legnano impolverata dello zio appassionato del Giro d’Italia è più facile di quanto possiate pensare.
L’importante è sottoporre la bicicletta a un controllo accurato per verificare che tutte le parti meccaniche siano in buone condizioni: se è rimasta appesa al chiodo per molti anni le camere d’aria, i copertoni e l’impianto luci saranno quasi sicuramente da sostituire. Operazioni semplici - come vedremo nel prossimo capitolo - ma, se siete alle prime armi, fatevi aiutare da qualcuno di più esperto nel valutare quali sono le reali condizioni del vostro mezzo.
Il risultato finale sarà una bellissima bicicletta vintage, ma soprattutto carica di ricordi ed emozioni.
Un’altra buona soluzione antispreco può essere quella di “adottare” una bici abbandonata: molte ciclofficine popolari offrono la possibilità di acquistarla a una cifra simbolica, e di rimetterla in sesto con l’aiuto dei volontari e degli altri “smanettoni” che solitamente affollano questi locali. Riparare una vecchia bici può essere anche un’ottima occasione per fare nuove amicizie.
Ancora, diversi “ciclisti” tradizionali mettono in vendita biciclette “rigenerate” a prezzi molto competitivi. La scelta su modelli, taglie e colori però è limitata. Il motivo? Procurarsi vecchie biciclette che non siano rubate è difficile.
La vostra taglia
Una volta individuato il “modello” di bicicletta che si adatta meglio alle vostre esigenze, bisogna individuare la taglia adatta: come un paio di scarpe troppo strette, una bici troppo alta non sarà mai veramente comoda.
Per prima cosa bisogna controllare la misura del telaio che solitamente, per le bici da città, viene espressa in pollici. Come per gli abiti, esistono tre misure principali: 15 pollici per persone alte circa 1 metro e 60, 17 pollici per chi è alto 1,70 e 19 pollici per chi oscilla intorno a 1,80 metri. Si tratta di indicazioni di massima, che possono variare fra le diverse case costruttrici. Buona regola è quella di provare la bicicletta al momento dell’acquisto: non siate timidi e chiedete al negoziante di montare in sella.
Non pensate di risolvere un eventuale acquisto sbagliato regolando l’altezza del sellino (qualche venditore poco onesto potrebbe proporvi questa soluzione): la lunghezza del telaio, infatti, è direttamente proporzionale alla sua altezza. Il rischio è quello di pedalare “sdraiati” per colpa di un telaio troppo lungo o, viceversa, colpire a ogni curva il cerchione con il ginocchio.
Ultimo tocco, la regolazione dell’altezza della sella. Un metodo empirico, ma efficace, consiste nell’allentare leggermente il bullone o la vite a sgancio rapido che stringe il canotto reggisella e mettersi in piedi accanto alla bicicletta: il sellino deve arrivare all’altezza dell’anca. Controllate che sia ben allineato e stringete a fondo.
Se la regolazione è corretta, durante la pedalata dovete essere in grado di stendere quasi completamente la gamba. Non si tratta, ovviamente, di una regola ferrea: in alcuni casi può essere opportuno sacrificare il comfort della pedalata e tenere la sella un po’ più bassa per avere meno difficoltà quando ci si ferma a un semaforo. Per esempio, chi trasporta bagagli ingombranti o un bambino non dovrebbe mai piegare troppo la bici per posare il piede a terra.
Fate attenzione anche all’inclinazione: il sellino deve essere perfettamente parallelo al terreno. La punta troppo inclinata verso l’alto, infatti, comprime il pube e può provocare fastidi. Viceversa rischiate di scivolare in caso di frenata. Per ovviare al problema è sufficiente allentare i dadi con cui la sella è fissata al canotto, metterla “in bolla” e stringere di nuovo.
Altro aspetto su cui soffermarsi è la sella. Anche in questo caso non si tratta di un elemento “standard”, ciascun ciclista e ciascuna tipologia di bicicletta ha un tipo di sellino che meglio si presta alle sue esigenze. Basta gettare un’occhiata ai modelli esposti in un negozio specializzato per rendersi conto che la scelta potrebbe non essere così semplice e immediata .
Purtroppo il furto del sellino è uno di quei fastidiosi episodi che possono capitare ai ciclisti urbani, soprattutto a chi è costretto a lasciare la bici in cortile o al parcheggio della stazione.
Trovare un sostituto potrebbe non essere così facile e immediato. In linea di massima si possono individuare alcune macro-categorie di sellino:
• sellino per biciclette da corsa: sottile e affusolato,
• sella per cicloturismo: meno affusolata rispetto al sellino per la bici da corsa e con una parte posteriore più sviluppata che serve a sostenere meglio il peso del ciclista e garantire maggiore comfort;
• sella “classica” da city bike, dalla parte posteriore ben sviluppata;
• selle amortizzate o con sospensioni.
Vedi anche il box “Occhio al sellino” (capitolo 7).
C’è poi una “questione di genere” da tenere in considerazione. Le donne, infatti, hanno un bacino più largo rispetto agli uomini e hanno quindi bisogno di sellini leggermente più ampi per poter pedalare comodamente. Curiosando tra i vari modelli a disposizione, vi capiterà anche di imbattervi in strani sellini che presentano una fessure nella parte centrale (tecnicamente “con canale centrale scavato”): sono pensati in modo particolare per quei ciclisti che presentano problematiche all’apparato genito-urinario.
Accessori, non optional
Fatevi vedere e sentire in mezzo al traffico.
Il ciclista deve fare di tutto per non passare inosservato e gli strumenti, per fortuna, non mancano. A cominciare dall’impianto luci, obbligatorio per legge, che prevede una luce di posizione bianca anteriore e una rossa posteriore. Sul tema i ciclisti si dividono in due grandi gruppi: i sostenitori dei faretti led (che sono visibili fino a 100 metri) e gli amanti del fascino retrò della dinamo.
Scegliete in base al vostro gusto e al tipo di bici che guidate.
In ogni caso preoccupatevi di mantenere il vostro impianto luci sempre in perfetta efficienza. Se vi spostate spesso di sera (e soprattutto in inverno) tenete nella borsa della bici una lucina al led di scorta, oppure lasciatene una in ufficio in caso di emergenze o guasti improvvisi.
Non devono poi mancare i catarifrangenti: oltre a quelli obbligatori sui pedalini e sui raggi delle ruote, chi viaggia lungo strade poco illuminate farebbe meglio aggiungere al suo guardaroba anche un giubbino o delle bretelle catarifrangenti. Poco eleganti, sono però sicuramente efficaci per ridurre il rischio di essere investiti. Il codice della strada prevede l’obbligo di indossarli quando si pedala lungo strade extraurbane da mezz’ora dopo il tramonto del sole a mezz’ora prima dell’alba.
Utili anche delle fascette catarifrangenti da fissare al braccio o alla caviglia, mentre una paletta (sempre catarifrangente) montata direttamente sul telaio, ha anche il vantaggio di garantirvi una certa distanza di sicurezza rispetto alle auto che vi sorpassano.
Pochi lo sanno, ma il codice della strada prevede anche l’obbligo di munirsi di un campanello sufficientemente potente “da fornire una segnalazione utile almeno a trenta metri di distanza”. Essere timidi in mezzo al traffico non paga: fatevi sentire per tempo dal pedone in procinto di attraversare la strada o dall’automobilista distratto che sta per spalancare la portiera. Il rischio di ricevere qualche parolaccia è ben poca cosa rispetto a quello di investire una passante o di andare a sbattere.
Ultimo accessorio, ma non meno utile, può essere uno specchietto retrovisore, simile a quello dei motorini, da fissare al manubrio della bicicletta che vi permetta di controllare quello che succede alle vostre spalle senza dovervi voltare.
Casco sì o no?
Altro accessorio da non dimenticare è il casco. Su cui, periodicamente, si riaccende la polemica a seguito della proposta (di un politico, di un giornale o di riviste specializzate... in automobili) di renderne obbligatorio l’uso. Chi vorrebbe imporre il casco ai ciclisti di certo lo fa per una buona causa: proteggere gli utenti “deboli” della strada, aumentare la sicurezza, contenere il numero dei morti e dei feriti.
Da un punto di vista logico la proposta non fa una piega. Ma basta un’analisi meno superficiale del problema per capire che le fondamenta su cui poggia l’equazione “casco obbligatorio = più sicurezza per i ciclisti” non sono affatto solide.
In primis non regge il parallelo con gli scooter e le moto. I caschi dei motociclisti infatti, sono omologati per impatti fino a 70 chilometri all’ora, mentre quelli per le bici sono progettati per resistere a impatti fino a 25 chilometri all’ora, velocità tipiche del ciclista che scivola sull’asfalto bagnato e cade senza essere investito. Non proteggono quindi né da cadute ad alta velocità né dagli investimenti, ma solo da cadute accidentali senza altri veicoli coinvolti. In poche parole: un ciclista che venisse investito da un’auto che viaggia a 50 chilometri all’ora avrebbe ben poche speranze di salvarsi, anche con il caschetto ben allacciato in testa. Ma l’elmetto può esservi molto utile nel caso di una scivolata sull’asfalto bagnato, se per sbaglio finite con la ruota della bici nella rotaia del tram, proteggendovi dall’impatto con l’asfalto.
“La Fiab (Federazione Italiana Amici della Bicicletta) è favorevole a promuovere l’uso del casco, ma nettamente contraria a renderlo obbligatorio. Questa è anche la posizione dell’ECF, la Federazione dei Ciclisti Europei, di cui la FIAB fa parte e che rappresenta centinaia di migliaia di ciclisti in tutta Europa”, si legge in un comunicato diffuso dall’associazione nell’agosto 2012. Il principale effetto di leggi che lo rendessero o...