Una vita. Selma Meerbaum-Eisinger (1924-1942)
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Una vita. Selma Meerbaum-Eisinger (1924-1942)

About this book

"Una vita può gettare ombre sulla luna". CosÏ scriveva in una poesia, durante il tempo del terrore nazi-fascista, la diciassettenne Selma Meerbaum-Eisinger qualche tempo prima di essere portata via su un treno merci verso le steppe desolate dell'Ucraina, dove trovò la morte, sfinita dal lavoro coatto e dalla detenzione in un Arbeitslager.
Miti e leggende da sempre associano l'immagine della luna con quella del regno dei morti. Questo mondo oscuro, del non-senso e dell'oblio, può essere messo in ombra da una luce molto piÚ forte che è la vita dell'uomo. Basta una sola vita a condannare l'orrore, un solo sguardo luminoso sul mondo circostante a rianimare la desolazione. Non la rassegnazione del condannato, ma la sua voglia di continuare a gustare la bellezza e la libertà smaschera la barbarie travestita da giustizia propria di chi uccide. Basta la vita di un'adolescente che fino all'ultimo ha nutrito la volontà di ritrovare la casa da cui era stata strappata. Una vita. Un altro no alla violenza. Selma Meerbaum-Eisinger, poetessa nata a Czernowitz nel 1924, cugina di Paul Celan, nella sua breve esistenza, è un ulteriore esempio della forza e del coraggio della speranza.

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Information

Questa sarebbe la fine
Stando alle indicazioni del sopravvissuto Nathan Getzler80, il convoglio su cui viaggiava Selma fece sosta sul far della sera sulle rive del Dnjestr, dove i prigionieri dormirono all’aperto; il giorno successivo essi furono traghettati all’altra riva. Pare che durante la traversata i soldati si divertissero a gettare alcuni uomini fuori bordo e a vederli annegare, per poi requisire e spartirsi i loro averi. Giunti alla riva opposta effettuarono nuovi controlli, lasciandosi andare ad altri furti e maltrattamenti, e i detenuti trascorsero un’altra notte all’aperto.
Nelle prime ore del terzo giorno di viaggio la lunga fila di “lavoratori” si incamminò verso est per raggiungere una cava di pietra: alla fine della marcia furono tenuti ore e ore in piedi per ulteriori perquisizioni, senza poter entrare nelle baracche vicine alla cava.
Il contingente ricevette cibo solo al quinto giorno dalla partenza: cento grammi di pane mescolato a sabbia e argilla, una razione che sarebbe dovuta bastare per i successivi tre giorni. Un migliaio di prigionieri fu alloggiato non lontano dalla cava, ai margini di un centro abitato, forse Čertvetinovka, dentro stalle da cui alcuni tentarono, con successo, la fuga. Nel corso della seconda settimana di agosto il gruppo rimasto alla cava fu caricato su camion e portato ancora più a est, verso Ladičyn, oltre il fiume Bug, passando per una località di nome Gaisin81.
Arnold Daghani, un artista poco più che trentenne originario di Sučava, faceva parte insieme alla moglie Anişoara del gruppo partito da Czernowitz il 7 giugno. Sopravvissuto all’Arbeitslager, dopo la guerra pubblicò un diario della propria esperienza che rimane l’unica testimonianza diretta sui campi di lavoro oltre il Dnjestr82. È grazie a lui che abbiamo le ultime notizie su Selma, sua compagna di prigionia.
Daghani registrò al 18 agosto 1942 l’arrivo al campo di Michajlovka, una località nei pressi di Gaisin, dove il contingente subì un’ulteriore selezione: quanti furono dichiarati “abili al lavoro” furono informati di essere proprietà della ditta August Dohrmann AG di Remscheid, incaricata di costruire, per conto dell’Organisation Todt83, la sezione ucraina meridionale della cosiddetta Durchgangstrasse IV, una via di passaggio per mezzi militari che avrebbe unito la Germania al Caucaso e sarebbe diventata la strada più importante per i trasporti destinati al fronte. I nuovi arrivati rumeni, circa cinquecento persone che vennero alloggiate in una stalla, sostituirono gli ebrei ucraini che si trovavano a Michajlovka già da tre mesi e che, ormai stremati, sarebbero stati liquidati entro la fine di agosto84.
Ciascuno riceveva ogni giorno una scodella di zuppa di piselli senza sale mista a miglio ammuffito e, ogni otto-nove giorni, tre quarti di filone di pane raffermo; a volte qualche contadino di passaggio cedeva patate o cipolle in cambio dei pochi beni rimasti, approfittando della corruttibilitĂ  delle guardie lituane.
I lavori erano controllati dalla polizia tedesca e da volontari lituani agli ordini del Lagerkommandant Arthur Kiesel, dell’Unterscharführer delle SS Walter Mintel85 e di un sottufficiale lituano, ed eseguiti sotto la supervisione di ingegneri e tecnici della OT: nella cava gli uomini frantumavano la pietra con zappe e picconi, mentre le donne con i bambini, muniti di pale, accumulavano la ghiaia che veniva poi caricata su grandi camion. Altre volte si procedeva direttamente alla costruzione della strada. Tali operazioni duravano ininterrottamente dal mattino alla sera, domeniche escluse, e a partire dall’autunno erano svolte anche sotto la pioggia battente. Spesso alcuni prigionieri erano inviati nei campi vicini per rimpiazzare la manodopera venuta a mancare.
Fu probabilmente approfittando di un tale trasferimento che Selma riuscĂŹ a trovare qualcuno disposto a recapitare una lettera a ReneĂŠ, la quale si trovava nel vicino Arbeitslager di Obadovka:
Rena, tatanca86, qui fa così caldo che non riesco nemmeno a chiudere gli occhi e non sono in condizione di reggere la matita e mi riesce difficile farmi venire in mente qualcosa. Ma voglio scriverti lo stesso. Veramente non so nemmeno se avrò occasione di farti arrivare questo biglietto – non fa niente.
Ora per lo meno è come se tu sedessi qui vicino a me, e io potessi parlare di nuovo con te dopo quasi un anno. Che dico? Quasi un anno? In realtà già lo scorso anno a Czernowitz sembrava proprio che [parola illeggibile] entrambe fossimo molto lontane. In realtà sono passati più di due anni da quando sedevamo insieme per pomeriggi interi senza parlare. Pomeriggi in cui tu suonavi e io ascoltavo, e ognuna sapeva esattamente come l’altra si sentisse87. Forse non è il caso che evochi tali ricordi. Ma non fa niente. Non so cosa provi, a ogni modo mi manca molto il dolce e indicibile dolore che viene da tali ricordi. Ci sono momenti in cui cerco di evocare una qualche immagine particolarmente viva e calda, ma non mi riesce. Al massimo riesco a sfiorare col pensiero qualcosa che poi sfugge, un volto, una parola, senza poi riuscire ad afferrarlo o ad approfondirlo. A volte penso: “Berta”. Oppure “Leisiu”. Oppure “un bacio”. Ma il senso di questi concetti non lo afferro. Lasciamo stare. Ho qui una poesia di cui non conosco l’autore. È meravigliosa88:
Nostalgia
Tardi, nella notte
mi sono destato
e ho pianto.
Stella muta, tu
nel remoto blu,
sii con me.
D’oro e stupenda così
ti vidi a casa mia.
Sai cosa vuol dire
“casa”?
Come spezza il cuore
“casa”!
Saluta la...

Table of contents

  1. Introduzione
  2. Arcadia
  3. Meerbaum, Eisinger, Schrager, Antschel
  4. Guarda, che colori ha la vita!
  5. Giovane sentinella
  6. Poi arrivano
  7. Questa sarebbe la fine
  8. Epilogo
  9. Appendice
  10. Bibliografia
  11. Immagini