[1 gennaio]
Esame di coscienza preventivo: mi ricorderò quest’anno di scrivere qualche volta a Rina?
A colazione dai Proia con i Vitto. Nel tardo pom[eriggio] Lucia Catullo e Cimnaghi. Poi C[imnaghi] consigli sul comportamento, necessità di mettersi a lavorare e, per questo, di avere un luogo dove andare, cioè un piccolo appartamento studio.
Tel[efonata] di Lu[isa], che verrà domani alle 23,45.
Continuo la lettura di Guerra e pace e di Dionigi di Alic[arnasso] (Marcello Gigante) –
1 genn[aio] 1963
Nei giorni scorsi ho lavorato al romanzo, che, dopo molte incertezze, ho cominciato nel 1869. Questo come avvio. Ma può darsi anche che l’impostaz[ione] risulti, in seguito, diversa.
3 gennaio
Istituto Luce: vedo per la prima volta una parte del documentario sardo con L[ibero] Bizzarri. Impressione meno negat[iva] di quanto non credessi. Comunque non era così che lo avrei voluto (dalle 4 alle 8,30 pom[eridiane]).
[4 gennaio]
Io e L[ibero] Bizzarri continuiamo a vedere, dalle 4 alle 8 pom[eridiane], il doc[umentario] fino alla fine.
4 gennaio 1963
Da diversi giorni non trovo il tempo di sedermi a scrivere un pensiero, che ora mi pare abbia perduto il suo vero significato. A proposito della Sardegna mi premeva distinguere tra la sua antichità e la sua vecchiezza (o decrepitezza), cioè tra la sua durata nel tempo (attraverso secoli e millenni, secondo glottologi, etnologi, ecc.) e la provvisorietà di tutto ciò che, in tempi moderni, frutto della civiltà moderna, si è sovrapposto all’antico. (Ho scritto anni fa di Cagliari città decrepita e antica, abbozzando anche allora questa stessa distinzione, che mi sembra importante).
[5 gennaio]
Arrivano Franco e Clot[ilde] da Sassari.
Lettera di G. M.
Franco mi parla degli studi di A[ntonio] Borio su G[iovanni] M[aria] Angioy.
[6 gennaio]
Eugenio Marchese: / (sul viaggio in Sard[egna] di Q[uintino] Sella) / Ed[itore] Roux 1893.
Offre un quadro completo dell’ambiente economico, sociale ed industriale della Sardegna del tempo.
Vedi anche Baudi di Vesme.
[7 gennaio]
1) S.I.A.E.
2) Rispondere proposta commento.
3) Ringraziare W[alter] Mauro.
4) Abbonamento Eco d[ella] Stampa.
Spedita domanda ammissione Cassa previdenza S.I.A.E.
Franco di Clotilde: vince la cattedra per i ginnasi superiori.
5) Ringraziare De Michelis (Narratori).
7 genn[aio] 1963
Senso di disagio e di mortificazione per aver detto alla donna d’aiuto Maria Nunzia, di non portarsi dietro il bambino. Se sono indulgente col mio cane Laska, come posso non esserlo con il bambino Doriano?
Poi ho detto a M[aria] N[unzia] che, se non sa come sistemarlo, lo porti pure.
Ora, se ascoltassi l’impulso, chiederei scusa a M[aria] N[unzia] e coprirei di doni e carezze Doriano, e sbaglierei di nuovo. La sola cosa da fare è di spiegarsi con chiarezza e calma: M[aria] N[unzia] può portare con sé D[oriano] solo quando è indispensabile; e questo non perché D[oriano] non sia carino e simpatico, ma perché, se devo lavorare in casa la mattina, la presenza del bimbo mi disturba e mi impaccia.
Ma non è facile dire queste cose con garbo anche perché lo sforzo che si fa per superare la resistenza in noi stessi ci fa perdere il senso della misura.
[8 gennaio]
La coda di paglia di Piovene – Ed[itore] Mondadori.
Franco e Clotilde ripartono. Ci hanno regalato 12 cucchiaini d’argento. Io ho pagato l’albergo, che è costato 15.000 lire.
Riunione, in casa Frassineti, dei «proprietari» di Colle Selva. La signora Cantelli (Monini) sul sofà. L’architetto col maglione parla di milioni. Gelo. Pensavamo di costruire le villette minime con pochi soldi. Si ride, si scherza. La Signora C[antelli] lascia la compagnia perché deve andare a Milano – per affari. È una donna d’affari, maneggia i milioni del marito defunto. Vuol valorizzare il terreno comprato per poche lire. Noi pensavamo solo di divertirci. Questa affarista non riuscirà a fregarci, ma ci disturberà, credo.
[9 gennaio]
Vedi promemoria giorno 7.
Pensato al romanzo, ai suoi sviluppi.
Dopo cena viene Libero B[izzarri] per parlare del montaggio del documentario. Bisognerà tornare in Sard[egna] per altre riprese. Non so come troverò il tempo.
Alla T.V. «Nuovi incontri»: il lavoro della G[ianna] Manzini. Non regge. (ore 19,10 – l’incontro con i giovani non [alle] 20…; le ha giovato). Telefona per sentire come ci è piaciuto.
[10 gennaio]
Ricevo un numero dell’«Informatore del lunedì», che porta l’annuncio del decesso della signora Milla Grandesso. L’ho rivista, paralitica, in casa di Bruna, a Villacidro, circa un mese fa. Era molto cambiata. Faceva pena, pensando alla bella signora che era stata, circondata da tanti bei figli e figlie.
[11 gennaio]
Visita di Ausonio e Marinù, dopo colaz[ione]. Accompagnano il giovane Francesco Di Peda, «poeta», che mi porta un volume manoscritto di racconti da leggere: gli dico che lo leggerò, ma non so quando.
13 gennaio
Necessità di concentrarsi su poche cose per poter lavorare senza disperdersi.
Ho spedito a Francesco altre 150.000 lire: 470.000 in meno di un mese, cioè da quando sua madre è partita per Ginevra (meglio, da quando io l’ho saputo). Ma complessivamente non basterà nemmeno il doppio.
Mi dispiace solo, cioè mi ferisce il modo, in cui i soldi mi vengono chiesti. Maria, la prima volta, ha scritto da Ginevra, informandomi della malattia di Lina: «Manda del danaro», senza nemmeno precisare quanto occorresse. Io credo che avrebbero dovuto scrivermi prima di partire, dicendomi quanto – presso a poco – dovevo procurarmi.
Io non credo alla gente che disprezza il danaro. Sono quelli che poi lo chiedono senza scrupoli. Non sanno guadagnarlo, ma sanno levartelo di tasca con argomenti «morali».
Ricordo quando abitavamo, qui a Roma, in via Fabrizi. Le scenate tra me e Lina erano continue, e la mia resistenza stava per finire. Tanto è vero che poco dopo ebbi il primo grave collasso cardiaco (appena giunto a Ravenna). Un giorno dissi a Maria che facesse qualcosa per ridurre alla ragione l’irriducibile Lina: le dissi che se io mi fossi ammalato (e stavo per ammalarmi, lo sentivo) il danno sarebbe stato anche di Lina, perché dalla mia salute e dal mio lavoro dipendeva il benessere della famiglia, dato che non avevamo beni di fortuna. Maria mi si rivoltò contro dicendo che accennare al danaro era una cosa volgare, che non era degna di me.
Non mi sono più dimenticato di queste parole, che mi hanno fatto sentire quanto sia falso ogni atteggiamento moralistico rispetto al danaro, di cui invece bisogna parlare con la massima chiarezza e precisione. Infatti il danaro non è altro che tempo, fatica, risultato positivo (non sempre adeguato) di uno sforzo costante, logorante, ridotto in cifre.
Lu è uscita per andare a parlare con Maria Nunzia. Ieri abbiamo trovato gli attacchi delle antenne della televisione spostati. Ce ne siamo accorti cercando un guasto del secondo canale, che poi risultò causato da questo spostamento. Poiché anche le manopole erano state toccate e girate senza criterio, pensiamo che non può essere stato altri che il bambino Doriano. Si è così di nuovo posto il problema, e abbiamo concluso che M[aria] N[unzia] deve lasciare il bambino a casa, o meglio affidarlo a qualcuno o a un nido dell’O.N.M.I.
Lu ha compiuto la sua missione con molto tatto e M[aria] N[unzia] si è convinta.
È morta la signora Camilla Grandesso. Qualcuno dei figli, forse Hiram, forse Bruna, oppure Olinto, mi ha mandato, come partecipazione, l’«Informatore del lunedì», dove hanno pubblicato l’annuncio del decesso. Circa un mese fa l’avevo rivista a Villacidro, in casa di Bruna (cioè nella natia casa del dottor Pippo Sollai, dietro la chiesa di S[anta] Barbara). Era seduta su di una poltrona, dalla quale non si poteva muovere, avendo perduto ...