La ricerca del bosone di Higgs
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La ricerca del bosone di Higgs

Roberto Casalbuoni

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La ricerca del bosone di Higgs

Roberto Casalbuoni

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In questo volume viene descritta la storia della ricerca che ha portato all'evidenza sperimentale del bosone di Higgs, annunciata ufficialmente dal CERN di Ginevra il 4 Luglio 2012. Questa scoperta ha rappresentato il coronamento di un cammino iniziato con la scoperta della radioattività nel 1896, e che ha portato alla congettura di una nuova interazione, l'interazione debole. Vengono ripercorsi i tentativi per comprendere questo nuovo tipo di forza, con le difficoltà, le soddisfazioni momentanee e le disillusioni di questi studi che si sono svolti su un arco temporale di più di cento anni. Vengono anche illustrate le ricerche sperimentali che hanno condotto a riconscere l'esistenza della particella di Higgs evidenziando, in particolare, quanto fatto all'acceleratore a protoni del CERN, LHC (Large Hadron Collider), dove è avvenuta la scoperta.
Roberto Casalbuoni è Professore di Fisica Teorica dell'Università di Firenze. La sua attività di ricerca è nel campo delle particelle elementari e si è svolta sia in Italia: Sezione INFN di Firenze, Università di Lecce e Universita' di Firenze, che in numerose istituzioni estere: Johns Hopkins University di Baltimora, Stanford Linear Accelerator in California, Università di Ginevra, Laboratorio DESY di Amburgo e CERN di Ginevra.

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La ricerca
del bosone di Higgs
Introduzione
Quando, il 4 Luglio del 2012, il CERN di Ginevra ha annunciato ufficialmente che la particella di Higgs era stata osservata da entrambi gli esperimenti dedicati a questo scopo, ATLAS e CMS, un sentimento di grande soddisfazione ha pervaso tutti i fisici delle particelle elementari. Da quando l’esistenza della particella era stata ipotizzata nel 1964, i laboratori di tutte le nazioni l’avevano cercata invano. Ma perché questa particella è così importante per la fisica? Questo è quanto cercheremo di spiegare raccontando la storia di come si sia arrivati a congetturarne l’esistenza e della sua lunga ricerca.
La storia della particella di Higgs è strettamente legata a quella delle interazioni deboli. Infatti quando Weinberg e Salam proposero il loro modello per spiegare queste interazioni sfruttarono le proprietà della particella di Higgs per evitare che tutte le particelle descritte in questa teoria risultassero a massa nulla.
Dunque inizieremo il nostro viaggio dalla scoperta delle interazioni deboli del 1896 da parte di Becquerel. Occorsero poi ben 75 anni prima che venisse dimostrata, nel 1971, la consistenza matematica del modello di Weinberg e Salam del 1967 e altri 41 anni per averne una conferma definitiva con la scoperta del Luglio 2012. Possiamo ben dire che il problema delle interazioni deboli è stato uno dei più ostici e difficili affrontato dai fisici, dato che la sua soluzione ha dovuto aspettare quasi 120 anni.
Discuteremo successivamente il linguaggio che si usa per la descrizione delle particelle elementari. Dato che si tratta di sistemi microscopici che si muovono ad alta velocità (paragonabile a quella della luce) risulta necessaria una descrizione che includa sia la meccanica quantistica sia la teoria della relatività ristretta, per intendersi quella formulata da Einstein nel 1905. Questo linguaggio fu sviluppato immediatamente dopo la formulazione della meccanica quantistica. Come vedremo questa descrizione teorica, applicata alla teoria delle forze elettromagnetiche, dette luogo a una serie di difficoltà la cui soluzione, in questo caso specifico, dovette attendere sino al 1948.
Passeremo poi alla trattazione di Fermi delle interazioni deboli, che però era affetta da problemi analoghi a quelli trovati per l’elettromagnetismo. L’introduzione dei bosoni vettoriali intermedi (1957-1961), particelle analoghe ai fotoni, non fu sufficiente a risolvere questi problemi.
Il tentativo di dare una soluzione a queste difficoltà ci condurrà poi a considerare le proprietà di simmetria di una teoria fisica. In genere un oggetto è simmetrico se lo si può trasformare senza modificarlo. Nel caso nostro questo significa considerare delle trasformazioni che lasciano invariate le equazioni che definiscono una teoria e quindi ne lasciano invariate le proprietà fisiche. Queste trasformazioni si applicano ai campi che descrivono le particelle, cioè a delle quantità che dipendono dal tempo e dalla posizione nello spazio che stiamo considerando. Quindi si possono considerare trasformazioni che si applicano ai campi indipendentemente dal punto che si considera, le trasformazioni “globali”, oppure il caso in cui i campi si trasformano in maniera diversa nei vari punti dello spazio, cioè le trasformazioni “locali”. Mentre il carattere di una simmetria globale è puramente geometrico, si può avere una simmetria locale solamente se nella teoria ci sono delle interazioni ben precise, le interazioni di “gauge”. Vedremo anche che questo tipo di teoria, sebbene molto attraente, presenta notevoli problemi.
Negli anni Sessanta i fisici delle particelle si rivolsero a studiare ciò che facevano i colleghi che si occupavano di struttura della materia. Questi studi interdisciplinari, dopo un certo numero di insuccessi, portarono a dei risultati molto fruttuosi, e condussero alla formulazione di quello che va sotto il nome di meccanismo di Higgs che, tra l’altro, prevede anche l’esistenza di una particella di spin zero, detta bosone di Higgs.
Come vedremo, la proprietà fondamentale del meccanismo di Higgs è che permette di dare in modo “dinamico” una massa a quelle particelle che sperimentalmente hanno massa non nulla, ma che la teoria, in assenza di questo meccanismo, prevederebbe a massa zero.
Nel 1967 Weinberg e Salam formularono una teoria delle interazioni deboli con simmetria locale facendo uso del meccanismo di Higgs. Una successiva estensione di questo modello fu fatta poi da Glashow, Iliopoulos e Maiani nel 1970. Nel 1971 ‘t Hooft e Veltman riuscirono finalmente a dimostrare che, come in elettrodinamica, le difficoltà a cui abbiamo accennato erano superabili.
Vedremo poi che a partire dal 1973 il modello di Weinberg e Salam ha ricevuto molte conferme sperimentali. Ultimo anello mancante: l’osservazione della particella prevista dal meccanismo di Higgs.
Finalmente, con l’entrata in funzione della grande macchina del CERN, LHC (Large Hadron Collider), alla fine del 2009 (alcuni giorni dopo la prima accensione, nel Settembre del 2008, un’esplosione danneggiò gravemente la macchina) iniziò la caccia al bosone di Higgs. Caccia conclusasi appunto il 4 Luglio del 2012.
Una serie di schede illustrative su vari argomenti trattati nel testo è stata introdotta per permettere approfondimenti rispetto all’esposizione principale.
La scoperta delle interazioni deboli
Nel 1896, Henri Bequerel osservò, per quello che si può chiamare un felice accidente, che dei sali di uranio erano in grado d’impressionare una lastra fotografica tenuta al riparo dalla luce del sole con della spessa carta nera, scoprendo così il fenomeno della radioattività (vedi Figura 1).
Un contributo fondamentale allo studio della radioattività fu dato da Pierre e Marie Curie con la scoperta della radioattività del polonio e del radio. Per questa scoperta furono insigniti del Premio Nobel per la fisica insieme con Henri Becquerel nel 1903. Marie Curie ricevette un secondo Nobel nel 1911 (questa volta per la Chimica) per aver isolato il radio e per averne determinato le proprietà chimiche. È stato l’unico caso di una persona che abbia ricevuto due Premi Nobel in due discipline scientifiche diverse.
Grazie anche agli studi di Rutherford, fu osservato che esistevano tre tipi distinti di radiazioni, la radiazione alpha, costituita da nuclei di elio, e le radiazioni beta e gamma, costituite rispettivamente da elettroni e da fotoni (vedi Figura 2). Questi tre tipi di radiazioni sono connessi alle tre interazioni fondamentali che si hanno tra le particella elementari, cioè le interazioni forti (radiazione alpha), interazioni deboli (radiazione beta) e interazioni elettromagnetiche (radiazione gamma).
Fig1.tif
Figura 1. Henri Bequerel e la prima evidenza della radioattività nel Febbraio del 1896.
Fig2.tif
Figura 2. I tre tipi di radiazioni. Nella figura si possono vedere le tracce delle particelle alpha (nuclei di elio) a sinistra, delle particelle beta (elettroni) al centro. Nella figura di destra, un raggio gamma (fotone) si materializza in una coppia elettrone-positrone che si muovono in direzioni opposte a causa della presenza di un campo magnetico. Il particolare mezzo di rivelazione usato in questi tre casi permette solo la visualizzazione delle particelle cariche e quindi il fotone, essendo elettricamente neutro, non risulta visibile direttamente.
Le interazioni forti sono le responsabili della stabilità dei nuclei. Infatti, se esistesse solo l’interazione elettromagnetica, i nuclei, essendo composti da protoni e neutroni, sarebbero instabili dato che i protoni si respingono tra di loro (sono carichi positivamente) mentre i neutroni non hanno carica elettrica. Quindi, come osservato da Chadwick e Bieler nel 1921, si poteva spiegare la stabilità del nucleo solo assumendo che esistesse una nuova interazione molto più forte dell’interazione elettromagnetica. Si trova che tra due protoni, posti alla distanza di un fermi (10-13 cm.), la forza forte è 20 volte più grande di quella elettromagnetica tra gli stessi due protoni alla stessa distanza.
Le interazioni deboli sono le responsabili delle radiazioni beta (elettroni) che si producono nel decadimento di un neutrone in un protone e nella coppia elettrone-neutrino. La forza debole tra due protoni (sempre alla distanza di un fermi) risulta essere circa un decimilionesimo (10-7) più piccola dell’interazione elettromagnetica. Queste sono le interazioni che c’interesseranno particolarmente nel seguito.
Ovviamente tra le particelle si esercita anche l’attrazione gravitazionale, che è legata al valore delle masse. Dato che si tratta di masse molto piccole, quest’interazione risulta molto debole. Sempre nel caso di due protoni alla distanza di un fermi, l’attrazione gravitazionale vale circa 10-36 volte quella elettromagnetica e pertanto, completamente trascurabile per questo tipo di considerazioni.
Il linguaggio delle particelle elementari
Gli esperimenti tipici sulle particelle elementari vengono effettuati con gli acceleratori, dove le particelle elementari vengono portate sino a velocità prossime a quella della luce. Occorre dunque far ricorso sia alla meccanica quantistica, trattandosi di entità microscopiche, sia della relatività ristretta. Quindi per la descrizione delle loro proprietà occorre mettere assieme queste due teorie fisiche fondamentali. Il risultato di quest’unione prende il nome di “teoria quantistica dei campi”, dalla quale discende una proprietà fondamentale della meccanica quantistica, la “dualità onda-corpuscolo”.
Nel 1905 Einstein aveva introdotto il concet...

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Casalbuoni, R. (2013). La ricerca del bosone di Higgs ([edition unavailable]). Firenze University Press. Retrieved from https://www.perlego.com/book/1084527/la-ricerca-del-bosone-di-higgs-pdf (Original work published 2013)

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Casalbuoni, Roberto. (2013) 2013. La Ricerca Del Bosone Di Higgs. [Edition unavailable]. Firenze University Press. https://www.perlego.com/book/1084527/la-ricerca-del-bosone-di-higgs-pdf.

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Casalbuoni, R. (2013) La ricerca del bosone di Higgs. [edition unavailable]. Firenze University Press. Available at: https://www.perlego.com/book/1084527/la-ricerca-del-bosone-di-higgs-pdf (Accessed: 14 October 2022).

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Casalbuoni, Roberto. La Ricerca Del Bosone Di Higgs. [edition unavailable]. Firenze University Press, 2013. Web. 14 Oct. 2022.