Storia dell'alchimia
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Storia dell'alchimia

Misticismo ed esoterismo all'origine della chimica moderna

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Storia dell'alchimia

Misticismo ed esoterismo all'origine della chimica moderna

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L'evoluzione dell'alchimia ha visto sovrapporsi nei secoli concetti che hanno aperto la strada alla scienza moderna, malgrado essa, abbia conservato a lungo connotati mistici ed esoterici, al punto che perfino i processi e i simboli alchemici acquistavano significati astrusi e altisonanti, spesso senza nessuna connessione con quelli prettamente chimici e fisici. Il libro presenta la storia dell'alchimia e dei suoi sviluppi nei secoli, partendo dalle ricerche dei saggi cinesi e indiani e dei primi colonizzatori della Mesopotamia, per proseguire con la scuola di Alessandria e con la nascita delle teorie dei filosofi ionici, per poi illustrare in dettaglio la comparsa del concetto di atomo alla base della concezione della materia dei filosofi della Magna Grecia e la successiva visione filosofica del mondo e delle idee di Platone e di Aristotele. Il racconto prosegue con una ampia descrizione del contributo allo sviluppo dell'alchimia degli alchimisti arabi e mussulmani, di quello degli scolastici e degli umanisti del Medioevo, per continuare con quello degli enciclopedisti e perfino dei moderni alchimistici, fino a quello degli ultimi epigoni della 'Grande Opera', comparsi in Europa e soprattutto negli Stati Uniti e nell'America latina nell'Ottocento e nel Novecento. Salvatore Califano è professore emerito di Chimica fisica all'Università di Firenze.

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Capitolo 1
L’alchimia egiziana
Secondo gli alchimisti occidentali la culla dell’alchimia fu l’antico Egitto. Il fondatore di una materia esoterica come l’alchimia sembra sia stato Ermete Trismegisto (ρμς Τρισμέγιστος), tre volte grandissimo, discendente di Thot, dio egiziano delle matematiche e delle scienze che reggeva l’universo, governava sulle tre parti della saggezza, cioè sapienza, scrittura e magia, e controllava le leggi del mondo.
Il figlio di Thot, Agathodemon, avrebbe generato un figlio di nome Ermete. Molto probabilmente il nome Ermete Trismegisto deriva da una singolare contaminazione del nome del dio egiziano Toth con quello del dio greco Ermes.
I Miti che raccontano le imprese di Thot lo descrivono come un Dio esperto in astronomia, mago e medico per eccellenza, chiamato sia ‘il Contatore delle Stelle’, che ‘il Numeratore della Terra’ o anche il ‘Dio degli Scribi e della Scrittura geroglifica’ e perfino il ‘Signore delle Parole Divine’, cioè delle «parole di potere con cui è possibile dar forma e potenza al pensiero» (Russo Pavan 2000).
Ermete Trismegisto, celebrato per la sua saggezza e per le sue opere, avrebbe scritto la famosa Tabula Smaragdina (Tavola di smeraldo), uno dei documenti più antichi di natura alchemica, noto nel primo Medioevo nella traduzione latina di Ugo di Santalla (Holmyard 1929). La figura di Ermete Trismegisto ha colpito la fantasia di moltissimi scrittori e artisti del Medioevo e fu perfino rappresentata nel 1488 nel primo riquadro della navata centrale del pavimento del Duomo di Siena da Giovanni di Stefano, figlio del Sassetta. Il nome di Ermete Trismegisto era noto anche a Sant’Agostino che però bollava con veemenza le pratiche magiche che sono contenute nella Tavola, dichiarando Ermete rappresentante in terra del demonio. Testimonianze su Ermete Trismegisto (Califano 2010: 33) comparvero anche nella Crisopea di un anonimo del VII-IX secolo, nella Historia Nea dello storico bizantino Zosimo e nell’introduzione al Testamento di Morieno romano, il primo testo d’alchimia tradotto dall’arabo nel 1144, dall’inglese Roberto di Chester (Pereira, Arcana Sapienza 2001), (Califano 2010: 33):
Leggiamo nelle antiche storie sacre che vi furono un tempo tre filosofi, ognuno dei quali ebbe nome Ermete. Il primo di essi fu Enoch, che con altro nome fu chiamato Ermete e con un altro ancora Mercurio. Il secondo fu Noè, anche lui denominato inoltre Ermete e Mercurio. Il terzo infine fu quell’Ermete che regnò a lungo in Egitto dopo il diluvio. Questi fu chiamato dai nostri predecessori ‘Triplice’, a motivo delle tre dignità che Dio gli aveva conferito. Egli infatti fu re, filosofo e profeta.
Il testamento di Morieno comparve anche nella Bibliotheca chemica curiosa, pubblicata a Ginevra dal medico e collezionista di scritti alchemici Jean Jacques Manget nel 1702.
Anche l’egiziano Bolos di Mendes (Bolo Democrito), vissuto tra il III e il II secolo a.C., fu tra i primi alchimisti a descrivere le tecniche degli artigiani egiziani, persiani, babilonesi e siriani, in un testo Physika in quattro libri. A differenza dagli altri alchimisti, egli si interessava alle trasformazioni della materia, che riteneva corrispondessero ai cambiamenti di colore dei metalli nella preparazione di leghe. Il suo scopo era di trovare ricette per fare in modo che un metallo vile rassomigliasse all’oro. Queste sue idee segnarono la nascita della pietra filosofale e del sogno degli alchimisti. Bolos era anche noto come pseudo-Democrito perché ben presto parecchie sue opere circolarono, forse per intento dello stesso autore, sotto il nome del famoso filosofo; di conseguenza i suoi trattati furono falsamente attribuiti a Democrito da eruditi posteriori come ad esempio Varrone, Plinio il giovane e Petronio.
Capitolo 2
L’alchimia alessandrina e paleocristiana
Il grande sviluppo dell’alchimia cominciò ad Alessandria nel delta del Nilo. Fondata da Alessandro Magno nel 332 a.C., Alessandria divenne in breve tempo il più importante centro culturale dell’epoca, che vide nascere l’alchimia ellenistica (Califano 2010: 4) dalla fusione della filosofia greca con il misticismo orientale e con la tecnologia egiziana.
Alla morte di Alessandro, Tolomeo Sotere (ca. 367-283 a.C.) divenne satrapo d’Egitto e nel 305 a.C. si proclamò re, iniziando la dinastia dei Tolomei, grandi mecenati della cultura e dell’arte. Sotto il governo di Tolomeo II Filadelfo (309-246 a.C.) furono fondati la Biblioteca e il Museo di Alessandria.
Tolomeo Filadelfo riuscì a procurarsi la biblioteca di Aristotele e fondò l’Università o Museo al fine di raccogliere i maggiori studiosi del mondo. La biblioteca era dotata di oltre 50.000 volumi, che raccoglievano tutta la cultura dell’epoca. Alessandria divenne un centro di grande cultura, di letteratura, grammatica, filologia, linguistica e di numerose attività scientifiche. Fu in questo clima che Bolo di Mende scrisse la sua Physika dedicata alla preparazione dell’oro, dell’argento, delle gemme preziose e della porpora. Acquistarono una straordinaria importanza anche i contatti con l’estero attraverso il porto commerciale di Alessandria e le città del Delta come Mende, nome greco dell’antica capitale ‘Permanebsete’, o Djedet, di uno dei distretti del Basso Egitto.
Le scienze naturali furono rappresentate ad Alessandria da famosi dotti i cui nomi fanno capire quale fosse il livello della sua cultura tecnico-scientifica. La scuola di matematica nacque con Euclide (ca. 325-270 a.C.), il più famoso geometra di tutti i secoli, e si rinforzò grazie alla presenza di Apollonio di Perga (ca. 262-190 a.C.), altro grande geometra, autore del trattato Le Coniche in otto volumi. Allo sviluppo dell’astronomia contribuirono Ipparco di Nicea (ca. 190-120 a.C.), Eratostene (ca. 276-194 a.C.) di Cirene, direttore della Biblioteca di Alessandria, e Claudio Tolomeo (83-168 d.C.), autore dell’Almagesto e del modello geocentrico dell’universo che ha dominato l’astronomia fino a Copernico e Galileo (Califano 2010: 34). Nel tempo però la cultura alessandrina perse il suo slancio iniziale, sotto l’influsso delle religioni orientali che si affiancarono alla religione ufficiale dei faraoni. All’osservazione subentrava la rivelazione mistica, mentre alla fiducia nella ragione e nella logica cominciava a sostituirsi la fede nell’illuminazione e nei riti magici che trovava nella filosofia gnostica la sua espressione più significativa.
Lo gnosticismo, dal greco γνώσις ‘conoscenza’, era un antichissimo movimento legato a una antica religione babilonese, nel quale si fondevano motivi legati alle religioni orientali, greche, all’ebraismo e alla religione cristiana. Lo gnosticismo ebbe la sua massima diffusione nel II e III secolo d.C. predicando il dualismo tra gli opposti. Nel III secolo d.C. si sviluppò poi il neoplatonismo, fondato da Ammonio Sacca, ‘Ammonius Saccas’ (175?-252 B.C.), il cui esponente più importante fu Plotino (204-270 d.C.), che rivedeva il pensiero di Platone. Secondo Plotino Dio non avrebbe creato, ma emanato volontariamente il mondo, come il Sole emana calore. I diversi livelli di realtà furono creati quindi per ‘ipostasi’, cioè per emanazione gerarchica. L’emanazione più vicina a Dio creò l’intelletto (il nous), quella successiva il principio vitale di ogni cosa e quella all’ultimo livello il mondo terreno (Califano 2010: 34).
Il mondo alchemico alessandrino è ben documentato. Un papiro del III secolo d.C. trovato a Leida nel 1885 (Caley 1926) contiene ricette di metallurgia e metodi di lavorazione dei metalli (Pereira 2006: 8):
L’oro si tinge in modo che diventi buono. Misi (pirite di ferro), sale e aceto per la purificazione dell’oro vengano mescolati tutti insieme e si getti il detto oro nel vaso in mezzo alle medicine; gettatovelo, si lasci stare per un po’ di tempo; lo si tolga dal vaso, si scaldi sul carbone e si getti di nuovo nel vaso dov’è la detta medicina. Si faccia questo più volte finché non diventi buono (Papiro di Leida, Ricetta n.14, Tintura d’oro).
Un secondo papiro, trovato a Stoccolma nel 1913 e risalente anch’esso al III secolo d.C., noto anche come papiro Holmiensis, contiene stralci di ricette di mordenzatura e tintura di tessuti e di fabbricazione di false pietre preziose (Pereira 2006: 15):
Fai bollire dell’asfodelo e del nitro. Immergivi la lana, otto dracme per volta, allargandola. Poi prendi una mina di vinaccia, battila e mettila in infusione in aceto lasciandovela per sei ore. Poi, dopo che ha bollito, immergivi la lana.
I due papiri, molto probabilmente compilati a Tebe, in un periodo tra il 250 e il 350 d.C., da un unico amanuense che probabilmente si servì di fonti diverse, comprendono raccolte di tecniche metallurgiche e chimiche, come fabbricazione di colori, di inchiostri ecc. I testi sono stilati in uno strano greco, ricco di barbarismi e di errori di ortografia, forse dovuti alle imprecisioni della lingua parlata in Egitto in quell’epoca. In entrambi manca quasi completamente la parte esoterica e magica, che di regola serviva ad iniziare un testo, che invece in questo caso si limita alle normali invocazioni agli Dei. Il contenuto di questi antichissimi scritti alchemici riguarda la contraffazione dell’oro, dell’argento e di pietre preziose e corrisponde al periodo in cui le tecniche artigianali greco-egiziane furono incorporate nella tradizione alchemica (Califano 2010: 34-35).
L’alchimia era importante anche nel mondo paleocristiano come è testimoniato da una specie di enciclopedia dell’alchimia in 28 volumi, le operazioni manuali, scritta da Zosimo di Panopolis (Califano 2010: 35), città dell’alto Egitto, intorno al 300 d.C. Zosimo, noto ai romani come Rosinus, è quasi certamente il primo alchimista greco di cui si abbia notizia certa (Zosimo di Panopoli 2006). Solo cinque libri dell’enciclopedia di Zosimo si sono salvati dall’incuria del tempo, tra cui le Memorie autentiche, dedicate a una dama Theosebia, nominata come sua sorella. I testi noti sono un intreccio di magia, filosofia e ricette alchemiche (Viano 2005). Le procedure alchemiche, descritte come strumento di salvezza spirituale, testimoniano la fiducia nel significato religioso e mistico della materia, e si configurano come il primo stadio dell’alchimia spirituale che divenne poi importante nel Rinascimento. Zosimo racconta nei testi di essere stato allievo di Maria la giudea, nota anche come Maria Profetissa o come Maria d’Alessandria, una antica filosofa ed alchimista, vissuta probabilmente ad Alessandria d’Egitto, tra il primo e il terzo secolo d.C.
Di Maria la giudea non si conoscono opere, ma è citata da tutti gli scrittori posteriori come inventrice di molti strumenti alchemici tra i quali il kerotàkis, un alambicco suddiviso in tre parti, fatto per preparare col calore solfuri di metalli, ottenuti lasciando che i vapori di zolfo provenienti dal fondo dell’apparecchio reagissero con i metalli allo stato puro, il trìbikos, un sublimatore in rame e il bagno-Maria, un recipiente pieno di acqua o anche di sabbia per riscaldare recipienti senza tenerli in contatto diretto col fuoco (Patai 1982: 81-93).
La tradizione ellenistica era tipicamente esoterica e occultistica, sostenendo che la Natura fosse conoscibile solo per rivelazione divina. L’idea che la conoscenza rivelata, depositata in scritti contenenti concezioni alchemiche ed esoteriche, non dovesse essere di dominio pubblico divenne una continua preoccupazione degli alchimisti che consideravano indispensabile sottrarla al volgo per evitarne svilimenti o abusi. Incredibilmente questa idea è sopravvissuta fino a noi. Perfino un grande scienziato come Isaac Newton scrisse una lettera al suo amico Robert Boyle pregandolo di mantenere il silenzio sull’alchimia, convinto che il sapere degli alchimisti dovesse essere riservato a pochi eletti perché la sua diffusione poteva rappresentare un pericolo per persone non preparate.
Secondo i principi della tradizione che gli enciclopedisti paleocristiani e poi quelli romani e medievali codificarono, i misteri della Natura dovevano essere registrati nei libri secretorum. Gli experimenta da tramandare andavano dalle proprietà curative di erbe, animali e pietre, alle arti meccaniche come la lavorazione dei metalli, la pittura e la tintura, alle magie e agli illusionismi, a varie tecniche artigianali e perfino a ricette culinarie. Nel II e nel III secolo le arti meccaniche furono oggetto di una ricca trattazione ermetica e iniziatica, che in seguito si affermerà come lo stile ufficiale della letteratura alchemica (Califano 1910: 21).
La storia dell’alchimia paleocristiana fu anche storia di persecuzioni, emarginazioni, esili ed eresie. La lapidazione della filosofa, matematica e astronoma Ipatia ingiustamente accusata di eresia, obiettivo innocente della collera cristiana, è un chiaro esempio delle violenze che caratterizzarono la scienza in quel periodo. Proprio a degli eretici, i cristiani orientali detti anche Nestoriani, cacciati da Edessa nel 489 e rifugiatisi in Persia, dobbiamo invece in gran parte la trasmissione dell’arte sacra nel vicino oriente e la nascita delle traduzioni in greco dei testi arabi a Nibisi e a Jund-î Shâpurî dove sorsero i primi centri per la traduzione dal greco.
Capitolo 3
Alchimia cinese
L’alchimia si sviluppò in Cina nello stesso periodo in cui nasceva in Mesopotamia e nell’antico Egitto (Mason 1971: pp. 69 ss.), anche se è molto probabile che scambi commerciali avvenuti seguendo le carovane che trasportavano mercanzie e informazioni abbiano fin dall’inizio prodotto trasferimenti d’idee tra le due culture (Holmyard 1959).
Riferimenti a pratiche alchemiche si trovano in molti miti e leggende della Cina antica. Un testo fondamentale per la comprensione dell’alchimia cinese è rappresentato dal libro Myths & Legends of China del 1922, scritto da Edward Theodore Chalmers Werner (1864-1954) un diplomatico britannico e sinologo specializzato nello studio delle superstizioni, miti e pratiche magiche in Cina (Werner 2007). Il libro di Werner contiene molte notizie sull’alchimia cinese nel periodo pre-cristiano. A titolo di esempio riportiamo una citazione riportata nel libro, estratta da vecchi documenti cinesi:
Chang Tao-Ling, il primo grande sacerdote della religione Taoista nato nel A.D. 35 durante il regno dell’imperatore Kuang Wu Ti della dinastia Hari, si dedicò allo studio e alla meditazione, rifiutando tutte le offerte di...

Table of contents

  1. Introduzione
  2. Capitolo 1
  3. Capitolo 2
  4. Capitolo 3
  5. Capitolo 4
  6. Capitolo 5
  7. Capitolo 6
  8. Capitolo 7
  9. Capitolo 8
  10. Capitolo 9
  11. Capitolo 10
  12. Capitolo 11
  13. Capitolo 12
  14. Capitolo 13
  15. Capitolo 14
  16. Capitolo 15
  17. Capitolo 16
  18. Capitolo 17
  19. Capitolo 18
  20. Capitolo 19
  21. Bibliografia