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storie personaggi recensioni e curiosità cinematografiche

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storie personaggi recensioni e curiosità cinematografiche

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La raccolta delle recensioni e degli articoli pubblicati da Girodivite, la più antica testata web italiana, nell'arco degli ultimi 12 anni. Una occasione imperdibile per ri-vedere film, attori, registi, protagonisti del mondo del cinema. Un ferma-immagine di quello che ci ha emozionato, interessato, quello che ci ha fatto discutere. Autori delle recensioni: Dario Adamo, Angela Allegria, Vincenzo Basile, Piero Buscemi, Calogero, Antonio Carollo, Giuseppe Castiglia, Antonio Cavallaro, Fabrizio Cirnigliaro, Anna Colia, Elisabetta Corsini, Cristina Di Bartolomeo, Diana Di Francesca, Sergio Di Lino, Lucio Garofalo, Emanuele Gentile, Teresa Geria, Laura Giannini, Ugo Giansiracusa, Annalisa Giovani, Donatella Guarino, Victor Kusak, Laura Lapenna, Orazio Leotta, Elisa Lerda, Silvestro Livolsi, Armando Lostaglio, Salvatore Mica, Lorenzo Misuraca, Rafael Navio, Simone Olla, Claudia Pace, Alfio Pelleriti, Cesare Piccitto, Liliana Rosano, Davide Rossi, Carmen Ruggeri, Bianca Scicolone, Laura Timpanaro, Davide Venturi.

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Information

Celluloide: i film

Alla ricerca della meglio gioventù...


La meglio gioventù, il film drammatico di Marco Tullio Giordana, prodotto dalla Bibì film di Angelo Barbagallo per Rai fiction, nato per la TV e poi destinato alla produzione cinematografica per la sua qualità e per la sua attenzione agli eventi.

20 novembre 2003, di Laura Giannini
C’è tutto nel film di Marco Tullio Giordana, quarant’anni di storia d’Italia nel bene e nel male. Sei ore per raccontare le vicende di una famiglia italiana, i Carati, dalla fine degli anni sessanta ad oggi. Sei ore dove c’è lo "spirito profondo" del nostro paese: dall’idealismo dei giovani del ’68 alla scelta durissima del terrorismo delle Brigate Rosse; e non si dimentica, però, la vittoria dell’Italia ai mondiali del ’82 o la paura e lo sbigottimento di fronte alle stragi di Capaci e di Via D’Amelio; c’è anche la storia di un’amicizia fraterna, di quelle rare e preziose. Quattro amici che frequentano l’Università: Nicola (Luigi Lo Cascio) segue il corso di medicina; suo fratello Matteo (Alessio Boni) quello di lettere; l’amico Carlo (Fabrizio Gifuni) il corso di economia e commercio e Alberto filosofia. Il film inizia con un viaggio, le tanto attese vacanze estive, che i ragazzi decidono di intraprendere una volta finiti gli esami. Nicola e Matteo, però, non partono con gli altri per aiutare un’amica malata di schizofrenia e per sottrarla all'elettroshock. La ragazza rimane con loro fino a quando non viene ripresa dalla polizia. allora le strade dei due fratelli si dividono: Matteo, turbato dai sensi di colpa per non averla protetta, decide di tornare a Roma, mentre Nicola continua il suo viaggio fino in Norvegia. A questo punto abbiamo un salto temporale: si arriva all’alluvione di Firenze del’66. Qui i quattro amici si ritrovano e Nicola conosce quella che diventerà la sua compagna, Giulia, e dalla quale avrà una figlia. I tre amici, eccetto Matteo che ha deciso di lasciare l’Università per tentare la carriera dell’esercito, si trasferiscono a Torino. Altro salto temporale: Nicola è ormai diventato medico psichiatra, Carlo un funzionario della Banca d’Italia, Alberto un dirigente della FIAT; Matteo un poliziotto affermato, Giulia, invece, insoddisfatta della propria vita umana e professionale, si avvicina sempre di più al terrorismo delle BR, scambiando per impegno politico un falso ideale e che la porterà a lasciare la famiglia. La prima parte del film si chiude con il matrimonio di Carlo e Francesca, la sorella di Nicola e di Matteo. Struggente la seconda parte,la quale vede attuarsi, in un certo senso, i valori espressi precedentemente. Sara, la figlia di Nicola e di Giulia, è ormai cresciuta e il padre supplisce in maniera eccellente alla mancanza della madre. Carlo e Francesca hanno tre bambini. Alberto adesso fa il muratore,dal momento che ha perso il lavoro alla FIAT. Matteo è sempre un poliziotto, ma stavolta in servizio a Roma. Qui rincontra una ragazza conosciuta a Palermo, che lavora in una biblioteca della capitale. Con Mirella inizierà una tormentata relazione che lo porterà al suicidio. Nicola successivamente riuscirà a rintracciare la ragazza e conoscerà il bambino di suo fratello, Andrea, assieme alla madre, che peraltro rimarrà a Stromboli. Giulia, intanto, viene fatta arrestare grazie a Nicola che preferisce pensarla in carcere piuttosto che ad ammazzare qualcuno: e questo qualcuno doveva essere proprio l’amico Carlo. Sara è cresciuta, frequenta la scuola di restauro a Roma. qui incontra quello che diventerà il suo futuro marito. salto temporale: la nonna è morta ed è stata sepolta a Stromboli. tra Nicola e il nipote, Andrea si instaura un bellissimo rapporto, ma anche tra lo psichiatra e Mirella che si concretizzerà nel finale... la meglio gioventù, omaggio a Pierpaolo Pasolini, che credeva in una gioventù ideale, in una gioventù forse minoritaria, ma viva e presente: essa ci fa sperare in prospettive future migliore di quelle che la realtà quotidiana ci presenta. In una società in cui la politica è diventato business, strumento di potere e di sopraffazione, modo di stupire e di fare moda, esiste ancora un ideale in cui sperare, che va al di là dell’apparenza. era l’indomani del ferragosto quando ho visto questo film... e Piazza Guidiccioni mi appariva come un’oasi felice, un piccolo angolo di una città di provincia, dove si potesse ancora andare alla ricerca di una gioventù che c’è, come prova il fatto che la platea fosse gremita e che, addirittura, molti se ne dovessero andar via senza assistere alla proiezione. in questa gioventù bisogna sperare, per sottrarsi ai condizionamenti di quella TV spazzatura che fa audience grazie alle soap -opera e agli spettacoli dove si mira solo a raggiungere un bieco divertimento privo di sensibilità e lontano dalla riflessione.

Gente di Roma


Torna Ettore Scola, con un film "corale", slegato, discontinuo, episodico, sulla variegata fauna romana.
20 novembre 2003, di Sergio Di Lino
Che un regista come Ettore Scola, maestro riconosciuto del cinema italiano tout court (non solo commedia, dunque), accetti alla veneranda età di settanta anni di rischiare e rimettersi in gioco realizzando un film in digitale, agile e snello come un esempio di cinéma-verité d’annata, senza con ciò virare dalla sua poetica di stampo umanistico-affabulatorio, è senz’altro una nota di merito. Che per ottenere ciò, il buon Scola sia costretto a ripiegare sul bozzetto localistico e vagamente cartolinesco sulla Roma-Capitale, popolata di personaggi-macchietta senza spessore né profondità, è una colpa, specie per un fine sceneggiatore come lui, che si è decisamente poco inclini a condonare. "Gente di Roma" è un collage di episodi minimalisti aventi come unico comun denominatore un ipotetico itinerario tranviario attraverso i quartieri più significativi della città; e se alcuni di questi sketch possiedono una relativa autonomia drammaturgica (soprattutto quello sull’autobus, protagonisti un logorroico Salvatore Marino e un laconico Valerio Mastandrea), la maggior parte degli episodi possiede una valenza di poco superiore alla barzelletta. Il tentativo, va da sé, è quello di creare un affresco corale, variegato e multiforme (oltre che, ma guarda un po’, multiculturale e interrazziale) che faccia della differenza (di sguardo e di rappresentazione) la propria linea maginot. Ma l’accumulazione di singoli frammenti pare non produrre in realtà alcuna sintesi, e a latitare è proprio la determinazione univoca di un discorso unitario che si faccia visione del mondo, e soprattutto di una città. E non bastano certo le digressioni fantastico-soprannaturali in un cimitero, con un esangue personaggio che ascolta le voci dei morti (con annessa citazione dostojevskijana affidata alla voce dello stesso Scola), o i ripetuti riferimenti all’attualità (Nanni Moretti e Vittorio Foa che arringano le folle, una puntata - assolutamente pleonastica - al Gay Village) a conferire spessore e consistenza a una scrittura tanto frammentaria quanto asfittica. Alla fine, di Roma restano alcuni scorci piuttosto risaputi e una generale sensazione di precarietà e incompletezza: ma dove sono le borgate, i quartieri limitrofi, e soprattutto la gente che li abita? Siamo veramente sicuri che la chiosa più esatta per un film del genere sia il silenzioso, malinconico incontro tra due anziani in una Piazza di Spagna deserta illuminata dalle prime, pallide luci dell’alba? Certo, a ben guardare, "Gente di Roma" si segnala comunque per un uso consapevole del mezzo digitale, lontano dai dogmi di facciata e vicino - come dovrebbe essere - alla realtà. Ma rimane la fastidiosa sensazione di un’occasione buttata malamente alle ortiche, un atto mancato d’autore, un film monco e (volutamente?) incompiuto. Peccato.

Il Signore degli anelli - Il ritorno del Re


Tutto ciò che ha un inizio ha una fine. O almeno così dicono… Certo che per quei poveracci della Terra di Mezzo ce ne è voluto di tempo…

28 gennaio 2004, di Sergio Di Lino
Non è peregrino immaginare che Peter Jackson sia giunto al termine della lavorazione dei tre episodi-fiume de "Il Signore degli anelli" letteralmente stremato. Eppure, a vedere l’ultimo episodio, "Il ritorno del Re", la prima, impressionistica sensazione è quella di un qualcosa di non finito, sorta di copia-lavoro per un’eventuale full lenght version (presumibilmente quella che vedrà la luce in DVD).
Tre ore e venti minuti di film bastano appena a Jackson per tirare le fila della sua saga, per incoronare Aragorn Re di una terra liberata dal giogo delle armate delle tenebre capitanate da Sauron, per restituire gli Hobbit a quella specie di Valle degli Orti che è il loro villaggio, per orchestrare una spettacolare battaglia a cielo aperto, per dipingere figure eroiche (Re Théoden, destinato a una morte gloriosa, su tutti; oppure Faramir, disprezzato dal padre ma determinato a mostrare fedeltà alla sua missione, fino alle estreme conseguenze) o meschine (l’infido Gollum/Smeagol, del quale il film racconta in un prezioso antefatto la nascita della sua fascinazione per l’anello, e la sua trasformazione nella creatura deforme che incrocia la strada di Frodo e Sam) o tragiche (il sovrintendente Denethor, impazzito per la morte del primogenito Boromir), per offrire ancora una volta un bizzarro, ossimorico saggio di epica postmoderna. L’impressione è che lo stesso Jackson volesse differire il più possibile la chiusura del film, a tal punto vi è rimasto immerso. E non a caso (mentre già si rincorrono le voci di un possibile adattamento del prequel "Lo Hobbit", a opera ancora di Peter Jackson - il quale però deve nel frattempo onorare l’impegno contrattuale già siglato per il nuovo remake di "King Kong" - che racconterebbe vicende precedenti alle avventure della Compagnia dell’Anello), dei tre episodi, quest’ultimo, pur immerso in un catartico furore bellico, risulta essere il più malinconico e triste.
Pur essendo una storia corale, la trasposizione di Jackson non può fare a meno di concentrarsi, di volta in volta, su uno o più personaggi, eleggendoli di fatto a protagonisti di ciascun film. "La Compagnia dell’Anello" era sicuramente dominato da Frodo e dalla quest da lui intrapresa; lui era il motore dell’azione, gli altri sembravano non fare altro che accompagnare i suoi movimenti (con la parziale eccezione di Gandalf, già dall’inizio configuratosi come figura trasversale e svincolata da dinamiche e dialettiche di racconto troppo rigide). "Le due torri" ruotava attorn...

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