Adulti e minori di fronte alla legge
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Adulti e minori di fronte alla legge

Prospettive attuali di psicologia giuridica

Marta Bertolino, Assunto Quadrio, Assunto Quadrio

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Adulti e minori di fronte alla legge

Prospettive attuali di psicologia giuridica

Marta Bertolino, Assunto Quadrio, Assunto Quadrio

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Alla interdisciplinarità, che sempre più caratterizza la ricerca scientifica, nemmeno il diritto può rinunciare, in particolare nella prospettiva di disciplina al servizio della tutela dei diritti fondamentali della persona. Per assicurare tale tutela diventa fondamentale un approccio interdisciplinare, in cui il sapere giuridico si 'amalgama' con il sapere extragiuridico per una fondazione scientifica del diritto per un verso e per altro verso per una costruzione giuridica della scienza
In tale ottica, anche la psicologia giuridica ha assunto una posizione di primo piano, in funzione di disciplina di ausilio al diritto nell'espletamento dei compiti che a quest'ultimo competono di garante dei diritti, grazie ad una collaborazione, che, in quanto caratterizzata da complementarità e da interdipendenza, allontani il rischio di facili opzioni riduzionistiche a favore delle scienze, o, al contrario, a favore di un esasperato tecnicismo giuridico-formalistico. Tuttavia, ancora aperta rimane la questione metodologica di fondo circa il modo in cui rendere compatibile il punto di vista normativo con quello delle scienze empirico-sociali. Con questo il primo si deve comunque confrontare, se, come la stessa Corte costituzionale ha affermato già dal 1981 (sentenza n. 96) a proposito delle disposizioni penali, per non violare il principio di legalità (art. 25 Cost.) sotto il profilo della esigenza di determinatezza della fattispecie le norme penali devono fare "riferimento a fenomeni la cui possibilità di realizzarsi sia stata accertata in base a criteri che allo stato delle attuali conoscenze appaiono verificabili". In altre parole: anche le categorie dommatico-giuridiche devono essere dotate di una affidabile base empirico-fattuale.
A tal fine diventa fondamentale una formazione professionale dei giuristi che, attenta anche alle scienze sociali e del comportamento, offra loro gli strumenti per meglio valutare l'apporto del sapere scientifico.
Il "Centro studi e ricerche di psicologia giuridica e sociale" è sorto a Milano, presso l'Università Cattolica del S. Cuore, nel l983 proprio con lo scopo di favorire questa formazione, rappresentando una sede di incontro interdisciplinare e di dibattito culturale e scientifico per studiosi ed operatori di diritto e studiosi ed operatori di psicologia e di altre discipline sociali (psichiatria e medicina legale, sociologia, pedagogia).
Per realizzare tutto ciò le attività del Centro si sono indirizzate verso tre diversi settori: quello della ricerca scientifica teorica ed applicata; quello della formazione teorica e professionale, universitaria e post-universitaria e quello della consulenza su problemi operativi. In pari tempo, la ricerca scientifica si è avvalsa di un'ampia e continua collaborazione con altre Università, Centri di ricerca e Fondazioni culturali ed è stata segnata da frequenti incontri congressuali e seminariali multidisciplinari.
Quanto in particolare all'attività formativa svolta in collaborazione con le Facoltà universitarie, essa ha riguardato sia gli studenti di diversi corsi di laurea che i laureati iscritti a corsi di specializzazione, nonché gli operatori giuridici (magistrati ed avvocati) e gli operatori sociali. Anche per questi soggetti sono stati organizzati specifici seminari a Milano o residenziali (come quelli estivi al Centro di cultura del Passo della Mendola-Bolzano e i più recenti seminari annuali di cui si riferisce in questo volume) su tematiche teoriche e procedurali del lavoro in ambiente giudiziario, con riferimento in special modo ai problemi della collaborazione interdisciplinare.
L'impostazione di tutte queste iniziative è sempre stata quella di approfondire le tematiche psico-giuridiche, non solo attuali ma anche potenziali, indotte dai cambiamenti culturali della società. In tale contesto, un'attenzione particolare è stata riservata al problema del rapporto delle persone e dei gruppi con la normativa legale.

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Information

Year
2014
ISBN
9788867804153

SEZIONE II
Le ricerche del “Centro studi e ricerche
di psicologia giuridica e sociale”

Premessa alle ricerche

Le cinque ricerche che presentiamo sono state realizzate negli ultimi anni dal “Centro studi e ricerche di psicologia giuridica e sociale” dell’Università Cattolica con il contributo finanziario della Fondazione Cariplo.
Proprio grazie a questo sostegno, giunto in modo continuativo per qualche anno, è stato possibile impostare e seguire un percorso di indagine articolato in diversi temi specifici e cioè in diverse ricerche, ma sostanzialmente coerente e unitario nell’approfondimento di un problema generale comune: quello del rapporto fra dimensione pubblica e dimensione privata, con particolare riferimento alle modalità di conciliazione.
Si tratta di un rapporto non sempre facile, che si presenta più agevole quando le norme sociali, giuridiche, morali, educative e comunitarie vengono accettate, ma che entra in crisi quando individui o gruppi sociali manifestano atteggiamenti o comportamenti devianti.
Questo rapporto rappresenta il tema centrale del processo di socializzazione di ciascun individuo, che si attua prima nel corso dello sviluppo e successivamente, nel corso di tutta la vita, con l’adattamento sociale. Si tratta anche del tema centrale della convivenza comunitaria, che si regge sulla condivisione di norme che regolano il presente e consentono di prevedere il futuro.
Il tema è antico e coinvolge da sempre l’interesse di molte discipline scientifiche, in particolare del diritto e della psicologia.
Sin dai suoi primordi l’umanità ha dovuto affrontare la realtà nella sua duplice dimensione: esterna ed interna, pubblica e privata; da sempre ciascuno di noi si trova a conciliare due diverse realtà: il mondo interiore, composto di istinti, sentimenti e pensieri, e un ambiente esterno composto da oggetti, eventi, persone singole e collettività.
Entrambe queste realtà sono per loro natura dinamiche e cioè mutevoli nel tempo, nei diversi contesti, nella specificità dei problemi e magari secondo ritmi non corrispondenti: può accadere infatti che le regole comunitarie siano innovatrici e quindi difficilmente comprensibili ed accettabili per molte persone oppure – al contrario – che siano gli individui ad anticipare nuovi valori e nuove regole. Questo può creare difficoltà o conflitti sino al raggiungimento di un nuovo accordo.
Varie ipotesi sono state avanzate nel corso dei secoli da filosofi e scienziati sulle modalità di rapporto fra le due realtà e sulla “naturalità” o, al contrario, sulla “necessità obbligata” di adattamento dell’una all’altra.
Vi è chi ha ritenuto che la socializzazione sia una caratteristica naturale della specie umana ed il rispetto delle norme una esigenza altrettanto spontanea e condivisa e chi, al contrario, ha interpretato la socializzazione come rinuncia e costrizione.
Vi è stato chi ha privilegiato l’importanza del mondo interiore e quindi della spontaneità e libertà individuale e chi, invece, ha ritenuto preminente (e quindi scientificamente più valutabile e praticamente più controllabile) il comportamento esterno regolato da premi e punizioni sociali.
Vi è stato anche chi, più saggiamente, ha insistito sulla necessità di conciliare sempre le due realtà per evitare da un lato il sacrificio dei diritti individuali e dall’altro l’“anomia” (e cioè l’anarchia) sociale.
Le teorizzazioni e le ricerche condotte su questa tematica dimostrano come il problema non consenta soluzioni definitive ma debba invece essere sempre contestualizzato sia nel tempo che nello spazio, adattato cioè alle diverse situazioni: può accadere infatti che in certi casi di emergenza il “bene comune” imponga di sacrificare (temporaneamente) i diritti individuali, così come può accadere l’inverso, cioè che vi sia sospensione di una norma per una emergenza individuale.
Nel contesto generale di questa tematica emergono poi alcuni problemi particolari che le nostre ricerche hanno indagato.
Un primo problema è quello dei rapporti fra educazione e socialità.
Accade spesso che certe regole sociali non vengano esposte e soprattutto non vengano spiegate: si propone o – peggio – si impone una certa norma di condotta senza spiegarne il significato ed illustrare i danni che possono derivare dal non seguirla.
È facile allora che gli individui (soprattutto, ma non solo, i minori) ignorino la norma, oppure la seguano solo quando sono controllati, oppure ancora che la interpretino in modo errato.
Un secondo problema è quello della interpretazione delle norme.
Max Weber ha definito “etica delle convinzioni” il rispetto formale dei principi astratti, senza preoccuparsi delle conseguenze prevedibili delle proprie azioni, come invece prescrive l’“etica della responsabilità”.
In qualche caso il rispetto formale esprime semplicemente disinteresse, in altri casi esprime incapacità di previsione: è quello che accade quando certe persone – soprattutto se rivestono posizioni di potere (insegnanti, capi, genitori autoritari) – esigono il rispetto formale di certe regole perché convinte che questo migliori l’efficienza del sistema, senza sospettare che ciò possa risultare alla fine controproducente.
Un terzo problema – di grande interesse – che è emerso in più di una delle ricerche che presentiamo, riguarda la percezione della devianza.
Un primo aspetto riguarda la devianza intesa non come violazione, ma come “eccezione” o come personalizzazione della norma, vale a dire come possibilità di interpretare la norma in modo più ampio e più tollerante. In qualche caso questa “ampiezza e tolleranza” viene proposta come realizzazione di una “più vera giustizia” che, prima di giudicare, effettua paragoni con altri comportamenti devianti ben noti ma spesso impuniti. In altri casi invece la devianza viene descritta come innovazione ed “anticipo” di una norma riformata più aderente alla realtà sociale che sta emergendo.
Un altro problema ricorrente potrebbe essere definito come “la lontananza ed estraneità” della legge.
Molti intervistati hanno espresso questo giudizio che risulta addebitabile ad una carenza di informazione che richiede, a nostro giudizio, un impegno informativo e formativo da svolgere non solo nella scuola, ma anche in altre sedi riservate agli adulti.
Le prime tre ricerche realizzate hanno preso in esame tre problemi specifici del tema generale del rapporto fra individui e norme sociali e precisamente:
– “gli atteggiamenti verso le norme educative e scolastiche di soggetti minori, in età scolare e pre-adolescenziale”;
– “il rapporto fra le donne e le norme nella società contemporanea”;
– “il concetto di norma e devianza nella percezione di soggetti pre-adolescenti ed adolescenti”.
Le tre ricerche – al di là dei risultati particolari di ciascuna – hanno posto in luce alcuni elementi comuni: in primo luogo un diffuso scarso interesse di giovani ed adulti per il problema normativo nei suoi aspetti formali (leggi, precetti morali, regole educative), che appaiono “lontani ed estranei”, poco conosciuti ed anche poco conoscibili. La scarsa conoscibilità viene riferita alla mancanza di occasioni o fonti specifiche di apprendimento (ad esempio nella scuola) ed alla scarsa credibilità della informazione e delle valutazioni diffuse dalle fonti mediatiche.
Un altro rilievo comune alle tre indagini riguarda l’interpretazione del significato delle norme.
L’interpretazione prevalente è quella di convenzione utile a garantire un certo ordine sociale e quindi di strumento della convivenza civile.
Tuttavia molta incertezza è presente circa la sua natura egualitaria: in molti casi i giovani (ma anche le donne nella ricerca a loro destinata) hanno espresso chiaramente – o almeno alluso indirettamente – ad un timore circa la possibilità che la norma possa finire con il divenire strumento di ...

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