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Appunti delle lezioni Appendice di documentazione

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Appunti delle lezioni Appendice di documentazione

About this book

Giornalismo 1- COMUNICAZIONE E INFORMAZIONE
2- IL GIORNALISMO: FUNZIONE, STORIA, CARATTERISTICHE
3- LA NOTIZIA
4- LE FONTI
5- LA PAGINA
6- LA PAROLA E LA SCRITTURA
7- L'ARTICOLO
8- L'INTERVISTA
9- TIPOLOGIE D'INFORMAZIONE

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Iniziamo il viaggio alla scoperta del mondo dell’informazione e del giornalismo. Iniziamo con una affermazione da leggere valutando ogni singola parola, perché ciascun termine assomiglia a una finestra che si spalanca su un mondo ricco di tanti elementi, tutti da osservare per poter capire che cosa sta accadendo. Ogni finestra si apre su una specifica realtà che non riassume l’universo intero, ma ne offre uno spaccato, è come una lente che ingrandisce alcuni particolari. Per comprendere quello che succede occorre aprire le altre finestre e mettere in collegamento oggetti e situazioni disponibili. Ecco il testo:
“L’intero comportamento, in una situazione di interazione (tra persone, esseri viventi……) ha valore di messaggio, vale a dire è comunicazione; ne consegue che comunque ci si sforzi, non si può non comunicare.
L’attività o l’inattività, le parole o il silenzio, hanno tutti valore di messaggio: influenzano gli altri e gli altri, a loro volta, non possono non rispondere a queste comunicazioni, e in tal modo comunicano anche loro.”[1]
L’autore è Paul Watzlawick, nato in Austria nel 1921 da genitori polacchi. Nel 1949 all’Università Ca’ Foscari di Venezia consegue un dottorato in filosofia, approfondendo le problematiche del linguaggio e della logica; poi passa a Zurigo dove studia psicanalisi all’Institut Carl Gustav Jung, disciplina che insegnerà all’ateneo di El Salvador prima di trasferirsi a Palo Alto negli Stati Uniti. Nella cittadina a Sud di San Francisco, inizia a lavorare nel 1962 presso il Mental Research Institute (fondato tre anni prima, nel 1959) insieme a un gruppo di studiosi che diventeranno famosi come "Scuola di Palo Alto”. Qui scrive insieme allo psichiatra Don D. Jackson e a Janet Beavin “Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi”. Un testo importante perché contrappone alle diverse teorie che interpretavano la comunicazione come un processo verbale lineare in cui il soggetto è cosciente di ciò che dice e compie volontariamente l’atto comunicativo, ovvero “una trasmissione di un messaggio prima codificato e poi decodificato”.
Per Watzlawick la comunicazione esprime una realtà più complessa che si serve non solo della parola ma dei gesti, della mimica, dello sguardo, dei movimenti. Nella comunicazione entrano in gioco contemporaneamente la persona con tutti i suoi aspetti fisici, psicologici, estetici, il contesto in cui avviene, la situazione che provoca, gli attori che vi partecipano e quelli che restano sullo sfondo. Quindi diventa più corretto parlare di comunicazione come “processo sociale permanente” o come “modello orchestrale” dove gli individui non sono isolati emittenti di un messaggio o destinatari di esso ma attori di un continuo processo comunicativo che, proprio per la sua natura orchestrale, cambia e si evolve sull’imprevedibilità delle persone presenti e delle situazioni che si vengono a creare.
La sensibilità e l’attenzione al contesto oltre che ai contenuti dei messaggi rientra nell’esercizio della pratica giornalistica. Non solo, diventa una condizione indispensabile anche per il lettore se vuole decodificare il linguaggio, capire l’origine e l’offerta di notizie da parte dei giornali.
Che cosa sostiene Watzlawick nella citazione riportata? Un concetto che oggi sembra apparire scontato, ma non lo era negli anni Sessanta del secolo scorso: tutta la nostra persona comunica, persino il silenzio parla. Attraverso la parola ma anche con le espressioni del volto, la gesticolazione delle mani, la postura del corpo, i colori dei vestiti, il modo di camminare ciascuno invia messaggi che diventano informazioni sul carattere, sulla condizione economica, sulla personalità, sullo stato di salute, sugli obiettivi che ognuno vuole perseguire e sul modo di raggiungerli. E altrettanto facciamo noi interagendo con la realtà che ci circonda: non c’è momento che non si possa interpretare come messaggio inviato. Anche quando stiamo zitti qualcuno potrebbe domandarsi perché non parliamo, che cosa stiamo pensando, perché ci siamo rinchiusi in noi stessi: forse siamo arrabbiati o risentiti, vogliamo dissentire sui contenuti della discussione in corso o prendere le distanze, non vogliamo comprometterci pronunciando una parola di troppo, non intendiamo manifestare che su quel tema siamo impreparati o ignoranti.
Georges Simenon (1903-1989), l’inventore delle inchieste del commissario Maigret, in uno dei suoi primi racconti, L’impiccato di Saint-Pholien, apparso nel 1931, descrive questa scena ambientata nel Café de la Bourse di Liegi:
“C’era un posto libero accanto a Van Damme; Maigret vi si lasciò cadere e ordinò:
“Una birra chiara!”.
Poi fu il silenzio, un silenzio pesante, imbarazzato. Van Damme guardava fisso davanti a sé, con le mascelle contratte. Jef Lombard seguitava ada agitarsi come se un vestito troppo stretto gli impedisse i movimenti. Belloir, freddo e impeccabile, si contemplava le unghie, poi passò l’estremità di un fiammifero sotto quella dell’indice dove si era insinuata un po’ di polvere”[2].
Se tutto acquista valore di informazione questi messaggi vanno intuiti, percepiti, visti, letti e interpretati.
Due studenti che assistono a una lezione universitaria forniranno due racconti diversi, segnalando ora gli stessi contenuti ora particolari sul docente, l’aula, il clima, i compagni di corso che uno ha visto e ne è stato colpito, l’altro non ha trattenuto e magari neppure percepito.
L’informazione non raggiunge mai allo stesso modo due persone.
Perché si crea questa condizione? Che cosa interviene a stabilire la differenza? Sicuramente una serie di fattori, molti dei quali legati alla struttura personale. Vediamo i principali:
la capacità di vedere
la sensibilità individuale
la curiosità
la capacità di ascoltare
il grado di coinvolgimento e di partecipazione agli eventi
il desiderio tenace di conoscenza.
Il giornalista per professione racconta i fatti, selezionandoli dal grande flusso di informazioni che ogni giornata produce in tutto il mondo e in tutti i settori dell’attività umana dalle scienze allo spettacolo, dalla politica al tempo libero, dalla cronaca alla cultura. Con che criterio offre alcune notizie e ne scarta altre? E perché lo stesso episodio viene presentato con un articolo accompagnato da una fotografia mentre un altro giornale lo relega in fondo alla pagina in un trafiletto? Esistono scelte editoriali (si veda il capitolo sulla notizia) che valutano l’importanza, la dimensione, la visibilità e la collocazione in pagina degli articoli, ma spesso la disparità di presentazione nasce da una differente comprensione del fatto da parte del giornalista. E questo avviene perché non hanno lavorato bene i sei fattori indicati, che sono doti indispensabili per svolgere la professione giornalistica. In assenza di essi diventa difficile incontrare la realtà con la passione di farla conoscere nelle sue dinamiche e nelle novità che ogni giorno offre. Sono poi quelle doti a rendere l’informazione qualitativamente migliore, completa, rigorosa e a offrire una scrittura nitida e accattivante, una esposizione ricca di particolari e in grado di facilitare la comprensione dell’accaduto fornendo al lettore gli strumenti disponibili in quel momento per trarre una valutazione.
Senza curiosità, ascolto dei fatti e capacità di incontrarli nelle problematiche che essi esprimono e nelle persone che li interpretano si ottiene un giornalismo scialbo, insignificante e, in casi estremi, inutile. L’informazione chiede un coinvolgimento, da non confondere con la partecipazione partigiana, schierata o ideologica; un coinvolgimento di tutta la persona, quindi dell’uso di tutti gli strumenti sensitivi dalla vista all’udito, dal tatto al gusto, al fiuto. Sì, anche il fiuto e non soltanto in senso metaforico per dire che si è saputo cogliere di una notizia aspetti poco visibili. C’è dell’altro. Di un buon professionista si dice “quel giornalista ha fiuto” perché sa intuire quanto sta per accadere, cerca e trova il luogo dove avverranno i fatti più importanti, dove saranno prese le decisioni che contano e dove poter incontrare gli uomini giusti da intervistare.
Nelle dinamiche dei fatti e della comunicazione al giornalista viene chiesta la capacità di interpretare i messaggi che si accavallano numerosi e si intrecciano nel corso di una giornata. Per compiere questa operazione occorre prima saperli identificare, poi approfondirli per verificare in che cosa effettivamente consistano. Inizia così un lavoro di ricerca e di raccolta di particolari indispensabile per vagliare l’informazione; per inquadrarla in una cronologia di avvenimenti e di dichiarazioni; per scoprire i protagonisti e gli attori coinvolti in un preciso fatto; per collocare l’evento dentro un contesto e un ambiente. Si tratta dell’avvio di una indagine che rivolge l’attenzione ora a fattori generali ora si focalizza su ambiti ristretti o su un numero di persone circoscritte. Si passa dal generale al particolare e viceversa in continuazione perché il giornalista non segue schemi predeterminati ma, complici i tempi ristretti, interloquisce con istituzioni, fonti, personalità che riversano messaggi, dati, interpretazioni disparate e non sempre centrate con quanto si sta cercando. Si assiste, in questa fase della raccolta dati, a un bombardamento di parole, numeri, nomi, dichiarazioni. Un crogiolo da cui poi estrarre gli elementi nuovi e giusti da mettere in ordine per arrivare alla stesura dell’articolo.
Umberto Eco in una “Bustina di Minerva”, la rubrica che tiene sul settimanale L’Espresso, ha toccato il tema dell’interpretazione suggerendo anche un modo semplice per acquisirne le capacità e tenersi in esercizio. Vediamo:
“Quando ero piccolo vivevo sotto un regime (allora si chiamava fascismo) e avevo visto come i miei genitori, parenti e amici avevano imparato a leggere i giornali tra le righe. Siccome la stampa era sotto controllo, si sapeva che non diceva la verità, e quindi andava interpretata. Caso tipico, se i bollettini parlavano di ‘ripiegamento strategico’ si capiva che i nostri avevano subito una terribile sconfitta e si erano ritirati. Oggi ci avviamo sempre di più al monopolio dell’informazione e già ci accade di udire dichiarazioni o notizie che ci inducono all’interpretazione. Cosa vuol dire l’annuncio che Francia e Germania stanno peggio di noi? Che siamo ormai alla frutta? Esercitarsi a leggere tra le righe è esercizio utile anche ai giovani e, per non trascinarli in diatribe politiche, li inviterei a esercitare quest’arte sugli annunci economici.
Ho tra le mani una serie di annunci, matrimoniali e no, che riporto.
‘Ciao, sono Samantha, ho 29 anni, diplomata, casalinga, sono separata, non ho figli, alla ricerca di un uomo carino ma soprattutto socievole e allegro’. Interpretazione: ‘Vado sui trenta e dopo che mio marito mi ha piantato con quel diploma di ragioneria che avevo conquistato a fatica non ho trovato lavoro, e ora me ne sto in casa tutto il giorno a intristire a rigirarmi i pollici (non ho nemmeno marmocchi a cui badare); cerco un uomo, anche se non è bello, purché non mi prenda a sganassoni come quel disgraziato che avevo sposato’”[3].
Il giornalista non può assistere passivamente alle situazioni, tanto meno subirle. Deve invece interrogarle, avviando un rapporto dialettico per sapere di più rispetto a quanto viene detto e per superare la soglia delle apparenze e delle dichiarazioni preconfezionate. Importante diventa la tenacia di osservare e raccogliere particolari su un fatto. I dettagli, che talvolta vengono utilizzati per dare colore e vivacità a un articolo, acquistano importanza fondamentale quando strappano un episodio da una condizione indistinta, sfuocata. È quello che accade con le fotografie: se una persona viene ritratta a cento metri di distanza senza avere il teleobiettivo otterremo un soggetto piccolo circondato da elementi più o meno interessanti. Ma la persona ci rivela poco di sé. Se, al contrario, viene ripresa a distanza ravvicinata, di lei potremo tracciare un profilo preciso e una descrizione più approfondita. Ecco, la ricerca dei dettagli da parte del giornalista porta a una messa a fuoco più precisa e nitida della notizia che si scrive e quanto maggiori sono i particolari che si raccolgono tanto più puntuale e ricca sarà l’informazione offerta ai lettori che sapranno trarre considerazioni e un giudizio precisi e nei reportage riusciranno a immedesimarsi nelle storie raccontate, a vedere i drammi o a capire le diversità culturali di un popolo.
Chi informa starà attento, nel caso di una intervista, alle dichiarazioni, a come vengono dette, alle espressioni del suo interlocutore, al suo gesticolare e al tono di voce, all’aspetto e alle emozioni che può tradire.
Tutti comunicano, ma non sempre informano. E quando l’informazione è scarsa rischia di prevalere il vuoto o il rumore.
Chi volesse cercare una definizione di giornalismo può scegliere in un ampio repertorio. Partiamo dai protagonisti, da chi ha svolto o esercita la professione misurandosi ogni giorno con le notizie e con un quotidiano da chiudere in tipografia e da inviare alle edicole. Indro Montanelli (1909-2001) che ha vissuto per intero e da protagonista il “secolo breve” – il Novecento, così attratto dal progresso, segnato da due grandi guerra, sconvolto dai totalitarismi, ferito nella coscienza dalla Shoà e dai gulag, colpito dalla follia dei terrorismi – riassume così la sua esperienza:
“Ho attraversato quasi per intero il mio secolo facendo un mestiere che mi ha permesso, anzi mi ha imposto di stare in mezzo ai fatti, a contatto con quasi tutte le grandi figure che lo hanno dominato, e in grado di conoscere molti risvolti che la Storia non ha registrato. Ma questo sono e voglio restare: soltanto un giornalista, un testimone del mio tempo”[4].
In termini più asettici si può definire giornalismo l’attività di chi utilizza i mezzi di comunicazione di massa per diffondere e commentare notizie.
I media principali sono la carta stampata (quotidiani, settimanali, mensili), la radio, la televisione e Internet.
Il prodotto informativo offre notizie, commenti e opinioni, cultura, rubriche spicciole (programmi Tv, oroscopi, annunci), pubblicità che anch’essa attraverso immagini, slogan, indicazioni di prodotti e servizi veicola informazioni.
Il singolo prodotto si presenta al lettore, all’ascoltatore, allo spettatore attraverso linguaggi differenti: troviamo la scrittura, la fotografia, la voce del parlato, la gestualità dell’immagine televisiva, lo spettacolo (si pensi ai talk-show o a programmi come “Striscia la notizia”), la conversazione (presente nei dibattiti, nelle interviste, nei diversi generi dell’intrattenimento).
Nella carta stampata, poi, si riscontrano generi comunicativi differenti: abbiamo i titoli e gli articoli che a loro volta assumono stili diversi a seconda che si tratti di un’intervista, di un reportage, di una nota breve o di un articolo lungo.
Oltre che un’attività, il giornalismo va anche registrato come un settore specifico dell’industria culturale. Attraverso i suoi prodotti contribuisce all’attività di una impresa creando utili o provocando perdite; attraverso la produzione di notizie e la circolazione di idee informa, educa, forma i cittadini collaborando ai processi di acculturazione di un Paese. La stampa per questo viene considerata un indicatore del grado di democrazia presente in uno Stato, lo specchio del dinamismo delle sue istituzioni e della vivacità dei suoi cittadini, così come delinea il volto dell’intraprendenza, delle idee, della fantasia dei corpi sociali. Scrive Piero Ottone:
“La stampa è la spina dorsale di una nazione; è lo strumento che raccorda i suoi centri nervosi, e crea la coscienza nazionale. Una stampa efficiente, solida, robusta è una ...

Table of contents

  1. Sommario
  2. Capitolo 1 - COMUNICAZIONE E INFORMAZIONE
  3. Capitolo 2 - IL GIORNALISMO: FUNZIONE, STORIA, CARATTERISTICHE
  4. Capitolo 3 - LA NOTIZIA
  5. Capitolo 4 - LE FONTI
  6. Capitolo 5 - LA PAGINA
  7. Capitolo 6 - LA PAROLA E LA SCRITTURA
  8. Capitolo 7 - L’ARTICOLO
  9. Capitolo 8 - L’INTERVISTA
  10. Capitolo 9 - TIPOLOGIE D’INFORMAZIONE
  11. APPENDICE DI DOCUMENTAZIONE