Parte Prima
LE STRATEGIE DELLâIMPRESA DI ASSICURAZIONE
1.
LE STRATEGIE DâIMPRESA
1. Introduzione
La teoria dellâimpresa è stata elaborata nellâambito delle teoria economica fondamentalmente nel secolo scorso. Questo, perchĂŠ se è vero che il perseguimento della massimizzazione del risultato economico da parte del decisore individuale è implicita anche negli economisti classici, ed in particolare negli scritti di Adamo Smith e di Ricardo, è altrettanto vero che negli stessi non sono analizzate le conseguenze del principio della massimizzazione. Di conseguenza, nellâeconomia classica lââimpresaâ è unâentitĂ alquanto vaga. Secondo detta teoria, infatti, in connessione allâaffermarsi di unâopportunitĂ di profitto, il capitale ed il lavoro confluiscono in unâimpresa e si organizzano in un processo di produzione senza ostacoli ed in assenza di una guida. Lâimpresa, quindi, è intesa come unâaggregazione di capitale e di lavoro e non come unâorganizzazione, sĂŹ che non emerge alcun problema riguardante la sua gestione.
Lâorigine della teoria dellâimpresa viene riferita dalla letteratura economica a Cournot, anche se si riconosce che, a motivo del limitato impatto che i suoi studi ebbero al tempo della loro pubblicazione, la vera origine della teoria dellâimpresa la si deve ad un tempo successivo, quello nel quale Jevons scoprĂŹ la teoria di Cournot ed agli studi successivi sulla teoria del comportamento massimizzante ad opera di Edgeworth e Marshall. Agli sviluppi successivi della teoria dellâimpresa hanno contribuito Harrod, Joan Robinson e Chamberlain con le loro ricerche sullâanalisi marginale. Durante il secolo intercorso tra gli studi di Cournot e quelli degli economisti della scuola neoclassica, fondamentalmente lo sviluppo della teoria dellâimpresa è ruotato intorno allâimpostazione data in precedenza da Cournot.
I principi dellâanalisi marginale sono alquanto semplici. Secondo detta analisi lâimpresa può essere intesa come un processo input-output, nel quale gli input, costituiti dai fattori di produzione (lavoro, materie prime, macchine, ecc.), sono trasformati in output di prodotti destinati alla vendita sul mercato. PoichĂŠ gli input sono acquistati a dati prezzi e gli output sono venduti a dati prezzi, sia i primi che i secondi possono essre valutati, rispettivamente, in termini di costi e di ricavi. Ciò rende possibile la determinazione della differenza tra lâammontare complessivo dei secondi e quello dei primi, che, se positiva, darĂ luogo ad un utile e, nel caso opposto, ad una perdita.
Alla luce di queste premesse, la âposizioneâ raggiunta dallâimpresa nei differenti tempi sui quali si estende la sua esistenza è definita dallâinsieme interdipendente di tutte le variabili rilevanti in rapporto alla sua attivitĂ , ossia dal sistema di valori espressivi delle stesse. Nellâambito di tutte le posizioni, che in linea di principio lâimpresa potrebbe raggiungere nel tempo, si individuano le âposizioni possibiliâ, ossia quelle che sono compatibili con i vincoli interni dellâimpresa e con i vincoli esterni del mercato. I principali vincoli interni sono riferiti dalla teoria dellâimpresa alla funzione di produzione, mentre i vincoli esterni sono riferiti fondamentalmente alla forma delle funzioni del mercato. Ne consegue che la funzione di produzione e le funzioni del mercato concorrono a definire la serie delle posizioni possibili che una data impresa può raggiungere in un dato contesto di mercato. Lâimpresa, in vista del raggiungimento del suo fine istituzionale, mira a raggiungere la posizione ottimale, ossia quella tra le altre possibili che massimizza il suo risultato economico. Secondo la teoria in esame, la posizione ottimale dellâimpresa si caratterizza per il fatto che soddisfa le âcondizioni marginaliâ. Infatti, lâimpostazione in oggetto ammette che le funzioni di costo e di ricavo siano continue, sĂŹ che la posizione ottimale viene individuata in quella nella quale il ricavo marginale, ossia il ricavo conseguito dalla vendita di unâunitĂ aggiuntiva di prodotto, coincide con il costo marginale, ossia con il costo comportato dalla produzione di unâunitĂ aggiuntiva di prodotto. Ed in effetti è agevolmente dimostrabile che ove la produzione/vendita di unâunitĂ aggiuntiva di prodotto dovesse comportare un ricavo marginale maggiore del costo marginale lâimpresa avrebbe convenienza ad aumentare le quantitĂ prodotte/vendute, perchĂŠ potrebbe accrescere il suo risultato economico. Allâopposto, ove lâaumento della produzione/vendita di unâunitĂ aggiuntiva di prodotto dovesse comportare un costo marginale maggiore del ricavo marginale lâimpresa non avrebbe convenienza ad aumentare le quantitĂ di prodotto ottenute e vendute perchĂŠ si allontanerebbe dalla posizione ottimale. Tuttavia la coincidenza del ricavo marginale con il costo marginale è una condizione necessaria ma non sufficiente per definire la posizione ottimale dellâimpresa. Infatti è agevolmente dimostrabile in termini analitici che la differenza tra il ricavo marginale ed il costo marginale è uguale a zero sia in corrispondenza del risultato economico massimo che del risultato economico minimo[1]. Non solo. Ove, con maggiore aderenza alla realtĂ , si riconosca che le funzioni di costo e le funzioni di ricavo non sono continue, la coincidenza del ricavo marginale col costo marginale può avvenire anche in corrispondenza di quantitĂ di produzione/vendita che non corrispondono alla posizione ottimale.
Per superare questa indeterminatezza sâimpone il riferimento alla dimensione tempo, per tenere conto del fatto che lâimpresa in realtĂ non si propone tanto di ottimizzare la sua posizione ad una certa data ma in una successione di tempi rientranti in un periodo riferito ad un orizzonte temporale piĂš o meno lontano dal presente.
Alla teoria marginalista dellâimpresa sono state mosse numerose critiche, tra le quali, quella a nostro avviso piĂš rilevante, è rappresentata dal fatto che essa non dĂ lâimportanza dovuta alle informazioni delle quali deve disporre chi decide in merito alle posizioni ottimali che lâimpresa mira a raggiungere nel tempo. Invero i costi marginali ed i ricavi marginali, se sono informazioni rilevanti per la teoria in oggetto, non sono informazioni disponibili e rilevanti per i decisori dellâimpresa. Ecco allora che la teoria marginalista mostra rilevantissimi limiti a livello delle informazioni, riconducibili al fatto che essa fa fondamentalmente riferimento a forme di mercato di concorrenza perfetta. Gli è che ove lâimpresa potesse operare su mercati di concorrenza perfetta le informazioni delle quali dovrebbe disporre si ridurrebbero ai prezzi ai quali può, rispettivamente, acquistare i fattori produttivi e vendere i prodotti ottenuti. Infatti su detti mercati ed a questi prezzi lâimpresa può acquistare e vendere quantitĂ illimitate, rispettivamente, di fattori e di prodotti. E questo, perchĂŠ nei mercati di concorrenza perfetta si ammette che la funzione di produzione sia omogenea per tutte le imprese e che i costi medi siano costanti. Il che rende estremamente agevole la determinazione del costo di produzione (somma delle quantitĂ dei fattori acquistati per i prezzi) e dei ricavi di vendita (prodotto delle quantitĂ di beni e servizi vendute per il prezzo).
Nellâottica di superare i limiti della teoria dellâimpresa riferita al mercato di concorrenza perfetta negli anni â30 del secolo scorso vennero sviluppate la teoria della concorrenza monopolistica[2] e la teoria della concorrenza imperfetta[3], che pur se fanno riferimento a forme di mercato non perfettamente competitive, a costi medi non costanti, a funzioni di produzione non omogenee, fanno emergere ancora in termini piĂš evidenti i problemi dellâinformazione. Giustamente è stato rilevato al riguardo: âUna cosa è guardare ad un unico prezzo e sapere che a quel prezzo può essere acquistata o venduta qualsiasi quantitĂ . Una cosa ben diversa è invece scoprire che câè una funzione di domanda, che è una serie di prezzi possibili e di quantitĂ possibili, una sola delle quali è osservabile nellâesperienza attualeâ[4].
Quella che doveva essere una semplice estensione del modello del mercato della concorrenza perfetta fece emergere un problema di informazioni di rilevanti dimensione. Al riguardo, è stato giustamente rilevato che nella teoria della concorrenza imperfetta âNoi ci muoviamo da una situazione nella quale lâinformazione richiesta per rendere una decisione razionale è un semplice numero, il prezzo, fornito dalla semplice osservazione, ad una situazione nella quale lâinformazione richiesta è una serie di relazioni funzionali che non sono date dalla semplice osservazione, perchĂŠ ciò che si deve conoscere non è ciò che è ma ciò che potrebbe essereâ[5]. E continuando, Boulding dĂ una descrizione molto efficace delle differenti situazioni concorrenziali âIn un caso noi guidiamo in una strada dritta e possiamo definire la nostra direzione attuale per molte miglia avanti; nel secondo caso noi guidiamo su una strada di montagna molto accidentata nella quale non possiamo vedere piĂš di pochi piedi davanti a noi, e nella quale la posizione del momento ci dice molto poco su dove potremmo essere la settimana prossimaâ[6]. Sulla base delle argomentazioni riportate sopra è particolarmente significativa la conclusione alla quale egli giunge âCosĂŹ lâanalisi marginale fornisce una regola di decisione applicabile solo se ci sono la condizioni di una conoscenza piena, che è improbabile si possano realizzare nella realtĂ â[7].
Quanto abbiamo esposto sopra ci permette di rilevare come i progressi della teoria dellâimpresa siano stati incentrati sulla ricerca di soluzioni valide al problema delle decisioni da prendere in una situazione di conoscenza imperfetta, ossia di informazioni limitate.
2. Lâimpresa, la massimizzazione del profitto e lâetica
A determinare la costruzione nel tempo del rapporto dellâimpresa con il mercato concorrono con peso determinante il suo ambiente interno ed il suo ambiente esterno. Rientrano nel primo le condizioni di lavoro, le condizioni organizzative, lo stato del know-how, il sistema delle inform...