1. La genesi della multilevel governance: la questione regionale nello spazio pubblico europeo
1. Il concetto di autonomia
1.1 L’autonomia degli enti pubblici territoriali nel diritto costituzionale
Gli ordinamenti costituzionali europei che prevedono un’articolazione del potere su più livelli di governo ragionano da anni intorno alle dinamiche di quello che è stato definito «doppio intreccio federale». Cioè l’erosione dello Stato-nazione classico (e le correlate categorie portanti del diritto pubblico) per effetto del processo di integrazione europea e della contestuale strutturazione degli ordinamenti nazionali in senso federale o regionale. Un’erosione che riguarda, per l’appunto, lo Stato-nazione e, quindi, il tentativo di congelare e chiudere identità, valori, processi e strutture all’interno di un contenitore a tenuta stagna.
Le suddette dinamiche hanno reso necessario un dibattito costante circa il ruolo, le funzioni e le risorse delle autonomie regionali e federali, riconosciute e tutelate dalle Costituzioni nazionali. Un dibattito che si è svolto tanto negli ordinamenti nazionali, quanto nell’ordinamento europeo, a partire dalla constatazione per cui, al giorno d’oggi, molti temi classici del diritto costituzionale non possono essere studiati senza considerare il diritto dell’UE. È, infatti, indubbio, che quest’ultimo abbia avuto l’effetto di «incidere in profondità sugli ordinamenti costituzionali e organizzativi degli Stati membri»; in particolar modo quelli che prevedono enti sub-statali caratterizzati da un’ampia autonomia. Autonomia che va, quindi, preliminarmente definita, al fine di comprendere in profondità le dinamiche di tale doppio intreccio federale.
L’autonomia è principalmente un concetto di relazione. Un concetto, cioè, intrinsecamente definito dai rapporti che regolano l’attività dell’ente caratterizzato da tale qualità nei confronti di altri soggetti dell’ordinamento costituzionale. In secondo luogo, fa riferimento alla peculiare connotazione di un ente in quanto soggettività istituzionale di una comunità politica territoriale.
Tale qualità nelle relazioni è stata considerata un valore-mezzo strumentale al perseguimento di differenti valori-fine. Negli ultimi anni il dibattito italiano ne ha evidenziato, ad esempio, la strumentalità all’efficienza, cioè al migliore utilizzo delle risorse: così, almeno, si è sviluppato il confronto politico e giornalistico sul federalismo fiscale, che nelle fondamenta teoriche più genuine era, invece, valorizzato soprattutto per la sua capacità di garantire una maggiore aderenza dell’ordinamento ai principi liberali, assicurando, quindi, un legame stretto tra potere e responsabilità, a partire dal tema della tassazione.
Un altro valore-fine a cui sarebbe rivolta l’autonomia regionale è l’efficacia dell’azione pubblica, alla luce della maggiore vicinanza e, quindi, conoscenza, della comunità e del territorio interessati dalle politiche pubbliche di propria competenza.
Altri autori hanno, infine, evidenziato la connessione tra il principio di autonomia ed entrambe le sfaccettature di cui si compone il costituzionalismo: il principio democratico e la tutela dei diritti. In tale prospettiva, l’autonomia ha senso in tanto e in quanto contribuisce a valorizzare entrambe le sfaccettature. Lo stesso dibattito in Costituente relativamente all’assegnazione del tema delle autonomie alla prima commissione (incaricata di occuparsi delle disposizioni generali, nonché dei diritti e dei doveri dei cittadini) oppure, come avvenne, alla seconda commissione (incaricata di occuparsi della struttura dello Stato), si concluse con la sottolineatura di Mortati per cui anche i diritti delle autonomie locali sono diritti di libertà. In seguito all’emendamento Perassi in Assemblea plenaria, vi fu l’inserimento dell’art. 5 tra i valori fondativi della Repubblica italiana. Le Regioni vennero così considerate parte essenziale dell’articolazione democratica dell’ordinamento repubblicano e l’autonomia è stata, per l’effetto, più volte considerata un elemento caratterizzante «la stessa forma di Stato italiana come Stato regionale».
Oggi occorre tenere presente che, secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale, alle Regioni italiane viene certamente riconosciuta la derivazione dal principio democratico e dalla sovranità popolare, ma il pluralismo e l’autonomia delle Regioni non consentono loro di potersi qualificare in termini di sovranità, né permettono di assimilare i loro organi di governo a quelli dotati di rappresentanza nazionale (sentenze n. 118 del 2015, n. 365 del 2007, n. 306 e n. 106 del 2002).
In tutte queste colorazioni valoriali il concetto di autonomia identifica, in ogni caso, la possibilità di introdurre differenziazioni nell’esercizio delle funzioni attribuite, nei limiti più o meno estesi derivanti dai rapporti con gli altri soggetti dell’ordinamento costituzionale.
L’autonomia garantisce, quindi, la possibilità di differenziare le scelte relative a comunità politiche territoriali che sono tra di loro differenti, rispetto le quali non è sempre possibile ragionare in termini di uniformità, regolarità, armonia, simmetria: la differenziazione è, quindi, lo scopo dell’autonomia e questa è lo strumento della differenziazione. In questo senso l’autonomia è una declinazione del principio costituzionale di eguaglianza, in virtù del quale situazioni uguali vanno trattate in modo uguale, ma situazioni diverse vanno ragionevolmente trattate in modo differente.
Solo alla luce di tali presupposti sarà possibile analizzare l’applicazione concreta dei punti di riferimento costituzionali di questo lavoro: i principi che definiscono le autonomie regionali (artt. 1, 2, 5 e 114 Cost.), i principi in punto di allocazione di funzioni e risorse tra autorità statali e regionali (artt. 117-119 Cost.), quelli che disciplinano l’autonomia organizzativa degli enti territoriali, cioè il legame tra la composizione degli organi di governo e la collettività insediata sul territorio (art. 114 e artt. 121 ss. Cost.). Infine, i principi che disciplinano le relazioni collaborative e le garanzie dell’autonomia stessa, cioè l’ambito di protezione nei confronti degli interventi – di carattere amministrativo, finanziario ma anche legislativo – di altri livelli istituzionali (artt. 5, 127, 134 Cost.).
Last but not least, le disposizioni costituzionali che, secondo la teoria dei controlimiti al primato del diritto europeo e la declinazione della sovranità in chiave oggettiva, non possono essere modificate o sovvertite nel loro contenuto essenziale: la forma repubblicana (artt. 1 e 139 Cost.) e tutti quei principi che, pur non essendo espressamente menzionati fra quelli non assoggettabili al procedimento di revisione costituzionale, appartengono all’essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana. Primo fra tutti, la custodia e la promozione della dignità umana.
Sia prima che dopo la riforma costituzionale del 2001, elemento chiave di quanto si è detto finora è l’art. 5 Cost.: un articolo...