La Treccia Rossa. Storia della cipolla di Tropea
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La Treccia Rossa. Storia della cipolla di Tropea

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La «treccia», tipica forma di lavorazione della cipolla di Tropea è il filo rosso che ha unito e unisce ancora oggi le varie fasi della storia commerciale di questo prodotto coltivato sin da tempi remoti a Parghelia e Tropea. Le varie ipotesi sulla provenienza del seme: da quella dei Fenici alle leggende del marinaio e della «lindinea» ricorrenti nelle campagne di Parghelia, i versi di Enotrio pittore e poeta calabrese, i primi contatti degli svedesi con la cipolla alla stazione di Briatico costituiscono lo sfondo suggestivo dal quale emerge il rilievo economico acquisito da questo prodotto ormai diffuso lungo la costa tirrenica.
Le prime osservazioni sulla cipolla contenute nei diari dei viaggiatori europei del Settecento unite ai suoi primi trasporti alle isole e ai porti del Mediterraneo e all'esportazione negli Stati Uniti d'America e nelle varie nazioni europee disegnano un percorso che ha trovatolo uno sbocco recente nella nuova denominazione «Cipolla rossa di Tropea IGP Calabria».
In questo quadro l'intreccio tra leggende tramandate e verità storiche ha consentito di ricostruire il particolare clima che anima i luoghi in cui queste vicende si sono svolte. Le stazioni ferroviarie dei vari paesi, la piazza di Tropea dove si radunavano i commercianti e gli addetti alla lavorazione, le navi che trasportavano la cipolla rossa oltreoceano e i telegrammi che ne annunciavano l'arrivo, le ansie dei commercianti e la sottile pazienza dei contadini esprimono significati e valori ancora attuali.
Il rilievo economico di questa varietà di cipolla rossa ha consentito di costruire nel panorama ancora chiuso dell'agricoltura calabrese degli anni Trenta il primo abbozzo di un modello di sviluppo produttivo in grado di assicurare condizioni economiche migliori e di avviare una fase di maggiore mobilità sociale nella Calabria degli anni Trenta.
Le lunghe file di lavoranti giornalieri che sfilano nelle albe e nei tramonti calabresi a conclusione di una giornata di duro lavoro ma remunerata svolta in occasione della «campagna della cipolla di Tropea» in uno dei paesi della costa tirrenica sono l'immagine migliore di questa speranza.

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1. La cipolla rossa di Tropea

La cipolla è una pianta erbacea bulbosa, definita nei testi di botanica con il nome scientifico Allium Cepa, che appartiene con l’aglio, il porro, lo scalogno e l’asparago alla famiglia delle Liliaceae[1].
L’origine della cipolla affonda nel buio di un passato talmente remoto che alcuni studiosi l’hanno collocata, addirittura, nel periodo neolitico[2]. Le prime coltivazioni di cipolla sembra siano avvenute in Asia; da qui si sarebbero diffuse nel continente africano e successivamente in Europa. Alla fine del XV secolo Cristoforo Colombo avrebbe portato, in uno dei suoi viaggi, il seme della cipolla in America. Numerose sono le varietà di cipolla, sia bianche che rosse, le quali si distinguono anche per la forma e per la dimensione.
Tra le varietà di cipolla rossa coltivate in Italia, la cipolla rossa di Tropea, che nel corso dei secoli è diventata tipica di questo circondario, presenta un grosso bulbo formato da tuniche interne concentriche, carnose e biancastre, racchiuse in un involucro esterno di colore rosso.
Cipolla31.tif
Bulbo di cipolla di Tropea con tuniche interne carnose e biancastre racchiuse in un involucro rosso
«La cipolla rossa di Tropea contiene vitamina C, vitamina E, ferro, selenio, iodio, zinco e magnesio. L’azione del suo bulbo contrasta, specie se consumato crudo, le degenerazioni dell’arteriosclerosi e ha effetti benefici sul cuore e sulle arterie, prevenendo i rischi dell’infarto»[3]. La caratteristica principale della cipolla rossa di Tropea è la dolcezza; ciò in ragione di un microclima particolarmente stabile che caratterizza le zone di produzione, specialmente nel periodo invernale.
La descrizione generale della coltivazione della cipolla rossa nel circondario di Tropea e della sua esportazione negli U.S.A. e in Europa, intorno al 1930 contenuta in questo libro, si basa sulle numerose rievocazioni ricorrenti nella mia famiglia, sulle testimonianze dirette di contadini e commercianti che hanno preso parte a questa esperienza e sui numerosi racconti, tramandati in particolare nelle campagne, che ho avuto cura di raccogliere a Parghelia e nei centri vicini. Altri aspetti inerenti alla coltivazione della cipolla, ricostruiti in queste pagine, si rifanno alle osservazioni effettuate dal già citato agronomo Bruno Giordano. Egli ebbe modo, a partire dal 1930, di esaminare sistematicamente e per cinque anni consecutivi lo svolgimento delle attività agricole in alcuni comuni del circondario di Tropea[4].
Bruno Giordano era stato inviato dalla Cattedra Ambulante dell’Agricoltura per la Provincia di Catanzaro[5] con il compito di organizzare corsi teorico-pratici[6] per i contadini al fine di spingerli a rinnovare i loro metodi di coltivazione, che erano ancora arretrati. In quegli anni il mondo agricolo calabrese, specie nelle zone dove dominava il latifondo[7], era ancora fermo ai criteri di conduzione del passato, con contratti di tipo feudale e con la proprietà della terra concentrata nella mani di pochissime famiglie. Riguardo la distribuzione della proprietà terriera in Calabria, Luigi M. Lombardi Satriani e Mariano Meligrana[8], commentando un’indagine promossa nel 1946 dal ministro dell’agricoltura Fausto Gullo[9] ed eseguita dall’Inea[10], hanno evidenziato che «il territorio della Calabria, esteso per 1.280.000 ettari era concentrato, sino al 1950, nelle mani di 484 proprietari che ne possedevano 482.000, vale a dire 1.000 ettari per ciascuno, mentre altri 559.000 ne possedevano 554.000 ettari: cioè meno di un ettaro per ciascun proprietario». Per i due studiosi calabresi le cause di questa elevata concentrazione fondiaria erano «da attribuire alle modalità di attuazione delle leggi eversive della feudalità e della vendita dei beni ecclesiastici ed all’usurpazione delle terre demaniali»[11]. Quest’analisi conferma come in gran parte del territorio calabrese le ricorrenti lotte per la terra siano state causate dalla eccessiva concentrazione di vaste estensioni di terra nelle mani di pochissimi proprietari e dalla loro volontà di mantenere inalterati sistemi produttivi arretrati e vecchi contratti di lavoro. Nel circondario di Tropea la concentrazione fondiaria risultava tuttavia più attenuata, anche in ragione della frantumazione della proprietà terriera che era in corso, sia pure lentamente, da tempo. Infatti, la maggiore varietà delle colture, tra cui gli agrumi e gli ortaggi come la cipolla rossa, aveva creato in quel circondario un quadro agrario più articolato rispetto a quello delle zone del latifondo, ove si coltivavano principalmente grano e cereali. La varietà di colture presente nel circondario di Tropea e il contestuale sviluppo di attività commerciali avevano, nel tempo, avviato una prima mobilità nella proprietà della terra; di conseguenza le condizioni di vita dei contadini, specie della fascia costiera, erano migliorate. Questa nuova situazione impedirà, nel corso del Novecento, l’estendersi nel circondario di quelle lotte per la terra che invece scoppiarono nelle zone del crotonese e della Sila[12], a causa delle pessime condizioni di vita e di lavoro nelle quali versavano i contadini e i braccianti.
Nonostante le loro migliori condizioni di vita, i contadini del circondario di Tropea si dimostravano ancora chiusi alle novità: erano restii a frequentare i corsi organizzati per diffondere le nuove “tecniche” e il miglioramento produttivo delle varie colture. Per superare la riluttanza dei contadini, la Prefettura di Catanzaro, seguendo le direttive del Governo (che mirava al successo delle varie “battaglie”[13] promosse nelle campagne italiane) era stata costretta a sollecitare i Podestà[14] dei comuni in cui si svolgevano quei corsi affinché intervenissero “d’autorità” per spingere i contadini a parteciparvi.
I corsi di frutticoltura nei comuni di Briatico, Zambrone, Parghelia, Tropea e Ricadi erano tenuti, in quegli anni, dal citato Bruno Giordano. La sua relazione[15] sulla coltivazione della cipolla rossa di Tropea rimane, ancora oggi, una delle pubblicazioni più rigorose sull’argomento, anche perché basata sull’osservazione diretta della realtà agricola. Scrive Giordano: «Nei comuni del litorale vibonese (sino a 250 s. m.) compreso tra Capo Vaticano[16] e le foci del fiume Angitola[17] si coltiva con successo un’ottima varietà di cipolla dolce, a bulbo grosso (diametro da 10-15 cm) con involucro rosso e con tuniche interne bianche, conosciuta in commercio sotto il nome di “cipolla di Tropea”. In realtà la coltura con maggiore importanza (ettari 48, 30) si trova nella vicina Parghelia ove, a quanto assicurano i vecchi coltivatori, fu introdotta 70 anni prima (1800) che a Tropea, sostituendo nella rotazione il cotone allora largamente coltivato nel vibonese.
Si conoscono e si coltivano tre sottovarietà di questa rinomata cipolla e cioè:
1) Rotonda schiacciata (a farticchio) dolce[18].
2) Rotonda ovale (a campana) dolce, a forma troncoconica.
3) Rotonda allungata (a melanzana)[19] meno dolce della precedente, prodotta specialmente nei territori di Ricadi e di Vibo Valentia».
Cipolla3.tif
Cipolla di Tropea: 1. Forma rotonda ovale detta a “campana”; 2. a trottola, detta “a farticchio”; 3. a melanzana (Archivio Reda)
Giordano distingue due produzioni di cipolla rossa: «quella precoce ottenuta nella prima quindicina di maggio e quella tardiva ottenuta verso la fine di giugno» e rileva che «la cipolla di Tropea è coltivata anche nei comuni di Filadelfia e di Nicastro»[20], ma i commercianti sostengono che i bulbi ottenuti non si adattano all’esportazione, concludendo che «il primato nella coltivazione e nella produzione di tale pianta ortense spetta comunque al vibonese». Infine, Giordano ricorda che nel comune di Pizzo «le cipollette» (scalogne)[21], ottenute durante i mesi in...

Table of contents

  1. Introduzione
  2. 1. La cipolla rossa di Tropea
  3. 2. Da dove è arrivato il seme?
  4. 3. Viaggiatori in Calabria e il commercio dal porto di Tropea
  5. 4. La cesta di Bagnara e l’esportazione in America e in Svezia
  6. 5. La denominazione di «cipolla rossa di Tropea»
  7. 6. Acquisto e vendita
  8. 7. Preparazione ed esportazione
  9. 8. «’A campagna d’a cipuia»
  10. 9. Le stazioni di partenza e l’imbarco per New York
  11. 10. Una forma originale di modello produttivo
  12. 11. Battute d’arresto del “modello produttivo”
  13. 12. I primi anni del secondo dopoguerra
  14. 13. La cipolla di Girifalco
  15. 14. Le visite in Calabria degli “americani”
  16. 15. La Scedar a San Nicolò di Ricadi
  17. 16. Il declino dell’esportazione negli Stati Uniti
  18. 17. I sistemi di coltivazione
  19. 18. «Conto colturale» e tabelle statistiche degli anni Trenta
  20. 19. La Cipolla Rossa di Tropea Calabria IGP
  21. Conclusioni
  22. Pubblicazioni riguardanti la cipolla rossa di Tropea