1. Nascita di un genere: il thriller metropolitano
Con l’uscita nelle sale della sua opera prima, Strade violente (Thief, 1981), ha inizio il filone del thriller metropolitano di Michael Mann. Fin dai primi secondi della pellicola, sono ben visibili le caratteristiche di questo genere ripensato secondo lo stile manniano. Si sente il rumore della pioggia mentre in sovraimpressione cominciano ad apparire i titoli di testa di colore blu elettrico. La prima scena che viene mostrata allo spettatore è quella di un auto che, dopo aver acceso i fari e fatto salire a bordo un uomo, si avvia per allontanarsi in un vicolo. I due uomini all’interno dell’auto controllano le frequenze radio della polizia, mentre in un edificio di fianco alla loro posizione vi è un altro uomo, in tuta e occhiali protettivi, intento a scassinare una cassaforte. L’intera azione ripresa è accompagnata dalla musica extradiegetica che incalza il ritmo della sequenza.
Mentre l’uomo scassina la cassaforte, lo spettatore è come se partecipasse all’azione: Mann applica un virtuosismo registico e la macchina da presa adotta il punto di vista dello scassinatore, che guarda all’interno del foro praticato nella blindatura e fa saltare gli ingranaggi di chiusura.
1.1 Il crimine come dramma personale: Strade violente
Questo è l’inizio di Strade violente film che – oltre a mostrare gli stilemi di questo genere – è un invito a prendere coscienza ed a riflettere sul fatto che il cinema classico ha oramai fatto il suo tempo e che deve lasciare spazio al nuovo avvenire. Tuttavia Mann cerca di recuperare il classicismo cinematografico per inserirlo nel panorama della produzione del presente. «Strade violente è in anticipo sui tempi, perché dà già a vedere la brillantezza di quell’immagine filmico-mediatica che di lì a poco sarebbe diventata un segno distintivo del cinema […]».
In effetti, il cinema degli anni Ottanta è qualcosa di diverso, di nuovo rispetto alla decade che lo ha preceduto. Se negli anni ’70 predominavano i manierismi sui generis, negli anni ’80 la situazione è differente: si cerca sempre più un concetto estetico con cui identificarsi. E tale concetto trova la propria forma ideale nell’adozione del punto di vista. Infatti «negli anni ’80, più che in qualsiasi altro periodo, il cinema si confronta con la natura fisica e psichica del vedere, riflette sui fondamenti dell’estetica cinematografica e si assume il compito di rendere visivamente percettibile il vedere».
Nonostante l’inizio degli anni Ottanta non si presenti sotto il migliore degli auspici (l’inizio della decade è segnato dal disastroso flop economico e commerciale di Michael Cimino, I cancelli del cielo – Heaven’s Gate, 1980, e non solo: al film di Cimino coincide l’altro flop commerciale The Blues Brothers - id., 1980, di John Landis ed i successivi flop di Blade Runner - id., 1982, di Ridley Scott, La cosa di John Carpenter e Re per una notte – The King of Comedy, 1983 di Martin Scorsese), con Strade violente Mann applica alla perfezione il concetto estetico-visivo degli anni ’80 e, fin da subito presenta il protagonista del film, Frank (James Caan), mostrando il suo mestiere: quello dello scassinatore. Frank è un ladro che si occupa esclusivamente del furto di diamanti insieme all’aiuto di Barry (James Belushi) e Joseph (William La Valley). Ma Frank possiede anche una vita normale di facciata: gestisce una concessionaria di automobili, indossa vestiti costosi e frequenta la cameriera di un bar, Jessie (Tuesday Weld). Ciò che risalta del personaggio di Frank, è il fatto che lui è un uomo che non ha più tempo: dopo aver passato molti anni della sua vita tra riformatorio e penitenziario di Folsom, Frank vuole costruirsi una vita tranquilla, mettere su famiglia e recuperare il tempo perduto. I suoi unici scopi nella vita sono far uscire di prigione il “mentore-padre” Okla (Willie Nelson) e vivere insieme a Jessie.
Il desiderio di Frank di (ri)cominciare una vita nuova e abbandonare alle proprie spalle il passato, è rintracciabile e reso esplicito anche nel personaggio di Carlito Brigante (Al Pacino) nel successivo thriller metropolitano Carlito’s Way (id., 1993) di Brian De Palma. I due personaggi hanno più di un’analogia in comune: come Frank, anche Carlito nutre e sente un impellente bisogno di riappropriarsi di quella vita che il crimine gli ha strappato. Uscito di prigione grazie all’aiuto di David Kleinfeld (Sean Penn), il suo avvocato, Carlito cerca in tutti i modi di tenersi lontano dalle strade, dal crimine perché adesso è un uomo nuovo. Prende in gestione un locale con lo scopo di guadagnare la somma necessaria per ritirarsi ai Caraibi e cominciare una nuova vita insieme alla sua ex compagna Gail (Penelope Ann Miller).
L’identico leitmotiv è presente anche nello splendido ma – al tempo stesso – malinconico noir di John Woo, A Better Tomorrow (Ying huang boon sik, 1986); la voglia di ricominciare attanaglia i due amici ex gangster protagonisti del film: Ho (Lung Ti) che dopo un tradimento ordito alle sue spalle ha scontato tre anni di prigione e causato, “indirettamente”, la morte del padre ha come unico scopo di farsi perdonare dal fratello poliziotto Kit (Leslie Cheung) e cominciare una vita onesta, e Mark (Chow Yun-Fat), rimasto offeso ad una gamba e caduto in disgrazia. I due si re-incontrano, si riuniscono e Mark ostenta ad Ho tutta la sua voglia di ritornare ad essere dei grandi e, così, di vendicarsi di chi li ha traditi. Ho non accetta, ma i continui soprusi e le violenze perpetrate verso le persone a lui care da parte dell’organizzazione di cui era membro, lo porteranno, insieme a Mark, ad impugnare nuovamente le armi ed a saldare i conti avviandosi, così, verso un catartico e sacrificale finale. In A Better Tomorrow il passato non può dimenticarsi facilmente, tantomeno lo si può cancellare in Carlito’s Way ed in Strade violente.
Per Frank, ben presto, l’imprevedibilità e il fato busseranno alla sua porta. Venuto a sapere dell’uccisione di uno dei suoi acquirenti, Joe Gags (Hal Frank), e intenzionato a recuperare il suo denaro, Frank è costretto a recarsi da Attaglia (Tom Signorelli), un criminale a cui Gags era affiliato e, in seguito, ad entrare in contatto con il capo di Attaglia, Leo (Robert Prosky), un ricettatore di Chicago che gestisce la maggior parte del riciclaggio di denaro della città. Leo offre a Frank la possibilità di lavorare per lui, due o tre colpi interessanti, e dopo potrà ritornare a lavorare in proprio. Frank è riluttante ad accettare ma le proposte allettanti di Leo lo convincono a lavorare per lui. Quello che Frank non sa è che tutto prenderà una piega diversa e sarà costretto ad imboccare la via della violenza.
La particolarità che più colpisce del film è che Frank è il personaggio assoluto dell’intera pellicola: è sempre presente in scena e tutto il mondo che lo circonda viene mostrato allo spettatore attraverso il suo sguardo. Si vede Frank al lavoro mediante il suo punto di vista, quello dello scassinatore. Infatti «Frank è un operaio specializzato che combatte l’acciaio con trapano e fuoco […]».
Fin dall’inizio il doppio titolo della pellicola Strade violente (nell’edizione italiana) e Thief (edizione originale) mostrano i campi paralleli su cui si svolge l’intero film: da una parte vi è l’identificazione del protagonista, dall’altra parte vi è la localizzazione dei temi e tòpoi del noir, ovvero la violenza e l’ambientazione urbana. Ed è proprio grazie a questi due elementi che, nel film, risaltano le spazialità e lo stile del regista. Mann costruisce le immagini mettendo in scena l’urbanità delle ambientazioni metropolitane, avvolte dalla notte e dalle luci che si riflettono sulle carrozzerie delle auto e sulle strade bagnate dalla pioggia. Il colore delle luci (che spazia dal bianco, giallo, rosso, fino ad arrivare al blu quasi spinottiano) restituisce allo spettatore la visione di una città (Chicago) notturna, la quale è fruib...