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Il percepito comune degli italiani riguardo l’Italia e loro stessi
Fin da piccoli siamo stati abituati a farci l’idea che viviamo in un paese molto strano, particolare, differente da tutti gli altri paesi, in cui molte cose, se non tutte, vanno male, vanno peggio, sono inferiore, non sono all’altezza.
Erano i discorsi dei nostri genitori, dei genitori dei nostri amici, dei nostri vicini di casa a convincerci che, in fondo, eravamo stati molto sfortunati a venire al mondo in un posto cosi spregevole, brutto, inadeguato, dove tutto era peggiore che dalle altre parti.
A quanti di noi a volte, mentre giocando si ascoltavano i discorsi dei “grandi”, veniva da pensare come sarebbe stato bello se si fosse nati inglesi o americani; come erano stati fortunati i bambini di quei paesi ad essere nati proprio là e non in Italia…
Ricordo ancora l’orgoglio che provavo a 12 anni quando in vacanza sull’adriatico, mio zio tedesco acquisito, mi portava in giro sulla sua BMW targata D, e venivo scambiato per tedesco… perché i tedeschi che, allora come oggi colonizzavano quei mari, erano più bravi, più ricchi, più intelligenti, più seri, più educati, più di tutto di noi italiani…
Girare su una BMW tedesca, con un vero tedesco alla guida, tra Bibione, Lignano, Jesolo, era motivo di grande soddisfazione e, soprattutto, di riscatto e di rivincita dalla povera condizione di Italiano che, purtroppo, ricoprivo durante tutto il resto dell’anno.
Ripensando a quei tempi, mi sorprendo ancora oggi a realizzare che quelle sensazioni ed emozioni erano del tutto naturali e che non affiorava in me un minimo senso di vergogna o di disagio nel “disprezzare” così esplicitamente il luogo dove ero nato, dove erano nati i miei genitori e dove tutti parlavano una lingua che io comprendevo…
In realtà, era così normale e scontato credere e sapere che gli Italiani fossero, in ogni caso, inferiori che altrettanto logico fosse quel comportamento di piccola rivalsa che pervadeva la mente di un bambino non ancora adolescente e, per qualche attimo, lo faceva diventare degno di essere almeno pari ai migliori.
Molti anni sono trascorsi da allora e, forse, i bambini di oggi non vivono più quei tormenti perché, anche grazie alla comunicazione globale, da quella informatica a quella fisica, i bambini di oggi hanno più opportunità di ascoltare opinioni e giudizi differenti, di scambiarsi pareri, di emozionarsi per altro; probabilmente i bambini di oggi, che saranno il nucleo centrale della società tra venti o trenta anni, vivranno in un periodo storico molto diverso dal nostro e verosimilmente migliore.
I bambini di allora sono però diventati gli adulti di oggi, costituiscono il nucleo principale della nostra odierna società e, probabilmente, molti di essi sono rimasti legati ai canoni ed ai luoghi comuni dei nostri genitori.
Viviamo, come già visto, un periodo molto complesso legato soprattutto alle crisi economico-finanziarie che sembrano non aver fine e che, oltre a generare difficoltà di sopravvivenza per le classi meno agiate e paura ed insicurezza per i ceti medi, mettono in discussione modelli, stili di vita, istituzioni e quant’altro, che sembravano ormai acquisiti e consolidati nella nostra struttura di esistenza.
Siamo quindi in una fase della nostra avventura terrena in cui tutto sembra essere più difficile, più incerto, destinato al fallimento; tale percezione è molto amplificata e forse “sponsorizzata” dai principali mezzi di comunicazione che non perdono occasione di sommergerci di notizie negative legate a catastrofi, delitti, omicidi, stragi, attività mafiose, disastri ecologici ed industriali, perdite di posti di lavoro, licenziamenti, possibili default, spread impazziti…
Il quadro complessivo emergente sembra essere il prologo ad una ormai prossima ed inevitabile fine dell’umanità: resta solo da definire quale tipo di cataclisma terminerà le nostre pene terrene poiché, ormai, non c’è più nulla da fare.
In tal senso i media più importanti, indipendentemente dal loro “azionista di riferimento”, sembrano aver formato un “cartello” per rilanciare, amplificare, inondarci di notizie, fatti, situazioni e commenti negativi: i tradizionali quotidiani cartacei uniti ai vari televideo ed ai portali web di notizie, presentano nelle loro prime pagine quasi solo esclusivamente notizie legate a scoperta di frodi, ruberie dei politici, assassinii e delitti di cronaca, terrorismo internazionale con ISIS che ha preso il testimone da AL Qaeda.
Le continue e inquietanti notizie di carattere economico, come la bocciatura del sistema Italia delle varie agenzie di rating, il richiamo dei commissari europei a fare le riforme, il debito pubblico che è troppo elevato, la spesa pubblica che si deve diminuire ma non ci si riesce per le varie lobby, la cancelliera tedesca che ci rimprovera continuamente scordandosi che, almeno per il momento, le alleanze e sudditanze del ventennio non ci sono più, l’immancabile spread, le cui oscillazioni hanno generato alternativamente gioia e disperazione, sono ormai diventate parte del nostro “patrimonio culturale” aggiornato agli anni 2000.
Ebbene, ognuno di questi argomenti meriterebbe uno specifico approfondimento per cercare di comprenderne l’effettiva reale portata e, per quale motivo spesso o quasi sempre, i fatti ed i relativi dati ed indicatori vengono come minimo “non spiegati” se non “omessi” o travisati: sarebbe interessante comprendere il come e perché tutto ciò avviene, ma questi sono temi che forse verranno trattati in un altro lavoro.
Quello che qui si vuole sottolineare e focalizzare è l’effetto che tali situazioni, notizie, commenti, commenti non fatti, fatti omessi, mezze verità, falsi problemi amplificati e veri problemi occultati, provocano sul normale spettatore, lettore, cittadino: provocano paura, indignazione, conflitto, odio, e, alla fine, separazione e disistima.
Il risultato, l’integrazione di questa situazione duale legata alle nostre “attitudini” storiche ed al lavoro capillare dei media, risultato che ognuno di noi può quotidianamente verificare, è l’insorgere ed il dominare di una sequenza corposa ed importante di “mantra” (sanscrito, che indica, nel suo significato proprio, il “veicolo o strumento del pensiero o del pensare”) negativi, divenuti oramai egregore, non opinabili nè tantomeno discutibili.
Tali mantra permeano la nostra odierna società definendo linee guida di pensiero nei vari campi “socio-economici”, vediamone alcuni:
In ambito economico
– Viviamo al di sopra delle nostre possibilità;
– Abbiamo un enorme debito pubblico risultato degli sprechi degli anni ’80;
– Dobbiamo privatizzare per abbattere il debito pubblico;
– Abbiamo un’enorme evasione fiscale;
– … ce lo chiedono i mercati;
– … ce lo chiede l’Europa;
– …
In ambito politico
– È necessaria la stabilità;
– Ce lo chiede l’Europa;
– Bisogna fare le riforme;
– Il privato è meglio del pubblico;
– Il pubblico è meglio del privato;
– I politici controllano le banche;
– Il paese non ce la fa;
– …
In ambito etico-sociale
– Siamo in Italia…;
– Siamo Italiani…;
– Si sa come vanno le cose in Italia;
– Dobbiamo vergognarci;
– I politici sono tutti ladri;
– Siamo un popolo di m…;
– … se giochi e vinci al super enalotto non dovrai più programmare la sveglia per alzarti presto tutte le mattine ed andare a lavorare… (pubblicità governativa radiofonica di qualche anno fa).
Forse allora, prima ancora di entrare nel merito di chi siamo e da dove veniamo, si comincia a comprendere, almeno un poco, il perché oggi, nel nostro paese, c’è un popolo che ha così poca stima di se stesso, che sembra non riconoscersi meriti, che molto spesso anela a tutto ciò che non è suo, che considera chiunque non sia italiano migliore dell’italiano stesso.
Come vedremo più avanti, abbiamo storie e radici anche molto differenti; può essere che considerarci un unico popolo possa rappresentare una forzatura, ci sono tradizioni differenti tra Nord e Sud, ma basta tutto ciò per farci sempre e comunque sentire in colpa ed inferiori?
Certamente no, e lo scopo...