Parole e immagini nei libri di artisti.
Pontormo e Leonardo
Giovanna Zaganelli
“O scrittore, con quali lettere scriverrai tu
con tal perfezione la intera figurazione
qual fa qui il disegno” Leonardo da Vinci
(Quaderni di anatomia, II, f.1r)
1. I libri d’artisti rappresentano un campo di indagine particolarmente fertile per ciò che riguarda le interconnessioni tra lingua, scrittura e immagine. Nel caso del Diario di Jacopo da Pontormo questo intreccio comunicativo (seppure in condizioni differenti, la più macroscopica essendo quella della mancata intenzionalità comunicativa, dato il genere di documento che abbiamo di fronte, appunto un diario) risulta assai interessante e presenta delle analogie, forzando solo impercettibilmente la situazione, con il ventaglio di possibilità di cui in altri contributi del presente volume ci si è occupati. Le riflessioni che qui seguiranno saranno dedicate alla crossmedialità nei libri d’artisti.
Nel Diario del Pontormo, in modo particolare, come risulta evidente dalle illustrazioni (si prendano come esempio la c.68r e la c.70v, figg. 1-2), il disegno non interrompe la progressione ricettiva dell’occhio che guarda, ma la completa, la ingloba in un solo tempo di attenzione con lo scritto. Così concepito il disegno non distribuisce o divide, ma connette, rispetta la progressione grafica e calligrafica, non frantumando lo spazio unitario della scrittura, né – si aggiungerà – la progressione mentale. Per ottenere questo effetto ‘di senso’ occorre che il messaggio cui si riferisce l’illustrazione sia contenuto nelle righe adiacenti, in modo che l’occhio sia capace di afferrare simultaneamente le due dimensioni testuali, quella grafica e quella pittorica. È così che si stabilisce un rapporto di continuità tra le due dimensioni.
Figure 1-2. Jacopo da Pontormo, Diario, ms Magliabechiano VIII 1490, BNCF, c.68r e c.70v.
Figura 3. Jacopo da Pontormo, Diario, ms Magliabechiano VIII 1490, BNC
Inoltre, a conferma di quanto appena detto, ma scivolando verso un punto di vista più strettamente segnico, gli enunciati linguistici, percepiti orizzontalmente come tendenti al disegno (righe che attraversano e solcano la pagina), potrebbero essere avvicinati ad un moderno sistema di segnalazioni analogo a quello realizzato dall’indicalità, l’indice essendo un rinvio del significante al significato in virtù di una contiguità effettiva. Il processo è qui, a volte, facilitato (e quindi in questo caso si tratta di una lettura totalmente autorizzata) da una sottile linea retta che unisce l’enunciato al disegno: si veda la c.68v (fig. 4) e la c.71v (figg. 5-6).
Figure 4- 5. Jacopo da Pontormo, Diario, ms Magliabechiano VIII 1490, BNCF, c.71v.
Figura 6. Leonardo da Vinci, Il Codice Leicester, cA, f.2c.
In altri termini: sfogliando le pagine del diario, l’enunciato linguistico si manifesta, prima ancora che come un messaggio completo ed autonomo nelle intenzioni di chi lo organizza, come una configurazione ottenuta con materiali alfabetici che sul piano iconico produce l’effetto della linearità; una linea che comincia con la frase, che continua, a volte, con un rigo e che conduce infine e intenzionalmente al disegno. Il fatto può essere studiato semplicemente per se stesso come una qualunque opera figurativa inserita e delimitata da una cornice ma, di certo, il disegno non può sottrarsi anche ad un confronto con la scrittura che lo affianca, che lo ingloba o che lo circonda, tenendo conto della sua forma e grandezza, ad esempio, e della sua collocazione nello spazio della pagina.
Applicando così criteri di interpretazione basati sul parametro ottico sia alla lingua che al disegno, si potrebbe dire che la posizione degli schizzi, in rapporto alla pagina, a conclusione dell’enunciato sul margine destro, e la loro contenuta dimensione (essi, infatti, non si distaccano in modo marcato dai caratteri alfabetici), aiutano a costruire quello che abbiamo definito un rapporto di continuità tra apparato linguistico e figurale. Gli schizzi a lato del foglio tendono ad integrarsi allo scritto, da cui, come si è detto, sono anche introdotti (una linea sinuosa – la frase – e il rigo retto quasi li indicano), tanto legandosi al contenuto grafico che testuale-narrativo e linguistico, come si vedrà in seguito. Si tratta di una combinazione in cui la lingua sembra non rifiutare di sottoporsi ad una intenzionalità iconica, quella prodotta dalla scrittura (l’effetto della linea-freccia), certamente mantenendo anche l’intenzionalità di esprimersi col proprio mezzo.
2. C’è di più. La ‘contaminazione’ fra le due forme comunicative si stabilisce su un doppio versante: se da un lato gli schizzi così collocati si integrano alla scrittura, dall’altro la scrittura (anche grazie alla presenza del disegno) guadagna una sua configurazione iconica: essa, la parola scritta, in quanto grafia, è disegno, e questa sua natura le conferisce un significato ‘altro’ rispetto a quello che produce la combinazione progressiva dei fonemi in lessemi, sintagmi e (infine) in frasi. La scrittura, i caratteri alfabetici, in conformità con i disegni e con essi costruendo una unità, acquistano significato, dunque, anche per le loro componenti non-verbali. In questo caso il significante (la grafia non disgiunta dagli schizzi) costituendosi come messaggio prima ancora che in combinazione con il significato, acquista una sua autonomia (tutto ciò in conformità e non in contrasto con qua...